martedì 29 maggio 2018

Beautiful levate! (Devono passare le pecore) - Recensione a “Via dalla pazza folla” di Thomas Hardy

Beautiful levate! (Devono passare le pecore)

Recensione a "Via dalla pazza folla" di Thomas Hardy


LA SCHEDA TECNICA

TITOLO: Via dalla pazza folla
AUTORE: Thomas Hardy
TITOLO ORIGINALE: Far from the Madding Crowd
TRADUTTORE: Piero Jahier e Maj-lis R. Stoneman
EDITORE: Garzanti
COLLANA: I grandi libri
PAGINE: 440

IL COMMENTO

  Sembra proprio io mi debba ricredere: la Newton Compton non è la sola a poter distruggere dei capolavori della letteratura classica con delle edizioni pessime. In questo caso la Garzanti è riuscita nella combo perfetta, associando un’edizione scadente ad una copertina ingannevole; il lettore infatti, vedendo il poster del film datato 2015, è portato a pensare che il volume presenti un nuova traduzione, ritrovandosi poi con una traduzione del lontano 1955, che fa sentire tutti i suoi anni.
  A rendere quest’edizione ancor più irritante sono i nomi tradotti in italiano, come già avevo riscontrato ne “La lettera scarlatta” (QUI la recensione); la maggior bizzarria è che non sempre i nomi sono stati adottati (si trovano così a coesistere Giuseppe e Mark) e non sempre nello stesso modo (William diventa Guglielmo, ma il diminutivo rimane Willy!). Cosa possiamo salvare quindi? Le note esplicative a fondo pagina, utili a comprendere meglio le molte citazioni, e la parte biografica sull’autore nell’introduzione.
  Proprio per merito della biografia, il lettore può intravedere la natura di poeta di Hardy, prepotente nelle ricercate descrizioni, soprattutto dei paesaggi di campagna.
  La storia segue per alcuni anni la vita di Bathsheba Everdene, giovane fanciulla inglese che, sul finire dell’Ottocento, si ritrova improvvisamente ricca fittavola di una fattoria nella placida cittafini di Weatherbury. Scoperto che il suo fattore la sta derubando, la ragazza prendere una decisione molto difficile e dai più contestata: licenziare il dipendere e farsi carico personalmente della sovrintendenza in tutte le attività agricole.
  Di fianco alle vicissitudini agresti, tra le quali possiamo ammirare la tosatura delle pecore come pure i tentativi di tenere il raccolto al riparo dalle tempeste, troviamo le immancabili storie d’amore. La bella protagonista farà invaghire ben tre pretendenti: il pastore Gabriel Oak, che la incontra ben prima della sua ascesa sociale e a dispetto del rifiuto ricevuto alla sua proposta di matrimonio le resta sempre fedele; l’agiato fittavolo William Boldwood, suo vicino del quale attirerà le attenzioni per scherzo salvo poi ritrovarsi perseguitata in modo quasi ossessivo; l’ultimo a fare il suo ingresso in scena è il Sergente Frank Troy, giovane avventuriero che incanta la protagonista con la sua corte spietata.
  La trama ricorda a tratti il capolavoro di Jane Austen “Orgoglio e pregiudizio” specialmente nella scena in cui Boldwood, al fine di allontanarlo da Bathsheba, offre del denaro a Troy in caso di un suo matrimonio con Fanny Robin; analogamente, Darcy pagava per le nozze tra Wickham e Kitty. Hardy crea però delle svolte narrative ben diverse e decisamente inaspettate.
  Altro omaggio all’opera austeniana è il personaggi di Bathsheba, che per molti versi ricorda Emma protagonista dell’omonimo romanzo (QUI la recenzione), soprattutto per il desiderio di essere indipendente e libera dalle convenzioni sociali che la vorrebbero più remissiva ed accomodante. Bat (come l’ho amichevolmente sopranominata) condivide con la signorina Woodhouse anche un caratterino niente male ed una lingua davvero tagliente; sono sicuramente queste sue imperfezioni a renderla piacevole ai lettori.
  Anche i personaggi maschili ottengono il loro spazio e vengono analizzati a fondo, rivelando dettaglio psicologici inattesi. Tra i tre, forse proprio Oak -benché in pratica sia il protagonista- è il meno interessante, accaparrandosi comunque l’affetto di Bat (e il mio).
  È d’obbligo menzionare anche il ricco parterre di personaggi secondari, formato dai dipendenti di Bat, e dai paesani in generale, si tratta di un agglomerato di figure divertenti e genuine, che fanno immancabilmente sorridere per la loro semplicità.
  Proprio in questi villici si ha la massima espressione di quello che è uno dei temi centrali del romanzo, ossia l’esaltazione della placida vita di campagna posta in contrapposizione con la frenesia cittadina, si pensi per esempio che in quegli anni il veloce sviluppo dell’industria porto alla nascita della manifestazione nota oggi come Expo.
  Ho apprezzato molto lo stile di Hardy, di cui desidero senza dubbio leggere altre opere, reso peculiare dai numerosi riferimenti ai testi biblici e alla mitologia greco-romana.

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  La scena della birreria fabbrica di malto è oro!

giovedì 24 maggio 2018

Gli opposti si attraggono. Anzi si incollano! - Recensione a “Il visconte dimezzato” di Italo Calvino

Gli opposti si attraggono. Anzi si incollano!

Recensione a "Il visconte dimezzato" di Italo Calvino


LA SCHEDA TECNICA

TITOLO: Il visconte dimezzato
AUTORE: Italo Calvino
TITOLO ORIGINALE: -
TRADUTTORE: -
EDITORE: Mondadori
COLLANA: Oscar opere di Italo Calvino
PAGINE: 80

IL COMMENTO

  Da ragazzina, in occasione di un compleanno, ricevetti in regalo “Il principe canarino e altre fiabe” di Italo Calvino; nonostante siano passati parecchi anni, conservo un bel ricordo di quella raccolta, che comprendeva delle versioni rivisitate di fiabe famose come Cenerentola e Barbablù, nonché una sezione dedicata all’analisi dei testi pensata per un pubblico di bambini.
  Quando ho acquistato la trilogia de I nostri antenati, pensavo di leggere dei racconti vicine a quelli della mia infanzia. Non potevo essere più in errore: a dispetto dell’ambientazione quasi fiabesca e di alcuni elementi che rimandano alla magia ed al folklore popolare, la storia narrata ne “Il visconte dimezzato” è ricca di violenza e le scene crude non vengono risparmiate al lettore.
  Sono rimasta inizialmente perplessa? Lo confesso, un po’ sì. Trovo comunque il volume valido? No, lo reputo originale, evocativo e, ovviamente, validissimo!
  La novella segue le (dis)avventure di Medardo di Terralba, nobile cavaliere che si reca in Boemia per combattere al fianco dell’imperatore contro l’esercito turco. Alla sua prima battaglia però il prode viene colpito da una palla di cannone e ciò che i soccorritori riescono a salvare nottetempo è soltanto la metà destra del suo corpo; miracolosamente, il visconte viene curato dai medici del campo e, dotato di stampella, può fare ritorno a casa.
  A seguito della disgrazia non solo il suo corpo ne esce dimezzato, ma le ripercussioni più importanti si evidenziano sul suo carattere: una volta tornato nel Genovesato, Medardo fa mostra di un comportamento a dir poco terribile nei confronti degli abitanti del suo castello e, più in generale, di tutti i suoi sudditi. Si spazia dai piccoli dispetti, come tagliare a metà con la spada tutto ciò che gli capita a tiro, ad azioni molto più gravi, come attentare alla vita del suo stesso nipote e far giustiziare degli innocenti per capriccio.
  La situazione sembra disperata per gli abitanti di Terralba, ma due eventi giungono a smuovere le acque: il malvagio visconte (sopranominato il Gramo) si invaghisce della popolana Pamela e, nel frattempo, giunge a sorpresa la metà sinistra dell’uomo, anch’essa salvatasi incredibilmente grazie all’aiuto di un paio di eremiti erranti. Avendo in sé il cuore del visconte originale, la seconda metà (nota con l’appellativo di Buono) è estremamente altruista e si prodiga per aiutare gli altri tanto quanto il suo doppio si impegna per tormentarli.
  Dopo qualche tempo, i villici iniziano a disprezzare il Buono tanto quanto il Gramo, perché il suo buon cuore portato all’estremo sfocia in un pedante perbenismo che irrita chi gli sta vicino, a partire da Pamela.
  Dal canto suo la fanciulla, inizialmente presentata come un clone della sua omonima, protagonista nella “Pamela” di Samuel Richardson (QUI la recensione), si mostra poi nient’affatto passiva e parecchio insolente.
  Oltre ai tre protagonisti, sono di scena diversi personaggi secondari dalla caratterizzazione ben delineata e, quasi sempre, sopra le righe; la natura compatta della novella non togli spazio a nessuno, anzi di alcuni personaggi apprendiamo anche la storia grazie a brevi antefatti.
  Tra i miei favoriti spiccano indubbiamente il giovane narratore, nipote del visconte, che spesso compare in scena a sorpresa così da rendere credibile la narrazione anche quando non sembra presente, perché potrebbe sempre assistere agli eventi di nascosto dagli adulti; e poi il dottor Trelawney, omonimo di un suo collega, personaggi de “L’isola del tesoro” di Robert Louis Stevenson, con il quale ha in comune solo il titolo di medico perché si rivela davvero ignorante in medicina ed interessato piuttosto a svaghi meno concreti.
  Altra citazione alle opere di Stevenson è la stessa divisione di Medardo in due personaggi distinti che rappresentano i poli opposti di un carattere umano, come era per il dottor Jekyll e il signor Hyde.
  Lo stile narrativo è inusitato e ricco di espressioni ricercate che ben si accostano all’ambientazione della storia. Reputo geniale anche il frequente accostamento tra una scena al limite del grottesco, con violenze e delitti di cui non si lesinano i dettagli, e altre quasi comiche, Il lettore si trova così diviso al apri del protagonista tra il terrore e l’ilarità.

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  Gradi militari come se piovesse

sabato 19 maggio 2018

BookTag Time - Spring Cleaning BookTag

BookTag Time

Spring Cleaning BookTag

Per festeggiare l’inverno c’è Natale, per l’estate Ferragosto, per l’autunno Halloween. Qualcuno potrebbe dire che per la primavera abbiamo Pasqua, e invece no: abbiamo le pulizie di primavera!
Ho trovato un divertente BookTag sul canale Il Filo di Arianna e QUI potete ascoltare le sue risposte.

1. IL DIFFICILE È INIZIARE - Un libro o una saga che hai avuto difficoltà ad iniziare a causa della dimensione
Per quanto mi piaccia definirmi una lettrice forte, la stazza di un libro mi intimidisce sempre un po’. È stato sicuramente il caso de “Il miglio verde” (QUI la recensione) di Stephen King, con le sue 560 pagine, che si è rivelato poi una lettura incredibilmente piacevole.
2. PULIRE L'ARMADIO - Un libro o una saga di cui ti vuoi liberare
A questa domanda potrei rispondere con una sostanziosa lista di titoli, in pratica tutte le serie rimaste incomplete per vari motivi, ma so che non troverò mai il coraggio per liberarmi di questi libri.
3. APRIRE LE FINESTRE PER FAR ENTRARE L'ARIA FRESCA - Un libro rinfrescante
La domanda lascia molto margine all’interpretazione; personalmente mi sono sentita “rinfrescata” dalla lettura di “Premiata Ditta Sorelle Ficcadenti” (QUI la recensione) di Andrea Vitali, in special modo per la scorrevolezza dello stile e per la trama incalzante.
4. LAVARE VIA LE MACCHIE DALLE LENZUOLA - Un libro di cui vorresti riscrivere una scena
Ci sono parecchi libri che potrebbero essere adatti per questo quesito. Ho scelto “Il sangue dell’Olimpo” di Rick Riordan perché, dopo due pentalogie davvero avvincenti e divertenti, è il volume che mi ha convinto a “smetterla” con questo autore a causa della battaglia finale, decisamente anticlimatica ed affrettata.
5. BUTTARE VIA GINGILLI INUTILI - Un libro di una serie che non pensi sia stato necessario
Ho pensato immediatamente alla duologia creata da Celia Rees, che secondo me poteva tranquillamente rimanere uno stand-alone. Infatti “Se fossi una strega” (QUI la recensione) è stata una grande delusione soprattutto per la scelta di inserire della magia effettiva in una storia dove uno dei punti forti era proprio la forza dell’immaginazione.
6. LUCIDARE POMELLI - Un libro con una fine netta
Questa domanda mi costringe in pratica a fare spoiler, perché a mio avviso una fine NETTA può essere solo sinonimo di strage e affini. Per non rovinare troppe sorprese, ho scelto una classico che di solito hanno una trama nota, ossia “Notre-Dame de Paris” di Victor Hugo caratterizzato da un finale decisamente definitivo.
7. ALLUNGARSI PER SPOLVERARE IL VENTILATORE - Un libro che ci ha provato troppo ha trasmettere un messaggio
Credo che “Molto forte, incredibilmente vicino” (QUI la recensione) di Jonathan Safran Foer risponda bene a questo quesito: ho trovato davvero stancante il modo in cui l’autore insisteva sul lato emotivo della storia. Con le tragedie epocali sono bravi tutti.
8. LA FINE È STANCANTE MA SODDISFACENTE - Una saga che è stata stancante, ma soddisfacente da completare
La saga Spy Girls di Ally Carter è stata stancante per vari motivi: oltre ad essere composta da ben sei volumi, in Italia la pubblicazione è andata a rilento, e perfino con edizioni diverse. Alla fine sono rimasta soddisfatta dalla lettura di questa serie per ragazzi, anche se il mix di cover e formati in libreria è sempre un pugno al cuore.

sabato 12 maggio 2018

A.A.A. Veri cattivi cercasi - Recensione a “The Queen of the Tearling” di Erika Johansen

A.A.A. Veri cattivi cercasi

Recensione a "The Queen of the Tearling" di Erika Johansen


LA SCHEDA TECNICA

TITOLO: The Queen of the Tearling
AUTORE: Erika Johansen
TITOLO ORIGINALE: The Queen of the Tearling
TRADUTTORE: Marco Piva
EDITORE: Multiplayer
COLLANA: Multipop
PAGINE: 380

IL COMMENTO

  Come spiega l’avvenente Marguerite alla regina Kelsea, la bellezza ha anche i suoi aspetti negativi. Ed è quasi poetico come questa affermazioni si ritorca contro lo stesso libro dal quale è tratta.
  La bellezza estetica del volume infatti attira facilmente il lettore verso di esso; peccato che il contenuto sia destinato poi a deluderlo, perché al di sotto dell’aspettativa creata. Non intendo però bocciare in toto questa lettura, fornita sicuramente di molti spunti interessanti che potrebbero essere molto ben sviluppati nel continuo della serie. Proseguirò di certo questa trilogia, anche per conoscere l’esito delle tante questioni lasciate irrisolte e per lo stile dell’autrice, piacevole seppur non scevro da difetti: diciamo che sarà il mio nuovo guilty pleasure.
  Passando alla trama di questo primo capitolo, non si può dire strabordi di eventi, ma tiene fede al suo titolo e ci presenta l’ascesa al trono della regina Kelsea, piazzando anche le basi per i futuri sviluppi della storia. Inoltre, sebbene la parte iniziale si prenda il suo tempo per ingranare, ad essa segue un crescendo che culmina in un finale adrenalinico ed emozionante, nonché un po’ frettoloso.
  Ma per parlare del romanzo è necessario premettere la paraculata (perdonatemi il francesismo) di partenza che l’autrice sfrutta per poter utilizzare termini ed oggetti moderni in quella che è un’ambientazione di stampo quasi medioevale: il mondo in cui si trova l’immaginario regno del Tearling è infatti il risultato di una migrazione di massa chiamata Passaggio che ha portato l’umanità a perdere buona parte delle sue conoscenze scientifiche. Questa premessa è spiegata in modo molto nebuloso e frammentario, infatti se è chiaro come i Tear siano partiti dagli Stati Uniti, meno chiaro è dove siano arrivati -il continente del Tearling era forse un’isola sconosciuta, è comparso dal nulla o fa parte di un’altra dimensione?-, ma tranquillizziamoci perché la stessa Kelsea non ne sa più di noi poveri lettori, quindi spero ancora in future spiegazioni.
  Il meglio ed il peggio del libro si concentrano nei suoi personaggi. La protagonista Kelsea subisce una notevole evoluzione in questo volume e se inizialmente sembra una ragazzina testarda e parecchio incosciente per le decisione avventate prese a cuor leggero -tipo chiedersi se il cibo sia avvelenato DOPO averlo mangiato!-, grazie alle prove che è chiamata ad affrontare maturerà in lei un forte senso di giustizia e capirà cosa ci si aspetta da una sovrana degna di questo nome.
  Ho valutato in modo positivo anche la decisione della Johansen di non dare troppo rilievo agli interessi amorosi di Kelsea e concentrare il personaggio sui suoi compiti in quanto regina. Non ho gradito invece il troppo spazio dedicato alle riflessioni sull’aspetto fisico della giovane, la quale spesso si paragona ad altre donne in momenti poco opportuni e (ben più grave!) afferma che nulla è peggiore di essere brutte ma sentirsi belle.
  Tra i personaggi secondari, alcuni spiccano per il loro carisma, come Mazza Chiodata e Fetch, altri per l’intensità delle loro storie personali, come Javel e Mhurn. A controbilanciare questi personaggi ben riusciti ne troviamo altri decisamente insoddisfacenti, in particolare gli antagonisti: Thorne è sprovvisto di motivazioni chiare e più volte compie scelte azzardate, mentre la regina rossa non ha avuto abbastanza spazio per poter essere valutata, ma già qui dimostra meno fermezza di quanto mi aspettassi. La vera delusione è stato però il reggente Thomas (“Io lo chiamo Rudy!” cit.) che viene inizialmente presentato come un essere crudele e spietato, tanto da sottrarre il regno alla nipote e tenere le schiave al guinzaglio, ma dalla sua prima entrata in scena si rivela un codardo e un inetto.
  Come già detto, reputo lo stile dell’autrice gradevole, abbastanza da perdonarle qualche ingenuità narrativa, ma non ricordo quasi randomico a parolacce, specie da parte di personaggi che fino ad un attimo prima si esprimevano in modo pomposo.
  L’edizione targata Multiplayer è stata forse la più grande delusione: pur essendo davvero curata nel comparto grafico, presenta infatti una traduzione un po’ carente con dei passaggi da tu al Voi senza motivo nei dialoghi, nonché parecchi errori di mancata revisione, nonostante la presenza di ben due revisori.


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  Chi vincerà questo dibattito?