sabato 28 gennaio 2017

Chi semina vento, raccoglie tempesta - Recensione a "Cime tempestose" di Emily Brontë

Chi semina vento, raccoglie tempesta

Recensione a "Cime tempestose" di Emily Brontë



SCHEDA TECNICA 

TITOLO: Cime tempestose
AUTORE: Emily Brontë
TITOLO ORIGINALE: Wuthering Heights
TRADUTTORE: Gemma De Sanctis
EDITORE: Giunti
COLLANA: Acquarelli
PAGINE: 380

COMMENTO


  Cos’è disposto a fare un uomo per conquistare il cuore dell’amata? E quali delitti può invece perpetrare quanto quel affetto gli viene negato? Non sono certo domande facili, ne forse i primi quesiti che vengono in mente quando ci si approccia ad una storia che ad un occhio distratto può apparire romantica e sentimentale. Il capolavoro di Emily Brönte è però tutt’altro che convenzionale, e non lesina al lettore scene di violenza, un linguaggio volgare o dei personaggi diabolici.
  La vicenda sarebbe in realtà narrata dal signor Lockwood, ma il suo punto di vita viene ben presto messo da parte in favore di quello della signora Dean, che intrattiene in lettore come pure il narratore con le vicende delle due ricche famiglie della zona, gli Earnshaw e i Linton. Le vite altrimenti serene di costoro vengono stravolte quando il vecchio signor Earnshaw porta a casa un trovatello, battezzandolo Heathcliff; sarà proprio lui anni dopo a causare la rovina delle famiglie, nonché a corrompere l’animo di chiunque entrerà in contatto con lui.
  La vera forza del romanzo sta nei personaggi e soprattutto nei passaggi in cui essi esplicano i loro veri sentimenti. Innanzitutto stupisce la mancanza di un eroe, o perlomeno di un personaggio in prevalenza positivo nelle azioni e nei valori; l’unico metodo per classificare i personaggi è tra attivi e passivi, ossia tra chi come Heathcliff si adopera per manovrare gli eventi a proprio favore e chi come Edgar rimane sempre inerte, perfino quando comprende chiaramente le reali intenzioni dell’antico avversario.
  Comunque li si voglia identificare, i personaggi sono oggettivamente difficili da apprezzare, almeno ad una prima occhiata: quando Lockwood fa visita ad inizio romanzo a Wuthering Heights, il lettore si ritrova con lui davanti ad una famiglia che pare quasi maledetta, composta da persone completamente prive di fede, nonché di capacità di vivere in modo civile. Soltanto per merito dei retroscena rivelati da Nelly ci è possibile comprendere quali eventi hanno generato questi caratteri; ed alla fine non si può evitare di affezionarsi anche ai personaggi più meschini e malvagi.
  A rendere ancor più drammatiche e passionali le vicende del romanzo è la brughiera inglese, ambientazione suggestiva e perfettamente affine allo spirito dei personaggi: cupa come Heathcliff, selvaggia ed indomita come Catherine e al tempo stesso nobile come Edgar.
  Personalmente non sono riuscita ad emozionarmi troppo per questo primo triangolo amoroso quanto per il secondo, e in particolare per la dolcissima storia di Cathy ed Hareton, che alla fine si dimostra il migliore a livello umano, a dispetto della difficile infanzia e degli ostacoli che Heathcliff pone con cura sul suo cammino.
  Per quanto riguarda i temi trattati, sorvolo su quelli più palesi e ritriti per puntare l’attenzione sulla vendetta e sul desiderio di rivalsa che ci vengono esplicati nelle loro più tristi conseguenze, anche e soprattutto per chi ne è l’autore.
  Altro tema trattato forse in modo più sottile è quello dell’innocenza fanciullesca, della purezza anche nei bambini più selvaggi, che vengono cancellate dalle azioni degli adulti, ovvero con l’ingresso nella società fatta di rapporti spesso falsi ed apparenze da mantenere.
  A sfavore del romanzo ho riscontrato soltanto una trama priva di svolte e colpi di scena inaspettati, oltre ad un finale affrettato e troppo positivo per essere in linea con il resto della narrazione.

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venerdì 20 gennaio 2017

Non è mai troppo tardi - Recensione a "Olive Kitteridge" di Elizabeth Strout

Non è mai troppo tardi

Recensione a "Olive Kitteridge" di Elizabeth Strout


SCHEDA TECNICA

TITOLO: Olive Kitteridge
AUTORE: Elizabeth Strout
TITOLO ORIGINALE: Olive Kitteridge
TRADUTTORE: Silvia Castoldi
EDITORE: Fazi
COLLANA: Le strade
PAGINE: 380

COMMENTO 

  Mentre scriveva “Emma” (QUI la recensione), si narra che Jane Austen abbia affermato di aver creato un’eroina che nessuno avrebbe amato eccetto lei. Lo stesso si può dire di Olive Kitteridge, una protagonista di gran lunga più avversa ai lettore rispetto all’ereditiera austeniana. Il più grosso difetto di Olive è l’eccessiva leggerezza con cui si esprime, spesso di temi reputati dai più inadatti: questo la rende sgradita alla maggior parte dei suoi conoscenti, specie se messa a confronto con il marito Henry, che tutti reputano invece una persona gentile ed affabile.
  Parto con il dire che questo non è un romanzo nel senso canonico del termine: ci troviamo di fronte ad una serie di racconti che come fossero le tessere di un puzzle vanno a comporre la storia di Olive. Molti di questi racconti non la vedono però protagonista, anzi in alcuni non compare affatto ed è solo il suo ricordo ad influenzare la vita e le scelte degli altri personaggi.
  Prima di affrontare questa lettura bisogna avere bene in mente che questo è un romanzo realista, dove non c’è spazio per finali buonisti e il classico vissero felici e contenti. Sia la storia principale sia buona parte dei racconti secondari termina in modo ben poco lieto: ci sono delle rotture impossibili da sanare oppure dei rapporti destinati a non raggiungere mai una riconciliazione. La semplicità con cui la Strout pone il lettore di fronte alla vita reale si riscontra anche nel destino riservato ai due personaggi principali: Henry il “buono” termina la vita anzitempo ed in modo indegno, mentre Olive la “cattiva” ha la possibilità di comprendere i propri sbagli e di avere una nuova occasione di felicità.
  Ovviamente Olive non è malvagia, ma così è vista nella cittadina di Crosby dove, chi per invidia chi per ricordi spiacevoli, pochi si dimostrano gentili con lei, specie quando rimane sola. In effetti è abbastanza frequente conservare dei ricordi negativi legati ai propri insegnati, ed Olive è stata appunto la professoressa di matematica per molti dei suoi concittadini; solo al lettore è concesso scoprire che in realtà molti conservano della donna dei ricordi importanti per la loro crescita e vedono in lei una vera maestra di vita.
  Per quanto riguarda il personaggio di Olive in sé, non è certo priva di difetti, ne intende liberarsene. Con il proseguire del romanzo però c’è una progressiva presa di coscienza da parte sua per gli errori commessi, specialmente nei confronti del figlio. Un esempio lampante si nota nella sua capacità di amare, di provare affetto: se nei primi capitoli, il lettore quasi si chiedere perché mai Olive abbia sposato Henry o procreato Christopher per poi maltrattarli continuamente, si giunge poi a capire che la protagonista è perfettamente in grado di amare, ma lo fa solo alle sue condizioni.
  La favolosa prosa della Strout è assolutamente capace di sviluppare un personaggio tanto sfaccettato e nel contempo creare un cosmo di altre figure non meno interessanti, sebbene alcune rimangano impresse ben più di altre.
  Magistrali anche i collegamenti tra le varie storie, con dettagli ed indizi che vengono svelati in modo inatteso o anche personaggi che compaiono in più racconto, per dare qualche informazione in più sul proprio conto.
  Alcuni quesiti vengono poi lasciati volutamente in sospeso, così che sia il lettore stesso ad interpretarne la soluzione.
  Altra peculiarità di questi racconti è infine il presentare degli eventi rilevanti senza alcuna premessa per il lettore; e la bravura dell’autrice ci permette comunque di assaporare tutte le emozioni, al fianco di Olive.

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giovedì 12 gennaio 2017

Quando l’eroe non è un eroe - Recensione a "Magisterium - L’Anno di Ferro" di Holly Black e Cassandra Clare

Quando l’eroe non è un eroe

Recensione a "Magisterium - L’Anno di Ferro" di Holly Black e Cassandra Clare



SCHEDA TECNICA


TITOLO: Magisterium - L’Anno di Ferro
AUTORE: Holly Black e Cassandra Clare
TITOLO ORIGINALE: Magisterium - The Iron Trial
TRADUTTORE: Beatrice Masini
EDITORE: Mondadori
COLLANA: I Grandi
PAGINE: 320


COMMENTO


  Qual è la differenza tra l’avere un allenatore personale e l’andare semplicemente in palestra per proprio conto? A quanto pare tutta la differenza che c’è tra la scuola di Hogwarts e il Magisterium: nella prima vengono insegnate formule magiche, pozioni e un po’ di storia della magia; nel secondo sembra sufficiente esercitarsi e ripetere allo sfinimento le stesse operazioni per migliorarsi.
  Va bene, è un po’ troppo facile partire subito con un paragone tra questo romanzo e la saga potteriana, ma non è certo mia intenzioni gridare al plagio, anzi a mio avviso lo si può vedere come un omaggio al mondo creato da J. K. Rowling. Questo vale solo se escludiamo l’antagonista e il suo “legale” -per usare un eufemismo- con il protagonista che sembrano davvero una copia poco fantasiosa di Voldemort, e di Harry in quanto Horcrux.
  Inizialmente, anche la trama pare un accozzaglia di idee già lette, ma con il proseguire degli eventi essa si evolve in un intreccio ben più interessante e curioso, che costringe il lettore a proseguire con la lettura dei volumi successivi per scoprire dove andrà a parare.
  Abbiamo quindi un aspirante mago talentuoso (e questa volta orfano solo a metà), una scuola di magia, due amici coi quali formare l’immancabile terzetto e un insegnate preparato seppur severus severo. Ad animare questo quadro di partenza è innanzitutto la rivelazione che il nostro protagonista una volta tanto non è l’eroe destinato a salvare il mondo, anzi in un primo momento il giovane Callum non desidera neppure entrare nel Magisterium; questo e molti altri dettagli lo rendono un protagonista un po’ insoluto e interessante.
  Il filo conduttore in questo primo romanzo sembra semplicemente l’avanzamento nello studio della magia durante il primo anno alla scuola, noto appunto come l’Anno di Ferro. Vari colpi di scena e misteri lasciati volutamente irrisolti aiutano poi ad arricchire la trama, che risulta comunque parecchio scarna.
  Quindi abbiamo un libro breve e dallo stile scorrevole: in teoria l’avrei dovuto leggere in un paio d’ore, ma purtroppo ci sono dovuta fermare diverse volte per i dubbi causati da un’ambientazione a dir poco confusa. Ad esempio, non è mai chiarito se le persone “normali” (i Babbani, per intenderci) siano o meno a conoscenza dell’mondo magico; anche il funzionamento della magia rimane parecchio oscuro, perché da un lato sembra sia sufficiente pensare all’obiettivo per attivarla, ma dall’altro non si spiega perché un Magistro non dovrebbe permettere agli studenti di apprendere dei metodi per migliorare più velocemente.
  Sul piano dei personaggi abbiamo dei protagonisti ben caratterizzati e dei buoni comprimari, che però sono troppo numerosi ed è molto difficoltoso ricordare tutti i Magistri e gli apprendisti presentati.
  Ho apprezzato come sono stati strutturati gli eventi precedenti al romanzo e come poi sono stati presentati al lettore, svelandosi a poco a poco.
Una nota dolente è invece data dalla fretta con cui tutto viene narrato: sia arriva a condensare mesi interi in mezza riga, mentre le autrici avrebbero potuto dare molto più spazio agli studi di Call, così da delineare meglio sia i personaggi secondari sia le competenze apprese.
  Anche il finale risente di questa frettolosità generale e sembra piazzato in modo casuale, giusto per concludere il volume.
   Vorrei infine segnalare come il titolo di questo libro sia stato vittima di un adattamento opinabile, pratica frequente nel Bel Paese. Perché la Prova di Ferro diventa l’Anno di Ferro? Il tutto ha ancora meno senso dal momento che per i volumi successivi si è optato per una traduzione letterale.

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martedì 3 gennaio 2017

Cosa sto leggendo? - 3 gennaio 2017

Cosa sto leggendo?

3 gennaio 2017

Il triste periodo in cui le feste giungono al termine viene quest'anno rallegrato da tre letture che finora mi hanno colpito molto favorevolmente. Speriamo sia un buon auspicio per l'anno nuovo!

  1. "Paper Magician" di Charlie N. Holmberg, primo volume di una trilogia già da un po' pubblicata in Italia; nonostante la brevità, è un romanzo estremamente godibile e ricco di fantasia, con una trama originale in cui non è sempre facile imbattersi nel fantasy per ragazzi.
  2. "La svastica sul sole" di Philip K. Dick, romanzo a cui mi sono interessata dopo aver visto la prima stagione della (bellissima) serie TV "The Man in the High Castle"; in effetti sono presenti moltissime differenze nell'adattamento televisivo, ma ciò non mi sta impedendo di apprezzare l'originale cartaceo che ha nel "what if..." di partenza il suo punto forte.
  3. "Delitto e castigo" di Fëdor M. Dostoevskij, un capolavoro che non ha certo bisogno di presentazioni; nonostante l'edizione in mio possesso non sia delle migliori, questo classico mi ha davvero catturata, specialmente per merito dei personaggi perfettamente tratteggiati.