lunedì 29 aprile 2024

"Quattro dopo mezzanotte" di Stephen King

Quattro dopo mezzanotteQuattro dopo mezzanotte by Stephen King
My rating: 3 of 5 stars

"Forse Shooter era davvero uno scrittore. Rispondeva a entrambi i requisiti principali: raccontava una storia stimolando in te il desiderio di sentire come andava a finire anche quando avevi già un'idea meno che approssimativa della probabile conclusione, e spandeva tanta merda che faceva rumore di sciacquio"


PILLOLE DI HORROR KINGHIANO

Nel mio percorso di recupero cronologico delle antologie kinghiane, un paio di anni fa avevo affrontato "Stagioni diverse", diventato istantaneamente uno dei miei titoli preferiti del caro Stephen, con mio grande stupore dal momento che non mi ritengo un'estimatrice di racconti e novelle. Ancora con i ricordi di quella stupenda lettura in mente sono approdata adesso alla quarta raccolta dell'autore, che propone nuovamente la formula di quattro, corpose novelle associate tra loro da un tema ricorrente, in questo caso quello del tempo e della percezione che abbiamo di esso.
Come per le altre antologie, andrò ad analizzare e valutare in modo individuale ogni storia, ma in linea di massima posso dire di aver trovato qualcosa di apprezzabile in ognuna delle narrazioni, seppure nessuna mi abbia colpita come altri racconti nati dalla penna di King. In generale ho trovato anche altalenanti l'elemento horror ed il collegamento alla tematica del tempo: quand'è ben evidente è perché i personaggi stessi lo sottolineano, ma in molti altri frangenti risulta quasi impercettibile.


"I langolieri" - tre stelline e mezza
Narrazione che trasmetterà sicuramente un senso di déjà vu ai fan della serie TV Lost, infatti la scena si apre su un volo aereo, in particolare il volo 29 della compagnia fittizia American Pride, in partenza da Los Angeles e diretto a Boston. Durante la traversata undici passeggeri del Boeing 767 si addormentano e, al loro risveglio, scoprono che tutte le altre persone a bordo sono scomparse nel nulla; fortunatamente tra loro c'è il pilota Brian Engle, ma una volta atterrati in sicurezza le cose diventano ancora più inquietanti.
Per diversi aspetti mi ha fatto pensare a "La nebbia" ma in una versione migliorata, anche per ragioni di spazio credo. Con la novella del 1980 ha infatti in comune il valido fattore horror ed il crescendo nella tensione narrativa, direttamente proporzionale con le rivelazioni angoscianti alle quali giungono i personaggi; purtroppo ad accomunarle ci sono anche aspetti negativi, come l'eccessivo spazio dato alle sottotrame romance, che a mio avviso sono del tutto fuori luogo in una storia dal ritmo tanto incalzante.
Non mi hanno convinto troppo neppure la rapidità con cui i protagonisti superano eventi sulla carta traumatici (ad esempio, tutta la parentesi relativa alla moglie di Brian, un po' pretestuosa a conti fatti) per avviarsi beati verso un epilogo eccessivamente positivo, o com'è stato mal sfruttato il personaggio di Craig Toomy: visto il modo interessante con cui era stata descritta la sua psicologia in un primo momento, mi aspettavo qualcosa di più. Sono invece promosse l'ottima presentazione del cast -caratterizzato in modo solido a dispetto dello spazio limitato a disposizione in una novella- e le spiegazioni relative al lato sci-fi, tutt'altro che banali.

"Finestra segreta, giardino segreto" - quattro stelline
Ennesima storia kinghiana con protagonista uno scrittore, e di conseguenza ennesima storia kinghiana con riferimenti autobiografici a vagonate. L'autore in questione, tale Morton "Mort" Rainey, viene contattato dal collega John Shooter, il quale lo accusa di plagio; a quanto pare il racconto di Mort "Stagione di semina" ha moltissimo in comune con quello di Shooter "Finestra segreta, giardino segreto". Non è chiaro chi abbia copiato da chi, ma di certo nella vita dello scrittore iniziano ad accadere episodi sempre più insoliti ed inquietanti, al punto da convincerlo che il suo accusatore abbia piani ben più violenti che una banale causa per rivalersi sui diritti d'autore.
In un primo momento potrebbe non sembrare, ma questa novella poggia su un'idea a dir poco geniale; inoltre, rispetto alla precedente, può vantare anche un finale adeguato nel tono e nelle tempistiche, che fornisce delle spiegazioni chiare pur lasciando un velo di mistero su un potenziale elemento paranormale.
Tra i pregi della storia posso includere sicuramente la psicologia del protagonista, contorta al punto giusto: sfruttando il suo POV, King riesce a creare un intreccio solido ed angosciante. Peccato per le tempistiche scelte, che rovinano buona parte della suspense a metà racconto! a mio avviso, il twist principale poteva essere sfruttato molto meglio e risultare meno palese. La novella perde qualche punto anche per la caratterizzazione dei comprimari, che non sono neanche lontanamente all'altezza di Mort.

"Il poliziotto della biblioteca" - quattro stelline e mezza
Per ammissione dello stesso King, questa narrazione parte da un'idea parecchio balzana, nonché poco in linea con il taglio horror che intendeva dare alla raccolta, ossia quella di una sezione della polizia dedita a perseguire coloro che non restituiscono per tempo i libri nelle biblioteche. Fatico ancora a credere che sia riuscito a dare una svolta decisamente spaventosa ad una storia incentrata su una figura quasi comica nel suo infantilismo come la polizia bibliotecaria, eppure...
La premessa non lascia affatto intuire il terrore che seguirà: l'imprenditore Sam Peebles viene incaricato di tenere un discorso presso la sede locale del Rotary Club e, per rendere più brioso il testo che ha preparato, si reca nella biblioteca di Junction City, cittadina immaginaria dell'Iowa in cui vive, per cercare dei libri di oratoria. Ad accoglierlo è la pittoresca bibliotecaria Ardelia Lortz, che da un lato si dimostra estremamente utile nella sua ricerca ma dall'altro lo terrorizza con lo spauracchio del poliziotto della biblioteca, pronto a dargli la caccia nel caso i libri non vengano riconsegnati entro una settimana.
Come spunto non sembrerà granché, ma vi garantisco che una volta preso il via la novella rivela un intreccio niente male, costellato da personaggi decisamente carismatici tra i quali spiccano il bislacco Dave "Raccatta" Duncan e la stessa Ardelia. Ho apprezzato molto come la passione per i libri costelli un po' tutta la storia; in modo inaspettato mi ha convinto anche la svolta romance, probabilmente perché poggia su basi concrete e non su un insensato instalove.
In questa raccolta è forse la lettura che meglio riesce a rendere sia la sensazione di paura sia l'influenza del tempo sulle esperienze dei personaggi. Peccato che le due metà (quella sulla backstory di Ardelia e quella sulla polizia bibliotecaria) fittino male: ho avuto l'impressione ci fosse una forzatura nel legare a tutti i costi le varie parti della narrazione; inoltre, l'identità dell'antagonista è fin troppo simile ad altre creature già descritte da King in libri precedenti e decisamente più popolari come lo stesso "It", risultando così meno originale del previsto.

"Il fotocane" - due stelline e mezza
Parte centrale in quella che dovrebbe essere una sorta di trilogia -composta anche da "La metà oscura" e "Cose preziose"-, in questa avventura King riporta i suoi Fedeli Lettori ancora una volta nella città immaginaria di Castle Rock. Qui vive il quindicenne Kevin "Kev" Delevan che, come regalo per il compleanno, riceve la tanto desiderata macchina fotografica, in particolare una Polaroid Sun 660 con la quale inizia subito a scattare. La fotocamera in questione ha però uno strano difetto: produce delle foto sempre uguali, nelle quali si vede un grosso cane nero per nulla amichevole. Cercando di far luce su questa disturbante anomalia, il ragazzo entra in contatto con Reginald Marion "Pop" Merrill, proprietario dell'Emporium Galorium ed usuraio locale.
Proprio questo insolito personaggio è la luce (del flash!) che illumina una storia per il resto lenta ad ingranare; nella sua distaccata crudeltà, Pop è un individuo carismatico e brillante, e per questo motivo ho apprezzato molto le parti narrate dal suo punto di vista, come anche il suo piano machiavellico. Altri aspetti a favore sono l'elemento paranormale della possessione, la presenza di moltissime citazioni ad altre opere del caro Stephen e la caratterizzazione dei cosiddetti Cappellai Matti, dei personaggi tanto folcloristici quanto strapalati.
Con i complimenti mi devo purtroppo fermare qui perché Kevin come protagonista non mi ha fatto impazzire, un po' perché di suo è troppo perfetto un po' per gli aiuti eccessivi che riceve, tanto da privare il racconto di una buona fetta di tensione. Inoltre, per quanto i personaggi possano ribadire e sottolineare il terrore che ispira, il villain non è neppure paragonabile a Cujo... la macchina fotografica in sé risulta quasi più spaventosa! Boccio anche l'epilogo: più ridicolo che terrificante.

Voto effettivo: tre stelline e mezza

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martedì 23 aprile 2024

"C'era due volte" di Franck Thilliez

C'era due volteC'era due volte by Franck Thilliez
My rating: 4 of 5 stars

"Colpi violenti fecero improvvisamente rimbombare le lamiere delle auto, le tegole dei tetti. La gente imbacuccata negli accappatoi sbucava dalle rispettive stanze, con i volti assonnati rivolti al cielo. Dalle tenebre spuntavano razzi neri e compatti che andavano a schiantarsi con un tonfo di carne stritolata ... Piovevano uccelli morti"


DOVE TI VEDI TRA 12 ANNI?

Durante la scorsa estate la trama decisamente contorta de "Il manoscritto" mi aveva fatto scoprire la prosa a dir poco incalzante di Thilliez, che un po' a sorpresa ha fatto finire questo titolo tra le migliori letture del 2023. Con l'anno nuovo avevo quindi tutta l'intenzione di continuare e magari concludere la trilogia ideale (ma non troppo!) di Caleb Traskman, quindi eccomi approdare a "C'era due volte". Un volume che forse non avrei dovuto aspettare tanti mesi prima di leggere: sono praticamente certa di essermi per questo persa un mucchio di easter eggs!

Eppure questa storia ruota attorno a personaggi del tutto diversi rispetto al romanzo precedente, e anche l'ambientazione iniziale ci porta in un altro angolo della Francia. Ci troviamo nella Valle dell'Arve nell'aprile del 2008, in particolare nella cittadina immaginaria di Sagas, dove il luogotenente della gendarmeria Gabriel Moscato si reca presso l'Hotel de la Falaise per cercare delle informazioni che lo aiutino in un'indagine per lui molto importante: quella sulla scomparsa della figlia adolescente Julie, avvenuta un mese prima. L'uomo si addormenta nella stanza numero 29 per poi risvegliarsi nella numero 7; la vera stranezza non sta però nel luogo bensì nel tempo, dal momento che siamo stati catapultati nel novembre del 2020. Gabriel ha però misteriosamente dimenticato gli ultimi dodici anni, e per questo si trova in un mondo completamente diverso da quello che ricorda e -nel tentativo di trovare una quadra- chiede l'aiuto del suo vecchio collega Paul Lacroix.

Loro sono ovviamente i due punti di vista tra i quali si alterna la narrazione, infatti li vediamo spesso indagare individualmente, ma penso diano il meglio quando collaborano mettendo insieme le forze. Per questo il rapporto insolito che vanno a creare -seppur nel poco tempo a disposizione- è uno dei punti di forza del libro; in generale ho trovato solida la loro caratterizzazione, con delle motivazioni e delle reazioni chiare e condivisibili, entro certi limiti.

Il ritmo sempre incalzante si conferma un grande pregio della prosa di Thilliez: rende quasi impossibile interrompere la lettura, anche per merito dei colpi di scena mai banali o troppo prevedibili che costellano l'intero volume. Queste rivelazioni sono inoltre illustrate in modo estremamente comprensibile, il che le rendere ancor più soddisfacenti a mio avviso. E per concludere questa carrellata di punti a favore non posso tralasciare l'espediente di base, ossia l'amnesia di cui è vittima Gabriel, che risulta un escamotage intelligente ed utile per fornire un gran numero di informazioni al lettore senza per questo ricorrere a spiegoni o flashback.

Nonostante questi elementi ed un inizio più che solido, il volume nel suo insieme mi ha convinto leggermente meno del precedente perché mettendoli a confronto ho individuato alcune mancanze. Ad esempio qui è del tutto assente una prospettiva femminile sulla vicenda: le personaggie presenti sono completamente accessorie, inoltre i due POV principali sono davvero simili tra loro e danno perciò ancor meno variatio alla prosa. Allo stesso tempo non mancano i piccoli difetti de "Il manoscritto", come una gran quantità di linee di dialogo troppo artefatte e retoriche per essere pronunciate in modo spontaneo.

Sono poi presenti diversi aspetti nell'indagine che ho trovato discutibili, come la presenza di molte quest minori fini a se stesse (come quella del video, che occupa parecchie pagine ma non porta a nulla) ed il fatto che i protagonisti trasformino mere supposizioni in dati di fatto, senza cercare delle prove o aspettare il risultato di un'analisi scientifica. Alcune delle loro scoperte sono inoltre così rilevanti che reputo assurdo siano state accantonate o giustificate da moventi ridicoli! il lato negativo del ritmo scelto è proprio quello di non dare il tempo necessario per metabolizzare tutte le informazioni. Ultimo piccolo neo: non ho apprezzato troppo il sillogismo tra arte disturbante ed artista o consumatore disturbato, perché sono convinta che l'apprezzamento del genere thriller non pregiudichi la capacità di distinguere la realtà dalla finzione.

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venerdì 19 aprile 2024

"La lama dell'assassina" di Sarah J. Maas

La lama dell'assassinaLa lama dell'assassina by Sarah J. Maas
My rating: 2 of 5 stars

"Sperava che il gioiello di un'assassina sarebbe servito a pagare gli studi di una guaritrice. Allora, forse, gli dèi erano ancora all'opera. Forse c'era qualche forza superiore, superiore alla comprensione dei mortali"


UN PO' FANTABOSCO, UN PO' HIGH SCHOOL MUSICAL

Prima di leggere dei volumi companion all'interno di una serie mi capita di avere le idee poco chiare sull'ordine di lettura ideale, ma dopo riesco sempre ad individuare la soluzione ottimale, anche se non è necessariamente quella adottata da me. Mi è capitato ad esempio con "La leggenda del vento" di King, che a posteriori avrei preferito leggere alla conclusione di The Dark Tower; "La lama dell'assassina" invece mi lascia perplessa anche dopo aver letto l'ultima pagina dell'antologia. Non riesco proprio a decidermi se avrei fatto meglio a leggerla prima de "Il trono di ghiaccio" o meno!

Il mio dilemma nasce dal fatto che questa raccolta è formata da cinque novelle ambientate cronologicamente prima degli eventi raccontati nel volume iniziale della saga, quindi sulla carta sarebbero molto utili per introdurre il lettore all'ambientazione ed alla storia di origine della protagonista, così che gli siano già familiari quando comincerà con i romanzi veri e propri. Per quanto mi riguarda però, se questo fosse stato il primo approccio a Throne of Glass, non escludo che avrei abbandonato immediatamente la nave perché tutti i difetti presenti ne "Il trono di ghiaccio" (trama inconsistente, protagonista esasperata, comprimari stereotipati, prosa urticante) qui sono elevati all'ennesima potenza. Avendo però alle spalle ben due libri letti, ho capito di non dover prendere sul serio neppure la metà delle occhiate minacciose che la nostra Celaena Sardothien lancia a destra e a manca, e così sono riuscita a trovare la lettura perfino divertente.

A dispetto di quanto credevo inizialmente, il volume può vantare una sorta di filo rosso teso a collegare le diverse narrazioni -che sono ambientate a pochi giorni l'una dall'altra- ed a delineare una sorta di avventura episodica. Si comincia con "L'Assassina e il Signore dei Pirati", nel quale Celaena ed il suo rivale Sam Cortland vengono inviati dal loro capo Arobynn Hamel per consegnare una missiva al Capitano Rolfe; quanto succede in questa novella porta la protagonista ad intraprendere un viaggio verso il Sud durante il quale incontra l'aspirante guaritrice Yrene Towers ne "L'Assassina e la Guaritrice", per poi finire ad addestrarsi con i Sessiz Suikast (meglio noti come Assassini Silenziosi) ne "L'Assassina e il Deserto", dove viene introdotto il personaggio di Ansel di Briarcliff, che di certo ritornerà più avanti. Pur con dei titoli fuorvianti, gli eventi de "L'Assassina e il Male" e "L'Assassina e l'Impero" gettano definitivamente le basi per portare Celaena alla sua reclusione presso le miniere di Endovier.

Prima di passare alle necessarie lamentele, voglio spendere qualche rigo sui pregi di questo titolo. Innanzitutto mi ha stupito in positivo scoprire che le diverse storie fossero chiaramente collegate tra loro; ho apprezzato inoltre l'inserimento di nuovi personaggi ed elementi di world building, come la mappa di Rolfe, gli accenni al fantomatico Continente Meridionale o la parentesi dedicata alla tela di ragno. Nonostante vengano messi in scena in maniera rivedibile, reputo pur sempre validi alcuni messaggi di fondo, come gli accenni all'importanza dell'autodifesa e la pressione psicologica da una figura di riferimento; mi sarebbe piaciuto promuovere anche il lato romance, ma per mio gusto manca di solide fondamenta: per quanto riguarda Sam dobbiamo accontentarci di sapere che l'ha sempre amata, mentre dal punto di vista di Celaena tutto lo sviluppo avviene quando sono separati e si basa sul comune biasimo verso la schiavitù. Non mi sembra granché per intavolare una storia d'amore!

Tra gli aspetti che reputo meno riusciti c'è di sicuro la regressione di Celaena, che cronologicamente avrebbe senso ma non per questo risulta meno fastidiosa: l'Assassina di Adarland punta di nuovo ad essere tutto e niente (schifa i poveri e poi vuole aiutarli, fa la provocante e poi si copre imbarazzata, secondo la CE dovrebbe avere un «cuore di pietra» e poi si impietosisce per chiunque). Ad avermi fatto alzare più volte gli occhi al cielo è stato però il suo continuo slutshaming e victimblaming: povera Lysandra! Su Sam non ho un'opinione migliore, perché i suoi rari sprazzi di intelligenza sono eclissati dalla sua eccessiva simptudine.

Personalmente avevo poi delle aspettative che questo volume ha demolito con fermezza. Mi aspettavo di vedere un passato più lontano (così da assistere all'addestramento di Celaena, anziché sentirlo solo raccontare dai personaggi), mi aspettavo un maggiore approfondimento sul personaggio di Arobynn e sulle sue motivazioni, mi aspettavo che la morte di Ben nascondesse qualche recondito mistero, mi aspettavo una conclusione in linea con gli altri volumi della serie, mi aspettavo degli assassini privi di scrupoli. Che poi è inutile schifare gli schiavisti, quando stai collaborando attivamente al racket della prostituzione.

Voto effettivo: due stelline e mezza

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lunedì 15 aprile 2024

"Eleanor Oliphant sta benissimo" di Gail Honeyman

Eleanor Oliphant sta benissimoEleanor Oliphant sta benissimo by Gail Honeyman
My rating: 5 of 5 stars

"Quella sera, a casa, mi guardai allo specchio sopra il lavabo mentre mi lavavo le mani rovinate. Eccomi qui: Eleanor Oliphant ... altezza più o meno nella media, peso approssimativamente nella media. Aspiro alla medietà... Sono stata al centro di fin troppa attenzione in vita mia. Ignoratemi, passate oltre, non c'è nulla da vedere qui"


OGNI RIFERIMENTO FOCOSO È PURAMENTE VOLUTO

Quando alcuni mesi fa stilai un elenco di libri molto popolari su Goodreads che avrei voluto recuperare per capire se meritassero effettivamente tanto successo, non pensavo di imbattermi in titoli davvero degni di nota, perché sappiamo bene tutti quanto la fama su questo social non vada proprio a braccetto con la qualità letteraria. Di conseguenza, le mie aspettative al momento di iniziare "Eleanor Oliphant sta benissimo" erano parecchio tiepide e la cover -significativa, ma per nulla accattivante- non contribuiva di certo a riscaldarle. Per fortuna è arrivata la prosa di Honeyman ad accendermi di entusiasmo verso una lettura molto più appassionante di quanto la sinossi lasci intendere.

La narrazione si ambienta all'interno dei confini della città di Glasgow, nella Scozia dei giorni nostri, anche se risulta difficile crederlo dal momento che quando la sua storia comincia la protagonista, l'impiegata trentenne Eleanor Oliphant, è sprovvista di computer e smartphone. La donna conduce una vita quasi monastica ed oltremodo rigorosa in ogni suo aspetto: dal cibo, al vestiario, agli impegni, tutto segue una tabella di marcia prestabilita all'insegna della moderazione. Una routine nata da un passato traumatico, svelato pian piano all'interno del volume, che una serie di nuovi incontri riescono a stravolgere; primo tra tutti quello con il musicista Johnnie Lomond, del quale Eleanor si invaghisce all'instante, tanto da convincersi di essere la sua anima gemella.

Questo mio sunto fornisce purtroppo un quadro incompleto di ciò che il romanzo effettivamente è, ma ogni informazione in più finirebbe per rovinare l'esperienza di lettura; questo perché l'intreccio è composto da pochi avvenimenti cruciali, mentre la maggior parte del testo è riservata al percorso di crescita intrapreso (prima in modo casuale, poi con assoluta consapevolezza) dalla protagonista. Non che si tratti di un vero e proprio difetto, come pure gli altri: sono soprattutto elementi da quali mi aspettavo qualcosa in più. È il caso dei comprimari non troppo sviluppati caratterialmente o del ruolo ricoperto dal personaggio di Samuel "Sammy" Thom, che mi ero convinta sarebbe stato più presente nella storia.

Personalmente, ritengo il romanzo riuscitissimo in ogni altro aspetto, a cominciare dalla caratterizzazione di Eleanor e dal modo in cui il suo POV dona un tono molto particolare alla narrazione, riuscendo a costruire sia scambi divertenti che confronti emozionanti. In questo senso aiuta il lavoro di foreshadowing svolto dall'autrice nel corso dell'intero volume: quando si arriva alla rivelazioni finali, si ha così un senso di completezza per i misteri chiariti anziché provare uno spaesamento per dei colpi di scena campati per aria, come capita con altri titoli.

A rendere ancor più valida la scrittura di Eleanor sono le relazioni che instaura nel corso del libro: tutte solide e credibili, crescono pian piano senza stravolgere il modo di vedere il mondo della protagonista da una pagina all'altra. Ovviamente la mia preferenza soggettiva va al rapporto amicale (e forse anche romantico) con Raymond Gibbons, che Honeyman è stata davvero brava a non sminuire in nessun modo mettendo l'una o l'altro in condizione d'inferiorità.

Personalmente devo dire di aver molto apprezzato anche l'umorismo -che spesso vira verso un adorabile tono dissacrante- ed il modo per nulla pedante o paternalistico con cui viene rappresentata la particolare condizione di Eleanor. Inoltre, in tempi di potenziale reading slump, abbiamo anche un ulteriore bonus dato dal ritmo incalzante; forse a qualcuno sembrerà anche troppo rapida come narrazione, ma io l'ho trovata piacevolmente scorrevole.

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giovedì 11 aprile 2024

"Traveller" di Alexandra Bracken

Traveller (Passenger, #2)Traveller by Alexandra Bracken
My rating: 3 of 5 stars

"Quello era il tipo di distruzione che i viaggi causavano nelle persone; non nei viaggiatori stessi, ma nelle loro vittime, le persone comuni che non riuscivano a sentire le sabbie del tempo smuoversi intorno a loro prima di finire travolte"


SE GLI SGUARDI NON POTESSERO UCCIDERE...

Aspettare che scemi l'hype attorno ad un romanzo o una serie può essere una buona strategia per evitare delusioni, ma si rivela un'arma a doppio taglio se fate come me e rimandate così tanto una lettura che questa viene dimenticata dai fan, dalla CE e dall'autrice stessa; rimarrete così da soli a borbottare su quanto il dato libro non vi sia piaciuto. Mi sono trovata fin troppo spesso in situazioni simili, di recente anche con "Passenger": un titolo chiacchieratissimo quanto uscì ormai otto anni fa, e adesso precipitato nel dimenticatoio più profondo. Questo non mi ha fermato dal lamentarmene quando l'ho letto alcuni mesi fa, e non mi fermerà di certo ora dal lamentarmi (ma non solo!) del seguito "Traveller".

Il volume conclusivo di questa duologia riprende la narrazione direttamente dall'epilogo del primo, con ambientazioni diversi per i POV dei due protagonisti: da un lato abbiamo quindi Henrietta "Etta" Spencer perduta nella prima metà del Novecento che si avvicina alla fazione delle Spine, dall'altro Nicholas Carter impegnato a cercare sia lei sia l'astrolabio in diversi luoghi ed epoche con l'aiuto riluttante di Sophia Elizabeth Ironwood. Nel mentre, continuano le lotte intestine tra i gruppi di viaggiatori nel tempo, tutti intenzionati a mettere le mani su questo potente artefatto, seppur con progetti ben distinti che vanno dal ripristinare la linea temporale di partenza allo stravolgerla nuovamente per il proprio tornaconto.

Proprio le fazioni in gioco mi portano a parlare del primo grosso difetto del romanzo; perché se già nel volume precedente c'era della confusione su antagonismi ed obiettivi, qui il tutto sfugge di mano alla cara Alexandra. A libro finito ancora rimangono dubbi su alleanze e lealtà, specialmente per la frettolosa e confusa introduzione di due nuove figure di potere: per quanto riguarda la Belladonna ho trovato le sue convinzioni prive di una base solida, mentre l'Antico compare così poco da non avere la minima occasione per acquisire della credibilità. La chiarezza si fa desiderare anche in relazione ai viaggi nel tempo, ai quali vengono aggiunte delle nuove regole contraddittorie ma utili a permettere all'autrice di indirizzare la trama a suo piacimento.

Neanche nella prosa Bracken ha saputo migliorarsi, infatti le scene d'azione si confermano tanto caotiche da essere genuinamente incomprensibili, i personaggi secondari rimangono poco più che abbozzati ed i puntini di sospensione abbondano neanche fossero stati in sconto al supermercato. Pur apprezzando molto il genere fantasy, non mi è poi piaciuto l'inserimento di elementi magici in una storia che avrebbe dovuto trarre forza dal suo lato scientifico: era davvero necessario aggiungere una backstory paranormale quando c'era già così tanto materiale sul quale lavorare?

Ma se verso la metà del volume alcune scene mi avevano illuso fosse in arrivo un miglioramento, il finale ha confermato la mia delusione, specialmente per la serie nel suo insieme. Ho provato frustrazione per le tante sottotrame abbandonate a se stesse e per la fretta di dare un happy ending ai protagonisti, mentre le diverse retcon mi hanno lasciato per lo più indifferente: in alcuni casi stonano tantissimo, mentre in altri le reputo accettabili. Cosa che non posso dire della traduzione italiana, arrangiata in più punti.

Visto che ho accennato ad aspetti positivi, grazie ai quali questo libro non solo ha raggiunto la sufficienza ma è riuscito a superare (seppur di poco) il primo capitolo, diamo spazio anche a quelli! Per quanto riguarda la prospettiva di Etta, ho apprezzato la descrizione della dipendenza emotiva di cui la ragazza soffre -e a causa della quale è portata a riporre la sua fiducia in modo poco accorto- perché mi è sembrato un elemento coerente e illustrato in modo intelligente. Nella seconda metà del libro sono inoltre presenti parecchi confronti emozionanti (se non si calcola il fattore sci-fi!) tra i quali brilla uno con protagonista Julian Ironwood, sul quale non posso purtroppo dire altro per evitare gli spoiler.

Il pregio principale della lettura è rappresentato per me da Sophia, una personaggia inizialmente mostrata come l'immancabile bitchy di ogni YA, che pian piano si ritaglia una bella fetta di spazio e riesce a far le scarpe ai due protagonisti con le sue osservazioni sagaci. Al centro di molte scene chiave e di alcuni confronti toccanti -specialmente con lo pseudo-cugino Nicholas-, la reputo senza dubbio la migliore del cast e, nonostante venga risolta con troppa fretta, mi è sembrata carina anche la sua romance.

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sabato 6 aprile 2024

"Appuntamento con la paura" di Agatha Christie

Appuntamento con la paura (Hercule Poirot, #38)Appuntamento con la paura by Agatha Christie
My rating: 3 of 5 stars

"«C'è chi commette i delitti, chi resta implicato in delitti, e chi i delitti se li vede piovere addosso. Mia zia Jane appartiene alla terza categoria»"


IN CUI MISS MARPLE ECLISSA POIROT

Più di un anno dopo la lettura di "Hercule Poirot indaga", mi sono cimentata in una nuova (ma soltanto per me!) antologia scritta dalla cara Agatha, ossia "Appuntamento con la paura". Ho scelto di affrontare questo volume come tappa intermedia nel mio percorso di recupero di tutte le storie in cui compare Miss Jane Marple, nonostante questa raccolta non sia dedicata unicamente alla placida appassionata di lavoro a maglia; oltre a non essere neppure un compendio riservato ai soli racconti gialli.

L'antologia è formata infatti da otto narrazioni, due delle quali rientrano chiaramente nel genere horror, per quanto in versione molto leggera. Le altre sei sono ripartite tra i più celebri risolutori di Christie: in due compare la già citata Miss Marple ed in quattro l'immodesto detective belga, per due volte affiancato e raccontato dal capitano Arthur Hastings. Dal momento che si tratta di narrazioni brevi se non brevissime, non posso dire nulla per quanto riguarda gli intrecci, però desidero precisare che non è presente nessun collegamento tra i vari racconti, nonostante in alcuni vengano menzionati in modo alquanto palese personaggi ed eventi relativi alle precedenti opere christieane, come la figura di Raymond West, ignoto scrittore e notissimo nipote di Miss Marple.

Per quanto riguarda il buon Hercule, ho trovato purtroppo le sue indagini soltanto carine. A mio avviso hanno faticato ad andare oltre la sufficienza principalmente perché poggiano su svolte abbastanza palesi ad un lettore affezionato della cara Agatha; un buon esempio in questo senso è rappresentato dal primo racconto "Doppia colpa". I successivi "Nido di vespe" e "Doppio indizio" mi sono sembrati meglio riusciti a livello di trama, ma privi dello spazio necessario per risultare del tutto soddisfacenti. Lo spazio non manca invece ne "L'avventura del dolce di Natale", forse la miglior avventura di Poirot tra queste quattro; peccato che la risoluzione finale sia così frettolosa e conveniente.

Dei racconti incentrati su Miss Marple invece non posso che essere soddisfatta: non c'è da urlare al capolavoro, ma "Asilo" rivela un intreccio abbastanza complesso nel suo piccolo mentre "La follia di Greenshaw" è a mani basse la miglior storia dell'intera raccolta: un'ambientazione peculiare, personaggi validi (nei limiti delle poche pagine concesse loro) ed un giallo ben presentato, nel quale l'arguta vecchina inglese si inserisce ottimamente per illustrare con chiarezza un piano criminoso a dir poco contorto.

Rimangono quindi i due racconti dalle vibes paranormali, e sono stati proprio questi ad avermi fortemente deluso. Non che avessi chissà quali aspettative sul talento di Christie nello scrivere delle storie dalle tinte fantastiche, ma "La bambola della sarta" e "L'ultima séance" non mi hanno trasmesso nessun tipo di tensione. A dispetto della presenza di elementi classici del genere horror -come le bambole possedute e le sedute spiritiche- queste narrazioni mancano di qualsiasi guizzo sia sul piano contenutistico che su quello emozionale. Avranno forse fatto effetto sui lettori di sessant'anni fa, ma a quelli contemporanei non credo proprio possano risultare appetibili.

Voto effettivo: tre stelline e mezza

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martedì 2 aprile 2024

"Veins of Gold" di Charlie N. Holmberg

Veins of GoldVeins of Gold by Charlie N. Holmberg
My rating: 4 of 5 stars

"For the first time since leaving Virginia, Gentry felt true hope. Hope that things might come around, that her family could be happy and whole, that her future might be bright. Bright as the veins that lit up Winn's hands"


QUASI MI ASPETTAVO DI TROVARE ZIO PAPERONE

Non mi spingerei mai a dire che esistano autori adatti ad ogni tipo di lettore, però davvero non riesco a spiegarmi perché nell'anno del Signore 2024 i libri di Holmberg rimangano un prodotto così poco conosciuto. In uno scenario editoriale in cui cozy fantasy e romantasy imperano come se non ci fosse un domani, lo scarso riscontro ottenuto dalle sue storie -che rientrano in pieno in entrambe le categorie- mi lascia a dir poco basita. Nel mio piccolo spero comunque di darle un poco di visibilità parlando di"Veins of Gold", romanzo autoconclusivo ed autopubblicato che mescola efficacemente al genere fantastico degli elementi storici.

L'ambientazione prescelta dall'autrice sono infatti gli anni Cinquanta dell'Ottocento, ai tempi della famosa corsa all'oro. L'umile famiglia Abrams si è stabilita nel villaggio fittizio di Dry Creek, nel deserto dello Utah, dopo un lungo viaggio dalla Virginia; le ristrettezze economiche costringono però il padre Butch a ripartire in direzione della California, lasciando i figli minori Rooster e Pearl in custodia alla primogenita Gentry "Gen" Sue. Mentre cerca di dimostrarsi forte e responsabile, la giovane incrocia la strada del misterioso Winn Maheux, che le farà scoprire l'esistenza di una peculiare forma di magia ancor più affamata d'oro dei pionieri stessi.

Questa premessa temo non renda giustizia al contenuto del romanzo, e non necessariamente in senso positivo. Il volume presenta infatti dei sostanziosi problemi nel ritmo, che risulta parecchio sostenuto nella parte iniziale (tanto da rendere quanto meno bizzarra la rapidità con cui i personaggi accettano le stranezze date dall'elemento fantastico), per poi rallentare fin troppo nella parte centrale -nella quale sono presenti diverse scene quasi noiose per la loro vacuità- e riprendere la sua corsa nel fin troppo rapido finale. Questa disomogeneità colpisce anche la presentazione della storia d'amore, rendendo per me oscuro il motivo che spinge Gentry ad innamorarsi di Winn e viceversa.

Purtroppo la fretta sembra un tratto distintivo dei lavori della cara Charlie, ed incide tanto sulle sue storie quanto sui suoi personaggi; in particolare quelli secondari non vengono indagati a fondo, e rimangono per tutto il volume delle figure abbastanza stereotipate. Non posso dire che mi abbia fatto impazzire neppure la risoluzione delle sottotrame, specialmente quella legata alla giusta ira della magia selvaggia: avrebbe meritato qualche spiegazione più chiara ed una scena finale completa.

Non crediate però che in questa narrazione manchino i pregi, primo tra tutti l'ambientazione che avrete già capito essere per nulla banale; ovviamente in diversi aspetti è stata semplificata per rendere più chiara e snella la narrazione, ma credo riesca comunque a trasmettere l'idea di fondo, contornata da un'atmosfera un po' fiabesca e sognante. La location risulta utile anche per veicolare il sottotesto ambientalista, che collega idealmente quest'avventura dai connotati fantastici con l'attualità: potremmo vedere la frenetica corsa all'oro californiano come una versione in scala ridotta della noncuranza con cui al giorno d'oggi sfruttiamo ogni risorsa disponibile sul pianeta.

L'altro grande pregio di questo libro è rappresentato dalla sua protagonista perché, a differenza dei suoi comprimari, Gentry è caratterizzata ottimamente. Ho apprezzato la sua risolutezza quando cerca di resistere nei momenti più difficili, la sua inventiva quando trova sempre delle soluzioni ingegnose ai piccoli problemi quotidiani, la sua umiltà nei accettare i propri difetti ed imparare da essi. Nonostante venga introdotta malino, mi è piaciuta anche la sua romance con Winn, che una volta tanto ha dei validi motivi per non risolversi a pagina 20. In modo più frivolo, devo infine elogiare anche la cover: in una realtà dove le copertine sono spesso sciatte e generiche quant'è soddisfacente rendersi conto che un'illustrazione non è soltanto carina da vedere, ma rispecchia anche in modo fedele il contenuto del libro?

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