lunedì 31 agosto 2020

Wrap-Up - Letture di agosto 2020

Wrap-Up - Letture di agosto 2020




L'ultimo mese era iniziato abbastanza bene in quanto a letture, poi il declino inarrestabile sulla fine... perché?

La prima lettura del mese ha segnato il ritorno di uno dei miei autori classici preferiti, ossia Charles Dickens, con quello che credo potrebbe essere la sua opera migliore -almeno tra quelle lette fin'ora: "Tempi difficili". Non potevo che dare cinque stelline a questo romanzo, del quale vado QUI ad analizzare nel dettaglio la storia, i personaggi e le tematiche.

Come mi ero ripromessa nel post che trovate QUI, quest'anno ho scelto di leggere qualcosa di Marissa Meyer, dopo aver concluso la tetralogia The Lunar Chronicles (analizzo l'intera serie QUI) nel 2019. Dopo aver scartato l'autoconclusivo "Heartless", ho puntato la sua trilogia sci-fi da poco terminata che inizia con il volume dal quale prende il nome, ossia "Renegades".
La vicenda è ambientata in una metropoli statunitense che sembra però essere diventata una sorta di città-stato; in questa realtà sono presenti individui con dei superpoteri -per nascita o acquisiti casualmente- e da sempre perseguitati dalle persone comuni, fino a quando il villain Ace Anarchy non si oppone al governo ed instaura, per l'appunto, l'anarchia nella città. Questa situazione porta alla comparsa di svariate gang criminali che si disputano il territorio facendo valere la legge del più forte; solo diversi anni dopo verranno fermati dal gruppo dei Renegades, eroi che ristabiliscono l'ordine a Gatlon City per poi diventarne custodi e governanti.
La storia segue i punti di vista alternati di Nova, nipote di Ace dotata di poteri collegati al sonno che mira a smantellare la nuova società fondata sulla venerazione dei supereroi, ed Adrian, animatore di disegni e figlio dell'eroina Lady Indomitable, per l'omicidio della quale vuole far giustizia.
Il romanzo è sbilanciato: da un lato ci da poche informazioni e dall'altro perfino troppe. Non sappiamo quasi nulla del mondo oltre i confini della città, e il world building in generale è gestito in modo parecchio infantile; per averne un buon esempio basta leggere la scena iniziale della parata! Sono invece troppi i personaggi (senza contare che hanno uno o due alias a testa), le battute "da fumetto" e perfino la lunghezza del volume, soprattutto considerando che la trama è estremamente prevedibile.
Nonostante questi difetti, ho trovato il libro molto d'intrattenimento e, pur avendo dato la stessa valutazione, lo ritengo un inizio di serie migliore rispetto a "Cinder" (ne parlo QUI) con il quale ha anche diverse somiglianze, come la protagonista appassionata di tecnologia, le esclamazioni inventate e il segreto sul quale ruota la storia d'amore, che in questo caso ho trovato gestita meglio di quella tra Cinder e Kai. Anche se Adrian si è dovuto impegnare davvero poco per superare il nostro caro imperatore del Commonwealth Orientale.
Promuovo in toto la rappresentazione presente nella storia, molto varia e ben contestualizzata, nonché le riflessioni che il romanzo propone al lettore, specialmente sul ruolo delle forze dell'ordine e dei governanti, e su chi si possa definire un eroe.
Il mio voto è di tre stelline e mezza.

Agosto e, più in generale, l'estate è considerato un periodo perfetto per la lettura dei gialli, quindi mi è sembrato il momento perfetto per concentrarmi finalmente su un nuovo titolo di Agatha Christie. Come in "Miss Marple nei Caraibi" (ne parlo QUI), anche "Il terrore viene per posta" fa parte della serie dedicata alla simpatica vecchietta inglese che, tra una sciarpa ai ferri e un centrino all'uncinetto, riesce immancabilmente ad individuare il colpevole e permettere alle autorità di assicurarlo alla giustizia.
L'aspetto più irritante di questo romanzo è proprio la poca presenza di Miss Marple in scena: arriva nella storia solo nell'ultimo terzo del volume e non compare per più di cinque pagine prima del finale in cui spiega agli altri personaggi, e a noi lettori, come ha smascherato l'assassino. Per contro Jerry Burton -protagonista e voce narrante della storia- è padrone incontrastato della scena, tanto che l'autrice si concede di dar ampio spazio alla sua cringeissima storia d'amore, nonché a quella della sorella.
Nonostante queste deviazioni romance abbastanza superficiali, l'intreccio si mantiene ottimo per la parte mistery: poco dopo l'arrivo dei fratelli Burton nella cittadina di Lymstok, diversi abitanti cominciano a ricevere delle lettere misteriose in cui l'anonimo scrivente da voce a dei pettegolezzi sulle loro vite private; mentre alcuni riescono a scherzare a cuor leggero su queste missive, altre persone ne rimangono profondamente turbate, e anche la morte non tarda a fare la sua comparsa nel ridente paesino.
Nonostante le lettere siano solo una parte del caso, sono proprio l'elemento che genera l'interessante riflessione sul tema della paura, una paura capace di esercitare anche una grande influenza sugli individui perché non sanno quando verranno colpiti e quale accusa verrà loro mossa. L'angoscia si fa ancora più paralizzante dal momento che l'anonimato di cui gode l'autore delle lettere impedisce fino all'ultimo di sapere cosa lo spinga ad agire.
Un altro aspetto che ho apprezzato è la presenza di diversi personaggi femminili forti e decisi, capaci di vivere in modo indipendente e dalla mentalità alquanto moderna, se si considera l'epoca di pubblicazione del romanzo. D'altro canto sono rimasta perplessa per la divisione del testo nei capitoli e nei paragrafi: spesso le scene continuavano nonostante il "taglio", oppure cambiavano repentinamente tra una frase e l'altra.
Anche per l'edizione ho un'opinione non del tutto positiva. La traduzione è recente, e si sente da come il testo scorre piacevolmente durante la lettura, ma la qualità della stampa è scarsa (soprattutto se confrontata con il prezzo), manca il classico elenco dei personaggi a inizio volume e ho trovato pre e postfazione confusionarie e per nulla indispensabili.
Il mio voto è di tre stelline.

Proseguendo con la TBR, ho finalmente letto "The Boneless Mercies" di April Genevieve Tucholke (ricchi premi e cotillon a chi riesce a pronunciare correttamente il nome dell'autrice al primo colpo!); dico finalmente perché questo romanzo l'ho comprato da parecchio, catturata dalla bellissima cover, e speravo in una storia favolosa. Durante la lettura ho dovuto ridimensionare le mie aspettative, ma ho comunque dato quattro stelline ben meritate al libro, del quale parlo meglio QUI, analizzando trama personaggi e stile.

Con la mia quinta lettura, ossia "La porta di Tolomeo", ho terminato sia la TBR sia la tetralogia Bartimeus di Jonathan Stroud, alla quale ho dedicato un post ovviamente positivo per la rubrica Lettura d'Insieme che potete già trovare QUI.
In questo ultimo capitolo la storia ruota attorno alla possibilità per gli umani di raggiungere l'Altro Luogo, dal quale provengono gli spiriti, ma anche della volontà di ribellione di questi ultimi come pure dei comuni che i maghi trattano parimenti alla stregua di schiavi. Come per "L'occhio del Golem" (ne parlo QUI), nei capitoli si alternano i punti di vista del jinn Bartimeus, del mago Nathaniel -che ormai ha raggiunto un posto di grande importanza all'interno del governo- e della comune Kitty; proprio l'intervento di quest'ultima permetterà di far riavvicinare gli altri due, che nel volume precedente non si erano lasciati nel migliore dei modi.
Come Stroud ci ha ormai abituati, nei suoi libri la trama ha uno sviluppo dinamico e ricco di colpi di scena davvero ben pianificati, senza risultare per questo fastidiosamente frenetica. La parte finale del libro è inoltre un perfetto equilibro tra scene d'azione adrenaliniche e confronti a cuore aperto tra i protagonisti.
E proprio le relazioni tra questi sono la parte migliore del titolo: senza scadere in banalità o luoghi comuni, l'autore riesce ad analizzare con attenzione sia i singoli rapporti, sia le interazioni che vedono tutti e tre in scena.
Ho apprezzato molto l'evoluzione del sistema magico che, pur essendo già di base parecchio originale, non si limita a quanto già illustrato nei capitoli precedenti, ma aggiunge nuovi dettagli; tra l'altro questi risultano ben pianificati nel corso dell'intera serie.
Altro aspetto davvero positivo è la figura di Tolomeo, che dopo tre romanzi in cui viene citato di continuo riusciamo finalmente a vedere in azione. Inutile dire che non delude affatto, e quasi mi spiace che il prequel non sia stato dedicato alle sue avventure con Bartimeus.
Il mio voto è di cinque stelline.

Da anni volevo dare una possibilità a Nicolai Lilin, per valutare il suo stile e decidere se mi sarebbe piaciuto leggere la sua famosa trilogia Siberiana; quindi ho letto il suo romanzo autoconclusivo "Spy story love story", che purtroppo non mi ha fatto una buona impressione: l'ho valutato con due stelline e mezza, ma vi consiglio di fare un salto QUI dove potete farvi un'idea più precisa circa la mia opinione a riguardo.

E per concludere in orrore, ho deciso di terminare anche la duologia Everless scritta da Sara Holland, leggendo l'atroce "Evermore"; intendiamoci, non è peggiore del primo libro, ma almeno in quello c'era la parvenza di un'idea originale, mente qui abbiamo davanti una trama prevedibile dall'inizio alla fine e dei personaggi dalla stupidità imbarazzante, tanto da dover fare più volte le stesse scoperte per riuscire ad unire finalmente i puntini.
La storia riprende con Jules -in fuga dalla tenuta di Everless- che in questo romanzo avrà come missione sconfiggere la Sorceress Caro, aiutata da Liam e da alcuni nuovi personaggi. Sembrerebbe quasi una trama interessante, non fosse che l'autrice ci presenta sempre le stesse situazioni (all'inizio, la protagonista fugge e viene catturata tre volte di fila), in una corsa tanto frenetica quanto inconcludente per tutto il regno di Sempera che ci riporta al punto di partenza, tra una sequela di rivelazioni sconvolgenti solo per i personaggi: un lettore attento avrebbe capito tutto già all'inizio del primo libro!
La Holland ha deciso di dare ampio spazio alla storia d'amore (definirla "campata per aria" è un eufemismo) tra Jules e Liam, inserendo ogni tre righe dei dettagli inutili per farci capire come siano legati e arrivando addirittura a far dire quanto si amino agli altri personaggi! È paradossale come il romance non sia neanche la parte peggiore del romanzo, ma si riveli soltanto l'ennesima, noiosa sottotrama fine a se stessa.
Non mancano poi le scene da "contemporary" (vedasi il rave nei sotterranei dell'università) e l'utilizzo randomico della magia; in realtà non si tratta di puro caso, perché è l'autrice a decidere quanto la protagonista possa riuscire o meno nelle magie, in modo da portare la trama verso la direzione prestabilita.
Per chi temeva di sentire la mancanza di Roan, tranquillizzatevi perché qui viene sostituito efficacemente dal neo arrivato Elias, mentre non ho ancora una risposta per la totale assenza delle comparse, come i marinai sulla nave di Elias stesso o le guardie all'interno del castello reale. Fosse un film capirei il desiderio di risparmiare qualche salario, ma cosa le costava inserire qualche personaggio in più?
L'unica nota positiva di questa serie rimangono le cover dell'edizione britannica: molto carine esteticamente ed azzeccate rispetto al contenuto dei libri.
Il mio voto è una stellina.


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giovedì 27 agosto 2020

Dovrebbero farci un film (non è un complimento) - Recensione a "Spy story love story" di Nicolai Lilin

«Siamo complessi, noi esseri umani, abbiamo così tante sfumature...»

Dovrebbero farci un film (non è un complimento)

Recensione a "Spy story love story" di Nicolai Lilin


LA SCHEDA TECNICA

TITOLO: Spy story love story
AUTORE: Nicolai Lilin
TITOLO ORIGINALE: -
TRADUTTORE: -
EDITORE: Einaudi
COLLANA: I coralli
PAGINE: 250
VOTO: 2 stelline e mezza

IL COMMENTO


  "Spy story love story" è un romanzo thriller dal titolo incredibilmente fuorviante, perché non si tratta propriamente di una storia di spionaggio e certamente non racconta una storia d'amore. Anche la sinossi proposta non corrisponde a quanto effettivamente succede nel romanzo: il protagonista Alëša è un provetto sicario non più giovanissimo che vuole lasciare l'associazione criminale per la quale lavora, ma non per degli scrupoli morali dell'ultima ora, quanto piuttosto perché prova la necessità fisica di uccidere e il suo capo da un po' lo sta lasciando a riposo dopo aver deciso di entrare in politica e -quindi- di dare una ripulita alla sua reputazione.
  Da queste premesse parte la storia: Alëša chiede al boss Rakov di "andare in pensione" e questi gli propone un ultimo lavoro per poter guadagnare un bel gruzzolo e concludere in bellezza la sua sanguinosa carriera. L'uomo dovrà eliminare Marta, la figlia di un simpatizzante della Fratellanza che rischia di mettere in dubbio la facciata di ultra democratico di Rakov; nel mentre, il nostro protagonista dovrà occuparsi anche di formare il suo sostituto, ossia l'ex militare Ivan.
  La trama è priva di spunti originali (specialmente se guardate spesso film d'azione o simili) e viene smossa solo da un colpo di scena a metà volume che risulta imprevedibile non tanto perché sia ben studiato, bensì per la sua totale casualità: avrei trovato più logico che il protagonista arrivasse a fare questa scoperta tramite un suo ragionamento, ma invece tutto viene rivelato con tranquillità e in modo randomico.
  Tutta la narrazione presenta delle scene molto sopra le righe, in cui vengono inserite battute d'effetto irrealistiche o raccontati aneddoti evidentemente esagerati,

«"[...] Sai perché sono rimasto in piedi? Perché quel giorno avevo addosso un paio di pantaloni nuovi di zecca e non volevo sporcarmeli. All'epoca la mia vita per me valeva meno di un paio di pantaloni, tutto qui."»

e in generale il comportamento dei personaggi ricorda quello che potremmo vedere in un film d'azione piuttosto che tra le pagine di un romanzo. Se non ne perdere la godibilità della storia, sicuramente viene inficiata la sua credibilità perché reazioni come questa:

«Ivan avvicina la mano alla bocca, come se volesse impedire alle parole di uscire.»

sono più facili da immaginare se filtrate dallo schermo di un televisore, che aiuta a sospendere maggiormente l'incredulità; in un testo scritto il lettore ha tutto il tempo per capire che queste reazioni sono troppo meccaniche.
  Come anticipato, la storia d'amore è quasi inesistente: se non fosse tanto citata (perfino su Wikipedia questo titolo viene riassunto con la frase "le vicende di uno spietato killer che finisce con l'innamorarsi") non mi sarei neppure accorda del grande amore tra Alëša e Marta. Ovviamente si tratta di un insta-love, quindi lui la vede e parte per la tangente,

«Ogni secondo che passa in sua presenza Alëša si sente più a suo agio, come se la conoscesse, come se il loro piccolo scambio di parole fosse soltanto il seguito di un dialogo più profondo, cominciato molto tempo fa.»

mentre a lei servono addirittura quattro chiacchiere assieme per... professare il proprio amore incondizionato? non proprio, ma gli sguardi densi di significato si sprecano.
Cover ceca
  Il cast si compone di Alëša, Ivan e parecchie comparse fatte con pratiche sagome di cartone e ricoperte dai più abusati cliché: i russi mafiosi cattivi che uccidono per noia e sono pronti a farsi le scarpe l'un l'altro, gli zingari nascosti tra i rifiuti a cui devi provare di essere un vero duro, i politici di ogni nazionalità sempre corrotti fino al midollo, i militari e i poliziotti altrettanto corrotti, tutte le donne desiderose di darsi alla prostituzione, con l'unica eccezione di Marta. E proprio quest'ultima è il personaggio che più mi ha lasciato perplessa, perché la sua presenza è quasi ininfluente ma Lilin spreca pagine preziose per parlarci della sua situazione familiare e della passione per i numeri (?), tutti dettagli privi di utilità; è incredibile anche la serenità con cui la donna accetta quanto le succede,

«"Preferisco non sapere di che cadavere state parlando, [...]"»

e la sua tirata finale sul tema -del tutto fuori luogo- del ricordo.
  Alëša ha la migliore caratterizzazione, e ho apprezzato la scelta di descrivere le sue azioni in modo schietto, senza tentare di dipingerlo come un eroe romantico. Non mi ha troppo convito invece la sua forzata passione per la lettura,

«E fuori dalla violenza trovò un solo conforto: la letteratura. Gli unici momenti in cui si sentiva vivere erano quelli passati a leggere.»

e neppure il fatto che, subito dopo aver incontrato Ivan, diventi all'improvviso un gran chiacchierone pronto a raccontare tutte le sue imprese per pagine e pagine di monologhi surreali. L'aspirante killer d'altronde era per me il personaggio più interessante, almeno fino a quando l'autore non lo distrugge attribuendogli la motivazione più patetica possibile, per dargli poi una risoluzione insoddisfacente.
  Stilisticamente il romanzo è scorrevole e si nota l'impegno che l'autore ha infuso nella ricerca dei termini giusti, soprattutto nelle metafore che abbondano nella narrazione; alcune sono originali e gradevoli,

«Il senso di liberazione lo ubriacò e gli aprì due enormi ali sulla schiena. La strada dal parco a casa la fece volando, [...].»

ma nella moltitudine scivola spesso sul già visto. Sembra che Lilin ne abbia inserite così tante per farne un tratto distintivo, ma per conto mio bastava tranquillamente il suo continuo mettere in mostra le conoscenze tecniche sulle armi. Ad esempio, dopo questa frase introduttiva:

«Alëša annuisce, conosce bene quell'arma. Modello più compatto della classica 17, calibro 9 per 19, roba da militari e poliziotti.»

segue una disquisizione sulla validità delle diverse pistole lunga un paio di pagine e, neanche a dirlo, del tutto inutile ai fini della trama.

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domenica 23 agosto 2020

Lettura d'Insieme - Bartimeus Sequence di Jonathan Stroud

Lettura d'Insieme

Bartimeus Sequence di Jonathan Stroud




Cover italiane
  Bartimeus Sequence è una tetralogia fantasy con target middle-grade, scritta tra il 2003 e il 2010 da Jonathan Stroud.
  La trilogia originale è ambientata in una versione ucronica di Londra in cui l'impero britannico è ancor oggi la nazione più potente al mondo grazie ai maghi che lo governano. La storia segue le avventure del giovane mago Nathaniel che, assistito dal jinn Bartimeus, cercherà di ottenere un ruolo prestigioso in uno dei Ministeri magici e si troverà spesso invischiato nelle trame di altri maghi affamati di potere.
  Questa trilogia mi è molto piaciuta, e sono qui per elencare i dieci motivi per i quali ne consiglio la lettura.
  Attenzione: da qui in poi ci saranno SPOILER!


1. BARTIMEUS DI URUK
  Spirito dai molti nomi, Bartimeus rientra nella categoria dei jinn, ossia dei demoni di media potenza; la sua astuzia e la grande inventiva gli hanno permesso però di rimanere in vita nel corso dei millenni, oltre a prendere parte ad eccezionali imprese delle quali non perde occasione per vantarsi.

«[L'esercito] Comprendeva una legione di afrit e un gruppo di jinn di vario livello, di cui il più notevole era sicuramente... No, la modestia mi impedisce di proseguire.»

  La spigliata irriverenza è il tratto distintivo di Bartimeus, che dalla prima pagina riesce a conquistarsi la simpatia del lettore con le sue battute sagaci e con la capacità di deridere i maghi che lo vogliono fare schiavo, pur essendo limitato dai vincoli della convocazione.

«Occhi grandi, capelli scuri tagliati a caschetto. Meccanicamente la memorizzai. L'indomani mi sarei presentato dal ragazzino con il suo aspetto. Ma senza vestiti.»

È interessante notare come, pur parlando in modo sdegnoso dei suoi padroni, Bartimeus rimanga molto legato alla loro memoria e non abbandoni mai del tutto le speranze nel buon cuore degli umani.
  I suoi capitoli sono gli unici narrati in prima persona, inoltre hanno altre due peculiarità che li fanno spiccare rispetto a quelli degli altri protagonisti della serie. Innanzitutto Bartimeus si rivolge spesso in modo diretto al lettore, sfondando la quarta parete ed adottando lo stesso tono sprezzante e ironico che usa per parlare con i maghi;

«Catene! Corde! Furgoni! Mettete tutto insieme e che cosa ottenete? Già, non ne avevo neanch'io la minima idea. Ma sembrava roba losca.»

il jinn è anche in grado di assumere qualunque aspetto gli aggradi -dal mostro gigantesco allo sbuffo di fumo, dalla bestia feroce alla sua tradizionale guisa del mago Tolomeo- e quando parla di se stesso da trasformato, fa riferimento al suo aspetto in terza persona,

«"Ne ho abbastanza", dissi. "Non vedo in giro Khaba, e neppure il suo piccolo foliot malefico. Io faccio una pausa." Così dicendo il bellissimo giovane buttò da una parte lo scalpello e scivolò giù dalla scala di legno fin sul fondo della cava.»

cosa che, almeno le prime volte, crea un po' di perplessità nel lettore, ma poi diventa un simpatico modo di vedere i travestimenti che lo spirito adotta di volta in volta.

2. NATHANIEL / JOHN MANDRAKE
  Dopo Bartimeus, come non parlare del personaggio con il quale si contende l'attenzione del pubblico per l'intera trilogia principale? A differenza del jinn, Nathaniel ha maggiori difficoltà nel risultare simpatetico al lettore: se all'inizio de "L'amuleto di Samarcanda" si poteva anche provare pena per il ragazzino talentuoso al quale gli adulti non danno lo spazio per esprimersi, già dalla metà di quel volume l'ambizione e la spregiudicatezza del giovane mago si palesano.

«Riassumendo: sembrava che per salvare la propria pelle questo piccolo ingrato stesse per scaricare le ire di un mago potente sulla testa del proprio maestro ignaro. Ero molto colpito.»

  Per gran parte della serie, è davvero difficile apprezzare il personaggio di Mandrake, seppur le sue motivazioni siano logiche ed i suoi comportamenti il normale risultato della società in cui è cresciuto. Sin da bambino gli viene insegnato che i maghi sono le guide naturali dell'impero, quindi sfruttare gli spiriti e controllare i comuni è loro diritto e dovere; avendo inoltre come maestro un mago alquanto debole, il suo talento -del quale Nathaniel è ben consapevole- lo spinge a desiderare una rivalsa,

«I libri di storia su cui Nathaniel studiava riportavano un numero infinito di episodi in cui maghi rivali si erano combattuti tra loro. [...] non aveva alcuna intenzione di scontrarsi con il suo nemico frontalmente, almeno finché non fosse diventato più forte. L'avrebbe fatto cadere con altri mezzi.»

che lo porterà ben presto ad ottenere un ruolo chiave all'interno del governo, dovendo però guardarsi continuamente le spalle per paura di chi, come lui, agogna al potere.
  Il suo atteggiamento rende difficili i rapporti con il lettore, ma anche con gli altri personaggi; Bartimeus non perde occasione per deridere il suo desiderio di apparire come un mago di successo,

«Nel corso degli anni le sue priorità erano decisamente cambiate. [...]
"Guardati", dissi. "Quanti nuovi atteggiamenti. Scommetto che li copi da uno dei tuoi maghi preferiti".»

e anche Kitty gli rifila delle frecciatine niente male, che lentamente lo portano a riflettere e mettono in moto la straordinaria evoluzione del suo personaggio che vediamo ne "La porta di Tolomeo".

3. KITTY JONES
  A differenza di Bartimeus e Nathaniel, Kitty acquisisce un ruolo importante nella storia -e dei capitoli dal suo punto di vista- solo da "L'occhio del Golem". Questo non le impedisce però di diventare un personaggio di vitale importanza per le sorti dell'impero e dell'equilibro tra umani e spiriti.
  Se Mandrake compie una grande crescita nella sua caratterizzazione, Kitty è colei che permette all'autore di dipingere un'enorme evoluzione nelle sue conoscenze ed abilità. Già ne "L'amuleto di Samarcanda" la vediamo parte della Resistenza, ma con una consapevolezza molto limitata rispetto alla magia e al mondo degli spiriti; spinta dalla sua volontà di apprendere e dalle sollecitazioni di altri personaggi,

«"[...] Lei legge, signorina Jones?"
Kitty si strinse nelle spalle. "Certo. A scuola".
"No, no, quelle non sono vere letture. Sono i maghi a scrivere i testi scolastici: non può fidarsi di loro."»

Kitty inizia ad interessarsi alle convocazioni, agli oggetti magici e -in particolare- al jinn Bartimeus, con il quale instaura un rapporto tanto speciale da riportare alla sua memoria il legale esclusivo che tanto tempo prima aveva con Tolomeo.
Cover francesi
  Questo lato del suo personaggio non impedisce a Kitty di avere un'ottima caratterizzazione, che raggiunge il suo apice quando decide di viaggiare fino all'Altro Luogo, dimostrando una grande fiducia nei due coprotagonisti, nonostante i trascorsi non proprio positivi.

4. WORLD BUILDING
  "L'anello di Salomone" ha senza dubbio un'ambientazione molto affascinante per i suoi esotici tratti mediorientali, ma qui voglio parlare della Londra ucronica in cui ritroviamo Bartimeus quando Nathaniel lo convoca per la prima volta.
  Stroud immagina un mondo in cui la presenza degli spiriti al servizio del maghi abbia influito in modo vitale sulle vite delle persone. Questo influsso è evidente sia nelle piccolezze, come usare un folletto imprigionato in uno Specchio Veggente come telecamera di sorveglianza, che nei cambiamenti più grandi: guerre che vengono combattute dai comuni ma nelle quali il ruolo centrale è giocato dalla convocazione di afrit e marid, o la struttura dello stesso governo magico britannico con le sue regole bislacche eppure ragionate per farlo durare nei secoli.

«"Sarebbe molto meglio che i maghi potessero avere figli propri".
"Così si creerebbero lotte tra dinastie, matrimoni combinati... e finirebbe tutto in faide sanguinose. Leggi qualche libro di storia, Martha [...]".»

  È interessante anche analizzare le dinamiche dei Ministeri magici, che mescolano degli elementi del tutto fantastici -vedasi i licantropi impiegati dalla polizia- con altri parte del nostro mondo, come vediamo molto bene quando Nathaniel diventa Ministro dell'Informazione e deve occuparsi della propaganda governativa.

«"[...] Ah, ecco: questo mi sembra già meglio: Difendi la patria e fatti un nome... È buono. Hanno messo un tipo da fattoria dall'aria virile, che va bene, ma che ne dice di aggiungere dietro una famiglia -diciamo i genitori e una sorellina- con l'aria indifesa e ammirata? Bisogna giocare la carta familiare".
La signorina Piper annuì vigorosamente. "Potremmo metterci anche una moglie, signore".
"No. Vogliamo i single. Le mogli fanno un mucchio di storie quando i mariti non tornano dal fronte".»

5. SISTEMA MAGICO
  Il sistema magico di questa serie è degno di menzione per la sua originalità: quelli che qui vengono definiti maghi non possiedono in realtà alcun potere soprannaturale ma si limitano a fruttare la magia degli spiriti che evocano e vincolano per obbedire ai propri comandi.

«"Dunque il grande segreto sono i dèmoni. [...] tutti i nostri poteri ci vengono dai dèmoni. Che senza il loro aiuto non siamo altro che un mucchio di prestigiatori e ciarlatani." »

Ciò non toglie che i maghi si impegnino molto per apprendere le conoscenze necessarie per svolgere il loro compito, e lo capiamo bene quando Kitty si mette in testa di chiamare a sé Bartimeus e deve studiare per tre anni anche solo per riuscire in questo compito limitato.
  In questo sistema magico un'importanza vitale è data ai nomi, sia degli umani sia degli spiriti. I nomi sono dei vincoli perenni ed indelebili, quindi tutti tentano di tenere il proprio segreto;

«"[...] I nomi sono cose potenti, tenerli nascosti o perderli può fare la differenza. Non andrebbero mai sbandierati in giro o, né da parte di spiriti né da parte di umani, perché sono ciò che possediamo di più profondo e segreto."»

ciò rende davvero toccante la scena ne "La porta di Tolomeo" in cui Nathaniel capisce di potersi fidare a tal punto di Kitty da rivelarle il suo.
  È interessante anche notare come Stoud abbia incluso degli elementi fantastici già noti, adattandoli al mondo di sua invenzione. Così abbiamo degli spiriti intrappolati nei tappeti per farli volare come ne Le mille e una notte,

«Altre culture invece non si fecero scrupoli a fondare i jinn agli oggetti inanimati: tra i persiani andavano forte i tappeti; [...].»

oppure in una calzatura così da creare gli Stivali delle Sette Leghe che fanno correre a gran velocità chi li calza.

6. DA MIDDLE GRADE A YOUNG ADULT
  Nel complesso questa tetralogia viene venduta come middle-grade, quindi rivolta ad un pubblico di ragazzi giovani, ad esempio studenti delle medie. Credo però che, mentre la serie prosegue si assista ad una progressiva crescita legata non solo all'età del protagonista, ma anche alle tematiche che vengono affrontate.

«Per sopravvivere in quel mondo senza amici, Mandrake aveva nascosto le sue qualità migliori sotto strati di affettata efficienza e ostentata eleganza. [...] tutto era seppellito in profondità. Ogni collegamento con l'infanzia era stato mozzato.»

  I toni si fanno parimenti più cupi e le scene descritte spesso violente, senza comunque mai scendere nel grottesco o nello splatter gratuito.

«"[Praga] è una città malinconica. Nel corso degli anni ha condotto molti dei nostri agenti al suicidio. Per il momento Arlecchino sembra abbastanza lucido, ma ha acquistato una sensibilità un tantino morbosa".»

  Si può notare come anche il linguaggio diventi progressivamente più ricercato, non per far sentire in difetto il lettore quanto piuttosto per incentivare la sua sete di conoscenza e miglioramento personale.

7. BLACK HUMOUR
  Questo aspetto riguarda in particolare Bartimeus che, come già detto, non lesina battute sottili a chicchessia, dal folletto più umile ai potenti marid. Il suo senso dell'umorismo lo porta spesso a raccontare delle storielle divertenti, raccolte nei tanti secoli al servizio dei maghi di tutto il mondo, ma quasi sempre caratterizzate da un finale non troppo lieto.

«In seguito si era scoperto che era riuscito a farlo ricoprendo alcuni lingotti d'oro con una sottile pellicola di piombo che spariva non appena riscaldata. La sua ingenuità riscosse grande favore, ciò nondimeno fu decapitato.»

  Anche al presente, lo humour del jinn non cambia nel suo vedere sempre il lato più esilarante delle scene anche violente alle quali si trova ad assistere,

«Braccia e gambe erano gettate in modo scomposto, quasi dormisse. E ho detto quasi a ragione, dal momento che gli mancava la testa.»

e queste uscite fanno inevitabilmente sorgere una risata amara nel lettore, combattuto tra il divertimento genuino e la natura gore di quanto viene descritto.

8. NOTE A PIÈ DI PAGINA
  Parliamo sempre dei capitoli dedicati a Bartimeus perché il jinn, non pago di descrivere in prima persona le sue gesta e parlare al lettore in tono confidenziale, si permette pure il lusso di avere delle note a piè di pagina.
  In queste appendici lo vediamo puntualizzare dei dettagli sugli avvenimenti in
Cover russe
corso,

«Non scattò nessun allarme magico, anche se sbattei cinque volte la testa contro il ciottolo.1
[...]
1Ogni volta contro un ciottolo diverso, non cinque volte di seguito contro lo stesso ciottolo. Solo per essere precisi. A volte gli essere umani sono un po' lenti

oppure raccontare i simpatici aneddoti ai quali accennavo al punto precedente, altrimenti difficili da inserire nella narrazione.

9. UCRONIA E RIFLESSIONI
  Per quanto riguarda la trilogia originale, ci troviamo come detto in una Londra diversa dalla nostra: pur essendoci tutte le comodità moderne note, la realtà è quella di un'ucronia nella quale i maghi comandano con pugno di ferro sul resto dei cittadini.

«"[...] Se si vuole mantenere integro l'impero, è necessario un governo forte e forza significa: maghi. Immagina cosa sarebbe il paese senza di essi! È impensabile: sarebbero al potere i comuni!"»

Per non parlare del trattamento riservato agli spiriti, che i maghi chiamano e trattano alla stregua di demoni malvagi, portandoli a diventare proprio come sono dipinti, ossia creature spietate e pronte a rivoltarsi contro alla minima incertezza del mago che li ha convocati.

«"[...] la nostra esistenza qui non è altro che una sequela di punizioni! Solo i maledetti maghi cambiano: non appena uno finisce nella tomba, ecco che ne salta fuori un altro, scova i nostri nomi e ci convoca di nuovo! Loro passano, noi restiamo".»

  Con l'aumentare del numero di comuni refrattari alla magia, i maghi diventano se possibile ancora più determinati a mantenere il controllo con ogni mezzo,

«Erano oppositori della benevola supremazia dei maghi e voleva ritornare all'anarchia delle Leggi Comuni. [...] La risposta del governo era stata drastica: molti comuni furono arrestati sulla base del solo sospetto, alcuni furono giustiziati o deportati nelle colonie a bordo di galere.»

e questo potrebbe essere il primo di molti spunti sui quali la serie invita il lettore, anche se molto giovane, a fare delle riflessioni individuali: una nascita avvantaggiata non da il diritto di ergersi a giudice del prossimo, la ricerca del sapere permette di elevare la propria condizione, le informazioni date da chi sta al potere vanno messe alla prova, etc.

10. FINALE
  Ho pensato che il finale (mi riferisco sempre alla serie originale) si meritasse un punto a parte. Oltre ad essere estremamente forte sul piano emotivo, la risoluzione della trama dimostra un'eccellente pianificazione dell'autore nel corso della trilogia: si pensi, ad esempio, alla ricomparsa dell'amuleto di Samarcanda o al ruolo giocato dagli Stivali del mercenario.
  In questa parte conclusiva avviene uno travolgimento nel sistema che aveva governato l'impero per tanto tempo, con i ruoli di maghi, comuni e spiriti che si invertono,

«"Sono una comune. Bravo. Ma ormai questo non fa più molta differenza, ti pare? Guardati intorno. Tutto va al contrario: maghi che hanno distrutto il governo; demoni che si fanno convocare spontaneamente dai loro simili; comuni che prendono il controllo delle strade. [...]"»

e non solo sul livello pratico di chi evoca chi, ma anche sui rapporti, cosa che non manca di sconvolgere quelli che -come il jinn Faquarl- reputano inconcepibile un qualunque tipo di parità tra la sua specie e gli umani che per anni li hanno tormentati e fruttati.

«"L'umano ha mantenuto l'intelletto", borbottò. "E allora chi è il padrone? Chi comanda dei due?"
"Nessuno", dissi.
"È un equilibro equo", precisò Nathaniel.»

  Nel finale sono inoltre presenti degli enormi cambiamenti nei rapporti tra i tre protagonisti, ed ognuno di loro compie un sacrificio volontario,

«"Sono solo grinze, Kitty. Solo grinze. Le ha un sacco di gente. [...] E poi guarda me. Guarda queste bolle".
"Volevo chiederti, in effetti".
"È stata una Pestilenza. Quando ho recuperato il Bastone".»

determinante per fermare la rivolta degli spiriti nei corpi dei maghi e per dimostrare come si possa cambiare ed andare contro tutto le proprie convinzioni se queste si dimostrano sbagliate.

VALUTAZIONI SINGOLE