venerdì 27 maggio 2022

"Hall of Smoke" di H.M. Long

Hall of Smoke (Hall of Smoke, #1)Hall of Smoke by H.M. Long
My rating: 4 of 5 stars

"The Hall rose above me in a lattice of stark, charred beams. My entire body rebelled against looking at it, but the corpses on the ground were worse"


IL RAPPORTO UMANI/DÈI È DI UNO A TRE

Ho scelto questo titolo sempre nell'ambito del progetto per leggere durante maggio romanzi collegati alla mitologia norrena, e infatti "Hall of Smoke" viene pubblicizzato come fantasy ispirato ai popoli vichinghi; non ho notato però delle vere assonanze con i miti nordici: nonostante in questa storia le divinità giochino un ruolo chiave, le similitudini con Odino e compagni sono ben poche. In compenso, ho scoperto un titolo poco conosciuto ma con diversi spunti interessanti ed elementi (come la stretta connessione tra umani e dèi, appunto) di cui adoro leggere.
La trama ruota attorno alla missione affidata alla protagonista Hessa, una sacerdotessa guerriera, dalla dea Eang alla quale è devota: alla donna è stato predetto anni prima l'incontro con un uomo dall'occhio dorato che dovrà uccidere; da questo spunto si sviluppa un'avventura on the road, che porterà la protagonista a viaggiare per diverse regioni di questo mondo fantastico ispirato all'Europa continentale del V secolo. La narrazione inizia in medias res, con Hessa che mendica il perdono di Eang per aver risparmiato il suo nemico, per poi includere dei brevi flashback in cui vediamo sia dei dettagli del world building creato da Long, sia scorci sul passato della donna. E qui abbiamo un primo problema del volume, perché dalla trama e dalla cover ci si potrebbe aspettare una storia ricca di adrenalina quando invece, pur includendo più di una scena di battaglia, il libro ha un ritmo decisamente placido e concede molto spazio a momenti di viaggio o di dialogo tra i personaggi.
Passando proprio al cast, devo dire di non avere alcuna lamentela in questo caso: tutti i personaggi vengono caratterizzati in modo attento e verosimile, senza ricorrere ai soliti stereotipi, anche nel caso di quelli più marginali. Ovviamente tra tutti spicca Hessa, protagonista e narratrice con un carattere forte e delle motivazioni credibili, ma non per questo libera dai dubbi che la iniziano a perseguitare già dal suo tradimento iniziale verso Eang, ed andranno sempre a crescere con le scoperte che farà sulla vera natura degli déi; la sua personalità mi ha permesso di apprezzare la narrazione in prima persona nonostante limiti molto le scene a cui il lettore può assistente, oltre a rendere decisamente lente le varie rivelazioni. Tra i comprimari, ho apprezzato soprattutto l'ambiguo Ogam e Nisien, una figura tormentata ma che diventerà pian piano vicino come un fratello per Hessa.
Come già detto, l'ambientazione riprende diversi elementi storici, che riesce però a mescolare con alcune trovate originali e davvero brillanti, in particolare per quanto riguarda la mitologia di questo mondo: un paio di esempi -senza spoiler- sono la dea che ogni anno è incinta perché deve letteralmente partorire il raccolto, oppure la divinità uccisa e trasformata in spirito messaggero nella forma di gufo. Invece, a dispetto dei tanti elementi fantastici, il sistema magico non viene illustrato in modo particolarmente approfondito, tanto che anche sugli effetti dell'Eangi Fire (una sorta di urlo di battaglia dei sacerdoti di Eang che ferisce fisicamente i loro nemici) sappiamo poco; va però precisato che questo non era chiaramente un aspetto su cui la cara Hannah intendeva concentrarsi.
Lo stile narrativo non è particolarmente artificioso, ma trovo sia comunque capace di creare la giusta atmosfera e molto adatto per il contesto in cui i personaggi si muovono; secondo me Long ha dato il suo meglio nelle descrizioni vivide dei tanti luoghi visitati da Hessa e nelle scene di confronto tra lei e gli altri protagonisti. Il romanzo va poi a trattare diversi temi, in primis quello dell'elaborazione del lutto, in un processo di accettazione che accompagna l'eroina per tutto il volume; si parla anche di fede religiosa (sia pur in una realtà in cui gli dèi sono reali e interagiscono spesso con gli umani) e di emancipazione femminile, nelle parti in cui vediamo le differenze tra i "barbari" del nord e il civile impero Arpa dove le donne sono cittadini di seconda categoria. Viste le tematiche, il libro contiene diversi potenziali trigger, pur non includendo mai descrizioni troppo grafiche.
Per quanto riguarda l'edizione, ho apprezzato molto la presenza di una mappa dettagliata e di un glossario (con tanto di pronunce!) che, vi assicuro, può essere consultato anche durante la lettura perché non contiene spoiler, come mi è capitato di riscontrare in altri fantasy. Da ultimo, vorrei segnalare che il volume si può affrontare come autoconclusivo, nonostante venga indicato come primo di una serie; per quanto mi riguarda, non penso di continuare con i sequel, ma solo perché le sinossi di questi mi sembrano un po' banali.

Voto effettivo: quattro stelline e mezza

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lunedì 23 maggio 2022

"Raivo" di Cecilia Randall

Millennio di fuoco: Raivo (Millennio di fuoco, #2)Millennio di fuoco: Raivo by Cecilia Randall
My rating: 2 of 5 stars

"“Mille anni di sangue” si ripetè Seija. Si compivano proprio quel giorno. Nell'anniversario dell'inizio della guerra i cristiani festeggiavano la nascita del Nazareno e i saahavi il sole"


SUI DEMONI CAMPIONI DI CHARADE

Dopo l'esperienza di lettura tutt'altro che idilliaca di "Seija", non avevo granché voglia di leggere la conclusione de Il millennio di fuoco, eppure eccomi qui a parlare di "Raivo" dopo neanche un paio di mesi, in parte per non dimenticare del tutto il primo volume (e dovermi sottoporre ad una dolorosa rilettura!) e un po' per poter mettere la parola fine a questa serie deludente. Almeno posso accantonare la prosa di Randall finché non mi deciderò ad affrontare "Gens Arcana"; ma questo è un problema che addosso senza vergogna alla me stessa del futuro.
La narrazione riprende qualche settimana dopo l'epilogo del primo libro: Seija sta per andare in sposa all'aspirante imperatore per un accordo che darà al popolo saahavi una terra in cui vivere e ai cristiani il segreto per forgiare le lame fiamme; nei territori controllati dai vaivar invece Raivo è impegnato in diverse battaglie, ma aspetta solo l'occasione giusta per eliminare il futuro marito di lei. Anche in questo sequel abbiamo alcune parti raccontate dal punto di vista del generale Maharashta, che però risultano molto più numerose e dettagliate, causando un problema analogo a quello di "Questo oscuro duetto": il lettore non può stupirsi di nulla, già sapendo perfettamente cosa faranno gli antagonisti, ma non è il solo passo falso della trama. Se la prima metà del volume si presenta infatti come una continuazione grosso modo lineare di "Seija", nella seconda l'autrice ribalta completamente la situazione e -con forzature a profusione- porta la sua storia verso una conclusione tanto affrettata quanto zuccherosamente in disaccordo con il tono della serie fino a quel punto.
Sul fronte dei personaggi mi trovo a dover ribadire la mia impressione iniziale: sono tutti più che stereotipati, con l'unica eccezione del povero Heraii, che si meriterebbe di essere adottato da una famiglia amorevole anziché maltrattato da chiunque capiti in scena per più di mezza pagina. Mi hanno lasciato perplessa poi il ritorno di un vecchio personaggio -che da outsider totale diventa un conveniente deus ex machina- e la scelta di accantonare quasi del tutto la piccola Britte... fossi maliziosa arriverei a pensare che si tratta di una comoda scusa per non dover spiegare l'origine dei suoi poteri. Fortuna che non sono per nulla maliziosa.
Per quanto riguarda il world building invece viene fornito qualche elemento inedito sui vaivar, spiegando la loro origine in un modo forse raffazzonato ma che ho trovato sufficiente per dare una chiusa su questo mondo ucronico, soprattutto perché mi sembra chiaro che la cara Cecilia aveva fretta di concludere la storia senza perdersi in troppi dettagli. I nuovi poteri (o meglio, quelli che le vediamo finalmente utilizzare) delle neihme mi hanno lasciato per contro interdetta: con una manciata di queste creature si dovrebbe poter conquistare il mondo in un weekend! invece Ananta è ancora ferma lì da mille anni.
Lo stile di Randall non è di certo migliorato, ma in questo caso più che le frasi fatte si fanno notare le metafore: dozzine e dozzine di metafore tra le più banali che vi potrebbero venire in mente. Unica nota di merito è l'incredibile scorrevolezza della prosa, che riesce a rendere fluide anche le innumerevoli scene di battaglia.
E per ultimo arriva l'elefante nella stanza, altrimenti noto come romance, e immaginate questo termine circondato da un esercito di virgolette: lo utilizzo perché così viene definito dalla CE in quarta di copertina, ma mi sento nauseata solo a pensare in termini romantici alla relazione tra i due protagonisti. Il loro rapporto è infatti composto da abusi continui e violenza, sia fisica che psicologica, trasformati in una storia d'amore perché Raivo poverino ha sofferto in passato e Seija è una simil reincarnazione della sua amata defunta e questo la porta a gravitare sempre attorno a lui, salvo poi uscirsene dopo trecento pagine con l'idea che in effetti ora è proprio lei a volergli stare vicino e la morta non c'entra nulla. Questo aspetto della storia mi infastidisce non solo per come viene romanticizzata una relazione tossica ma anche perché sarebbe stato interessante approfondire le riflessioni di lei, su come le sue reazioni fisiche la facciano sentire colpevole in qualche modo, magari sviluppando da lì un percorso di crescita personale e consapevolezza, invece... nulla! sboccia l'amore e tutti vissero felici e traumatizzati.
Lamentele assortite a parte, sapevo dall'inizio che si tratta dell'ultimo libro e onestamente non voglio più leggere nulla su questi personaggi, però ho avuto davvero l'impressione che fino a metà l'autrice volesse scrivere una serie ben più lunga, ma poi sia stata costretta a troncare con questo finale frettoloso. Ingenuamente, voglio sperare che con qualche volume in più avremmo avuto una storia migliore.

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mercoledì 18 maggio 2022

"La saga di Gösta Berling" di Selma Lagerlöf

La saga di Gösta BerlingLa saga di Gösta Berling by Selma Lagerlöf
My rating: 4 of 5 stars

"Spesso gli uomini diventano crudeli l'uno verso l'altro e si tormentano a vicenda, proprio quando ritengono sia in gioco la salvezza della loro anima"


BENVENUTI NEL WÄRMLAND, DOVE I GIULLARI SI FANNO CHIAMARE CAVALIERI

Avendo deciso di dedicarmi il più possibile alla lettura di libri ispirati alla mitologia norrena durante maggio, ho pescato dalla libreria questo classico che, stando a quanto ho potuto carpire online, avrebbe elementi mitologici. In realtà questo aspetto è marginale e neppure circoscritto ai miti nordici, come potrebbe lasciar intendere l'ambientazione: ci troviamo di fronte ad una storia in cui mito, folklore e superstizione si mescolano insieme; e quindi possiamo trovare nel medesimo testo riferimenti al Yggdrasill (o al monte Olimpo), mescolati a spiriti naturali e vecchie bislacche scambiate per fattucchiere.
Questo quadro variopinto si colloca nella parte meridionale del Wärmland, regione della Svezia in cui è vissuta la stessa autrice, e ci porta in un mondo rustico popolato da contadini, massaie e fabbri, che mi ha ricordato un po' il Regno del Wessex di Thomas Hardy. La vicenda parte da un antefatto: Gösta Berling è un pastore alcolizzato e per questo suo vizio decide di abbandonare la vita religiosa; dopo un periodo di vagabondaggio, arriva nella tenuta di Ekeby dove diventa uno dei cavalieri della maggioressa, un gruppo di perdigiorno pari sua che passano il tempo tra partite a carte, canti e balli. Dopo alcuni anni si arriva all'effettiva premessa della storia: convinti che la maggioressa sia una strega, i cavalieri riescono a farla scacciare e a prendere il controllo di Ekeby e delle sue ferriere che gestiranno per un anno, ossia l'arco temporale coperto dal romanzo.
Inizialmente, la trama vera e propria risulta molto dispersiva perché si compone di piccoli episodi, alcuni dei quali sembrano inseriti soltanto per raccontare le storie dei personaggi secondari; andando avanti con la lettura diventa invece chiaro che Lagerlöf va intessendo un intreccio ampio e complesso, in cui anche il racconto più insignificante diventa in un secondo momento tassello fondamentale per la risoluzione finale.
Sul fronte dei personaggi sono meno convinta del risultato; abbia un cast ricco di figure patetiche e vittime dei loro vizi, e penso che in questo senso si sia calcato un po' troppo la mano, soprattutto con il protagonista. Non sono riuscita ad apprezzare il personaggio di Gösta proprio perché i momenti in cui si dimostra coraggioso o d'ispirazione per gli altri cozzano nettamente con tutto il resto e lo rendono incoerente, oltre a mostrare ben poco dei suoi reali pensieri. Ci sono comunque personaggi apprezzabili come Anders Fuchs -il mio preferito tra i cavalieri, nonché il protagonista del racconto più memorabile- ed il crudele Sintram, un antagonista molto affascinante nella sua ambiguità. E se è vero che gli uomini sono visti come i padroni in questa realtà, le donne del romanzo non subiscono passivamente il loro dominio, e personaggi come la maggioressa di Ekeby o Marianne Sinclaire risultano essere tra i più convincenti, nonché decisive per la storia.
L'ambientazione è forse il punto di forza del romanzo infatti, a dispetto della chiara collocazione spazio-temporale, si ha l'impressione di muoversi in un mondo altro popolato da personaggi mitici, dove le vecchie leggende hanno ben più di un fondo di verità. Questo compone un'atmosfera quasi fiabesca e dal clima surreale, in parte simile a quella de "Il maestro e Margherita": spesso non è chiaro se un evento sia reale oppure se i protagonisti si siano semplicemente lasciati suggestionare da pregiudizi e credenze popolari, come per la maledizione della strega di Dovre o per il patto mefistofelico stretto dai cavalieri per impossessarsi di Ekeby.
Lo stile di Lagerlöf, pittoresco ed evocativo, si adatta bene a questo paesaggio, soprattutto nei momenti in cui sceglie di dar voce agli animali del bosco o agli elementi naturali, come l'acqua che si sente prigioniera nella diga e cerca di evadere durante l'esondazione. La prosa si riflette anche nei temi della religione e del fantastico: da un lato vediamo la contrapposizione tra Dio ed il Maligno -personificato dall'usuraio Sintram- e dall'altro elementi di realismo magico e surrealismo.
L'edizione di Iperborea propone un'ottima traduzione che rende la lettura sempre fluida, ed è inoltre arricchita con qualche utile nota. La postfazione porta alcuni validi spunti, ma penso sia eccessivamente focalizzata sulle incongruenze in un romanzo dal taglio nettamente fantastico.
Tanti pregi e qualche diffettuccio perdonabile per una lettura che mi ha genuinamente stupito e, pur ruotando attorno ad un protagonista che non ho apprezzato affatto, ha saputo rimediare con tanti altri personaggi: in un cast così numeroso e variegato è impossibile non trovare un preferito.

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lunedì 16 maggio 2022

"Miti del Nord" di Neil Gaiman

Miti del NordMiti del Nord by Neil Gaiman
My rating: 4 of 5 stars

"Prima dell'inizio non c'era niente - né terra, né paradiso, né stelle, né cielo: solo il mondo delle nebbie, informe e senza contorni, e il mondo del fuoco, sempre in fiamme"


NEL DUBBIO, INCOLPIAMO LOKI!

Ero vagamente consapevole della mia ignoranza sulla mitologia norrena, ma leggendo "The Wolf in the Whale" lo scorso anno ho preso coscienza di questa lacuna, scoprendo anche che mi interessava saperne di più; ecco come mi sono avvicinata a "Miti del Nord", che viene suggerito proprio come lettura entry level sull'argomento. Posso confermarvi che questa definizione è azzeccata: Gaiman ci porta una riscrittura facilmente comprensibile dei più celebri miti nordici, rendendoli accattivanti per un lettore contemporaneo grazie al suo stile, che già avevo apprezzato in diversi altri titoli.
Non si tratta quindi di un romanzo, bensì di una raccolta di brevi racconti che vanno a ripercorrere di volta in volta il ritratto di una particolare divinità oppure la cronaca di un'impresa epica. Pur non seguendo una trama vera e propria, la narrazione è guidata da un filo logico: si inizia con la genesi di questo pantheon (raccontando la creazione sia dei nove mondi sia delle principali figure mitologiche che li popolano) e si termina con il Ragnarok, che corrisponde ad una sorta di apocalisse biblica ineluttabile. Non manca poi un basilare ordine cronologico tra i diversi racconti, motivo per cui è consigliabile non passare da una storia all'altra in modo casuale: ad esempio, prima ci viene proposto il racconto in cui Thor ottiene il martello Mjollnir, e soltanto in seguito troviamo le varie avventure in cui lo utilizza per sconfiggere l'antagonista di turno.
Per la creazione dei personaggi e del mondo (o meglio, dei nove mondi) è chiaro che il caro Neil non si è inventato nulla, però credo sia stato molto bravo nel renderli affascinanti, spingendo magari il lettore a volerne sapere di più, visto che qui abbiamo soltanto un'infarinatura generale. Per quanto riguarda i singoli personaggi, trattandosi di divinità e simili, risulta difficile capirli a fondo, anche perché i racconti sono decisamente brevi e si finisce con il leggere poco perfino su Odino, Thor e Loki, che vengono inizialmente presentati come protagonisti; questo porta a doversi accontentare di quel poco che Gaiman racconta sui loro caratteri. Penso sia comunque inevitabile rimanere colpiti da qualcuno in particolare: nel mio caso si tratta del dio cieco Hod, che mi ha ispirato una tenerezza assurda.
Come già accettato, ho un debole per la prosa di Gaiman, ma penso che in questo caso si sia perfino superato: non essendo vincolato ad una narrazione convenzionale, ha potuto sfondare in più punti la quarta parete, lasciando dei commenti per i suoi lettori o inserendo delle battute sarcastiche sul comportamento degli dèi. L'impressione è quella di ascoltare proprio una di queste divinità che, giunta a Midgard sotto mentite spoglie, delizia il suo pubblico mortale raccontando le gesta di dèi ed eroi, esaltandone doti e capacità ma deridendo anche vizi ed ingenuità che li contraddistinguono. Nel complesso comunque lo stile è scanzonato ed esilarante, specialmente nei dialoghi; nelle parti descrittive si avvicina più ad una narrazione adatta al tema, infatti abbonato le ripetizioni di nomi e titoli, aspetto che potrebbe non piacere troppo al lettore contemporaneo.
Come spiega lo stesso autore nell'introduzione, il suo intento era quello di far conoscere questi miti al grande pubblico, che tende ad essere più interessato a quelli greci e romani, con i quali ci si può tra l'altro divertire a trovare non poche somiglianze. Direi che con la sottoscritta ha centrato il suo obiettivo: pur non essendo una grande estimatrice dei racconti brevi, mi sono veramente divertita nel leggere questa raccolta, e l’ho trovata istruttiva e del tutto accessibile per una neofita come me.

Voto effettivo: quattro stelline e mezza

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mercoledì 11 maggio 2022

"L'angelo" di Cassandra Clare

L'angelo (Shadowhunters; Le Origini, #1)L'angelo by Cassandra Clare
My rating: 3 of 5 stars

"L'angelo non era più grande del dito mignolo di Tessa, una statuetta di ottone con ali di bronzo ripiegate lunghe come quelle di un grillo. Aveva un delicato viso di metallo con palpebre a mezzaluna chiuse e le mani intrecciate sul davanti, sopra una spada"


UN LIBRO DECISAMENTE RUFFIANO

Dopo aver completato la lettura di "Città di vetro", ho deciso di mettere per un po' in pausa la serie The Mortal Instruments ed iniziare la trilogia prequel, perché viene consigliato un po' dappertutto di seguire l'ordine di pubblicazione dei romanzi. Quindi eccoci a parlare de "L'angelo", primo capitolo di The Infernal Devices, che sposta l'azione dalla New York dei giorni nostri alla Londra di fine Ottocento. E, se non avete letto nulla nell'universo narrativo Shadowhunters, non preoccupatevi! c'è una nuova protagonista ignara di tutto e pertanto pronta ad essere istruita sul sistema magico assieme a voi.
La trama inizia con l'arrivo in città della giovane Theresa "Tessa" Gray, che dovrebbe trasferirsi dal fratello Nathaniel "Nate" ma finisce tra le grinfie delle cosiddette Sorelle Oscure; nella loro dimora, Tessa scoprirà di avere un potere unico e questo la porterà poi ad incrociare la strada dei Cacciatori dell'Istituto locale. Una volta tanto mi trovo d'accordo con la maggioranza: questo romanzo risulta molto più solido ed accattivante della saga originale; in parte perché la vicenda è (almeno per me) meno conosciuta, ma anche per la scelta di non limitarsi al lato fantasy o avventuroso ed includere anche una buona componente mystery. A non convincermi troppo è stato invece il finale, che tronca la narrazione senza preoccuparsi di rendere il tutto verosimile (se l'attacco dei cattivi deve finire finirà, a prescindere da quanto fossero in vantaggio fino ad un secondo prima!) lasciando molti quesiti in sospeso per i seguiti.
Anche con i personaggi abbiamo alti e bassi, ma soprattutto occhi che rollano perché la cara Cassandra ha ben pensato di risparmiarsi della fatica inutile e riciclare i caratteri dei protagonisti di TMI per questa serie, e questo non solo mi ha irritato come lettrice ma penso renda difficile affezionarsi ai nuovi personaggi. Per quanto riguarda l'immancabile trio (leggasi, triangolo) è tanto se me ne va a genio uno su tre: Tessa è leggermente più sopportabile di Clary ma mi fa innervosire quanto poco si preoccupi concretamente del suo futuro, Will è una copia leggermente più divertente di Jace e in quanto tale spazia dalla strafottenza all'ira immotivata, Jem ricorda più Alec che Simon e tra i tre è il mio preferito, ma per ora non ha avuto molto spazio.
Nonostante i tentativi di portare l'attenzione maggiormente sul rapporto familiare tra i Cacciatori, la componente romantica non può mancare e, pur non detestando le varie coppie, ho trovato queste scene molto forzate all'interno della storia. Si ha ogni volta l'impressione che l'autrice blocchi la narrazione per inserire dei momenti di confidenze fuori luogo; inoltre, alla base di tutto c'è soltanto il desiderio di Tessa di sentirsi amata (motivo per cui le è indifferente chi la corteggi) ed essere circondata da relazioni felici, ed ecco perché cerca di accasare a forza i vari personaggi.
Lo stile di Clare in questo libro è una versione edulcorata del suo solito, con qualche battuta trashotta in meno forse per adeguarsi al contesto; non mancano però le frasi innaturalmente sofisticate, specialmente da parte di Will. C'è da dire che, per l'ambientazione, l'autrice ha fatto parecchie ricerche sul fronte degli autori e dell'abbigliamento, mentre si nota molta meno cura nel rendere verosimile per l'epoca il comportamento dei personaggi. La Londra di Tessa & Co è arricchita anche da vari elementi simil steampunk che ho trovato carini perché rendono l'atmosfera un po' particolare.
Ma veniamo all'aspetto più fastidioso di questa lettura, ossia il suo essere sfacciatamente ruffiana, ma soprattutto il suo esserlo male! Mi spiego meglio: il libro è pieno di riferimenti letterari che dovrebbero spingere il lettore ad affezionarsi a dei personaggi bibliofili come lui, oltre a farli sembrare colti; la cara Cassandra però dimentica che i titoli citati all'epoca erano considerati romanzetti d'intrattenimento, non certo alta letteratura. Trovo inoltre semplicemente ridicolo che i protagonisti riescano a citare lunghi estratti a memoria.
A dispetto di questa sviolinata sull'amore per i libri, "L'angelo" è per me il miglior libro nell'universo narrativo Shadowhunters, tra quelli letti finora, e sono curiosa di proseguire con questa serie, anche se prima farò un salto nel futuro per iniziare la cosiddetta "seconda trilogia" di TMI.

Voto effettivo: tre stelline e mezza

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venerdì 6 maggio 2022

"The Book of Accidents" di Chuck Wendig

The Book of Accidents: A NovelThe Book of Accidents: A Novel by Chuck Wendig
My rating: 4 of 5 stars

"The tunnel, they knew, was not merely a tunnel. It was a fearstink place—a dark hollow, a thin spot, a membrane through which darkness, true darkness, could come through, and they could feel it, and they could smell it"


MULTIVERSO E BODY HORROR, UNA COMBO INASPETTATA MA VINCENTE

E rieccomi a leggere horror fuori stagione, ma questa volta per un motivo assolutamente valido dal momento che "The Book of Accidents" è stato paragonato a Dark, una delle mie serie TV preferite. Ero quindi molto curiosa di scoprire se il paragone fosse calzante, per questo l'ho letto appena acquistato; a lettura ultimata, capisco perché queste storie siano state accostate: molti elementi le accomunano, ma dove Dark ha puntato più sul lato sci-fi, Wendig si è invece concentrato sull'aspetto horror andando a creare un romanzo che mescola molti generi diversi per ottenere una narrazione tanto cupa quanto affascinante. Ma forse non per tutti.
Parlare della trama non è affatto facile: da un lato si rischia di scivolare nello spoiler, dall'altro di non dire abbastanza per incuriosire i potenziali lettori. Il setting è un paesino della Pennsylvania, in cui si trova la misteriosa località di Ramble Rocks; qui si trasferisce Nate Graves con la sua famiglia, nella vecchia casa ereditata dall'odiato padre. Sia lui che la moglie Maddie ed il figlio Oliver assistono ad eventi bizzarri o sembrano avere capacità paranormali; il tutto si complicherà con la comparsa di Jake, nuovo amico di Oliver che nasconde più di un segreto. Questa è meno della punta dell'iceberg che compone il romanzo perché il volume, pur avendo un ritmo ben equilibrato, impiega parecchie pagine per arrivare al nocciolo della questione e permettere al lettore di chiarirsi almeno in parte le idee su apparizioni inspiegabili e abilità quasi magiche. Da parte mia vi posso solo garantire che il caro Chuck non lascia nulla al caso e non rimarrete con dei quesiti in sospeso.
Al pari della trama, anche i personaggi risultano ben studiati ed analizzati a fondo, in particolare i Graves che ho trovato degli ottimi protagonisti, sia come singoli individui che come famiglia. In generale, l'autore cerca di rendere i personaggi non stereotipati; ci riesce nel caso dei comprimari, ma non posso dirmi altrettanto soddisfatta sul fronte degli antagonisti, un po' piattini. L'unica eccezione è Jake, un personaggio veramente sfaccettato e sul quale avrei letto volentieri qualche pagina in più.
Anche sul world building immaginato da Wendig non posso dirvi troppo ma vi assicuro che è decisamente interessante, e personalmente l'avrei sfruttato per basarci un'intera serie; nonostante la trama poco lineare, l'ambientazione risulta comunque comprensibile, e i personaggi stessi ne parlano in più frangenti. Senza scendere troppo nel dettaglio, si tratta di luoghi cupi ed inquietanti, che trasmettono angoscia già nelle primissime pagine. Per non farsi mancare nulla, il caro Chuck rincara la dose abbondando in dettagli macabri che spaziano dallo splatter al post-apocalittico.
Lo stile del romanzo è solido; non ho notato troppo l'affinità con King, al quale viene spesso accostato, in compenso trovo che lo spunto su cui si basa la storia avrebbe potuto tranquillamente essere quello di un romanzo del caro Stephen. Per quanto riguarda le tematiche invece non sono entusiasta; l'autore va infatti ad inserire diversi messaggi a sfondo sociale assolutamente validi ma non sempre ben contestualizzati: ad esempio, la critica sulla differenza di trattamento tra bianchi e neri espressa da Fig è inserita in un momento (la prima settimana di lavoro di Nate) in cui quel commento ha ragion d'essere, ma lo stesso non si può dire di quando l'argomento viene tirato in ballo da Jake, che lo fa durante una scena in cui l'attenzione dei personaggi e del lettore è focalizzata sulla scoperta della magia.
In sostanza,un libro che si prende il suo tempo per esprimere appieno il potenziale che indubbiamente nasconde tra le sue pagine, e per questo chiede a lettore un piccolo atto di fede. Dategli qualche capitolo di fiducia e vi saprà ricompensare.

Voto effettivo: quattro stelline e mezza

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mercoledì 4 maggio 2022

"Finché il caffè è caldo" di Toshikazu Kawaguchi

Finché il caffè è caldoFinché il caffè è caldo by Toshikazu Kawaguchi
My rating: 3 of 5 stars

"Appena la tazza si svuotò, ogni cosa attorno a Fumiko riprese a vorticare e lei fu inghiottita nuovamente in quel convulso mondo vertiginoso"


NELLA TANA DEL BIANCONIGLIO ADESSO SI BEVE CAFFÈ

Due casi di hype immotivato di fila mi sembrano un po' troppo, ma tant'è: dopo la delusione de "L'usignolo" è arrivata infatti la (mezza) delusione di "Finché il caffè è caldo", primo libro in una serie di grande successo soprattutto in Italia dove, pur essendo arrivata con qualche anno di ritardo, ha già superato l'edizione inglese in quanto a traduzione dei vari volumi. Il mio interesse non è nato però dal mero hype ma per la tematica del viaggio nel tempo, di cui cerco sempre nuovi titoli e, sebbene il libro non si sia rivelato proprio di mio gusto, ho trovato ben gestito questo espediente narrativo.
Il volume non segue una singola trama, sembra anzi composto da quattro racconti distinti che vengono ambientati nel medesimo posto, ossia un piccolo locale di Tokyo in cui -seguendo una gran quantità di regole- si può viaggiare nel passato o nel futuro mentre si sorseggia una tazza di caffè. Le diverse vicende non vengono però confinate nel loro singolo racconto: già nel primo infatti veniamo introdotti all'intero gruppo dei protagonisti, poi approfonditi maggiormente nella storia a loro dedicata. Questa scelta di intrecciare le vicende del cast mi è molto piaciuta perché permette di conoscere abbastanza bene tutti i personaggi e capire pian piano quali dinamiche esistano tra loro.
Mi sono piaciuti anche il sistema magico -perché ha molte regole ma conserva comunque un'affascinate patina di realismo magico- e l'atmosfera, che da alla storia un tono favolistico e quasi surreale: si ha l'impressione che chi entra nel locale venga catapultato in un luogo fuori dal tempo e dallo spazio. Per quanto riguarda le tematiche invece ho qualche riserva, perché vengono messi sullo stesso piano problemi seri e superficiali, inoltre il messaggio di fondo è molto semplice e ripetuto in ogni salsa. Infatti mi chiedo cosa si sia inventato l'autore per giustificare non uno, ma ben due seguiti.
E arriviamo ai tasti dolenti, perché questo non è un libro tremendo, ma personalmente non ho apprezzato per nulla personaggi e stile; poi c'è anche l'edizione, ma quello è un problema oggettivo.
Non sono riuscita minimamente ad entrare in sintonia con i personaggi: ho trovato ridicoli i loro comportamenti sopra le righe (adulti che fanno il segno della V, si nascondono dietro ad un bancone o si spiaggiano sui tavolini neanche avessero dieci anni!) e le contraddizioni tra personalità ed azioni, come la dirigente che parla settordici lingue ma non ha il coraggio di fare una telefonata negli USA e si imbarazza come una scolaretta se qualcuno accenna al suo fidanzato. Forse parte del problema è il mio essere occidentale, ma ho trovato davvero fastidioso come tutti i personaggi maschili fossero scostanti e maleducati, mentre quelli femminili risultassero immancabilmente remissivi e mortificati; questo si nota soprattutto nei racconti "Gli innamorati" e "Le due sorelle", e infatti sono quelli che ho apprezzato meno. Sul lato romantico preferisco stendere un velo pietoso, perché non ne posso più di instalove e incomunicabilità.
Lo stile non è troppo particolare, a parte l'abbondante uso di onomatopee che ho notato anche in altri romanzi giapponesi, ma ho trovato fastidiose le continue ripetizioni dei nomi dei personaggi, a volte all'interno della stessa frase. L'autore inoltre si dilunga senza motivo nelle descrizioni degli abiti, anche quando si tratta di capi assolutamente normali.
L'edizione italiana merita un paragrafo a parte. Inizio con il dire che la traduzione non mi fa impazzire, e non solo perché presenta refusi e regionalismi: si tratta di una traduzione dall'inglese, anziché dall'originale giapponese! e ovviamente aggiungere questo passaggio fa perdere molto al testo. Visto il prezzo del volume, mi sarei poi aspettata qualche contenuto extra, come una guida alla pronuncia o una piccola prefazione, invece non sono presenti neppure delle note a fondo pagina per spiegare al lettore italiano cosa sia un hostess club o perché si parli di "periodi" in relazione al tempo. Sono informazioni facilmente reperibili online, ma avrebbero reso più completa ed interessante la lettura.

Voto effettivo: tre stelline e mezza

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