venerdì 25 giugno 2021

"The Traitor God" di Cameron Johnston

The Traitor God (Age of Tyranny, #1)The Traitor God by Cameron Johnston
My rating: 3 of 5 stars

"Given time and centuries of hard work … perhaps even the likes of me could find a way to become a god. Hah, wouldn’t that fuck them up!"


AMMETTO CHE LE FECI MAGICHE NON LE AVEVO MAI SENTITE PRIMA

Primo capitolo nella duologia fantasy Age of Tyranny, "The Traitor God" è un romanzo ricchissimo di spunti e personaggi interessanti, quanti ne basterebbero per scrivere un'intera saga; Johnston invece ha ignorato una delle regole basilari della narrativa ed ha scelto di condensare in poco più di quattrocento pagine tutte le idee che aveva in mente. Il risultato è un forte mal di testa per il povero lettore che, sprovvisto di mappa e glossario, deve barcamenarsi in un mondo fantastico inedito, tentato di seguire una storia alquanto intricata mentre ha già delle difficoltà nel tenere a mente le regole magiche ed i nomi delle creature sovrannaturali.
La trama di per sé avrebbe anche del potenziale, pur non raccontando una storia nuovissima: il magus Edrin Walker è da dieci anni in costante fuga, perseguitato da mostri d'ombra provenienti da un'altra dimensione che riescono a captare la sua essenza magica; l'assassinio dell'amico fraterno Lynas lo convincerà a tornare infine a Setharis, città dalla quale è scappato dopo alcuni eventi di cui non ha memoria ma che sembrano collegati alla morte di una divinità. Mentre indaga sull'omicidio di Lynas, Walker rincontra parecchie sue vecchie conoscenze e scopre perfino un complotto per distruggere l'impero Setharii.
E già qui cominciano i problemi legati allo sbilanciamento della narrazione, perché le prime cento pagine sono molto lente, vedendo in scena Walker quasi sempre solo e includendo pochi momenti d'azione, mentre quando si raggiunge un punto di svolta l'autore da un'accelerazione troppo decisa alla trama, buttando in faccia al lettore una raffica di avvenimenti che non da il tempo per metabolizzare le informazioni e neanche per conoscere bene i personaggi secondari. Questo è un vero peccato perché alcuni avevano le carte in regola per risultare carismatici senza troppa fatica, come Shadea che con poche battute mi aveva già conquistata; lo stesso discorso vale per i rapporti tra i personaggi, fra i quali l'amicizia che lega Walker a Lynas e Charra è l'unico abbastanza approfondito, mentre anche il rapporto tra Charra e Layla avrebbe meritato qualche riga in più.
Come ulteriore conseguenza di questa narrazione quasi videoludica abbiamo l'assenza di reazioni emotive quando assistiamo alle morti dei personaggi; non basta avere il "coraggio" di uccidere i tuoi personaggi per diventare un buon autore grimdark, come non basta neppure includere elementi gore random per impressionare il lettore, se poi i tuoi personaggi principali aiutano i poveri mendicanti e permettono agli indigenti di istruirsi gratis.
I personaggi non sono gli unici che Johnston ha sacrificato nella fretta di raccontare la sua storia. Il pugnale senziente Dissever, i mostri contro cui Walker combatte, il sistema magico e quello religioso sono tutti aspetti che potevano rendere unica questa storia, ma non hanno avuto abbastanza spazio nel testo per poterlo fare. La delusione peggiore però sono stati gli antagonisti, che più banali e monodimensionali di così non si potevano scrivere: tutti intenzionati a distruggere il mondo per poi costruirne uno migliore, tutti sconfitti senza troppa fatica.
Se a questo aggiungiamo i buchi di logica (in particolare nelle decisioni prese dagli elder magi) e il modo forzatissimo con cui il buon Cameron ha ficcato il titolo del libro in bocca ai suoi personaggi, potreste pensare che "The Traitor God" sia stata una completa delusione. E in parte sono delusa, ma posso assicurarvi che ci sono anche degli elementi positivi.
Innanzitutto mi sono molto divertita durante la lettura (ma molto di più nello scrivere questa recensione!), ho adorato come il testo sia ricco di strizzate d'occhio alla cultura pop che fanno sorridere per il modo in cui si amalgamano ad un mondo fantasy di stampo medioevale; la parte finale è a dir poco caotica, ma ho trovato geniale l'idea di una città magica messa sotto attacco da una combinazione tra i cattivi di "Waterworld" e l'alieno gigante di "Evolution".
La perla di questo romanzo però è il suo protagonista. Walker non è un personaggio completamente negativo quanto piuttosto un egoista, uno che guarda prima al suo tornaconto e alla sua sicurezza, e in questo risulta molto più realistico di alcuni suoi "colleghi" troppo spietati o eccessivamente gentili. Andando avanti con la lettura lo si apprezza sempre più, e a mio parere dimostra un ottimo bilanciamento come antieroe, considerando anche le sue capacità magiche e il twist dei ricordi alterati che vengono sfruttati molto bene.

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lunedì 21 giugno 2021

"Il giocatore" di Fëdor M. Dostoevskij

Il giocatoreIl giocatore by Fyodor Dostoyevsky
My rating: 5 of 5 stars

"Per quale ragione il gioco dovrebbe essere peggiore di qualsiasi altro mezzo, per esempio del commercio, allo scopo di procurarsi denaro? È vero, sì, che su cento, uno solo vince; ma che m’importa di questo?"


MI SERVE UN CONVERTITORE DI VALUTA

Scritto in meno di un mese per rispettare un accordo editoriale mefistofelico, "Il giocatore" è uno dei migliori titoli per approcciarsi all'opera dostoevskijana perché in sole duecento pagine riesce a trasmettere lo stile dell'autore ed alcune delle sue tematiche più ricorrenti, oltre a fornire più di uno spunto anche a chi fosse incuriosito dal lato autobiografico della storia. Il romanzo è stato infatti molto influenzato dalle vicende personali di Dostoevskij, sia per quanto riguarda la fascinazione verso il gioco d'azzardo che la relazione travagliata tra il protagonista e l'amata Polina, trasposizione su carta di Apollinarija Prokof’evna Suslova con cui l’autore viaggiò per l'Europa in uno dei periodi in cui era più acuto il suo problema di dipendenza dal gioco.
La vicenda si ambienta nella città fittizia di Roulettenburg (o Rulettenburg, come viene chiamata in questa edizione), una località tedesca famosa per il suo casinò e vero e proprio crocevia nel quale si mescolano persone provenienti dai principali paesi europei, il che da allo scrittore l’occasione di illustrare le sue opinioni sulle diverse nazionalità; in questo luogo giunge il nostro protagonista, il precettore Aleksej Ivànovic, per riunirsi alla famiglia del generale Sagorjanski presso la quale lavora e della quale sapremo qualcosa di più andando avanti con la lettura dal momento che la storia inizia quasi in medias res.
Nonostante la brevità, il volume presenta tre parti che si focalizzano su altrettanti eventi: all'inizio l'attenzione è posta principalmente sulla relazione tra il protagonista e Polina -che lo spingerà anche ad iniziare a giocare-, e vediamo i due spesso stuzzicarsi o arrivare a dei veri momenti di conflitto; nella seconda parte viene introdotto il personaggio di Antonida Vasil'evna che, incurante delle preghiere dei familiari, sperpera enormi somme al casinò mentre blasta senza pietà il generale; verso il finale Aleksej, nella speranza di risolvere i problemi economici della famiglia di Polina, inizia a giocare in modo impulsivo e rischioso alla roulette della quale si ritrova ben presto dipendente.
Il romanzo si sofferma in vari passaggi sul problema della ludopatia, inizialmente da un punto di vista esterno e poi in modo diretto quando il protagonista da semplice spettatore inizia a scommettere in prima persona. Dostoevskij ci fornisce un'ottica unica su questo tema, e questo traspare chiaramente dalle parole e dalle metafore con cui riesce perfettamente a spiegare cosa porti le persone a giocare fino all'ultima moneta alla roulette: pur essendo consapevole delle conseguenze, la possibilità di vincere attira Aleksej come una sirena e l'adrenalina che prova nelle rare vittorie è una prospettiva troppo allettante per essere ignorata. Infatti, anche se il finale lascia uno spunto di speranza per lui, penso che il sottinteso sia quello di un futuro affatto roseo.
Nel testo viene dato ampio spazio anche ai rapporti sentimentali, fornendo però una visione molto negativa dell’amore che ci viene descritto come una passione distruttiva (l’esempio più lampante proposto è quello di Aleksej Ivànovic e Polina Aleksandrovna) o un mero accordo basato sugli interessi economici e sociali delle parti, come per le relazioni astutamente intessute da M.lle Blanche.
In definitiva, un titolo assolutamente consigliato la cui unica pecca forse è il poco tempo in cui vediamo Aleksej giocare effettivamente; visti il titolo e la premessa, mi aspettavo che fosse dato più spazio alla sua discesa verso la dipendenza, mentre in realtà sono diversi i personaggi che ricoprono il ruolo del "giocatore". Valuto in positivo anche l'edizione Rizzoli, sia per la traduzione sia per i contenuti aggiuntivi: l'introduzione risulta molto chiara e utile per capire la genesi del libro e il cosiddetto saggio finale fornisce un ulteriore punto di vista sui risvolti autobiografici.

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mercoledì 16 giugno 2021

"Viva più che mai" di Andrea Vitali

Viva più che maiViva più che mai by Andrea Vitali
My rating: 2 of 5 stars

"C'erano testimonianze che affermavano di aver visto quello stesso cadavere in piena salute la mattina seguente alla sua stessa morte, tanto in salute che era in partenza per Londra"


ALLORA LE BARZELLETTE SUI CARABINIERI ERANO TUTTE VERE...

In genere non sono una gran lettrice di storie noir e tendo anche ad evitare gli autori italiani, eppure i romanzi di Andrea Vitali sono la mia eccezione a queste regole; lungi dal definirli dei capolavori letterari, credo che i suoi libri siano però un ottimo mezzo di evasione: il tono leggero della narrazione, le storie di vita quotidiana e la placidità data dall'ambientazione nella seconda metà del secolo scorso contribuiscono a rendere molto scorrevoli queste letture che potremmo definire, senza alcun intento offensivo, "da ombrellone".
La trama di "Viva più che mai" dovrebbe ruotare attorno al ritrovamento di un cadavere nelle acque del lago di Como, e utilizzo il condizionale perché questa vicenda principale viene talmente diluita nel testo e prevaricata da altri eventi che per circa trecento pagine ci si dimentica quasi del tutto l'indagine atta a svelare l'identità della vittima. Ad individuare in modo del tutto accidentale il corpo è Ernesto "Dubbio" Livera, un contrabbandiere improvvisato, la cui versione dei fatti viene messa subito in discussione quando il cadavere in questione scompare e la persona che lui riteneva essere la vittima si dimostra alquanto viva; il Dubbio dovrebbe anche essere il nostro protagonista, e di nuovo mi trovo a ricorrere al condizionale perché fosse per le sue azioni la trama rimarrebbe ferma a pagina uno, mentre è l'intervento di Tina, giovane donna piena di iniziativa e dedizione, a smuovere effettivamente la storia.
Oltre ai due protagonisti, dal cui punto di vista questo potrebbe anche intendersi come un romanzo di formazione, abbiamo un cast estremamente ricco di personaggi, dai nomi spesso bizzarri; ma non temete: identificarli risulta abbastanza semplice perché la caratterizzazione si limita a degli stereotipi collaudati, e se proprio non vi raccapezzate c'è sempre il pratico glossario a fine volume. Tutti questi personaggi vanno però a farcire il libro con un numero imbarazzante di sottotrame, che in alcuni casi non ottengono neppure una degna risoluzione nel finale; ad essere onesti neppure la vicenda principale è dipanata del tutto, perché se è molto chiaro quali dinamiche abbiano portato all'omicidio, non c'è il minimo tentativo di fare giustizia in nome della vittima da parte di chi svela l'intreccio.
Un altro aspetto non proprio riuscito è l'aver scelto di dare tanto spazio ai diversi carabinieri che compaiono nel libro e che, col procedere della narrazione, dimostrano sempre più chiaramente di essere soltanto dei comic relief: sia nella parte iniziale, quando cercano senza successo il Dubbio per ascoltare la sua versione, mentre il lettore sa benissimo dove si trovi, sia nei moltissimi siparietti dedicati al carabiniere Fantarini e al suo desiderio di partecipare ad una competizione di chioccolo. Dal momento che la storia ruota attorno ad un crimine ed affronta anche temi molto pesanti, mi sarei aspettata che questi personaggi ricoprissero un ruolo maggiormente serio, almeno in alcune scene.
Nonostante i suoi molti difetti, questo romanzo mi ha tenuta incollata alle pagine, merito soprattutto dello sviluppo dato a Tina ed alla passione con cui Vitali racconta l'ambientazione, trasmettendo in pieno il suo amore per il lago di Como. Approvo anche il tono informale, con l'utilizzo di onomatopee, storpiature e termini dialettali, perfettamente in linea con il tipo di storia raccontato.

Voto effettivo: due stelline e mezza

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sabato 12 giugno 2021

"L'uomo che voleva uccidermi" di Yoshida Shūichi

L'uomo che voleva uccidermiL'uomo che voleva uccidermi by Shūichi Yoshida
My rating: 4 of 5 stars

"Era la figlia che loro stessi avevano cresciuto, eppure, a sentire il racconto di quella sera, non riusciva proprio a pensare che si trattasse di lei. Era come se una donna mai vista né conosciuta stesse fingendosi Yoshino"


PERSONE MALVAGIE

Se è vero che sono andata un po' "a scatola chiusa", non essendomi informata della storia e delle recensioni, è altrettanto vero che questo romanzo si è rivelato parecchio diverso da come mi era apparso ad un'occhiata superficiale. E se anche voi, vedendo tutto quel giallo in copertina, avete supposto di essere di fronte ad un mystery è il momento di ricredervi: si tratta infatti di un thriller dalle atmosfere insolitamente rilassate, che punta tutto sulla caratterizzazione dei personaggi e il dispiegamento al contrario della trama. Non proprio il romanzo che mi aspettavo quindi, ma sicuramente quello di cui avevo bisogno, per parafrasare il commissario Gordon; vediamo ora perché potrebbe fare anche al caso vostro.
Come anticipato, la narrazione parte dove molti romanzi terminano, ossia con la conclusione di un'indagine; se a questo aggiungiamo il fatto che nessuno dei POV presenti è quello di uno degli investigatori, capirete da subito come "L'uomo che voleva uccidermi" sia ben lontano dall'essere un giallo. Il delitto al centro della storia è il brutale omicidio della giovane rappresentante Ishibashi Yoshino, per il quale è stato arrestato l'operaio edile Shimizu Yūichi: questo viene chiarito fin dalle primissime pagine, mentre il resto del volume è impiegato per illustrare al lettore perché si è giunti a questo crimine e come le azioni di vittima e carnefice siano state fortemente influenzate dalle persone loro vicine e dalle dinamiche della società giapponese dei primi anni Duemila.
Il libro gioca molto sulle relazioni tra i personaggi, mostrando il conflitto tra la vecchia generazione più legata alle tradizioni e all'onore e quella giovane che dimostra un atteggiamento meno formale e un maggior desiderio di libertà, ma anche tra familiari, amici e partner, sottolineando in particolare come siano sempre presenti dei problemi di comunicazione. Si tratta di barriere che i personaggi si autoimpongono per timore di come gli altri potrebbero reagire, aprendo così la porta ad una serie di tematiche collaterali che vediamo affrontate nei singoli POV.
Quella dei punti di vista è una questione un po' spinosa. Il mio lato razionale si rende ben conto che inserire quasi venti POV in un volume di trecento pagine risulta esagerato, ma non posso in tutta onestà dire di aver trovato questa scelta fastidiosa: tutti i personaggi principali sono caratterizzati in modo eccellente, nessuno di loro appare noioso o superfluo. Inizialmente vengono introdotti in un'ottica positiva o al più neutra, ed è solo dopo diverse pagine che si arriva a capire come ognuno di loro nasconda dei segreti passati, abbia commesso delle azioni crudeli o sia spinto a mentire al prossimo, in alcuni casi per dei motivi anche condivisibili. Il risultato è un cast ricco di sfumature ed estremamente verosimile, al quale il lettore non può che affezionarsi.
Oltre ai personaggi, l'autore ha scelto di dare parecchio spazio anche all'ambientazione, intesa come società in cui essi si muovono. Personalmente ho trovato istruttiva questa lettura per come illustra le abitudini di una nazione tanto lontana dalla mia nelle tradizioni quanto purtroppo vicina nei difetti peggiori: Yoshida Shūichi ci parla di un Giappone maschilista e omofobo, dove body e slut shaming sono la normalità, e lo fa trasmettendo una forte critica senza dover sbattere in faccia al lettore le sue opinioni, ma spingendolo più intelligentemente ad analizzare questi comportamenti e capirne la problematicità nella vita di tutti i giorni.
Ma veniamo ad un paio di difetti che, pur non avendo affatto rovinato la mia esperienza di lettura, mi hanno impedito di dare una valutazione totalmente positiva a questo titolo. Ho trovato un po' straniante l'alternanza tra prima e terza persona nel testo: se è una scelta sensata per le parti che dovrebbero corrispondere alle deposizioni dei testimoni, non ha ragion d'essere negli altri casi. L'altro problema riguarda alcune sottotrame che l'autore sembra dimenticare durante la narrazione o alle quali non da sufficiente importanza, e perciò avrei preferito fossero in parte ridimensionate oppure del tutto omesse.
L'edizione italiana merita qualche riga a parte. La qualità dei materiali è ottima, come pure l'idea di includere una guida alla pronuncia ed un piccolo glossario, ma la scelta di non inserire dei divisori tra i paragrafi fa sì che il salto da un POV all'altro non sia subito intuibile. Anche la traduzione del titolo non mi convince, perché fa pensare che la storia sia narrata in prima persona dalla vittima -mentre Yoshino è proprio una dei pochi personaggi a non avere una parte in cui parla direttamente al lettore- e che si tratti di un omicidio pianificato da molto tempo; la frase scelta non è casuale, ma continuo a pensare che avrebbero potuto semplicemente tradurre "Akunin" (ossia, persona malvagia), un titolo più calzante ed associabile a più di un personaggio.

Voto effettivo: quattro stelline e mezza

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martedì 8 giugno 2021

"Gli occhi del drago" di Stephen King

Gli occhi del dragoGli occhi del drago by Stephen King
My rating: 2 of 5 stars

"La notte scorsa aveva fatto un sogno terribile: gli occhi di vetro della testa del drago si erano mossi e Niner era resuscitato. Il mastodontico verme gli aveva alitato addosso il suo fiato mortale e sebbene non avesse visto alcun fuoco, se lo sentiva dentro, ardente e sempre più cocente"


IN CUI I PERSONAGGI MORTI SONO PIÙ ATTIVI DI QUELLI VIVI NEL PORTARE AVANTI LA TRAMA

La genesi de "Gli occhi del drago" è alquanto peculiare; nata come un racconto per la figlia Naomi questa storia venne poi ampliata in un romanzo vero e proprio e pubblicata, causando moltissime critiche da parte dei fan di King e spingendo lui ad avere l'idea per scrivere "Misery" qualche anno dopo. Curioso notare come, seppur scritto e dedicato alla figlia, questo libro presenti pochissimi personaggi femminili, scritti solo in base allo stereotipo di madre e moglie; l'unica eccezione è proprio il personaggio dedicato alla bambina, che però è un caso di deus ex machina talmente evidente da risultare fastidioso.
Ma cos'ha indispettito tanto i lettori degli anni Ottanta? Probabilmente la differenza tra target e genere rispetto ai romanzi precedenti dell'autore; questo libro infatti è rivolto ad un pubblico molto giovane e principalmente è una storia di formazione, pur essendo ambientata in una realtà fantastica. Nel regno di Delain, fortemente ispirato al mondo delle fiabe (nelle prima parte viene descritta una scena che omaggia chiaramente "La cerva fatata" di Basile), maghi e draghi sono infatti la normalità, ma questo non rende particolarmente avventurosa la narrazione, che risulta invece focalizzata sulle relazioni tra i personaggi e le poche scene realmente rilevanti ai fini della trama.
E veniamo quindi alla scarnissima trama. L'anziano sovrano di Delain Roland sta per lasciare il trono al figlio Peter, fatto che il mago di corte Flagg non può permettere perché il futuro re non lo vede di buon occhio; decide quindi di orchestrare l'omicidio di Roland facendo ricadere la colpa proprio su Peter per ottenere poi il potere completo sotto il regno di Thomas, il secondogenito del re che vede nello stregone il suo unico amico. Quello che potrebbe sembrare lo spunto iniziale di una storia fantasy compone in realtà una buona metà del volume, e anche quando si arriva all'incriminazione di Peter gli eventi non diventano per nulla più movimentati, questo anche a causa delle moltissime digressioni, che riescono sia a rallentare la narrazione sia a rovinare la lettura con un utilizzo eccessivo della tecnica del foreshadowing.
Devo però ammettere che il romanzo non mi ha annoiata come ci si potrebbe aspettare, merito soprattutto dello stile molto scorrevole e del tono informale adottato dal narratore che, come un bardo a cavallo tra due realtà, si rivolge spesso al lettore per fare delle osservazioni o commentare gli eventi.
E veniamo ai personaggi, croce e delizia di questo titolo. Su un piatto della bilancia troviamo le relazioni tra i membri della famiglia reale e la caratterizzazione di Thomas, un personaggio molto complesso sul quale non mi spiacerebbe leggere un romanzo intero; sull'altro piatto troviamo la fastidiosa perfezione di Peter -che non lo rende appetibile come protagonista-, le nebulose motivazioni di Flagg (potere e caos, ok. Ma poi cosa vorresti ottenere, di grazia?) e i rapporti che riguardano Ben, sia in relazione alla presunta grande amicizia con Peter sia all'amore random per Naomi. Sono rimasta poi particolarmente interdetta per la frequenza con cui King ricorre a motivazioni mistiche per giustificare azioni che altrimenti non verrebbero mai commesse, e per il modo infantile di comportarsi in personaggi adulti, almeno sulla carta.
La mia più grande curiosità riguarda però il sistema religioso, dal momento che King sembra non riuscire a decidere fino alla fine se a Delain venerino più divinità o un solo dio.

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sabato 5 giugno 2021

"An Illusion of Thieves" di Cate Glass

An Illusion of Thieves (Chimera, #1)An Illusion of Thieves by Cate Glass
My rating: 4 of 5 stars

"Where did the true evil lie? In the intent, or in the magic itself, or in the soul that made use of magic?"


TRUFFE E FURTI IN AMICIZIA

Quando mi sono interessata a questo libro speravo di scoprire una hidden gem, e a lettura ultimata posso dire che le cose sono andate un po' diversamente: "An Illusion of Thieves" non si è rivelato essere un capolavoro letterario, ma è comunque un'avventura fantasy valida e ingiustamente misconosciuta, forse a causa della tremenda sinossi che da un lato suona alquanto banale e dall'altro spoilera al povero lettore oltre metà del libro. Ma state tranquilli, perché in questo commento non vi verrà anticipato nulla che possa rovinarvi la lettura o inficiare il vostro interesse per la serie.
Primo capitolo in una trilogia fantasy per adulti, questo romanzo comincia scalzando un tropo molto popolare nel genere, ossia "seducing the dark lord", infatti la protagonista Romy è da anni la favorita del signore di Cantagna, la città-stato in cui vive; la vicenda ha inizio quando un'azione sconsiderata del fratello minore Neri fa perdere alla donna il suo ruolo e distrugge la loro famiglia. Con una disponibilità economica decisamente limitata ed un fratello troppo impulsivo da gestire, Romy deve dar fondo a tutte le sue capacità per garantire loro una vita dignitosa e nascondere al meglio le loro abilità segrete.
Pur presentando una storia incentrata su un'avventura che comprende anche diverse scene d'azione, ci troviamo di fronte ad un fantasy molto cozy, dove l'attenzione è focalizzata sulla scoperta delle capacità magiche e sui rapporti tra i personaggi principali, che andranno poi a formare un gruppo affiatato e dal quale mi aspetto ancor più sviluppo nei volumi successivi. Vista l'assenza di elementi dark o splatter, se i grimdark tanto in voga negli ultimi anni vi mettono a disagio questa serie potrebbe fare proprio al caso vostro.
Oltre alla creazione di legami tra i personaggi, ho apprezzato molto la caratterizzazione della protagonista. Romy è una donna risoluta ed intelligente, che sfrutta al meglio le sue risorse; durante il corso della storia la vediamo instaurare un rapporto genuino con il fratello e prendere maggior consapevolezza del ruolo della magia, che fin dall'infanzia le hanno insegnato a temere a priori. Trovo molto positivo anche il modo in cui l'autrice ha gestito il suo passato come sex worker, non mettendo mai in una luce negativa questa attività tranne nel caso di chi vende i propri figli ai bordelli.
E ora veniamo ai motivi per cui questo titolo non si è rivelato il tesoro nascosto in cui speravo. Il problema principale è la trama: non ha nulla di troppo originale, presenta diverse ingenuità narrative (come la scena in cui Romy consegna il ciondolo a Gilliette) e diventa interessante solo nelle ultime cento pagine, dopo essersi presa parecchio spazio per illustrare i personaggi e l'ambientazione. Il risultato è di dare al lettore la sensazione di non aver letto un libro vero e proprio ma soltanto un lungo prologo; questo ha anche un risvolto positivo, perché nel mio caso ha fatto crescere l'interesse per i volumi successivi.
Per quanto riguarda il sistema magico non so ancora come valutarlo: ci vengono forniti pochissimi chiarimenti in merito, ma questo è motivato dal POV di Romy che della magia sa ben poco. Tutto considerato, per questo aspetto voglio dare il beneficio del dubbio a Glass; peccato non poterlo dare anche per l'assurda scelta di mescolare senza criterio parole italiane e spagnole in un world building che ricorda principalmente la Grecia antica. Quello che per un americano risulterà magari esotico ed intrigante, per un italiano è soltanto cringe.

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