lunedì 29 gennaio 2018

Voce alle donne (di ogni colore) - Recensione a “The Help” di Kathryn Stockett

Voce alle donne (di ogni colore)

Recensione a "The Help" di Kathryn Stockett


LA SCHEDA TECNICA

TITOLO: The Help
AUTORE: Kathryn Stockett
TITOLO ORIGINALE: The Help
TRADUTTORE: Adriana Colombo e Paola Frezza Pavese
EDITORE: Mondadori
COLLANA: Oscar Bestsellers
PAGINE: 520

IL COMMENTO

  Molte volte ho sentito dire, riguardo ad un libro “mattone”, quanto fosse scorrevole e veloce la lettura, tanto era ben scritto. E se all’apparenza annuivo, convinta e partecipe, in cuor mio pensavo che mi stavano prendendo in giro.
  “The Help” è stata la prova definitiva che ero io ad essere in errore; ora, non vorrei essere fraintesa: per leggere un libro con più di 500 pagine ci vogliono tempo e concentrazione, e ritengo generalmente sbagliato macinare pagine su pagine con foga, neanche si trattasse di una commissione da sbrigare al prima possibile. È però innegabile che quando un lettore si trova di fronte ad una storia così coinvolgente e ad un’autrice dallo stile impeccabile sarà un grande sforzo posare quel libro e dedicarsi ad altro.
  Questo è quando ho personalmente vissuto durante la lettura di “The Help”, perché all’inizio la mole, la fama e il tema mi mettevano parecchio in soggezione, ma una volta conosciuti i personaggi non li volevo più lasciare, tanto da pensare a loro e al proseguo della storia anche mentre facevo altro.
  La storia presenta una trama all’apparenza basilare, ma arricchita da ottime svolte narrative. Nella Jackson, Mississippi, dei primi anni ’60 la condizione delle persone di colore è molto difficile, ma un gruppo di domestiche al servizio delle più ricche famiglie bianche della città trova il coraggio di raccontare le sofferenze, come pure le gioie, che costellano le loro giornate lavorative.
  Nasce così l’idea di trasformare le interviste a queste donne in un libro, e questo romanzo è la storia della sua difficile pubblicazione, nonché del suo insperato successo.
  Come già accennato, il testo si presenta davvero scorrevole perché privo di “punti morti” o di parti superflue. La narrazione viene inoltre sovente alleggerita (e nel contempo, arricchita) da diversi momenti divertenti, quasi comici.
  La narrazione segue tre POV diversi di altrettante protagoniste: la dolce Aibileen, che si occupa dei figli dei suoi datori di lavoro come fossero bambini suoi e cerca sempre di vedere il meglio in tutti, perfino nella perfida miss Hilly, ma si dimostra anche coraggiosa e risoluta all’occasione; Milly è un’eccellente cuoca con qualche problema a tenere per se le proprie opinioni, che mostrerà di avere un grande cuore e la capacità di mettere i figli e gli amici prima di se stessa; ed infine, Skeeter, l’aspirante giornalista che per prima propone di trascrivere le esperienze delle domestiche di colore, proprio perché alla ricerca della verità su quella che l’ha cresciuta.
  A circondare le tre protagoniste è presente un ricco gruppo di personaggi, soprattutto padrone e domestiche, mentre ai personaggi maschili è riservato ben poco spazio. Come tutti risultano sfaccettati e ben strutturati.
  Per quanto riguarda le protagoniste, tutte e tre presentano una grande evoluzione nel corso del romanzo; sebbene questo cambiamento sembri riguardare inizialmente solo Skeeter, che vede cadere ben presto il velo dell’illusione, la pubblicazione delle interviste farà maturare decisioni molto importanti anche per le due domestiche.
  La Stockett varia abilmente sia il lessico sia lo stile per adattarsi ai diversi POV, così da rendere più realistica la narrazione, Per mantenere la fedeltà all’ambientazione scelta, l’autrice si ritaglia sovente dei piccoli spazi per far luce sulle invenzioni e i maggiori avvenimenti agli inizi degli anni ’60.
  Le uniche note un po’ stonate, in un romanzo altrimenti impeccabile, sono il lato romantico inserito forzatamente nella storyline già molto ricca di Skeeter; trovo che l’autrice abbia un po’ esagerato anche con i riferimenti al tema del razzismo, che ogni tanto sembrano essere OOC.
  Bisogna però ammirare come la Stockett abbia optato per un finale abbastanza lieto, senza però cadere nella facile tentazione del fan-service, mantenendo così il realismo che contraddistingue l’intero romanzo.

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  Per tutto il libro l'ho chiamata Rita!

lunedì 22 gennaio 2018

Qual è il tuo posto nel condominio sociale? - Recensione a “Il condominio” di J.G. Ballard

Qual è il tuo posto nel condominio sociale?

Recensione a "Il condominio" di James G. Ballard


LA SCHEDA TECNICA

TITOLO: Il condominio
AUTORE: James Graham Ballard
TITOLO ORIGINALE: High-Rise
TRADUTTORE: Paolo Lagorio
EDITORE: Feltrinelli
COLLANA: Economica Universale
PAGINE: 190

IL COMMENTO

  Anche la persona più sensibile e impressionabile non può evitare di essere attratta in modo a volte morboso dalla violenza; quando si verifica un incidente, in molti si radunano per lanciare uno sguardo seppur fugace, pur rendendosi conto che potrebbero trovarsi di fronte dei morti o dei feriti gravi. Ed è probabilmente questa la stessa attrazione innaturale che sperimentano i personaggi de “Il condominio” quando, prima trovano più difficoltoso lasciare il grattacielo e smaniano per farvi ritorno, e poi scelgono di non uscirne più.
  La storia è ambientata in un complesso residenziale alla periferia di Londra; sebbene il romanzo sia stato pubblicato nel 1975, esso presenta diversi elementi che si potrebbero definire quasi futuristici, quindi è arduo collocarlo dal punto di vista temporale. Nel complesso sono in costruzione cinque condomini, tra i quali quello “protagonista” della vicenda che inizialmente è il solo ultimato.
  La trama ha il via nel momento in cui viene raggiunta la “massa critica”, ossia quando tutti gli appartamenti sono abitati: questo fa sorgere dei problemi nella struttura, specialmente nell’impianto elettrico, ma questi sono soltanto la scintilla che innescherà in breve tempo ben altro, nella mente stessa dei condomini.
  Il lettore diventa così il solo testimone di una serie di atti dalla violenza sconcertante, nonché alla regressione dei personaggi a uomini primitivi, associati in clan; quando si inizia a pensare che la situazione non potrebbe peggiorare ulteriormente, questi rozzi gruppi si scindono e la natura animale dell’uomo prende il sopravvento, tanto che i superstiti si barricano in appartamenti ormai divenuti tane ed abbandonano il dialogo in favore di un linguaggio primigenio fatto di grugniti disarticolati.
  È da notare come sin dall’inizio si palesano delle rivalità e dei dissapori tra i condomini; il grattacielo stesso si dimostra una vera e propria rappresentazione della piramide sociale, divisa idealmente in tre blocchi verticali in base alla ricchezza ed la prestigio dei suoi abitanti.
  Tutti gli inquilini diventano carnefici o vittime (o entrambi) degli atti di violenza. Il lettore potrà inoltre osservare come molti dei personaggi documentino con foto, registrazioni audio o video queste barbarie, ma non per portare le testimonianze al mondo esterno bensì con il solo scopo di poterle rivedere in un secondo momento.
  Tra i numerosi personaggi spiccano tre uomini che potrebbero essere identificati come i protagonisti dal momento che il narratore esterno incentra sempre i capitoli su uno dei loro POV. Ognuno di loro è inoltre la personificazione di una delle tre fasce sociali che, come accennato prima, caratterizzano il condominio: nell’attico dell’ultimo piano abita Royal, uno degli architetti autori del complesso, il cui scopo è regnare (da qui il nome) sull’intero condominio; nella zona centrale troviamo il dottor Laing, che mediocremente si accontenta di sopravvivere nell’appartamento in cui si è barricato con le sue donne; il più dinamico del trio è il regista di documentari Wilder che, mosso dal pretesto di un reportage sulla vita nel complesso, tenterà una scalata all’edificio.
  Per quanto particolare, la storia non mi è sembrata del tutto originale, perché molti elementi ricordano “Cecità” (QUI la recensione) di José Saramago, specie nell’ambientazione e nelle scene di violenza; d’altro canto il rapido cambiamento da una situazione potenzialmente utopica (il nuovo condominio pieno di servizi e confort) ad una distopia di stampo psicologico, farà venire in mente a molti “Il signore delle mosche” di William Golding.
  A rendere però caratteristico ad unico questo romanzo sono però lo stile che a tratti fa pensare ad un documentario, con tanto di aggiornamenti ad ogni capitolo sullo stato di degrado in cui versa l’edificio. La narrazione è molto veloce, per adeguarsi alla rapida discesa nella violenza e nelle barbarie; le azioni hanno molto spazio, mentre esso viene sottratto ai dialoghi e alle descrizioni, davvero essenziali.

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  E andrà sempre peggio!

martedì 16 gennaio 2018

BookTag Time - The New Year BookTag

BookTag Time

The New Year BookTag

Da quest'anno voglio impegnarmi a postare sul blog dei BookTag, se possibile uno ogni mese. Per gennaio ho scelto un Tag incentrato proprio sull'inizio del anno, visto sul canale BookTube di Jo Reads (QUI le sue risposte).

1. Quanti libri ti prefissi di leggere nel 2018?
Spero di arrivare almeno a 30.
2. Nomina cinque libri che non hai letto l'anno scorso, ma che ora sono una priorità.
Sicuramente "Bunker diary" di Kevin Brooks, un thriller molto consigliato che sono riuscita da poco ad acquistare. Poi "Dell'amore e di altri demoni" di Gabriel García Márquez, autore che ho conosciuto e apprezzato con "Cent'anni di solitudine". "Glass Magician" di Charlie N. Holmberg e "The Queen of the Tearling" di Erika Johansen, secondo e primo libro di due trilogie fantasy dalle quali mi aspetto molto. Ed infine, "Vita dopo vita" di Kate Atkinson, un mix tra storia e fantasia.

3. Nomina un genere che vorresti leggere di più.
Assolutamente i romanzi storici, soprattutto perché continuo a comprarne attirata dalle trame e poi procrastino sempre la lettura.
4. Tre propositi, non legati al mondo dei libri, per il tuo 2018.
A bruciapelo: essere più comunicativa al mattino, quando di solito faccio fatica a dire "buongiorno", seguire meno serie TV in modo da non trovarmi con due o tre episodi ogni giorno da recuperare per stare al passo ed imparare la tecnica del quilling... ho comprato il set DUE ANNI FA!
5. Nomina un libro che hai da sempre e devi ancora leggere.
"Robin Hood" di Alexandre Dumas padre, ma forse quest'anno gli darò una chance.
6. Quale parola rappresenta per te il 2018?
Banalmente Booktag, perché intendo rispettare al più possibile il mio impegno nel postarli.

giovedì 11 gennaio 2018

Bene, ma non benissimo - Recensione a “La scuola dei maghi” di Trudi Canavan

Bene, ma non benissimo

Recensione a "La scuola dei maghi" di Trudi Canavan


LA SCHEDA TECNICA

TITOLO: La scuola dei maghi
AUTORE: Trudi Canavan
TITOLO ORIGINALE: The Novice
TRADUTTORE: Adria Tissoni
EDITORE: TEA
COLLANA: Teadue
PAGINE: 480

IL COMMENTO 

  Se un lettore continua una saga deludente, ci sono due ragioni: spera in un irrealistico miglioramento dello stile oppure ha già comprato tutti i volumi e si sentirebbe in colpa a non leggerli. Mi imbarazza dover ammettere che ho continuato la lettura della Black Magician Trilogy per il secondo motivo.
  In realtà avevo anche qualche speranza che la storia ingranasse un po’ e ci fossero più azione ed emozioni; da un lato, posso dire di essere stata accontentata, perché rispetto a “La Corporazione dei maghi” (QUI la recensione) questo secondo volume ha una trama maggiormente densa di eventi, nonché una discreta evoluzione dei personaggi principali.
  La storia riprende alcuni mesi dopo la fine del primo capitolo, con Dannyl pronto a partire per Elyne dove sarà Ambasciatore e Sonea che, dopo essersi allenata con Rothen, sta per iniziare il suo primo anno da novizia presso l’università della Corporazione.
  Nel primo romanzo avevo trovato alcune somiglianze con la saga Potteriana, e analogamente qui ho provato un senso di déjà vu collegato alla serie del Mondo Emerso in generale, e a “Nihal della Terra del Vento” in particolare, ma non posso certo gridare al plagio in questo caso, perché il romanzo della Troisi è stato pubblicato ben due anni dopo. Comunque alcuni elementi sono davvero simili: la giovane protagonista che riesce ad accedere ad una scuola dove “quelli come lei” (gente dei bassifondi da una parte e donne dall’altra) non sono mai stati ammessi prima, ed è vittima delle molesti dei compagni. A completare il quadro, possiamo aggiungere la figura del saggio maestro (Rothen/Ido) e del misterioso antagonista da affrontare rigorosamente nell’ultimo libro (Akkarin/il Tiranno).
  Parlando della trama, ho notato alcuni miglioramenti come la presentazione di nuove ambientazioni, grazie ai viaggi di Dannyl, e delle scene adrenaliniche ed emozionanti nella parte finale. Ma ciò che più ho apprezzato è sicuramente come la Canavan abbia trattato il tema della tolleranza, sia verso chi ha origini umili sia in relazione all’orientamento sessuale, con molto accortezza e sensibilità.
  Per quanto riguarda i personaggi, in questa serie è d’obbligo fare una distinzione tra quelli principali e le comparse, che non sono nulla più di sagome in cartone messe in scena con il solo nome a distinguerle, e poi fatte sparire in modo randomico.
  Anche in questo volume ho tollerato a fatica la protagonista: nonostante quanto ha vissuto, Sonea continua a dimostrarsi debole e vittima delle decisioni altrui. Purtroppo è un personaggio che il lettore deve quasi farsi piacere a forza, perché è una delle pochissime figure femminili nell’intera saga.
  Il nuovo antagonista ha mostrato gli stessi difetti di Lord Fergun, infatti anche Regin è del tutto privo di una motivazione seria e credibile, ma è ancor più assurdo che così tanti novizi gli diano retta. Mi sono invece piaciuti il Sommo Lord, tratteggiato in modo da renderlo ambiguo e spaventoso (forse anche troppo) e Lord Dannyl che rispetto al primo libro ha avuto molto più spazio e uno sviluppo notevole.
  La Canavan ha però scelto di accantonare, o meglio eliminare, parecchi personaggi importanti ne “La Corporazione dei maghi”, nonché due ottimi spunti, quali il governo tirannico del sovrano e le trame dell’organizzazione criminale note come i Ladri.
  Come già accennato, lo stile dell’autrice non pare migliorato, anzi è ancora molto banale e si dilunga eccessivamente in descrizioni del tutto inutili o in scene ripetute più volte, come gli attacchi della banda di Regin ai danni di Sonea.
  A mio giudizio, l’edizione italiana della Nord (TEA in flessibile) ha contribuito notevolmente a svilire una serie non proprio brillante: due problemi minori e forse soggettivi, ma che saltano subito all’occhio, sono le traduzioni arbitrarie dei titoli da questo volume in poi e i molti refusi per la mancata revisione, presenti soprattutto nella seconda parte del volume. Il difetto peggiore è però la sinossi in quarta di copertina, che di nuovo si dimostra pressappochista e zeppa di spoiler; nel primo libro ciò era spiegabile con la brevità della trama stessa, ma qui non c’è davvero scusa che tenga.

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LA VIGNETTA

  Per questo libro non ho dovuto inventare nulla... è così confuso da colpirsi da solo!