venerdì 3 maggio 2024

"Mio marito" di Maud Ventura

Mio maritoMio marito by Maud Ventura
My rating: 4 of 5 stars

"In questo momento ne sono intimamente convinta: è finita. Nella nostra coppia non c'è più nessun amore. Dopo quindici anni di vita comune, credo di meritarmi di meglio che essere paragonata a una volgare clementina. Mio marito sta per lasciarmi"


PORTARE I FILM MENTALI AD UN LIVELLO SUPERIORE

Ogni anno Feltrinelli propone una selezione di best seller da acquistare in coppia a poco prezzo e ogni anno io cado puntualmente nella loro trap... offerta. Questa volta avevo un solo obiettivo chiaro: recuperare il seguito de "Il Club dei delitti dei giovedì" di Osman, che ho molto apprezzato alcuni mesi fa; il dubbio era quindi a quale titolo l'avrei abbinato. Dopo un'analisi minuziosa di copertine, sinossi ed estratti vari, la scelta è ricaduta su "Mio marito", esordio di Ventura dal taglio stilistico decisamente originale.

La narrazione è infatti affidata ad una donna di cui non viene rivelato il nome, ma sappiamo per certo che è sulla quarantina, francese, bionda tinta, docente di inglese in un liceo, traduttrice part-time, appassionata di shopping e madre (discutibile) di due bambini. Tutti questi sono però dettagli di secondaria importanza, perché lei si identifica innanzitutto nel ruolo di moglie, e attraverso il suo punto di vista ci racconta una settimana della sua vita quotidiana e della sua costante ossessione per il marito, parimenti sprovvisto di nome.

Se vi sembra una sinossi un po' scarna, avete avuto l'impressione giusta: questo romanzo pecca proprio di un intreccio in senso convenzionale, perché nonostante gli eventi seguano una loro comprensibile consequenzialità, manca un obiettivo da raggiungere o un punto da evidenziare dal momento che la protagonista non ha alcuno scopo a parte quello di salvaguardare il suo matrimonio, e la prospettiva distorta da cui guarda la realtà non cambia nel corso del volume. In questo senso ho percepito in parte la mancanza di una trama canonica, seppur la prosa non mi abbia mai dato tempo e modo di annoiarmi per questa ragione.

Un altro elemento che potrebbe far storcere il naso a parecchi lettori è la scarsa caratterizzazione dei comprimari, perché mentre della protagonista conosciamo passato, pensieri e motivazione, sui personaggi che le ruotano attorno non viene fornito alcun approfondimento. Questo difetto ha però ragion d'essere vista la prospettiva limitata del POV scelto, che dà poco credito alle affermazioni dei caratteri secondari, e di certo non si sofferma ad sviscerare i loro ragionamenti più di tanto.

Passando ad analizzare quelli che reputo i pregi del volume, al primo posto devo per forza indicare l'originalità della prosa e della voce narrante, proprio quella che in un primo momento sembra tanto sensibile e sensata, per poi rivelare tutte le contraddizioni e le insicurezze di una persona disturbata. Questo libro in pratica riassume tutto ciò che non apprezzo nel genere romance: mancanza di dialogo nella coppia, una lei continuamente in competizione con le altre donne ed un lui incapace di adeguarsi alle richieste altrui. Per fortuna l'opera prima di Ventura non è una storia d'amore, anzi rappresenta l'antitesi delle relazioni sentimentali (ma direi anche umane) sane.

L'inusuale protagonista non è il solo punto di forza del romanzo, che può vantare anche un'atmosfera capace d'ispirare angoscia in modo sottile ma sempre maggiore, diventando così una sorta di thriller psicologico anticonvenzionale, sulla scia delle storie di Yoshida Shūichi. Un altro grande merito della cara Maud è stato per me il finale, che riesce in poche pagine a dare una sua solidità ad una narrazione fino a quel momento frammentaria, oltre a stupire il lettore senza per questo dover ricorrere a colpi di scena campati per aria. Per chi vuole rimanere a bocca aperta, ma non sentirsi preso in giro dall'autore.

Voto effettivo: quattro stelline e mezza

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lunedì 29 aprile 2024

"Quattro dopo mezzanotte" di Stephen King

Quattro dopo mezzanotteQuattro dopo mezzanotte by Stephen King
My rating: 3 of 5 stars

"Forse Shooter era davvero uno scrittore. Rispondeva a entrambi i requisiti principali: raccontava una storia stimolando in te il desiderio di sentire come andava a finire anche quando avevi già un'idea meno che approssimativa della probabile conclusione, e spandeva tanta merda che faceva rumore di sciacquio"


PILLOLE DI HORROR KINGHIANO

Nel mio percorso di recupero cronologico delle antologie kinghiane, un paio di anni fa avevo affrontato "Stagioni diverse", diventato istantaneamente uno dei miei titoli preferiti del caro Stephen, con mio grande stupore dal momento che non mi ritengo un'estimatrice di racconti e novelle. Ancora con i ricordi di quella stupenda lettura in mente sono approdata adesso alla quarta raccolta dell'autore, che propone nuovamente la formula di quattro, corpose novelle associate tra loro da un tema ricorrente, in questo caso quello del tempo e della percezione che abbiamo di esso.
Come per le altre antologie, andrò ad analizzare e valutare in modo individuale ogni storia, ma in linea di massima posso dire di aver trovato qualcosa di apprezzabile in ognuna delle narrazioni, seppure nessuna mi abbia colpita come altri racconti nati dalla penna di King. In generale ho trovato anche altalenanti l'elemento horror ed il collegamento alla tematica del tempo: quand'è ben evidente è perché i personaggi stessi lo sottolineano, ma in molti altri frangenti risulta quasi impercettibile.


"I langolieri" - tre stelline e mezza
Narrazione che trasmetterà sicuramente un senso di déjà vu ai fan della serie TV Lost, infatti la scena si apre su un volo aereo, in particolare il volo 29 della compagnia fittizia American Pride, in partenza da Los Angeles e diretto a Boston. Durante la traversata undici passeggeri del Boeing 767 si addormentano e, al loro risveglio, scoprono che tutte le altre persone a bordo sono scomparse nel nulla; fortunatamente tra loro c'è il pilota Brian Engle, ma una volta atterrati in sicurezza le cose diventano ancora più inquietanti.
Per diversi aspetti mi ha fatto pensare a "La nebbia" ma in una versione migliorata, anche per ragioni di spazio credo. Con la novella del 1980 ha infatti in comune il valido fattore horror ed il crescendo nella tensione narrativa, direttamente proporzionale con le rivelazioni angoscianti alle quali giungono i personaggi; purtroppo ad accomunarle ci sono anche aspetti negativi, come l'eccessivo spazio dato alle sottotrame romance, che a mio avviso sono del tutto fuori luogo in una storia dal ritmo tanto incalzante.
Non mi hanno convinto troppo neppure la rapidità con cui i protagonisti superano eventi sulla carta traumatici (ad esempio, tutta la parentesi relativa alla moglie di Brian, un po' pretestuosa a conti fatti) per avviarsi beati verso un epilogo eccessivamente positivo, o com'è stato mal sfruttato il personaggio di Craig Toomy: visto il modo interessante con cui era stata descritta la sua psicologia in un primo momento, mi aspettavo qualcosa di più. Sono invece promosse l'ottima presentazione del cast -caratterizzato in modo solido a dispetto dello spazio limitato a disposizione in una novella- e le spiegazioni relative al lato sci-fi, tutt'altro che banali.

"Finestra segreta, giardino segreto" - quattro stelline
Ennesima storia kinghiana con protagonista uno scrittore, e di conseguenza ennesima storia kinghiana con riferimenti autobiografici a vagonate. L'autore in questione, tale Morton "Mort" Rainey, viene contattato dal collega John Shooter, il quale lo accusa di plagio; a quanto pare il racconto di Mort "Stagione di semina" ha moltissimo in comune con quello di Shooter "Finestra segreta, giardino segreto". Non è chiaro chi abbia copiato da chi, ma di certo nella vita dello scrittore iniziano ad accadere episodi sempre più insoliti ed inquietanti, al punto da convincerlo che il suo accusatore abbia piani ben più violenti che una banale causa per rivalersi sui diritti d'autore.
In un primo momento potrebbe non sembrare, ma questa novella poggia su un'idea a dir poco geniale; inoltre, rispetto alla precedente, può vantare anche un finale adeguato nel tono e nelle tempistiche, che fornisce delle spiegazioni chiare pur lasciando un velo di mistero su un potenziale elemento paranormale.
Tra i pregi della storia posso includere sicuramente la psicologia del protagonista, contorta al punto giusto: sfruttando il suo POV, King riesce a creare un intreccio solido ed angosciante. Peccato per le tempistiche scelte, che rovinano buona parte della suspense a metà racconto! a mio avviso, il twist principale poteva essere sfruttato molto meglio e risultare meno palese. La novella perde qualche punto anche per la caratterizzazione dei comprimari, che non sono neanche lontanamente all'altezza di Mort.

"Il poliziotto della biblioteca" - quattro stelline e mezza
Per ammissione dello stesso King, questa narrazione parte da un'idea parecchio balzana, nonché poco in linea con il taglio horror che intendeva dare alla raccolta, ossia quella di una sezione della polizia dedita a perseguire coloro che non restituiscono per tempo i libri nelle biblioteche. Fatico ancora a credere che sia riuscito a dare una svolta decisamente spaventosa ad una storia incentrata su una figura quasi comica nel suo infantilismo come la polizia bibliotecaria, eppure...
La premessa non lascia affatto intuire il terrore che seguirà: l'imprenditore Sam Peebles viene incaricato di tenere un discorso presso la sede locale del Rotary Club e, per rendere più brioso il testo che ha preparato, si reca nella biblioteca di Junction City, cittadina immaginaria dell'Iowa in cui vive, per cercare dei libri di oratoria. Ad accoglierlo è la pittoresca bibliotecaria Ardelia Lortz, che da un lato si dimostra estremamente utile nella sua ricerca ma dall'altro lo terrorizza con lo spauracchio del poliziotto della biblioteca, pronto a dargli la caccia nel caso i libri non vengano riconsegnati entro una settimana.
Come spunto non sembrerà granché, ma vi garantisco che una volta preso il via la novella rivela un intreccio niente male, costellato da personaggi decisamente carismatici tra i quali spiccano il bislacco Dave "Raccatta" Duncan e la stessa Ardelia. Ho apprezzato molto come la passione per i libri costelli un po' tutta la storia; in modo inaspettato mi ha convinto anche la svolta romance, probabilmente perché poggia su basi concrete e non su un insensato instalove.
In questa raccolta è forse la lettura che meglio riesce a rendere sia la sensazione di paura sia l'influenza del tempo sulle esperienze dei personaggi. Peccato che le due metà (quella sulla backstory di Ardelia e quella sulla polizia bibliotecaria) fittino male: ho avuto l'impressione ci fosse una forzatura nel legare a tutti i costi le varie parti della narrazione; inoltre, l'identità dell'antagonista è fin troppo simile ad altre creature già descritte da King in libri precedenti e decisamente più popolari come lo stesso "It", risultando così meno originale del previsto.

"Il fotocane" - due stelline e mezza
Parte centrale in quella che dovrebbe essere una sorta di trilogia -composta anche da "La metà oscura" e "Cose preziose"-, in questa avventura King riporta i suoi Fedeli Lettori ancora una volta nella città immaginaria di Castle Rock. Qui vive il quindicenne Kevin "Kev" Delevan che, come regalo per il compleanno, riceve la tanto desiderata macchina fotografica, in particolare una Polaroid Sun 660 con la quale inizia subito a scattare. La fotocamera in questione ha però uno strano difetto: produce delle foto sempre uguali, nelle quali si vede un grosso cane nero per nulla amichevole. Cercando di far luce su questa disturbante anomalia, il ragazzo entra in contatto con Reginald Marion "Pop" Merrill, proprietario dell'Emporium Galorium ed usuraio locale.
Proprio questo insolito personaggio è la luce (del flash!) che illumina una storia per il resto lenta ad ingranare; nella sua distaccata crudeltà, Pop è un individuo carismatico e brillante, e per questo motivo ho apprezzato molto le parti narrate dal suo punto di vista, come anche il suo piano machiavellico. Altri aspetti a favore sono l'elemento paranormale della possessione, la presenza di moltissime citazioni ad altre opere del caro Stephen e la caratterizzazione dei cosiddetti Cappellai Matti, dei personaggi tanto folcloristici quanto strapalati.
Con i complimenti mi devo purtroppo fermare qui perché Kevin come protagonista non mi ha fatto impazzire, un po' perché di suo è troppo perfetto un po' per gli aiuti eccessivi che riceve, tanto da privare il racconto di una buona fetta di tensione. Inoltre, per quanto i personaggi possano ribadire e sottolineare il terrore che ispira, il villain non è neppure paragonabile a Cujo... la macchina fotografica in sé risulta quasi più spaventosa! Boccio anche l'epilogo: più ridicolo che terrificante.

Voto effettivo: tre stelline e mezza

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martedì 23 aprile 2024

"C'era due volte" di Franck Thilliez

C'era due volteC'era due volte by Franck Thilliez
My rating: 4 of 5 stars

"Colpi violenti fecero improvvisamente rimbombare le lamiere delle auto, le tegole dei tetti. La gente imbacuccata negli accappatoi sbucava dalle rispettive stanze, con i volti assonnati rivolti al cielo. Dalle tenebre spuntavano razzi neri e compatti che andavano a schiantarsi con un tonfo di carne stritolata ... Piovevano uccelli morti"


DOVE TI VEDI TRA 12 ANNI?

Durante la scorsa estate la trama decisamente contorta de "Il manoscritto" mi aveva fatto scoprire la prosa a dir poco incalzante di Thilliez, che un po' a sorpresa ha fatto finire questo titolo tra le migliori letture del 2023. Con l'anno nuovo avevo quindi tutta l'intenzione di continuare e magari concludere la trilogia ideale (ma non troppo!) di Caleb Traskman, quindi eccomi approdare a "C'era due volte". Un volume che forse non avrei dovuto aspettare tanti mesi prima di leggere: sono praticamente certa di essermi per questo persa un mucchio di easter eggs!

Eppure questa storia ruota attorno a personaggi del tutto diversi rispetto al romanzo precedente, e anche l'ambientazione iniziale ci porta in un altro angolo della Francia. Ci troviamo nella Valle dell'Arve nell'aprile del 2008, in particolare nella cittadina immaginaria di Sagas, dove il luogotenente della gendarmeria Gabriel Moscato si reca presso l'Hotel de la Falaise per cercare delle informazioni che lo aiutino in un'indagine per lui molto importante: quella sulla scomparsa della figlia adolescente Julie, avvenuta un mese prima. L'uomo si addormenta nella stanza numero 29 per poi risvegliarsi nella numero 7; la vera stranezza non sta però nel luogo bensì nel tempo, dal momento che siamo stati catapultati nel novembre del 2020. Gabriel ha però misteriosamente dimenticato gli ultimi dodici anni, e per questo si trova in un mondo completamente diverso da quello che ricorda e -nel tentativo di trovare una quadra- chiede l'aiuto del suo vecchio collega Paul Lacroix.

Loro sono ovviamente i due punti di vista tra i quali si alterna la narrazione, infatti li vediamo spesso indagare individualmente, ma penso diano il meglio quando collaborano mettendo insieme le forze. Per questo il rapporto insolito che vanno a creare -seppur nel poco tempo a disposizione- è uno dei punti di forza del libro; in generale ho trovato solida la loro caratterizzazione, con delle motivazioni e delle reazioni chiare e condivisibili, entro certi limiti.

Il ritmo sempre incalzante si conferma un grande pregio della prosa di Thilliez: rende quasi impossibile interrompere la lettura, anche per merito dei colpi di scena mai banali o troppo prevedibili che costellano l'intero volume. Queste rivelazioni sono inoltre illustrate in modo estremamente comprensibile, il che le rendere ancor più soddisfacenti a mio avviso. E per concludere questa carrellata di punti a favore non posso tralasciare l'espediente di base, ossia l'amnesia di cui è vittima Gabriel, che risulta un escamotage intelligente ed utile per fornire un gran numero di informazioni al lettore senza per questo ricorrere a spiegoni o flashback.

Nonostante questi elementi ed un inizio più che solido, il volume nel suo insieme mi ha convinto leggermente meno del precedente perché mettendoli a confronto ho individuato alcune mancanze. Ad esempio qui è del tutto assente una prospettiva femminile sulla vicenda: le personaggie presenti sono completamente accessorie, inoltre i due POV principali sono davvero simili tra loro e danno perciò ancor meno variatio alla prosa. Allo stesso tempo non mancano i piccoli difetti de "Il manoscritto", come una gran quantità di linee di dialogo troppo artefatte e retoriche per essere pronunciate in modo spontaneo.

Sono poi presenti diversi aspetti nell'indagine che ho trovato discutibili, come la presenza di molte quest minori fini a se stesse (come quella del video, che occupa parecchie pagine ma non porta a nulla) ed il fatto che i protagonisti trasformino mere supposizioni in dati di fatto, senza cercare delle prove o aspettare il risultato di un'analisi scientifica. Alcune delle loro scoperte sono inoltre così rilevanti che reputo assurdo siano state accantonate o giustificate da moventi ridicoli! il lato negativo del ritmo scelto è proprio quello di non dare il tempo necessario per metabolizzare tutte le informazioni. Ultimo piccolo neo: non ho apprezzato troppo il sillogismo tra arte disturbante ed artista o consumatore disturbato, perché sono convinta che l'apprezzamento del genere thriller non pregiudichi la capacità di distinguere la realtà dalla finzione.

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venerdì 19 aprile 2024

"La lama dell'assassina" di Sarah J. Maas

La lama dell'assassinaLa lama dell'assassina by Sarah J. Maas
My rating: 2 of 5 stars

"Sperava che il gioiello di un'assassina sarebbe servito a pagare gli studi di una guaritrice. Allora, forse, gli dèi erano ancora all'opera. Forse c'era qualche forza superiore, superiore alla comprensione dei mortali"


UN PO' FANTABOSCO, UN PO' HIGH SCHOOL MUSICAL

Prima di leggere dei volumi companion all'interno di una serie mi capita di avere le idee poco chiare sull'ordine di lettura ideale, ma dopo riesco sempre ad individuare la soluzione ottimale, anche se non è necessariamente quella adottata da me. Mi è capitato ad esempio con "La leggenda del vento" di King, che a posteriori avrei preferito leggere alla conclusione di The Dark Tower; "La lama dell'assassina" invece mi lascia perplessa anche dopo aver letto l'ultima pagina dell'antologia. Non riesco proprio a decidermi se avrei fatto meglio a leggerla prima de "Il trono di ghiaccio" o meno!

Il mio dilemma nasce dal fatto che questa raccolta è formata da cinque novelle ambientate cronologicamente prima degli eventi raccontati nel volume iniziale della saga, quindi sulla carta sarebbero molto utili per introdurre il lettore all'ambientazione ed alla storia di origine della protagonista, così che gli siano già familiari quando comincerà con i romanzi veri e propri. Per quanto mi riguarda però, se questo fosse stato il primo approccio a Throne of Glass, non escludo che avrei abbandonato immediatamente la nave perché tutti i difetti presenti ne "Il trono di ghiaccio" (trama inconsistente, protagonista esasperata, comprimari stereotipati, prosa urticante) qui sono elevati all'ennesima potenza. Avendo però alle spalle ben due libri letti, ho capito di non dover prendere sul serio neppure la metà delle occhiate minacciose che la nostra Celaena Sardothien lancia a destra e a manca, e così sono riuscita a trovare la lettura perfino divertente.

A dispetto di quanto credevo inizialmente, il volume può vantare una sorta di filo rosso teso a collegare le diverse narrazioni -che sono ambientate a pochi giorni l'una dall'altra- ed a delineare una sorta di avventura episodica. Si comincia con "L'Assassina e il Signore dei Pirati", nel quale Celaena ed il suo rivale Sam Cortland vengono inviati dal loro capo Arobynn Hamel per consegnare una missiva al Capitano Rolfe; quanto succede in questa novella porta la protagonista ad intraprendere un viaggio verso il Sud durante il quale incontra l'aspirante guaritrice Yrene Towers ne "L'Assassina e la Guaritrice", per poi finire ad addestrarsi con i Sessiz Suikast (meglio noti come Assassini Silenziosi) ne "L'Assassina e il Deserto", dove viene introdotto il personaggio di Ansel di Briarcliff, che di certo ritornerà più avanti. Pur con dei titoli fuorvianti, gli eventi de "L'Assassina e il Male" e "L'Assassina e l'Impero" gettano definitivamente le basi per portare Celaena alla sua reclusione presso le miniere di Endovier.

Prima di passare alle necessarie lamentele, voglio spendere qualche rigo sui pregi di questo titolo. Innanzitutto mi ha stupito in positivo scoprire che le diverse storie fossero chiaramente collegate tra loro; ho apprezzato inoltre l'inserimento di nuovi personaggi ed elementi di world building, come la mappa di Rolfe, gli accenni al fantomatico Continente Meridionale o la parentesi dedicata alla tela di ragno. Nonostante vengano messi in scena in maniera rivedibile, reputo pur sempre validi alcuni messaggi di fondo, come gli accenni all'importanza dell'autodifesa e la pressione psicologica da una figura di riferimento; mi sarebbe piaciuto promuovere anche il lato romance, ma per mio gusto manca di solide fondamenta: per quanto riguarda Sam dobbiamo accontentarci di sapere che l'ha sempre amata, mentre dal punto di vista di Celaena tutto lo sviluppo avviene quando sono separati e si basa sul comune biasimo verso la schiavitù. Non mi sembra granché per intavolare una storia d'amore!

Tra gli aspetti che reputo meno riusciti c'è di sicuro la regressione di Celaena, che cronologicamente avrebbe senso ma non per questo risulta meno fastidiosa: l'Assassina di Adarland punta di nuovo ad essere tutto e niente (schifa i poveri e poi vuole aiutarli, fa la provocante e poi si copre imbarazzata, secondo la CE dovrebbe avere un «cuore di pietra» e poi si impietosisce per chiunque). Ad avermi fatto alzare più volte gli occhi al cielo è stato però il suo continuo slutshaming e victimblaming: povera Lysandra! Su Sam non ho un'opinione migliore, perché i suoi rari sprazzi di intelligenza sono eclissati dalla sua eccessiva simptudine.

Personalmente avevo poi delle aspettative che questo volume ha demolito con fermezza. Mi aspettavo di vedere un passato più lontano (così da assistere all'addestramento di Celaena, anziché sentirlo solo raccontare dai personaggi), mi aspettavo un maggiore approfondimento sul personaggio di Arobynn e sulle sue motivazioni, mi aspettavo che la morte di Ben nascondesse qualche recondito mistero, mi aspettavo una conclusione in linea con gli altri volumi della serie, mi aspettavo degli assassini privi di scrupoli. Che poi è inutile schifare gli schiavisti, quando stai collaborando attivamente al racket della prostituzione.

Voto effettivo: due stelline e mezza

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lunedì 15 aprile 2024

"Eleanor Oliphant sta benissimo" di Gail Honeyman

Eleanor Oliphant sta benissimoEleanor Oliphant sta benissimo by Gail Honeyman
My rating: 5 of 5 stars

"Quella sera, a casa, mi guardai allo specchio sopra il lavabo mentre mi lavavo le mani rovinate. Eccomi qui: Eleanor Oliphant ... altezza più o meno nella media, peso approssimativamente nella media. Aspiro alla medietà... Sono stata al centro di fin troppa attenzione in vita mia. Ignoratemi, passate oltre, non c'è nulla da vedere qui"


OGNI RIFERIMENTO FOCOSO È PURAMENTE VOLUTO

Quando alcuni mesi fa stilai un elenco di libri molto popolari su Goodreads che avrei voluto recuperare per capire se meritassero effettivamente tanto successo, non pensavo di imbattermi in titoli davvero degni di nota, perché sappiamo bene tutti quanto la fama su questo social non vada proprio a braccetto con la qualità letteraria. Di conseguenza, le mie aspettative al momento di iniziare "Eleanor Oliphant sta benissimo" erano parecchio tiepide e la cover -significativa, ma per nulla accattivante- non contribuiva di certo a riscaldarle. Per fortuna è arrivata la prosa di Honeyman ad accendermi di entusiasmo verso una lettura molto più appassionante di quanto la sinossi lasci intendere.

La narrazione si ambienta all'interno dei confini della città di Glasgow, nella Scozia dei giorni nostri, anche se risulta difficile crederlo dal momento che quando la sua storia comincia la protagonista, l'impiegata trentenne Eleanor Oliphant, è sprovvista di computer e smartphone. La donna conduce una vita quasi monastica ed oltremodo rigorosa in ogni suo aspetto: dal cibo, al vestiario, agli impegni, tutto segue una tabella di marcia prestabilita all'insegna della moderazione. Una routine nata da un passato traumatico, svelato pian piano all'interno del volume, che una serie di nuovi incontri riescono a stravolgere; primo tra tutti quello con il musicista Johnnie Lomond, del quale Eleanor si invaghisce all'instante, tanto da convincersi di essere la sua anima gemella.

Questo mio sunto fornisce purtroppo un quadro incompleto di ciò che il romanzo effettivamente è, ma ogni informazione in più finirebbe per rovinare l'esperienza di lettura; questo perché l'intreccio è composto da pochi avvenimenti cruciali, mentre la maggior parte del testo è riservata al percorso di crescita intrapreso (prima in modo casuale, poi con assoluta consapevolezza) dalla protagonista. Non che si tratti di un vero e proprio difetto, come pure gli altri: sono soprattutto elementi da quali mi aspettavo qualcosa in più. È il caso dei comprimari non troppo sviluppati caratterialmente o del ruolo ricoperto dal personaggio di Samuel "Sammy" Thom, che mi ero convinta sarebbe stato più presente nella storia.

Personalmente, ritengo il romanzo riuscitissimo in ogni altro aspetto, a cominciare dalla caratterizzazione di Eleanor e dal modo in cui il suo POV dona un tono molto particolare alla narrazione, riuscendo a costruire sia scambi divertenti che confronti emozionanti. In questo senso aiuta il lavoro di foreshadowing svolto dall'autrice nel corso dell'intero volume: quando si arriva alla rivelazioni finali, si ha così un senso di completezza per i misteri chiariti anziché provare uno spaesamento per dei colpi di scena campati per aria, come capita con altri titoli.

A rendere ancor più valida la scrittura di Eleanor sono le relazioni che instaura nel corso del libro: tutte solide e credibili, crescono pian piano senza stravolgere il modo di vedere il mondo della protagonista da una pagina all'altra. Ovviamente la mia preferenza soggettiva va al rapporto amicale (e forse anche romantico) con Raymond Gibbons, che Honeyman è stata davvero brava a non sminuire in nessun modo mettendo l'una o l'altro in condizione d'inferiorità.

Personalmente devo dire di aver molto apprezzato anche l'umorismo -che spesso vira verso un adorabile tono dissacrante- ed il modo per nulla pedante o paternalistico con cui viene rappresentata la particolare condizione di Eleanor. Inoltre, in tempi di potenziale reading slump, abbiamo anche un ulteriore bonus dato dal ritmo incalzante; forse a qualcuno sembrerà anche troppo rapida come narrazione, ma io l'ho trovata piacevolmente scorrevole.

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giovedì 11 aprile 2024

"Traveller" di Alexandra Bracken

Traveller (Passenger, #2)Traveller by Alexandra Bracken
My rating: 3 of 5 stars

"Quello era il tipo di distruzione che i viaggi causavano nelle persone; non nei viaggiatori stessi, ma nelle loro vittime, le persone comuni che non riuscivano a sentire le sabbie del tempo smuoversi intorno a loro prima di finire travolte"


SE GLI SGUARDI NON POTESSERO UCCIDERE...

Aspettare che scemi l'hype attorno ad un romanzo o una serie può essere una buona strategia per evitare delusioni, ma si rivela un'arma a doppio taglio se fate come me e rimandate così tanto una lettura che questa viene dimenticata dai fan, dalla CE e dall'autrice stessa; rimarrete così da soli a borbottare su quanto il dato libro non vi sia piaciuto. Mi sono trovata fin troppo spesso in situazioni simili, di recente anche con "Passenger": un titolo chiacchieratissimo quanto uscì ormai otto anni fa, e adesso precipitato nel dimenticatoio più profondo. Questo non mi ha fermato dal lamentarmene quando l'ho letto alcuni mesi fa, e non mi fermerà di certo ora dal lamentarmi (ma non solo!) del seguito "Traveller".

Il volume conclusivo di questa duologia riprende la narrazione direttamente dall'epilogo del primo, con ambientazioni diversi per i POV dei due protagonisti: da un lato abbiamo quindi Henrietta "Etta" Spencer perduta nella prima metà del Novecento che si avvicina alla fazione delle Spine, dall'altro Nicholas Carter impegnato a cercare sia lei sia l'astrolabio in diversi luoghi ed epoche con l'aiuto riluttante di Sophia Elizabeth Ironwood. Nel mentre, continuano le lotte intestine tra i gruppi di viaggiatori nel tempo, tutti intenzionati a mettere le mani su questo potente artefatto, seppur con progetti ben distinti che vanno dal ripristinare la linea temporale di partenza allo stravolgerla nuovamente per il proprio tornaconto.

Proprio le fazioni in gioco mi portano a parlare del primo grosso difetto del romanzo; perché se già nel volume precedente c'era della confusione su antagonismi ed obiettivi, qui il tutto sfugge di mano alla cara Alexandra. A libro finito ancora rimangono dubbi su alleanze e lealtà, specialmente per la frettolosa e confusa introduzione di due nuove figure di potere: per quanto riguarda la Belladonna ho trovato le sue convinzioni prive di una base solida, mentre l'Antico compare così poco da non avere la minima occasione per acquisire della credibilità. La chiarezza si fa desiderare anche in relazione ai viaggi nel tempo, ai quali vengono aggiunte delle nuove regole contraddittorie ma utili a permettere all'autrice di indirizzare la trama a suo piacimento.

Neanche nella prosa Bracken ha saputo migliorarsi, infatti le scene d'azione si confermano tanto caotiche da essere genuinamente incomprensibili, i personaggi secondari rimangono poco più che abbozzati ed i puntini di sospensione abbondano neanche fossero stati in sconto al supermercato. Pur apprezzando molto il genere fantasy, non mi è poi piaciuto l'inserimento di elementi magici in una storia che avrebbe dovuto trarre forza dal suo lato scientifico: era davvero necessario aggiungere una backstory paranormale quando c'era già così tanto materiale sul quale lavorare?

Ma se verso la metà del volume alcune scene mi avevano illuso fosse in arrivo un miglioramento, il finale ha confermato la mia delusione, specialmente per la serie nel suo insieme. Ho provato frustrazione per le tante sottotrame abbandonate a se stesse e per la fretta di dare un happy ending ai protagonisti, mentre le diverse retcon mi hanno lasciato per lo più indifferente: in alcuni casi stonano tantissimo, mentre in altri le reputo accettabili. Cosa che non posso dire della traduzione italiana, arrangiata in più punti.

Visto che ho accennato ad aspetti positivi, grazie ai quali questo libro non solo ha raggiunto la sufficienza ma è riuscito a superare (seppur di poco) il primo capitolo, diamo spazio anche a quelli! Per quanto riguarda la prospettiva di Etta, ho apprezzato la descrizione della dipendenza emotiva di cui la ragazza soffre -e a causa della quale è portata a riporre la sua fiducia in modo poco accorto- perché mi è sembrato un elemento coerente e illustrato in modo intelligente. Nella seconda metà del libro sono inoltre presenti parecchi confronti emozionanti (se non si calcola il fattore sci-fi!) tra i quali brilla uno con protagonista Julian Ironwood, sul quale non posso purtroppo dire altro per evitare gli spoiler.

Il pregio principale della lettura è rappresentato per me da Sophia, una personaggia inizialmente mostrata come l'immancabile bitchy di ogni YA, che pian piano si ritaglia una bella fetta di spazio e riesce a far le scarpe ai due protagonisti con le sue osservazioni sagaci. Al centro di molte scene chiave e di alcuni confronti toccanti -specialmente con lo pseudo-cugino Nicholas-, la reputo senza dubbio la migliore del cast e, nonostante venga risolta con troppa fretta, mi è sembrata carina anche la sua romance.

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sabato 6 aprile 2024

"Appuntamento con la paura" di Agatha Christie

Appuntamento con la paura (Hercule Poirot, #38)Appuntamento con la paura by Agatha Christie
My rating: 3 of 5 stars

"«C'è chi commette i delitti, chi resta implicato in delitti, e chi i delitti se li vede piovere addosso. Mia zia Jane appartiene alla terza categoria»"


IN CUI MISS MARPLE ECLISSA POIROT

Più di un anno dopo la lettura di "Hercule Poirot indaga", mi sono cimentata in una nuova (ma soltanto per me!) antologia scritta dalla cara Agatha, ossia "Appuntamento con la paura". Ho scelto di affrontare questo volume come tappa intermedia nel mio percorso di recupero di tutte le storie in cui compare Miss Jane Marple, nonostante questa raccolta non sia dedicata unicamente alla placida appassionata di lavoro a maglia; oltre a non essere neppure un compendio riservato ai soli racconti gialli.

L'antologia è formata infatti da otto narrazioni, due delle quali rientrano chiaramente nel genere horror, per quanto in versione molto leggera. Le altre sei sono ripartite tra i più celebri risolutori di Christie: in due compare la già citata Miss Marple ed in quattro l'immodesto detective belga, per due volte affiancato e raccontato dal capitano Arthur Hastings. Dal momento che si tratta di narrazioni brevi se non brevissime, non posso dire nulla per quanto riguarda gli intrecci, però desidero precisare che non è presente nessun collegamento tra i vari racconti, nonostante in alcuni vengano menzionati in modo alquanto palese personaggi ed eventi relativi alle precedenti opere christieane, come la figura di Raymond West, ignoto scrittore e notissimo nipote di Miss Marple.

Per quanto riguarda il buon Hercule, ho trovato purtroppo le sue indagini soltanto carine. A mio avviso hanno faticato ad andare oltre la sufficienza principalmente perché poggiano su svolte abbastanza palesi ad un lettore affezionato della cara Agatha; un buon esempio in questo senso è rappresentato dal primo racconto "Doppia colpa". I successivi "Nido di vespe" e "Doppio indizio" mi sono sembrati meglio riusciti a livello di trama, ma privi dello spazio necessario per risultare del tutto soddisfacenti. Lo spazio non manca invece ne "L'avventura del dolce di Natale", forse la miglior avventura di Poirot tra queste quattro; peccato che la risoluzione finale sia così frettolosa e conveniente.

Dei racconti incentrati su Miss Marple invece non posso che essere soddisfatta: non c'è da urlare al capolavoro, ma "Asilo" rivela un intreccio abbastanza complesso nel suo piccolo mentre "La follia di Greenshaw" è a mani basse la miglior storia dell'intera raccolta: un'ambientazione peculiare, personaggi validi (nei limiti delle poche pagine concesse loro) ed un giallo ben presentato, nel quale l'arguta vecchina inglese si inserisce ottimamente per illustrare con chiarezza un piano criminoso a dir poco contorto.

Rimangono quindi i due racconti dalle vibes paranormali, e sono stati proprio questi ad avermi fortemente deluso. Non che avessi chissà quali aspettative sul talento di Christie nello scrivere delle storie dalle tinte fantastiche, ma "La bambola della sarta" e "L'ultima séance" non mi hanno trasmesso nessun tipo di tensione. A dispetto della presenza di elementi classici del genere horror -come le bambole possedute e le sedute spiritiche- queste narrazioni mancano di qualsiasi guizzo sia sul piano contenutistico che su quello emozionale. Avranno forse fatto effetto sui lettori di sessant'anni fa, ma a quelli contemporanei non credo proprio possano risultare appetibili.

Voto effettivo: tre stelline e mezza

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martedì 2 aprile 2024

"Veins of Gold" di Charlie N. Holmberg

Veins of GoldVeins of Gold by Charlie N. Holmberg
My rating: 4 of 5 stars

"For the first time since leaving Virginia, Gentry felt true hope. Hope that things might come around, that her family could be happy and whole, that her future might be bright. Bright as the veins that lit up Winn's hands"


QUASI MI ASPETTAVO DI TROVARE ZIO PAPERONE

Non mi spingerei mai a dire che esistano autori adatti ad ogni tipo di lettore, però davvero non riesco a spiegarmi perché nell'anno del Signore 2024 i libri di Holmberg rimangano un prodotto così poco conosciuto. In uno scenario editoriale in cui cozy fantasy e romantasy imperano come se non ci fosse un domani, lo scarso riscontro ottenuto dalle sue storie -che rientrano in pieno in entrambe le categorie- mi lascia a dir poco basita. Nel mio piccolo spero comunque di darle un poco di visibilità parlando di"Veins of Gold", romanzo autoconclusivo ed autopubblicato che mescola efficacemente al genere fantastico degli elementi storici.

L'ambientazione prescelta dall'autrice sono infatti gli anni Cinquanta dell'Ottocento, ai tempi della famosa corsa all'oro. L'umile famiglia Abrams si è stabilita nel villaggio fittizio di Dry Creek, nel deserto dello Utah, dopo un lungo viaggio dalla Virginia; le ristrettezze economiche costringono però il padre Butch a ripartire in direzione della California, lasciando i figli minori Rooster e Pearl in custodia alla primogenita Gentry "Gen" Sue. Mentre cerca di dimostrarsi forte e responsabile, la giovane incrocia la strada del misterioso Winn Maheux, che le farà scoprire l'esistenza di una peculiare forma di magia ancor più affamata d'oro dei pionieri stessi.

Questa premessa temo non renda giustizia al contenuto del romanzo, e non necessariamente in senso positivo. Il volume presenta infatti dei sostanziosi problemi nel ritmo, che risulta parecchio sostenuto nella parte iniziale (tanto da rendere quanto meno bizzarra la rapidità con cui i personaggi accettano le stranezze date dall'elemento fantastico), per poi rallentare fin troppo nella parte centrale -nella quale sono presenti diverse scene quasi noiose per la loro vacuità- e riprendere la sua corsa nel fin troppo rapido finale. Questa disomogeneità colpisce anche la presentazione della storia d'amore, rendendo per me oscuro il motivo che spinge Gentry ad innamorarsi di Winn e viceversa.

Purtroppo la fretta sembra un tratto distintivo dei lavori della cara Charlie, ed incide tanto sulle sue storie quanto sui suoi personaggi; in particolare quelli secondari non vengono indagati a fondo, e rimangono per tutto il volume delle figure abbastanza stereotipate. Non posso dire che mi abbia fatto impazzire neppure la risoluzione delle sottotrame, specialmente quella legata alla giusta ira della magia selvaggia: avrebbe meritato qualche spiegazione più chiara ed una scena finale completa.

Non crediate però che in questa narrazione manchino i pregi, primo tra tutti l'ambientazione che avrete già capito essere per nulla banale; ovviamente in diversi aspetti è stata semplificata per rendere più chiara e snella la narrazione, ma credo riesca comunque a trasmettere l'idea di fondo, contornata da un'atmosfera un po' fiabesca e sognante. La location risulta utile anche per veicolare il sottotesto ambientalista, che collega idealmente quest'avventura dai connotati fantastici con l'attualità: potremmo vedere la frenetica corsa all'oro californiano come una versione in scala ridotta della noncuranza con cui al giorno d'oggi sfruttiamo ogni risorsa disponibile sul pianeta.

L'altro grande pregio di questo libro è rappresentato dalla sua protagonista perché, a differenza dei suoi comprimari, Gentry è caratterizzata ottimamente. Ho apprezzato la sua risolutezza quando cerca di resistere nei momenti più difficili, la sua inventiva quando trova sempre delle soluzioni ingegnose ai piccoli problemi quotidiani, la sua umiltà nei accettare i propri difetti ed imparare da essi. Nonostante venga introdotta malino, mi è piaciuta anche la sua romance con Winn, che una volta tanto ha dei validi motivi per non risolversi a pagina 20. In modo più frivolo, devo infine elogiare anche la cover: in una realtà dove le copertine sono spesso sciatte e generiche quant'è soddisfacente rendersi conto che un'illustrazione non è soltanto carina da vedere, ma rispecchia anche in modo fedele il contenuto del libro?

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venerdì 29 marzo 2024

"Storia di chi fugge e di chi resta" di Elena Ferrante

Storia di chi fugge e di chi resta (L'amica geniale, #3)Storia di chi fugge e di chi resta by Elena Ferrante
My rating: 5 of 5 stars

"Eravamo diventate l'una per l'altra entità astratte, tanto che adesso io potevo inventarmela sia come un'esperta di calcolatori, sia come una guerrigliera urbana decisa e implacabile, mentre lei, con tutta probabilità, poteva vedermi sia come lo stereotipo dell'intellettuale di successo, sia come una signora colta e agiata ... Avevamo entrambe bisogno di nuovo spessore, di corpo, e tuttavia c'eravamo allontanate e non riuscivamo più a darcelo"


LE LODI NON POSSONO MANCARE

Preceduto dalla copertina (forse) meno inguardabile tra i quattro orrori sfornati da E/O, sono approdata al capitolo più valido della celeberrima tetralogia di Ferrante. Almeno per ora, perché il mio inguaribile ottimismo mi spinge ovviamente a sperare che l'ultimo volume sappia non solo concludere la serie in modo magistrale, ma anche superare in bellezza "Storia di chi fugge e di chi resta". Un terzo libro che mi ha quindi soddisfatta appieno -dal contenuto alla forma-, riuscendo perfino a rendermi gradevole il punto di vista di Lenù. Non sempre, ma lo considero già un bel passo in avanti.

Dopo un prologo ambientato nel presente, la narrazione ci riporta nella Napoli a cavallo tra la fine degli anni Sessanta ed una metà abbondante degli anni Settanta. Dopo il successo ottenuto con la pubblicazione del suo esordio narrativo, Lenù è in procinto di sposarsi con Pietro Airota, pur continuando ad essere segretamente infatuata della sua cotta adolescenziale Nino; poco prima del matrimonio, una visita imprevista la porta però a riavvicinarsi a Lila, scoprendo com'è cambiata nel frattempo la sua vita. Sullo sfondo, assistiamo alle piccole beghe tra le famiglie del rione, ma anche ai macro contrasti socio-politici in atto in Italia ed in Europa in quel periodo.

I difetti in questo testo sono a dir poco marginali, nonché ampiamente compensati dai suoi pregi. Ho trovato un po' di confusione negli spostamenti fatti dai personaggi, perché in alcuni casi li reputo mal motivati, specie considerando le difficoltà di muoversi da una regione all'altra ai tempi; anche l'utilizzo ridondante di certi termini e strutture (ad esempio, ho perso il conto di quante volte venga usato un verbo poco comune come lodare) poteva essere in parte limitato in fase di editing. In generale ci sono poi diverse coincidenze fin troppo fortuite -e penso in particolare al fatto che tutti finiscano per realizzare di conoscersi tra loro-, ma possono essere giustificate in parte con la sospensione dell'incredulità ed in parte con una sorta di metafora che porta il rione napoletano ad ingigantirsi, accorpando nelle proprie dinamiche interne l'intera Nazione.

Ma passiamo senza indugio ai punti di forza, primo tra tutti la caratterizzazione dei personaggi; non parlo solo delle due protagoniste (sempre raccontate in modo magistrale nelle loro motivazioni, nelle loro paure, nella loro rabbia), ma del cast nel suo insieme perché nessun comprimario per quanto poco presente viene descritto in modo approssimativo o sciatto. E se il mio apprezzamento per Lila è ormai cosa nota, in questo terzo capitolo anche Lenù ha saputo stupirmi, infatti è migliorata come personaggia in generale e come voce narrante in particolare: risulta più autocritica verso di sé e consapevole degli altri con il passare del tempo, e nonostante una sua certa ottusità rallenti l'arrivo di determinate rivelazioni, ho trovato il suo POV sicuramente più piacevole in questo volume rispetto ai precedenti.

L'altro grande pregio sono chiaramente le tematiche, che mai come in questo volume si concentrano sulla femminilità e sui ruoli di genere, raccontando la frustrazione di tante donne imprigionate in relazioni infelici. Ferrante riesce inoltre ad inglobare questo tema all'interno del contesto storico e sociale -mostrando un carosello di situazioni in cui ci si può rivedere oppure scoprire una prospettiva inedita-, senza però accantonare il fattore emotivo che rende tanto verosimili i suoi caratteri. E nonostante questa non sia palesemente una tetralogia da leggere per la sua trama, reputo molto interessante come la premessa del volume permetta di contestualizzare in modo più solido la serie intera, seppure l'intreccio non diventi mai la priorità.

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martedì 26 marzo 2024

"La metà oscura" di Stephen King

La metà oscuraLa metà oscura by Stephen King
My rating: 4 of 5 stars

"Nel conoscerlo, le persone che avevano letto i suoi libri restavano invariabilmente deluse ... Invece di una divinità si trovavano davanti ad un uomo comune, alto un metro e ottantacinque, con gli occhiali, una stempiatura incipiente e l'inveterata abitudine di andare a sbattere contro i mobili"


BACHMAN L'AVEVA PRESA MEGLIO

Pur apprezzandone gli spunti inusitati, i libri pubblicati da King con il nome Richard Bachman non rientrano tra i miei preferiti dell'autore; allo pseudonimo va però dato del credito, perché ha chiaramente ispirato la trama de "La metà oscura", una storia talmente autoreferenziale da far impallidire perfino la self-insert presente in The Dark Tower. Per quanto mi riguarda trovo brillante il modo in cui il caro Stephen ha saputo mettere a frutto perfino lo smascheramento del suo alter ego, ricavandone una narrazione che ben bilancia horror paranormale e mystery thriller.

Dopo le tragiche vicende di "Cujo", torniamo per la prima volta con un romanzo completo nei pressi della cittadina di Castle Rock, dove il protagonista Thaddeus "Thad" Beaumont e la moglie Elizabeth "Liz" hanno la loro residenza estiva. Come molti altri personaggi kinghiani, l'uomo è uno scrittore di talento che ha raggiunto la fama pubblicando diversi libri sotto lo pseudonimo di George Stark; quando il collegamento tra lui e la sua controparte fittizia sta per essere svelato da un fan eccessivamente zelante (e con non troppo vaghe tendenze ricattatorie), Thad decide di seppellire metaforicamente e non solo Stark nel cimitero di Castle Rock, per poi riprendere a scrivere con il suo vero nome. Da subito diventa chiaro che l'alter ego -ben più di un nome di fantasia stampato sulla copertina dei suoi romanzi!- non ha alcuna intenzione di farsi da parte, e vuole anzi rivalesti contro chi ha contribuito alla sua eliminazione.

La narrazione acquisisce quindi una piega spaventosa abbastanza in fretta, e devo dire che questo elemento è stato gestito decisamente bene: anche per merito di alcuni espedienti fantastici, si vengono a creare dei validi momenti di tensione legati alle scoperte a cui approdano i protagonisti oppure alla vendetta di Stark. Ho apprezzato anche la scelta di includere alcuni capitoli dal punto di vista di quest'ultimo, perché così si riesce sia a capire meglio la sua prospettiva sugli eventi che a leggere una stessa scena da due angolazioni contrapposte.

Tra i pregi non potevano che ricadere poi i personaggi, tra i quali la mia preferenza va ad Alan J. Pangborn -nuovo sceriffo di Castle Rock, che sicuramente avrò occasione di incontrare in altre storie- ed a Rawlie DeLesseps, collega di Thad dalla personalità più interessante di quanto non appaia ad una prima occhiata ed al quale viene affidato un ruolo a dir poco vitale per l'economia della narrazione. Inoltre, i nomi di protagonisti e comprimari porteranno i lettori kinghiani a delle simpatiche associazioni d'idee con altre sue opere; sempre in tema di citazioni, a parte gli ovvi riferimenti alla località fittizia nel Maine, è poi presente una generosa strizzata d'occhio che ho molto apprezzato, ad un personaggio decisamente importante nella serie The Dark Tower.

Quello che ho apprezzato un po' meno è invece la gestione delle tempistiche narrative: in più punti ho avuto l'impressione ci fossero delle scene fuori posto, o meglio che inserite in un altro punto del volume avrebbero dato un risultato migliore. Un esempio su tutti è rappresentato dal prologo stesso, in cui non solo si spiega nel dettaglio tutto quello che Pangborn scoprirà soltanto verso il finale, ma viene anche posto in evidenza il collegamento tra la carriera di Thad come scrittore e lo sviluppo dell'identità di George Stark. L'indagine di Alan risulta quindi infruttuosa per il lettore, ma anche poco utile per i personaggi stessi, i quali ottengono solo una conferma tardiva delle loro supposizioni; questo rappresenta un altro dei difetti del romanzo, ossia la scarsa utilità di buona parte del cast alla risoluzione dell'intreccio. Capisco che il focus dovesse essere sull'antagonismo tra Thad e George, ma così si sviliscono terribilmente gli altri caratteri, specie quello di Liz che più volte tenta di rendesi utile senza ottenere nessun risultato concreto.

Personalmente ho individuato poi un deciso rallentamento del ritmo nella parte centrale, causato in parte dalle già citate scene in "disordine", perché al lettore sono già state fornite le informazioni necessarie per capire bene dove si andrà a parare, e diventa quindi noioso dover aspettare che anche i personaggi ci arrivino a loro volta. Pur non essendo affatto schizzinosa, credo poi che alcuni degli elementi horror presenti qui rasentino il gore tipico della prosa di Bachman: aka, un filino troppi dettagli disgustosi fini a se stessi. Non si tratta propriamente di un difetto, ma trovo infine necessario tenere conto che questa è una delle storie ambientate a Castle Rock -che non formano propriamente una serie, ma sono collegate tra loro-, e se da un lato questo è un punto a favore perché permette al lettore di scoprire un microcosmo formato da personaggi e luoghi ricorrenti, dall'altro nasconde una piccola insidia: si rischia di incappare in spoiler indesiderati leggendo i volumi senza seguire l'ordine di pubblicazione.

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venerdì 22 marzo 2024

"La donna della cabina numero 10" di Ruth Ware

La donna della cabina numero 10La donna della cabina numero 10 by Ruth Ware
My rating: 3 of 5 stars

"Stavo girando pagina, quando mi giunse all'orecchio qualcos'altro, un rumore ... Trattenni il fiato, tendendo al massimo le orecchie. E poi ci fu un tonfo. Non un piccolo tonfo"


CHISSÀ PERCHÉ NON HA FATTO CARRIERA...

Se errare è umano e perseverare è diabolico, allora chiamatemi Diavolina! non perché io abbia delle capacità pirocinetiche, ma per la frequenza con cui riesco ad incappare in libri pieni di elementi che so da principio finirò col detestare. È il caso de "La donna della cabina numero 10", il titolo più celebre di Ware, un'autrice britannica di suspense (il mio primo campanello d'allarme!); gli altri trigger per la sottoscritta sono la protagonista giornalista non troppo professionale (come nel terribile "Le sorelle" di Douglas), vittima di un recente shock (come nel discutibile "La ragazza di prima" di Delaney) e per questo considerata inaffidabile (come nel narcolettico "La moglie imperfetta" di Paris). A dispetto di questi e molti altri precedenti, la cara Ruth sarà riuscita a convincermi?

Per capirlo partiamo dall'intreccio, che ha a sua volta un celebre precedente -anche se positivo, in questo caso- con "Istantanea di un delitto" di Christie perché, come la svampita Mrs Elspeth McGillicuddy, la trentaduenne Laura "Lo" Blacklock è la sola testimone di un omicidio del quale non ha nessuna prova tangibile, motivo per cui non viene presa sul serio dagli altri personaggi. A differenza della personaggia creata dalla cara Agatha, Lo non ha per amica la formidabile Miss Jane Marple, quindi deve impegnarsi personalmente in quello che è anche un ambiente ostile a suo modo: la donna si trova infatti a bordo della lussuosa Aurora Borealis -una nave da crociera in scala ridotta per ricconi- dove, anziché scrivere articoli sul viaggio inaugurale come dovrebbe, cerca di capire se nella cabina vicina alla sua sia stato commesso un delitto.

Al termine di ognuna delle sette parti in cui il volume è suddiviso sono inoltre presenti dei documenti di diversa natura (si spazia dai commenti sui social alle e-mail, fino ad arrivare agli articoli dei quotidiani locali) che servono a fornire una sorta di prolessi; il lettore viene così informato che, dopo essersi imbarcata sulla Aurora Borealis, Lo non ha dato più notizie di sé a familiari ed amici, e per questo viene ritenuta scomparsa. Più del mistero sul delitto avvenuto a bordo della nave, questi brevi scorci nel futuro hanno giovato a tenere viva la mia curiosità verso la storia, e sono senza dubbio un escamotage narrativo valido.

Tra i punti di forza del romanzo annovero inoltre la prosa, che riesce a mantenere un buon equilibrio tra divertimento e tensione, e la costruzione del cast. Pur non andando ad approfondire troppo nessun personaggio, Ware riesce a rendere tutti un po' sospetti ed ambigui; ecco perché il lettore non arriva subito ad individuare il colpevole, anche se impiega sicuramente meno tempo di quanto ne serva alla protagonista. Promuovo inoltre il tentativo (non riuscitissimo, ma sorvoliamo) di includere delle tematiche meno superficiali e la scelta dell'ambientazione: trovo che un mistero risulti molto più interessante quando vengono limitati gli spostamenti degli indiziati, e per ottenere questo risultato la nave da crociera funziona ottimamente.

Purtroppo per me il volume non supera però il minimo sindacale, e mi sembra di essere stata perfino generosa se penso a quanto risulta anticlimatico e stucchevole l'epilogo, considerando che si tratta di una vicenda abbastanza cruda fino a quel punto. Ancor prima di arrivare al finale, avevo poi individuato dei difetti nel modo caotico in cui viene portata avanti l'indagine (forse per distrarre l'attenzione del lettore sugli indizi giusti?) e nella leggerezza con cui si sorvola su una scena di tentata violenza sessuale.

Come in molti altri titoli di questo genere, il vero scoglio insuperabile è stato però la caratterizzazione della protagonista. Penso che l'intenzione fosse quella di rendere Lo una personaggia un po' spiacevole -come capita spesso di leggere nei thriller psicologici degli ultimi anni- ma personalmente l'ho trovata solo estremamente miope (in tutti i sensi!) nonché molto svogliata ed inadatta al suo lavoro: qualunque giornalista avrebbe subito cominciato a buttar giù delle bozze per una dozzina di articoli da quanto le succede in questo libro! c'è davvero da meravigliarsi che Lo non abbia ottenuto alcuna promozione in dieci anni di "duro lavoro"?

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martedì 19 marzo 2024

"La corona di mezzanotte" di Sarah J. Maas

La corona di mezzanotte (Il trono di ghiaccio, #2)La corona di mezzanotte by Sarah J. Maas
My rating: 3 of 5 stars

"Il cuore gli batteva così forte che pensò di sentirsi di nuovo male. Le mani gli tremavano e non solo di paura. No, c'era ancora quella forza dentro di lui che lo pregava di essere liberata di nuovo, di essere sbloccata..."


T-R-A-M-E! (NEL CASO VI FOSSE SFUGGITO)

Tra innumerevoli alzate di occhi al cielo, continua la mia esplorazione del continente fantastico di Erilea con il secondo volume della saga Throne of Glass. Devo dire che pur impegnandosi ben poco per mettere una pezza alle mancanze della serie, "La corona di mezzanotte" risulta a mio avviso una lettura d'intrattenimento più valida del precedente capitolo; un po' perché avevo già grossomodo un'idea del tono non troppo impegnativo dato alla storia, un po' perché l'intreccio si dimostra un filino meno prevedibile.

Intreccio che ci ricongiunge ai protagonisti due mesi dopo il duello grazie al quale Celaena è stata nominata ufficialmente paladina del re di Adarlan, ruolo nel quale viene incaricata di eliminare figure scomode ed invise al sovrano; la ragazza attua però una ribellione silenziosa, aiutando a scappare le sue presunte vittime, come una versione al femminile del cacciatore di Biancaneve. Superata questa premessa, nel corso del volume vediamo svilupparsi tre sottotrame parallele: la nascita di una nuova romance per la protagonista, il continuo delle sue indagini magiche (e non solo, dal momento che si accenna anche a vari complotti politici) e la scoperta di presunti poteri magici da parte del principe Dorian.

Proprio questa storyline è diventata il primo tra i pregi del volume, in modo alquanto inaspettato -visto che la caratterizzazione del personaggio di Dorian non mi fa propriamente impazzire-, ora posso almeno sperare migliori in futuro; speranza alla quale si aggiunge quella che Roland si dimostri più di un carattere ancor più frivolo e cascamorto del cugino, introdotto solo per mettere quest'ultimo in una luce migliore. Rimanendo nell'ambito dei personaggi, ho apprezzato che Maas cercasse un po' meno di farci piacere a tutti i costi la sua protagonista self-insert, nonché l'introduzione di nuovi caratteri grazie ai quali la narrazione si sposta in parte fuori dai confini stantii del castello. Pur essendo (per ora) un personaggio del tutto inutile al proseguo della trama, promuovo magnanimamente anche Mort: non dirò chi sia per evitare spoiler, ma l'ho trovato davvero brillante sia nella sua ideazione che nelle linee di dialogo.

Un altro punto a favore è dato dalla presenza di alcuni momenti più seri e riflessivi, come i confronti tra Celaena e Chaol; forse non saranno riuscitissimi se consideriamo il tono leggero dato alla serie, però contribuiscono a dare più equilibro al ritmo. Mi piace molto anche come si sta espandendo pian piano il world building, aggiungendo nuovi luoghi, creature ed oggetti incantati: nulla di troppo originale o coerente (specie a livello di sistema magico), ma sto trovando davvero divertente calarmi in questo mondo fantastico. È approvata in parte anche la sottotrama romance: per me rimane inspiegabile il modo in cui è stata risolta, però di base è un rapporto strutturato in modo credibile ed equilibrato; peccato che poi Celaena venga colpita da un attacco di visione tubulare dal quale non rinsavisce neppure davanti alle prove provate.

Le altre debolezze del volume riguardano principalmente l'intreccio, che nel primo capitolo era solo terribilmente scontato mentre qui manca proprio di solidità, oltre ad essere farcito da momenti in cui i personaggi sembrano regredire allo stato infantile, perché altrimenti si arriverebbe subito alla risoluzione. In particolare, si ricorre a forzature che poi devono pure essere giustificate: è il caso della capatina notturna di Celaena in biblioteca -dopo aver passato tutta la giornata a fare acquisti di libri nuovi!-, solo per farle incontrare un certo personaggio. Abbiamo poi scene come il confronto tra il re e la cantante che dimostrano come lo stesso ruolo di paladina ricoperto dalla protagonista (sul quale poggia l'intera serie!) sia alla fin fine inutile, ed altre in cui i personaggi ottengono informazioni in modo troppo fortuito o senza prove tangibili.

In ambito stilistico abbiamo poi un sostanzioso punto a sfavore, sia perché la cara Sarah si dilunga in descrizione di luoghi che definire inverosimili -e quindi impossibili da immaginare- è un garbato eufemismo, sia per l'utilizzo eccessivo del corsivo per enfatizzare determinate parole; come non bastasse, questo espediente porta spesso a puntare l'attenzione sul termine sbagliato all'interno della frase. In realtà quest'ultima osservazione potrebbe riguardare solo l'edizione italiana, la cui cura grafica e contenutistica non è affatto aumentata; abbondano infatti refusi grammaticali ed errori di digitazione, e non solo: perfino un appunto della traduttrice è finito nella stampa definitiva!

Voto effettivo: tre stelline e mezza

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giovedì 14 marzo 2024

"Il pericolo senza nome" di Agatha Christie

Il pericolo senza nome (Hercule Poirot, #8)Il pericolo senza nome by Agatha Christie
My rating: 4 of 5 stars

"«Volete che vi dica uno strano desiderio che ho sempre avuto? Amo molto la Casa Solitaria e ho sempre desiderato mettere in scena un dramma tra quelle pareti ... E adesso è come se un dramma si stesse svolgendo là dentro, ma non sono io a metterlo in scena, io sono tra gli attori, ma forse sono soltanto quella che muore nel primo atto»"


QUATTRO INCIDENTI FANNO UN DELITTO

Nella mia vita da lettrice, i romanzi della cara Agatha sono l'equivalente di una droga leggera: mi stampano un sorriso ebete sulla faccia appena ne comincio uno, cerco di spacciare i miei preferiti a chiunque mi dia ascolto, e dopo qualche settimana di astinenza vado in crisi. Ergo, anche quest'anno non potevo che dare spazio ai suoi libri, ed in particolare alle narrazioni che vedono come risolutori Miss Jane Marple ed Hercule Poirot. Proprio quest'ultimo è protagonista ne "Il pericolo senza nome", dove lo troviamo nuovamente affiancato dalla sua storica spalla, e nostro esilarante narratore, il capitano Arthur Hastings.

Il duo (che per me fa le scarpe ai più noti Sherlock e Watson) si trova nella città di Saint Loo, in Cornovaglia. Qui incrociano in modo fortuito la strada di Magdala "Nick" Buckley, giovane proprietaria della misteriosa Casa Solitaria e -negli ultimi giorni- vittima di una serie a dir poco sospetta di incidenti quasi mortali. Convinto che non si tratti affatto di incidenti, il detective belga smette momentaneamente i panni del pensionato (cosa che si rifiutava di fare perfino per il ministro dell'interno!) per svelare l'identità dell'aspirante omicida prima che questi porti a compimento i suoi piani delittuosi.

Da queste premesse scaturisce una trama mystery a dir poco brillante, con una folta schiera di potenziali colpevoli e dei moventi credibili, ma abbastanza nebulosi da far vacillare anche la sicurezza del buon Hercule. La narrazione si sviluppa in un crescendo di misteri irrisolti, con una carrellata di imprevedibili colpi di scena che -anziché far scemare la tensione- la accrescono ancor di più perché fino all'ultima riga rimangono delle risposte da ottenere. Questo intreccio a livelli mi è sembrato davvero ben congegnato nonché stupefacente, e non è poco considerando che finora ho letto ben venticinque dei gialli di Christie ed un paio dei suoi escamotage ormai me li aspetto.

Oltre ad una storia strutturata con cura, questo romanzo può vantare un cast variegato e non troppo prevedibile, nonché alcuni tra i migliori dialoghi di Poirot ed Hastings: possiamo godere delle stroncature ciniche dell'immodesto investigatore e dei commenti fuoriluogo del capitano, il tutto mentre prosegue la loro indagine per scoprire chi si nasconda dietro gli attentati. Personalmente ho apprezzato che Poirot fosse presente per tutto il libro, dalla primissima pagina; e penso che questa scelta narrativa renda ancor più soddisfacente la risoluzione finale. Mi sono inoltre piaciuti i riferimenti alle precedenti opere della cara Agatha, e penso in primis ai diversi casi di Poirot ma non solo: un piccolo accenno ad un certo Sir Henry fa subito correre il pensiero all'altra investigatrice christiana per antonomasia!

Una volta tanto anche l'edizione mi ha convinto, specialmente per merito dei validi contenuti extra ad opera del critico letterario Julian Symons, che danno un maggior senso di completezza alla lettura; fanno perfino chiudere un occhio sui refusi, in questo caso rappresentati dalle tante virgolette che compaiono casualmente alla fine di frasi in cui non ci sono dialoghi. Altre sviste minori sono il pretesto iniziale -un po' troppo conveniente per essere credibile- ed il modo parecchio superficiale con cui vengono affrontate certe tematiche, come quella della dipendenza da sostanze: inserite con nonchalance tra una riga e l'altra, quasi non fossero argomenti seri, e subito accantonate. Meglio spendere qualche parola in più su un argomento serio, oppure non includerlo proprio.

Voto effettivo: quattro stelline e mezza

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venerdì 8 marzo 2024

"Legend" di V.E. Schwab

Legend (Shades of Magic, #2)Legend by V.E. Schwab
My rating: 2 of 5 stars

"Il coltello fece una specie di trucco di magia. Si separò nelle sue mani e quella che era stata un'unica lama diventarono due, immagini speculari sottili e dritte come rasoi. Lila toccò la perla d'olio e passò il dito lungo il retro di entrambi i coltelli... Le fiamme si diffusero finché non coprirono le lame dall'impugnatura alla punta, bruciando di una luce dorata.
Questo non l'aveva visto fare a nessuno"



LE OLIMPIADI DELLA COINCIDENZA

Pur avendolo trovato molto divertente come avventura fantasy, "Magic" non mi aveva sicuramente folgorato per merito di una trama particolarmente elaborata o di tematiche troppo profonde. Cionondiméno ho deciso di continuare abbastanza velocemente la trilogia con il secondo volume, e questo perché i diversi spunti lasciati in sospeso nel finale mi sembravano parecchio promettenti. Purtroppo la cara Victoria si è dimostrata determinata nel proseguire il trend inaugurato con il capitolo precedente: preferire linee narrative pretestuose e personaggi stereotipati rispetto ad un intreccio solido ed a dei caratteri meno convenzionali. Per fortuna, non è ancora detta l'ultima parola!

In "Legend" la narrazione riprende quattro mesi dopo l'epilogo del primo volume, con Kell impegnato a trovare un nuovo equilibrio con il fratello adottivo Rhy e riacquistare la fiducia dei sovrani di Londra Rossa, mentre Lila ha realizzato il suo sogno piratesco a bordo della Saren Noche (anche nota come Pinnacolo Notturno), la nave corsara di Alucard "Luc" Emery; sullo sfondo vengono mostrati degli sviluppi magici anche nelle vicine realtà Bianca e Grigia. Il pretesto che porta i personaggi a rincontrarsi è però il torneo degli Essen Tasch, una competizione magica nella quale si affrontato i più talentuosi maghi del mondo Rosso.

A dispetto di queste intriganti premesse, il romanzo non mi ha convinto quanto speravo, pur rimanendo un buon prodotto d'intrattenimento. Il merito di ciò va in primis al ritmo narrativo sempre incalzante, ma anche alle interessanti sottotrame dedicate alla rinascita di Londra Bianca ed al potenziale risveglio della magia a Londra Grigia. Ho trovato poi estremamente positivo che venissero mostrate le conseguenze di quanto successo nel primo libro, conclusosi in modo abbastanza affrettato: qui vediamo invece come i protagonisti risentano di quegli avvenimenti, dovendo fare i conti sia con le incertezze personali sia con il biasimo degli altri.

Personalmente ho apprezzato poi la scelta di esplorare maggiormente il mondo Rosso, fornendo anche qualche informazione in più su quanto successo in quello Nero; si rimane in realtà ad un livello grosso modo superficiale, in particolare per quanto riguarda i Paesi confinanti con Arnes, ma ho trovato comunque questi sviluppi interessanti. Posso solo sperare che vengano sfruttati nell'ultimo capitolo, e non tenuti da parte per prequel e sequel assortiti!

Ma ora passiamo purtroppo agli aspetti meno riusciti di questo titolo. Ed il primo tra questi non può che essere l'intreccio, estremamente sciocco e terribilmente prevedibile, riesce a rendere a tratti noiosa una storia tanto ricca d'azione: conoscendo i personaggi e leggendo poche battute diventa subito chiaro in quale direzione si stia andando, e veder sprecati capitoli su capitoli in svolte scontate è davvero tedioso. Se poi nel primo volume l'azione era mossa da azioni stupide ed immotivate, ma per lo meno ad opera degli antagonisti -per i quali non è necessario fare il tifo-, qui sono le scelte di Kell, Lila e Rhy a dare il via alla trama, e sono scelte di un'inconsistenza totale. Inoltre gli eventi essenziali per il proseguo della trilogia sono soltanto tre: Lila impara a padroneggiare la magia, il nuovo re di Londra Bianca stringe un patto pericoloso ed il colpo di scena finale; quest'ultimo è il solo che viene mostrato direttamente, mentre gli altri vengono solo riassunti nei flashback.

Per quanto riguarda la mia esperienza personale con il romanzo, ho trovato inoltre un po' fastidioso l'espediente di ricorrere a parolacce ed allusioni sessuali random per ricordare al lettore che si tratta di una serie adult: basterebbe adeguare il lessico ed i ragionamenti dei personaggi, nonché trattare tematiche più mature. Anche l'edizione nostrana finisce tra i difetti di questo libro, specialmente perché non capisco come mai parole come drink, feeling e round -che hanno dei validi e chiari equivalenti nella lingua italiana- siano state lasciate in inglese mentre ci si è presi la briga di tradurre una parte dei nomi propri.

Voto effettivo: due stelline e mezza

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lunedì 4 marzo 2024

"Come equilibristi" di Caterina Fiume

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My rating: 4 of 5 stars

Era il 18 luglio e il sole sembrava volesse inghiottire tutto: la terra, le pietre, i rami rachitici degli alberi, ma non riuscì a seccare le lacrime che i due ragazzi versarono tornando a casa in motorino


PERDENDO L'EQUILIBRIO

Nel corso del 2023 ho riscoperto la narrativa italiana, leggendo diversi autori tra firme note ed esordienti, e mi sembrava doveroso portare avanti questa bella abitudine nel nuovo anno. Ergo, non potevo che essere felice della collaborazione propostami da Scatole Parlanti per leggere "Come equilibristi" -loro recente pubblicazione nonché primo romanzo della scrittrice pugliese Caterina Fiume- la storia di un tormentato legame di amicizia sullo sfondo della Bari passata e presente.

La narrazione è divisa infatti in due linee temporali: il prologo ci lascia sbirciare un frammento della contemporaneità, con l'architetto Paolo che viene contattato dal suo amico d'infanzia Giacomo "Gico", per una sorta di reunion assieme a Giovanni "Vanni" e Fabio, gli altri membri del loro gruppetto. È chiaro che qualcosa li ha separati, e per far luce su questo mistero la vicenda si sposta nel 1983, dove ha luogo la porzione più corposa del volume e dove assistiamo ad una particolare estate durante la quale il rapporto tra i quattro amici cambia in modo definitivo. La seconda parte è dedicata invece al presente, ed alla risoluzione di questo conflitto.

La presenza di una doppia timeline mi ha convinto, sia perché permette di provare ad indovinare quali eventi abbiano portato al futuro che vediamo all'inizio, sia per la capacità dell'autrice nel mostrarci un'effettiva crescita nella caratterizzazione dei protagonisti. A livello narrativo mi sono poi piaciute la parentesi dedicata alla figura di Isabella "Isa" -la moglie di Giacomo- perché riesce a veicolare un messaggio positivo senza ricorrere a retorica o pedanteria, e la svolta che segna idealmente la metà della storia: sicuramente contribuisce a dare un taglio più maturo e concreto ad una vicenda fino a quel punto dal tono abbastanza adolescenziale.

Posso dire di aver apprezzato anche l'ambientazione, immersiva tanto in senso geografico quanto dal punto di vista storico, e come Fiume tratti il tema della dipendenza mettendo in correlazione quella più concreta e palese (rappresentata dall'alcolismo e dalla tossicodipendenza) con la ricerca di una sicurezza emotiva; questo non serve ovviamente ad assolvere i personaggi, ma solo a mettere in luce quali mancanze li abbiano condizionati. A mio avviso il principale pregio di questo titolo è dato però dai suoi personaggi principali, analizzati a fondo come singoli ed a confronto con gli altri, che si tratti di relazioni sentimentali, amicali o di veri e propri conflitti. In tutti questi casi, ritengo che la cara Caterina abbia fatto un buon lavoro nel creare dei caratteri verosimili e con delle motivazioni chiare.

E proprio perché reputo valido il suo lavoro dal punto di vista della caratterizzazione, non mi spiego il pasticcio che è stato fatto con i POV. Il testo passa infatti dalla narrazione in prima persona di Paolo a quella in terza persona affidata ad un narratore onnisciente, passando per una quantità di prospettive diverse tra protagonisti e personaggi secondari: una scelta inspiegabile che crea non poca confusione durante la lettura; a mio avviso sarebbe stato preferibile mantenere la narrazione in prima persona a più voci, così anche le espressioni dialettali presenti nel testo avrebbero avuto ragion d'essere. In fase di pubblicazione si sarebbe poi potuto fare qualcosa di più per migliorare l'impaginazione, così da non avere delle facciate quasi completamente vuote a fine capitolo.

Passando al contenuto, avrei qualcosa da ridire sull'eccessiva rapidità con cui si sviluppa la storia, che incide per assurdo sia sulla parte iniziale (dove mi aspettavo venissero mostrate più ampliamente le dinamiche interne del gruppo protagonista) sia la conclusione, in cui molto viene lasciato alla fantasia del lettore. Per quanto riguarda il finale, avrei inoltre apprezzato che le varie personagge ottenessero più spazio, almeno per capire come le loro vite fossero state influenzate dalla svolta principale, al pari di quelle dei quattro amici.

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venerdì 1 marzo 2024

"Amabili resti" di Alice Sebold

Amabili restiAmabili resti by Alice Sebold
My rating: 3 of 5 stars

"Mi chiamavo Salmon, come il pesce. Nome di battesimo: Susie. Avevo quattordici anni quando fui uccisa, il 6 dicembre 1973 ... quando ancora la gente non pensava che cose simili potessero accadere"


UN MYSTERY SENZA MISTERI

Edizioni E/O ha una gran fortuna: che tanti lettori parlino bene dei romanzi da loro pubblicati e mi incoraggino spesso e volentieri a recuperarli; perché se al contrario dovessi basare il mio interesse soltanto sulle copertine che propongono, mi terrei ben lontana dalle loro edizioni. Questo mi è successo di recente con la serie L'amica geniale, ed è ricapitato ancora con "Amabili resti", un titolo che certamente affronta temi molto pesanti ma non credo proprio si meriti una cover capace di far scappare a gambe levate il potenziale acquirente nella direzione opposta. Anche se avessi voglia di leggere una storia più seria, credo che mi terrei alla larga da un volume presentato in questo modo! Per merito di alcune recensioni favorevoli mi sono però fatta forza, e ora non posso che esserne... moderatamente felice.

La narrazione ci porta nella città di Philadelphia, nella Pennsylvania del dicembre 1973, quando la quattordicenne Suzanne "Susie" Salmon scompare in modo repentino e misterioso. Nonostante la sinossi prometta di assistere ad un'intricata indagine, il lettore viene informato fin dalle primissime pagine che la ragazza è stata adescata da un vicino, tale George Harvey; l'uomo, che si rivela essere un serial killer, le fa violenza, la uccide e ne fa a pezzi il cadavere, per poi sbarazzarsi abilmente delle prove ed allontanare da sé ogni sospetto. Il punto di vista non è però quello dell'omicida, né delle forze dell'ordine impegnate ad investigare o della famiglia Salmon, ma della stessa Susie; dal suo Cielo personale, la ragazza continua a seguire le vicende terrene, mentre attende di raggiungere una sorta di pace interiore.

E partiamo quindi dai dolorosi punti a favore del romanzo (dolorosi perché vengono pian piano spodestati da altrettanti punti a sfavore), dal momento che la partenza d'impatto rientra sicuramente in questa categoria: raramente ho letto incipit tanto riusciti, nonché abbastanza crudi e diretti! forse solo "Rose Madder" è riuscito ad ispirarmi una reazione simile. Da subito scopriamo anche l'insolito POV, che da ricercatrice dell'originalità non potevo che apprezzare, sia per il tono scelto per Susie sia per le possibilità offerte a livello narrativo. Ho apprezzato molto anche il modo in cui vengono raccontate le reazioni dei vari personaggi, in particolare della famiglia Salmon: magari non saranno sempre in linea con i desideri del lettore, ma le ho trovate decisamente verosimili.

Per quanto riguarda le tematiche affrontate, ritengo che l'autrice sia stata molto coraggiosa nel parlare tanto chiaramente e senza remore di violenza sessuale, un tema delicato di per sé e ancor più pesante se si considera la sua storia personale. A livello di prosa invece il mio elogio è frenato da una sorta di riserva; perché se da un lato ho adorato l'ottimo uso delle metafore fatto da Sebold, che rendono estremamente potenti alcune scene -nonché più digeribile la violenza-, dall'altro non mi è piaciuta la scelta di mantenere la narrazione non sempre lineare. Questo senso di confusione permea anche i dialoghi, dove abbondano i sottintesi lasciati alla libera interpretazione del lettore; inoltre l'idea di realizzare dei capitoli tematici, in cui si parte da un luogo o da un evento per seguire più personaggi o scene, per quanto carina rende l'esperienza di lettura caotica senza ragione.

Altri difetti soggettivi riguardano la visione un po' stereotipata della vita in Cielo (mi sembra sia la stessa di tanti film basati sullo stesso concept), alcune scelte narrative relative al finale che ho trovato di cattivo gusto, ed un contesto storico non sempre reso al meglio: più volte mi sono proprio dimenticata che la storia era ambientata dai primi anni Settanta in poi. Personalmente reputo poi poco coerente la scelta di permettere a Susie di vedere anche eventi passati, pensieri e ricordi dei vari personaggi.

Il problema principale è però nella dispersività della trama, che racconta semplicemente le vicende successive alla tragedia iniziale, senza mai focalizzarsi su un intreccio specifico. L'unico filone con un minimo di concretezza è quello della missione auto-assegnatasi da Jack Salmon per smascherare l'assassino della figlia, e anche quella perde progressivamente d'importanza; la narrazione lascia poi intendere un ruolo più centrale per la figura di Ruth Connors -in quanto unica personaggia ad essere stata in contatto diretto con l'anima di Susie-, ma anche lei ha un ruolo circoscritto e marginale. Del contributo dato dalle forze dell'ordine, non parliamo neanche!

Voto effettivo: tre stelline e mezza

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lunedì 26 febbraio 2024

"Il mezzo re" di Joe Abercrombie

Il Mezzo Re (Trilogia del Mare Infranto, #1)Il Mezzo Re by Joe Abercrombie
My rating: 4 of 5 stars

"Incatenato alle panche, fece della Vento del Sud la sua materia di studio: la nave, le persone a bordo, e come potersene servire per liberarsi.
Perché i migliori strumenti di un ministrante sono le persone"



IL GRIMDARK PER RAGAZZI ESISTE!

Dopo aver esplorato un po' tutti i continenti del Mondo Circolare, ho pensato di prendermi una pausa dall'universo narrativo de La Prima Legge, ma non per questo precludermi la prosa sempre sopra le righe del caro Joe. Ho cominciato così la lettura della trilogia Il Mare Infranto, una serie rivolta ad un pubblico giovane che nonostante il diverso target riesce a mantenere inalterati gli elementi caratteristici dell'estetica grimdark, glissando però su dettagli grafici e scene gore.

La premessa de "Il mezzo re" è altresì un classico del genere: dopo l'improvvisa morte del padre e del fratello maggiore, il giovane principe Yarvi è costretto ad abbandonare il percorso per diventare ministrante, ritrovandosi suo malgrado sovrano del Gettland; carica con la quale assume anche il solenne impegno di vendicare la morte dei propri familiari, caduti vittime di un'imboscata nel Vansterland, regno confinante e da sempre nemico. La sua missione subisce però un cambio di rotta, tanto brusco da trasformarlo in uno schiavo rematore sulla galea mercantile Vento del Sud, dalla quale parte poi il suo percorso di rivalsa, sempre con l'obiettivo di far giustizia contro i suoi antagonisti.

Già da questa premessa capirete che il romanzo ha una marcia in più rispetto ad altri titoli dello stesso autore, proprio perché segue una vera trama anziché un'accozzaglia di eventi messi lì per giustificare l'introspezione dei personaggi. Per onestà ci tengo a precisare che l'intreccio in questione non presenta svolte davvero imprevedibili -con una sola, inaspettata eccezione verso il finale-, ma conferma la sua solidità sia nel delineare il percorso di crescita del protagonista, sia nella ciclicità della vicenda: abbiamo quindi un ritorno al punto di partenza, con un contesto ben diverso tutt'attorno. Ho apprezzato che Abercrombie abbia saputo dare il giusto spazio alle difficoltà incontrate da Yarvi sul piano ideologico ma soprattutto su quello fisico (a causa della sua disabilità), perché lo fa con leggerezza ma senza un intento denigratorio.

Un altro enorme pregio di questo romanzo è rappresentato dalla sua ambientazione: se è vero che non si tratta di nulla di nuovo sotto il sole per quanto concerne il genere fantasy, non si può negare come la narrativa per ragazzi raramente presenti dei world building tanto curati e vasti. È poi molto carino il modo in cui viene inserito l'elemento della found (in tutti i sensi!) family, che mi auguro avrà modo di risaltare anche nei seguiti.

Per quanto riguarda i personaggi, solitamente il punto di forza nei libri del caro Joe, ho invece sentimenti contrastanti: da un lato ho adorato la caratterizzazione di Yarvi -specialmente per come reagisce di fronte alle difficoltà e per la sua determinazione priva di troppi scupoli- e credo ci siano diversi comprimari interessanti da esplorare maggiormente nel corso della serie; dall'altro alcuni personaggi risultano un po' stereotipati, oltre a poter vantare dei nomi a dir poco astrusi. È il caso della mercantessa Ebdel Aric Shadikshirram, che mi è sembrata una versione al femminile del non troppo compianto Nicomo Cosca, o della Regina Dorata: a parte la propensione per il commercio, è una copia carbone di Lady Catelyn Stark di Game of Thrones.

A parte queste similitudini e la già menzionata mancanza di colpi di scena efficaci, i difetti di questo titolo sono individuabili in una narrazione troppo veloce -specialmente nei primi capitoli, dove di diverse scene cruciali si vedono soltanto gli effetti- e nella vaghezza del sistema magico, che è quasi la norma nel grimdark ma visto quanto spesso vengono menzionati gli elfi mi sarei aspettata qualche informazione in più a riguardo. Ed infine abbiamo l'edizione! che avrà anche il pregio di aver mantenuto la mappa originale, ma ha senza dubbio devastato il testo con una traduzione densa di refusi, rendendo alcune frasi incomprensibili. Ciò rallenta purtroppo una lettura che avrebbe altrimenti tutte le carte in regola per correre a briglia sciolta.

Voto effettivo: quattro stelline e mezza

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venerdì 23 febbraio 2024

"Cattive compagnie" di Ruth Newman

Cattive compagnieCattive compagnie by Ruth Newman
My rating: 2 of 5 stars

"«È lui», ho detto di nuovo, lo sguardo fisso sull'uomo nello sfondo della foto, con quei capelli neri, quegli occhi azzurri, quel sorriso così familiari.
«È Charlie.»"



A ME NON PARE TUTTO OK

Rimandare per tanto tempo la lettura di un libro può portare a diverse conseguenze negative: non provare più interesse per la sinossi, ritrovarsi con una storia invecchiata malino, rendersi conto che forse non è più la lettura adatta a noi. Per me "Cattive compagnie" ricade in quest'ultima categoria perché, da quando ho acquistato la mia copia al momento in cui mi sono finalmente decisa a leggerla, ho sviluppato una certa avversione verso le autrici britanniche di suspence, il sottogenere del thriller domestico e gli scrittori stranieri che decidono di ambientare (parte del)le loro narrazioni in Italia per trattare la tematica della criminalità organizzata. E indovinate un po' quale titolo rientra in tutte e tre queste casistiche?

In realtà lo spunto di partenza sembra interessante: una donna inglese, Kate Grey, fatica a superare la morte del marito Charles "Charlie" Benson, avvenuta in circostanze tragiche ma anche poco chiare. Una foto che ritrae casualmente un uomo identico al suo adorato Charlie spinge Kate ad intraprendere un viaggio verso la città di Miami, nell'insensata speranza che il marito possa essere ancora vivo; viaggio nel quale sarà accompagnata da Luke Broussard, da sempre amico di Charlie. Nel primo terzo del volume, la narrazione al presente viene inoltre interrotta da dei flashback che mostrano com'è nata e si è evoluta la relazione tra Kate ed il marito.

Pur non avendo disprezzato del tutto questa lettura, mi trovo davvero in difficoltà nel trovarci dei pregi; e questo perché suddetti pregi sono compensati da difetti paralleli, oppure risultano così blandi da passare quasi inosservati. Diciamo che ho trovato carina la scelta di raccontare una protagonista un po' anticonformista, nonché decisamente spietata nella sua determinazione. Mi è piaciuto anche che Newman abbia investito tempo ed attenzione nella descrizione delle diverse ambientazioni, rendendo la prosa abbastanza curata in queste parti del testo.

Un altro punto a favore (con riserva) è rappresentato dai colpi di scena: alcuni sono resi davvero prevedibili dalla piega che prendono i dialoghi stessi, ma altri riescono in effetti a stupire, rendendo la lettura anche divertente in alcuni punti. Peccato che per stupire i lettori la cara Ruth sia stata costretta a provocare ai suoi personaggi degli attacchi di stupidità fulminante. È il caso dell'immotivata decisione della protagonista di togliersi i guanti in una determinata scena, ma in questa osservazione rientrano tranquillamente anche tutte le azioni compiute dagli antagonisti, nel finale e non solo: davvero non si capisce perché Kate non si faccia due domande sulle incongruenze in ciò che le viene raccontato!

Descrizioni a parte, la prosa ha secondo me ampi margini di miglioramento. A cominciare dall'eccessiva informalità nella narrazione, specie se accostata a delle linee di dialogo a volte fin troppo artificiose e ricercate. Boccio poi in toto la scelta di rendere la protagonista la voce narrante, perché se è vero che seguiamo sempre e solo lei durante la storia, non penso sia sensato da parte sua nascondere di proposito delle informazioni vitali; specie considerato che questo testo dovrebbe essere una sorta di racconto interiore. Un'ulteriore pecca nello stile di Newman è data dall'umorismo, ridondante e poco efficace: non penso sia necessario dedicare una pagina intera ad un'infelice battuta sul russare, neanche fossimo in un cinepanettone.

E concludiamo con qualche lamentela personale, come la discutibile edizione italiana nella quale parecchie frasi vengono tradotte in modo letterale, senza quindi tenere in considerazione giochi di parole o modi di dire inglesi. Mi ha fatto storcere il naso il modo superficiale con cui l'autrice ha parlato delle malattie mentali, delle persone di colore (con un simpatico sillogismo che li associa alla violenza di default) e della criminalità organizzata. Non farete fatica ad immaginare anche quale sia la mia opinione su una protagonista che si dimostra incapace di fare alcunché senza un uomo alto e muscoloso al suo fianco, per poi disdegnare senza possibilità di riscatto tutte le personagge femminili nelle quali incappa.

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lunedì 19 febbraio 2024

"La rosa del califfo" di Renée Ahdieh

La rosa del Califfo (The Wrath & the Dawn, #2)La rosa del Califfo by Renée Ahdieh
My rating: 1 of 5 stars

Il formicolio cominciò a irradiarsi per il suo corpo e il tappeto si sollevò da terra ... La mente di Shahrzad era divisa fra due emozioni contrastanti.
La prima era la paura.
La seconda era qualcosa a cui non osava dare un nome



MA A JKR STA BENE IL PLAGIO DEL LIBRO-HORCRUX?

A dispetto degli sforzi per concentrarmi sugli elementi più positivi, "La moglie del califfo" è una di quelle letture che nella mia memoria sono destinate a diventare sempre meno piacevoli con il passare del tempo; colpa soprattutto di un elemento della trama, che mi tornava in mente non appena vedevo la copertina. Dal momento che suddetto elemento non si sarebbe potuto ripetere nel seguito, ero abbastanza fiduciosa riguardo a "La rosa del califfo". E poche volte nella storia della narrativa, fiducia fu peggio riposta.

Le vicende riprendono solo pochi giorni dopo la conclusione del primo romanzo. Ritroviamo quindi Shahrzad "Shazi" al-Khayzuran nell'accampamento dello sceicco Omar al-Sadiq, con la sua famiglia e le forze radunate da Tariq Imran al-Ziyad per muovere guerra contro il califfo. Dal canto suo Khalid Ibn al-Rashid si trova sempre più isolato all'interno del suo stesso palazzo, dove le incombenze come sovrano lo bloccano; per questo preferirebbe di gran lunga attivarsi per ricostruire la città di Rey dopo la devastante tempesta che l'ha colpita nell'epilogo del volume precedente. Questa situazione di stallo non dura comunque troppo, perché gli antagonisti iniziano a palesare le proprie mire sul trono del Khorasan.

Ora prendete tutti questi begli spunti e buttateli alle ortiche, perché nulla nella trama di questo libro ha uno straccio di logica tra causa ed effetto. Ma prima di partire in quarta con le critiche, spendiamo qualche parola sui pregi: non solo molti, né più di tanto significativi, ma meritano il loro spazio. Innanzitutto non si può dire che il messaggio di fondo (andare oltre le apparenze e non dare ascolto alle maldicenze su chi non si conosce) sia sbagliato; seppur molto semplificato, credo possa risultare valido per l'audience a cui Ahdieh si rivolge. Ho trovato poi carina una delle coppie secondarie: evito di nominarli per non sciupare anche questo briciolo di sorpresa, ma posso dire che risultano ben equilibrati e davvero in sintonia.

Mi sento di affermare che anche la prosa della cara Renée sembra migliorata rispetto al suo esordio, infatti ricorre meno alle frasi fatte; rimane invece saldamente ancorata alle metafore di dubbio gusto, che a questo punto presumo siano la sua cifra stilistica. Pensando alle prime scene di questo volume -dove viene dato più spazio al lato avventuroso della storia-, speravo davvero di avere altri elogi da fare! invece più ci si addentra nella narrazione, più la situazione degenera.

La prima a scricchiolare è la caratterizzazione dei personaggi, che nel primo capitolo mi era sembrata più che sufficiente, mentre qui è a dir poco disastrosa: i protagonisti sembrano affetti da stupidità fulminante -patologia che li porta a compiere delle azioni senza senso, o a non compiere delle azioni sensate-, mentre antagonisti e personaggi secondari regrediscono allo stadio di macchiette monodimensionali. Questo abbruttimento generale da vita ad una trama che prosegue solo perché un dato personaggio fa qualcosa senza motivo; alcuni esempi senza spoiler (o almeno spero!) sono la scelta di dividersi di Shazi ed Irsa in occasione del furto del libro, la decisione di Tariq di pedinare Irsa come fosse una criminale, Artan che non sfrutta il proprio vantaggio magico durante lo scontro con le guardie di Salim al-Sharif e l'imprigionamento volontario di Vikram "Rajput".

Potrei continuare questo elenco fino all'epilogo, che è allo stesso modo carente in quanto a logica interna, nonché terribilmente affrettato e dal retrogusto stucchevole; anche i personaggi che l'autrice elimina non sembrano dei sacrifici sofferti quanto piuttosto delle scelte arbitrarie per arrivare al finale più favorevole possibile per la disagiata coppia protagonista. Sebbene più presente rispetto al primo volume, neppure il lato fantasy riesce a salvare questa lettura, e forse proprio perché ottiene maggiore spazio nella storia: si creano così sequenze inutili -come l'addestramento di Shazi-, escamotage convenienti a dir poco e spiegazioni sulle quali la cara Renée sorvola con leggerezza. Per lo meno ci viene risparmiata altra violenza romanticizzata! direte voi. Questo è vero, peccato che siano presenti ben due scene in cui la protagonista viene minacciata di stupro senza alcuna ragione ai fini della trama;e ovviamente senza alcun commento critico a riguardo.

Voto effettivo: una stellina e mezza

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