sabato 31 agosto 2019

Wrap-Up - Letture di agosto 2019

Wrap-Up - Letture di agosto 2019


Le letture di questo mese non sono state moltissime ma la maggior parte mi ha davvero conquistata, complice il motivo ricorrente dei misteri da risolvere in romanzi non solo gialli.

Agosto è iniziato con la lettura del mio classico mensile, in questo caso “Tess dei d’Urberville” di Thomas Hardy. In questo romanzo si è riconfermata la mia prima impressione sullo stile dell'autore e sulla sua bravura nel descrivere dei personaggi femminili incredibilmente forti e determinati. Per una recensione completa vi rimando QUI, mentre già vi segnalo che il mio voto è -ovviamente!- di cinque stelline.

Ho poi completato la Trilogia dei fulmini di Mark Lawrence con la lettura dell'ultimo capitolo, ossia “L'imperatore dei fulmini”. Per quanto riguarda la serie nel suo complesso, ho pubblicato una Lettura d'Insieme che potete trovare QUI, con l’avviso preventivo che essa contiene spoiler di tutti e tre i volumi.
Questo terzo romanzo presenta tre storyline distinte, le quali seguono rispettivamente i viaggi di Jorg quattordicenne tra gli Stati meridionali dell’Impero Spezzato, lo Jorg ventenne del presente che si dirige verso Vyene per il Congresso dove potrebbe essere nominato imperatore, e la storia della negromante Chella in vari momenti dalla sua sconfitta ad opera dello stesso Jorg -come visto ne “Il re dei fulmini” (ne parlo QUI)- fino alla missione affidatale dal Re dei Morti.
Questo misterioso sovrano è in effetti il principale antagonista, la cui avanzata inarrestabile nelle terre dei vivi porterà ad insperate alleanze e molti colpi di scena, ai quali questa serie ci ha ormai abituati.
Dal momento che nella recensione complessiva ho valutato positivamente l’opera di Lawrence, approfitto di questo spazio per evidenziare quello che a mio avviso è invece il problema principale dei romanzi: l’edizione italiana targata Newton Compton.
Partiamo da un aspetto puramente estetico, ossia le atroci copertine che hanno soppiantato senza alcun merito quelle originali; la cover americana del terzo libro è stata adottata solamente per il volume unico. Altro aspetto irritante è dato dai titoli: ancor oggi non riesco a spiegarmi per quale motivo la parola thorns (spine o rovi, in inglese) sia stata tradotta con fulmini... davvero, ci ho pensato parecchio ma non ne sono venuta a capo!
La scelta di cambiare ben cinque traduttori in soli tre libri causa poi alcuni problemi con i nomi dei luoghi, che ognuno ha voluto (giustamente?) adattare a proprio piacimento. Ed infine -e questo vale in special modo per questo ultimo capitolo- ho riscontrato decine e decine di refusi nel testo che mi fanno pensare non ci sia stato alcun controllo o revisione prima della stampa.
In definitiva, se avete un livello d’inglese tale da potervi destreggiare agevolmente con una storia fantasy pensata per un pubblico adulto, il mio consiglio è sicuramente di leggere questi libri in lingua.
Il mio voto è di quattro stelline e mezza.

Com’è ormai chiaro, il mio livello d’inglese è invece decisamente più basso, tanto che continuo con i romanzi della serie All the Wrong Questions di Lemony Snicket, il cui inglese è adeguato a dei middle grade. Ho scelto di leggere a questo punto il volume companion “File Under: 13 Suspicious Incidents”, seguendo quanto consigliato dall’onnisciente sito Goodreads che propone infatti questo libro tra il secondo ed il terzo capitolo; da questo punto di vista posso confermare che la scelta è stata azzeccata perché il volume contiene molti riferimenti agli eventi dei primi due libri, e vede in scena la maggior parte del cast regolare.
Non si tratta però di un romanzo, bensì di una raccolta composta da tredici piccoli misteri che il lettore può divertirsi a risolvere assieme al giovane Lemony Snicket, anche in questo caso testimone involontario di crimini assortiti e più o meno efferati. Invece, chi come me è incapace di trovare perfino le proverbiali “pieris in grave” non tema: nella seconda parte del volume sono presenti le risoluzioni di tutti i gialli, ed anche delle soluzioni alternative parecchio criptiche.
A dispetto dell’impressione generalmente positiva, devo ammettere che mi aspettavo qual cosina in più da questo libro che, pur essendo godibile di per sé, non aggiunge nulla alla serie in generale. Potrebbe essere invece un buon strumento per valutare la tetralogia e scegliere se iniziarla o meno, essendo grosso modo privo di spoiler; un altro aspetto positivo è la totale indipendenza delle singole storie, che permette volendo una lettura inframmezzata ed è apprezzabile se state vivendo un periodo molto impegnativo, con solo qualche minuto al giorno da dedicare alla lettura.

La lettura successiva, ossia “Nei luoghi oscuri” di Gillian Flynn, è stata un altro extra rispetto alla mia TBR ma dovete ammettere che un buon thriller trova sempre il suo posto nel periodo estivo. La Flynn mi aveva già conquistata qualche anno fa con “L’amore bugiardo” (QUI la recensione) e questo secondo romanzo ha confermato le mie sensazioni; ne potete trovare una recensione completa QUI, mentre il voto è stato di quattro stelline.

Sono tornata alla TBR del mese con “La maschera d’argento”, quarto volume della pentalogia Magisterium scritta a quattro mani da Holly Black e Cassandra Clare. In questo nuovo capitolo delle sue avventure, ritroviamo Callum nella prigione magica del Panopticon, in attesa che l'Assemblea decida la sua sorte; purtroppo la sua presenza viene richiesta altrove ed una mirabolante evasione è solo l'inizio di questa storia in cui ritroviamo Tamara, Rufus e Jasper, ma anche gli ex alleati del Nemico della Morte decisi a circuire l'anima di Call.
Devo ammettere che ormai seguo questa serie un po' per la buona rappresentazione della diversità, un po' perché manca un libro soltanto alla fine, un po' perché si tratta di volumi brevi e leggeri che ogni tanto servono per rilassare la mente. Riconosco che ci siano degli enormi buchi di trama, ma d'altro canto sono sempre in difficoltà nel valutare dei middle grade perché penso che io, da bambina, forse non mi sarei soffermata tanto su problemi di coerenza nei personaggi e di logica nella serie in generale.
Per il resto la storia scorre in modo fluido, con qualche occasionale colpo di scena a spezzarne la prevedibilità ed un finale abbastanza toccante; purtroppo io continuo ad avere l'impressione che le autrici non sappiano in che modo allungare il brodo e trasformino ogni volta un raccontino in un romanzo, aggiungendo ripetizioni inutili e personaggi superflui... sì, sto parlando di Jeffrey!
Il problema più fastidioso però sono i tanti errori dati dalla mancata revisione, come le parole tradotte in modo troppo artificioso ed i nomi sbagliati, che in un libro così breve si notano ancora di più.
Il mio voto è di tre stelline.

La lettura successiva mi ha impegnato parecchio, ma dato anche moltissimi spunti su cui riflettere, tanto che ne ho scritto una recensione dettagliata che potete leggere QUI. Il romanzo in questione è “American Gods” di Neil Gaiman, autore che io reputo ormai una garanzia per qualsiasi genere o target decida di scrivere. Nel complesso, ho valutato questo volume quattro stelline e mezza.

Oltre al volume companion di cui ho già parlato, durante questo mese ho continuato anche con i volumi “regolari” della tetralogia All the Wrong Questions di Lemony Snicket, in particolare con il terzo capitolo intitolato “Shouldn’t You Be in School?”.
Arrivati a questo punto, è diventato chiaro che i singoli misteri sono destinati ad essere accantonati in favore dell'indagine principale, volta a fermale i complessi piani del sempre mascherato Hangfire. Ma questo libro segna una svolta soprattutto per coloro che hanno amato Una serie di sfortunati eventi, perché compaiono -purtroppo- degli incendi dolosi che vanno a devastare ulteriormente la città di Stain'd-by-the-Sea e, soprattutto, perché si parla finalmente in modo esplicito del V.F.D. e si va a formare la squadra definitiva di ragazzi decisi ad aiutare il nostro Lemony.
Devo ammettere che, almeno per ora, questo volume è sicuramente il mio preferito: la storia inizia a farsi davvero complessa e gli stessi lettori non vengono messi a parte dei progetti del protagonista fino all'ultimo; ben inteso, che ormai sono molto incuriosita anche dal piano segreto dell'antagonista, nonché dal destino dei diversi personaggi che al termine del libro si ritrovano per vari motivi in manette.
Su tutto regna la malinconica ironia di Lemony, che lancia ai lettori più affezionati anche dei riferimenti al destino futuro sia suo sia del V.F.D., non a caso viene citato per la prima volta il Conte Olaf.
L'unica nota negativa su questo romanzo è per i lettori italiani; infatti, questo è il primo capitolo della tetralogia (escludendo la racconta di racconti) a non essere arrivato nel nostro Paese. Il mio consiglio rimane quello di acquistare l'intera serie in lingua!

E per concludere, dopo parecchi anni sono ritornata dalla regina indiscussa dei romanzi gialli Agatha Christie con “Miss Marple nei Caraibi”, una delle molte storie che vede come protagonista -o meglio, come detective dilettante- l'arzilla vecchietta da me sempre associata con affetto alla sua sosia televisiva, Jessica Fletcher.
In questo romanzo, troviamo Miss Marple in un ambiente per lei insolito: per aiutarla a riprendersi dopo una grave polmonite, suo nipote Raymond le regala una rilassante vacanza sull'isola di St Honoré. Ma la nostra protagonista è incapace di rimanere inoperosa e l'improvvisa scomparsa di un ospite del suo hotel la spinge ad avviare un'indagine, certa che non possa essersi trattato di una morte per cause naturali.
Riuscendo a catturare l'interesse del lettore, il giallo si sviluppa in modo molto ritmato ed alquanto originale, passando per diversi POV e quindi non soffermandosi unicamente su Miss Marple, che anzi in parecchi capitoli non compare neanche.
Trattandosi di un romanzo dei primi anni Sessanta è logico riscontrare molte differenze tra i costumi dell'epoca e quelli attuali, ma la cara Christie si difende bene e non dimostra alcun timore nel parlare di argomenti come l'adulterio, l'omosessualità o i rapporti sessuali perché in fondo, citando la stessa Miss Marple, «naturalmente la gente vi si dedicava con altrettanta frequenza pur parlandone con parsimonia e riuscendo forse a provare un piacere maggiore di quanto non avvenisse ora o così almeno le sembrava.»
La sola critica che mi sento di muovere al romanzo è -come sempre!- per l'edizione italiana; ora, io ho letto una vecchia copia edita negli anni Ottanta e so che nel frattempo ne sono state pubblicate altre due, ma nel testo mancano moltissimi congiuntivi e questo va ovviamente a rovinarne la lettura.
Il mio voto è di quattro stelline.


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mercoledì 28 agosto 2019

Gods of America: Civil War - Recensione ad “American Gods” di Neil Gaiman

Gods of America: Civil War

Recensione ad "American Gods" di Neil Gaiman


LA SCHEDA TECNICA

TITOLO: American Gods
AUTORE: Neil Gaiman
TITOLO ORIGINALE: American Gods
TRADUTTORE: Katia Bagnoli
EDITORE: Mondadori
COLLANA: Oscar fantastica
PAGINE: 520
VOTO: 4 stelline e mezza

IL COMMENTO

  American Gods è un romanzo fantasy, almeno stando a come ci viene presentato in quarta di copertina; e sebbene ci siano un gran numero di elementi fantastici, questa storia racchiude molto di più, andando a toccare altri generi come il thriller e il romanzo on the road. In effetti, direi che la definizione più precisa sarebbe di fantasy surreale on the road, perché il protagonista trascorre la maggior parte del volume spostandosi da uno Stato all’altro con i mezzi più disparati, in un viaggio che è tanto fisico quanto onirico.
  Prima di addentrarci nelle vicende del romanzo, è necessario partire dalla premessa alla base della storia: ispirato forse dalla sua personale esperienza di migrante, Gaiman immagina che tutti i popoli giunti nel corso dei millenni sul territorio degli attuali Stati Uniti abbiano portato con sé le proprie credenze -in forma di divinità, ma non solo- le quali continuano ad esistere seppur indebolite dalla mancanza di fedeli.

«-Venendo in America la gente ci ha portato con sé. Hanno portato me, Loki e Thor, Anansi e il Dio-Leone, leprecauni, coboldi e banshee, Kubera e Frau Holle e Astaroth, e hanno portato voi. Siamo arrivati fin qui viaggiando nelle loro menti, e abbiamo messo radici. Abbiamo viaggiato con i coloni, attraverso gli oceani, verso nuove terre. [...] Ammettiamolo, esercitiamo una ben scarsa influenza. Li deprediamo, li derubiamo, e sopravviviamo; ci spogliamo, ci prostituiamo e beviamo troppo; lavoriamo alle pompe di benzina e rubiamo e truffiamo e viviamo nelle crepe ai margini della società. Vecchi dèi, in questa nuova terra senza dèi.»

Al contempo, sono comparse sulla scena delle nuove divinità collegate al mondo contemporaneo, come la dea delle telecomunicazioni o il dio della tecnologia, pronte a reclamare la propria fetta di venerazione in ogni forma gli uomini siano disposi ad elargirla.

«-Sono la scatola scema. Sono la TV. Sono l’occhio che tutto vede e il mondo del tubo catodico. Sono la grande sorella. Sono il tempietto intorno a cui si riunisce la famiglia per pregare.
-Sei la televisione? O qualcuno alla televisione?
-La TV è l’altare. Io sono ciò a cui il pubblico offre i suoi sacrifici.
-E cosa sacrificano?-, chiese Shadow.
-Il loro tempo, soprattutto-, disse Lucy. -A volte le persone che hanno vicino.»

  In questo scenario che pare preannunciare uno scontro imminente inizia la storia di Shadow, in prigione da tre anni ma ormai prossimo alla scarcerazione, che durante il viaggio di ritorno a casa incontra Wednesday. Questo enigmatico individuo gli chiede di lavorare alle sue dipendenze come tuttofare e lo introduce nel mondo delle moltissime divinità e creature fantastiche che popolano segretamente il Paese. Con l’approssimarsi della guerra tra vecchi e nuovi dèi, la debolezza mortale di questi esseri millenari si fa sempre più evidente

«-Gli dèi muoiono. E quando muoiono davvero nessuno li piange o li ricorda. È più difficile uccidere le idee, ma prima o poi si uccidono anche quelle.[...]»

ed è qui che l’intervento di Shadow si dimostra fondamentale in più occasioni, dal momento che aiuta Wednesday nella missione di convincere gli altri dèi ad unirsi alla loro fazione.
  Da questo spunto si avvia una storia molto più complessa, a tratti perfino troppo, tanto che si ha la sensazione di ricevere un po’ troppe informazioni. Questo problema si evidenzia soprattutto nei brevi racconti che l’autore inserisce di tanto in tanto a fine capitolo: sono storie di personaggi esterni alla vicenda che incontrano delle divinità o di migranti d’altri tempi che portano i vari dèi negli USA; personalmente avrei preferito una racconta di racconti a parte, perché queste storie sono tutte molto interessanti e coinvolgenti ma includerle nel romanzo spezza la narrazione.
  Un altro aspetto che non tutti i lettori gradiranno è la caratterizzazione del protagonista. Come detto, Shadow incontra svariate creature sovrannaturali, oltre ad avere continuamente sogni surreali e dover scappare a più riprese dal braccio armato dei nuovi dèi: tutto questo però lo lascia del tutto insensibile. Questo peculiare comportamento trova una giustificazione più in là nel romanzo, come molti altri aspetti poco chiari in un primo momento, ma capisco che possa lasciare perplessi.
Edizione 10° anniversario
  Oltre a Shadow abbiamo un ricco cast di personaggi, tra i quali spicca sicuramente il truffaldino Wednesday che è risultato il mio preferito a dispetto di tutte le sue discutibili azioni, mentre ho tutt’ora delle riserve su Laura perché il suo arco narrativo mi è sembrato troppo spesso in balia del caso, come se l’autore la facesse entrare in scena a sorpresa quando non sapeva come proseguire altrimenti.
  I veri protagonisti del romanzo si rivelano però essere gli Stati Uniti, tra i quali i personaggi si muovono freneticamente. In fondo non ci potrebbe essere Paese migliore per ambientare questo romanzo, con gli abitanti che rappresentano le più diverse etnie. Oltre ad essere celebrati in questa storia on the road, gli USA mostrano qui anche il loro lato più oscuro: un Paese che non solo fatica a mantenere le vecchie tradizioni, ma crea sempre nuovi dèi andando così a annullare anche quelli moderni,

«-Magari [gli Stati americani] condividono alcuni simboli culturali -i soldi, il governo federale, gli svaghi- e ovviamente il paese è lo stesso, ma quel che crea l’illusione che si tratti di un’unica nazione sono i dollari, il Tonight Show e i McDonald’s, nient’altro.»

un Paese nato dalle intenzioni più positive che le vede spesso annullate in favore dell’interesse personale. Interesse che porta inevitabilmente alla mancanza di fede, perché nessuno percepisce più degli obblighi verso la religione e le credenze, e quindi investe altrimenti le proprie energie.

«-Non è ancora tardi per passare dalla parte dei vincitori. Comunque sei libero di restare dove sei. Essere americano significa poter scegliere. Questo è il miracolo americano. Libertà di fede significa essere liberi di credere nella cosa sbagliata, in fondo. Esattamente come la libertà di parola ti dà diritto di tacere.»

  Per concludere, eccovi la mia solita lamentela sull’edizione italiana. Capisco che si tratti di un libro abbastanza lungo, ma ho riscontrato davvero parecchi errori di mancata revisione e considerate che ho letto la nuova edizione del 2016, non quella dei primi anni 2000. Un problema del tutto soggettivo è rappresentato invece dalla copertina, che è attinente alla storia ma sembra davvero di pessima qualità grafica... si poteva fare di meglio, Mondadori.


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venerdì 23 agosto 2019

In famiglia tutto bene - Recensione a “Nei luoghi oscuri” di Gillian Flynn

In famiglia tutto bene

Recensione a "Nei luoghi oscuri" di Gillian Flynn



LA SCHEDA TECNICA

TITOLO: Nei luoghi oscuri
AUTORE: Gillian Flynn
TITOLO ORIGINALE: Dark Places
TRADUTTORE: Barbara Murgia
EDITORE: Piemme
COLLANA: PickWick
PAGINE: 430
VOTO: 4 stelline

IL COMMENTO

  Nei luoghi oscuri è un thriller psicologico scritto da Gillian Flynn che, come il suo romanzo più noto L'amore bugiardo” (QUI la recensione), sfrutta il pretesto iniziale di un efferato delitto per illustrare pian piano le vicende private, e spesso altrettanto efferate, di un famiglia.
  Il romanzo è diviso in due timeline, una ambientata ai giorni nostri e l'altra all'inizio del 1985 per mostrarci passo passo quali eventi hanno causato il crimine, fulcro della storia. La narrazione è spezzata anche in diversi POV, tra i quali l'unico in prima persona è quello della protagonista, Libby Day; questa scelta ha il fine di mostrarci in modo più dettagliato le sue emozioni e l'evoluzione che subirà nel corso della storia.
  La trama parte dal presente, con Libby ormai trentenne che non sa cosa fare della sua vita: fino a quel momento è sopravissuta grazie alle generose donazioni delle persone commosse dalla sua storia ma ora si trova a corto di denaro, tanto da accettare di partecipare dietro lauto compenso ad un incontro del Kill Club. Di questa associazione fanno parte ex poliziotti o semplici cittadini interessati a risolvere noti casi di cronaca nera; per la prima volta in quasi venticinque anni, Libby si pone delle domande su quanto successo alla sua famiglia e decide di indagare a fondo, come forse la polizia non fece all’epoca.
  Si alternano poi via via le scene ambientate nel passato e ci mostrano come, in poche ore, si sviluppò un’incredibile sequenza di eventi covati da tempo che portarono alla morte della madre e delle sorelle di Libby, nonché all’arresto di suo fratello maggiore Ben, ritenuto l’artefice della strage.
  La storia si dipana in modo chiaro e davvero rapido e, a differenza di quanto successo con “L’amore bugiardo”, sono riuscita a prevedere il finale con largo anticipo. Non mi ritenendo affatto un’acuta investigatrice, quindi presumo che non fosse poi così complesso da indovinare.
  Punto di forza del libro sono invece i suoi personaggi, a partire dalla protagonista. Libby è sicuramente una donna difficile: abituata a rubare nei negozi e in casa d’altri, pronta a menar le mani e senza alcuna remora ad informare il lettore dei suoi pensieri più malvagi

«Ed ecco che era riaffiorata la cattiveria. [...] Il viso di Jamie era parzialmente bruciato nell'incendio appiccato dal padre, che aveva uccido tutti gli altri membri della famiglia. Ogni volta che prelevavo del denaro, pensavo che, se Jamie non mi avesse rubato in parte la ribalta, adesso avrei potuto avere il doppio dei soldi. [...] Era un pensiero orribile, naturalmente. Fin lì ci arrivavo anch'io.»

Questo atteggiamento, spesso ribadito nei primi capitoli, potrebbe portare il lettore a disprezzarla e quasi a voler abbandonare subito il libro; io consiglio invece di perseverare, perché la Flynn riesce a descrivere in modo molto credibile la sua crescita personale, per giungere nella parte finale a pensieri come questo:

«[...] mi misi un po' di burro cacao che stavo per rubare e avevo invece comprato (una decisione di cui non ero ancora del tutto convinta).»

  Promuovo anche il resto della famiglia Day, con qualche riserva sulle sorelle -Debby troppo marginale, Michelle eccessivamente matura per la sua età. Un famiglia che condivide gli stessi geni e gli stessi pensieri cupi

«Questa [triste] è la parola che userebbe mia madre, meno drammatica di ‘depressa’. Sono triste da ventiquattro anni.»

nonché una tendenza malsana alla violenza (Runner si gioca con Sageous il titolo di Cattivo Più Odiato del 2019) ed il frequente ricorso a pensieri che ruotano attorno al suicidio

«[Ben] Vide di nuovo asce, pistole, corpi insanguinati riversi al suolo. Urla che lasciavano il posto a gemiti e sussulti. Desiderò che il sangue sulla fronte non si arrestasse mai.»

Cover USA
  Il resto del cast è abbastanza gradevole, soprattutto per la presenza di una vasta rappresentazione, anche se non ho apprezzato affatto la scelta di dipingere sempre e solo relazioni genitori-figli problematiche. In alcuni casi si creano situazioni anche credibili, seppur un po’ agli estremi

«Diondra sosteneva che quella regola lo faceva sentire meno in colpa quando l'abbandonava a se stessa a volte per mesi, [...] Conferiva dignità alla sua paternità: sua figlia poteva bere o assumere droghe, ma se rimaneva vergine, allora lui non era un padre così di merda come sembrava.»

mentre in altri credo che la Flynn abbia calcato oltremisura la mano per aumentare la drammaticità della scena, come il comportamento di Magda nei confronti del figlio in questo dialogo:

«-Cristo, Ned, smettila di mangiarti la roba per gli ospiti! [...] Va' al negozio, ho quasi finito le sigarette. E compra altri dolci.
-Jenna ha preso la macchina.
-E allora vacci a piedi, ti farà bene.»

  Altri elementi negativi, a mio parere, sono l’espediente dell’incomunicabilità utilizzato per allungare la storia in alcune parti, come il primo incontro tra Libby e Ben, e il nominare in continuazione la catena di negozi 7 Eleven, neanche si trattasse di uno spot promozionale.
  Positiva invece la decisione di dare un maggior respiro alla narrazione, introducendo una breve di parentesi storica sull’embargo imposto da Jimmy Carter all’Unione Sovietica nel 1980, che portò al fallimento numerosissimi agricoltori statunitensi già gravati dai mutui elargiti troppo facilmente dalle banche

«[Runner] era andato a chiedere un prestito. Aveva finito per ottenere il doppio di quanto richiesto. Non avrebbe dovuto accettare, forse, ma il responsabile dei prestiti aveva detto di non preoccuparsi, dopotutto era l'epoca del boom economico.»

e poi costretti a vendere tutto, prima le attrezzature e poi i terreni. In un libro d’intrattenimento mi hanno colpita questi spunti, e ne ho colto un parallelismo significativo tra il trattamento riservato dalla cittadina ad un agricoltore indebitato

«Tutta Kinnakee sembrava affranta per quel disgraziato incidente, finché non era saltato fuori che la fattoria del tizio stava affondando nei debiti. [...] E tutt'a un tratto si erano rivoltati contro quel poveretto, che era morto con i polmoni pieni di grano.»

e quello che ogni giorni milioni di italiani “perbene” riservano alle vittime dei crimini di cui sentiamo parlare alla TV.
  È stato investito? tanto era solo un nero... L’hanno stuprata? e di che si meraviglia, con quella gonna! Un pestaggio? ma secondo me a quei gay piace pure.


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