lunedì 28 febbraio 2022

"The Raven Tower" di Ann Leckie

The Raven TowerThe Raven Tower by Ann Leckie
My rating: 4 of 5 stars

"A god's words must be true. If they are not true already, that god's power must change the world—or try"


AMLETO IN CHIAVE FANTASY

Mi sono interessata a "The Raven Tower" ben prima che venisse pubblicato (e ignorato) in Italia: un adult fantasy con un protagonista queer scritto da un'autrice tanto famosa e premiata non poteva che attirare la mia attenzione. Dopo averlo recuperato in lingua, l'ho lasciato stagionare ben due anni in libreria in attesa di sentire qualche parere in merito, magari da lettori italiani, e... nulla. Sembra che questo titolo -sulla carta molto promettente- sia destinato all'oblio dell'editoria; dubito che la mia recensione possa contribuire a salvarlo, ma proverò lo stesso a portare un po' di attenzione su un romanzo ingiustamente trascurato.
Effettivamente questa lettura potrebbe risultare un po' ostica all'inizio, sia per la presenza contemporanea di più linee narrative che per la scelta di raccontare gli eventi con un mix di prima e seconda persona: il narratore si rivolge direttamente al lettore, non in quanto tale bensì come fosse un personaggio specifico all'interno della storia. Se riuscite ad abituarvi a questa prosa peculiare, siete pronti per una lettura che mescola fantasy politico ed elementi mitologici in un modo inedito.
La prima delle due linee narrative principali riguarda il passato del mondo fantastico creato da Leckie e serve a raccontarci le origini delle numerose divinità che lo popolano, soffermandosi in particolare su un dio con le sembianze di roccia nera e bianca, ossia la nostra voce narrante; la seconda è ambientata invece nel presente, nella confederazione di Iraden, nel periodo tra la morte dell'Instrument (ossia l'animale che ospita la loro divinità protettrice) e la nascita di quello nuovo. Momento delicato perché d'esserci un passaggio di consegne anche tra i rappresentanti umani del dio Raven detti Lease: mentre il vecchio si appresta a sacrificare la propria vita, il suo erede Mawat giunge dal confine meridionale per rivendicare questo ruolo, accompagnato dall'attendente Eolo. L'inspiegabile scomparsa del Lease e l'affrettata ascesa del fratello Hidal danno il via all'intreccio principale, in una narrazione che ricorda per molti versi "Amleto" di Shakespeare.
Ovviamente la parte al passato si focalizza sulla creazione del world building e quella al presente sugli aspetti politici e sulla risoluzione del mistero nella corte della capitale Vastai, ma con il procedere del romanzo i due filoni si avvicinano sempre più. Tra le varie scene, il narratore inserisce anche numerose storie che servono sia ad illustrare dettagli particolari del sistema magico e religioso, sia ad introdurre nuovi personaggi rilevanti.
Come accennato viene inclusa anche una rappresentazione LGBT+, collegata principalmente alla transessualità ma con qualche accenno agli orientamenti sessuali non etero. Non si tratta di un elemento centrale, però ritengo comunque sia stato introdotto in maniera adatta nel testo, soprattutto per la naturalezza con cui i personaggi ne parlano.
I motivi per dare una chance a questo romanzo non sono quindi pochi: un concept originale alla base, un sistema magico ben spiegato e affascinante da scoprire, un intreccio capace di incuriosire ed un paio di personaggi indubbiamente validi. E ora passiamo agli aspetti meno riusciti.
In generale risulta un po' difficile affezionarsi ai personaggi, perché c'è sempre un certo distacco tra loro ed il lettore come se li si vedesse attraverso un filtro dato dalla narrazione della divinità. Un altro problema è rappresentato dalle (fortunatamente poche) scene di combattimento, che non trasmettono mai un senso di tensione o pericolo, oltre ad essere davvero confuse: non è sempre chiaro come un personaggio capiti nel mezzo di una lotta.
E arriviamo all'elefante nella stanza, altrimenti noto come ritmo narrativo. La storia procede in modo terribilmente lento, nonostante non si tratti di un volume lunghissimo: i personaggi ripetono spesso le medesime battute o giungono più volte alle stesse conclusioni. Pur essendo un ritmo adatto ad un fantasy politico, ritengo si potesse tranquillamente fare qualche taglio nel testo, aggiungendo magari quelle pagine nel finale che per contro risulta un po' affrettato.
Come vedete, non si tratta certo di un titolo perfetto, ma penso veramente che abbia le potenzialità per piacere a molti più lettori. E spero di averne incoraggiato qualcuno a dargli una possibilità.

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mercoledì 23 febbraio 2022

"Città di cenere" di Cassandra Clare

Città di cenere (Shadowhunters, #2)Città di cenere by Cassandra Clare
My rating: 2 of 5 stars

"La Spada dell'Anima, la Spada Mortale o Spada dell'Angelo. Era di un argento scuro, pesante, che scintillava di un fioco splendore. La luce sembrava muoversi sopra e attraverso di essa, quasi fosse fatta di acqua. Nell'elsa fioriva una fiammeggiante rosa di luce"


IO RINASCERÒ, VAMPIRO A PRIMAVERA...

Secondo capitolo nella serie The Mortal Instruments, "Città di cenere" si conferma la lettura leggera e divertente che mi aspettavo dopo il primo volume, rispetto al quale risulta però meno riuscito nel complesso. E questo sia a livello di contenuto che di forma: il romanzo è comunque in grado di intrattenere, ma ci sono molti più passaggi che lasciano il lettore interdetto, se non del tutto basito.
Nonostante manchino quasi del tutto delle coordinate temporali, specialmente tra una scena e l'altra, direi che la storia riprende qualche giorno dopo la conclusione di "Città di ossa" e ruota principalmente attorno ai tentativi dei protagonisti di fermare il piano di Valentine, che questa volta mira alla Spada Mortale per creare un esercito di demoni ai suoi ordini. Ovviamente non mancano i passaggi riempitivi, come i vari siparietti romantici e l'introduzione della Corte Seelie, l'equivalente fatato dello studio di Pomeriggio 5; oltre alle fatine, vengono presentati anche nuovi Shadowhunters adulti, dall'utilità dubbissima ai fini della trama.
Sul fronte dei personaggi, confermo di trovare davvero fastidiosi i tre protagonisti, mentre apprezzo parecchio i loro comprimari per quanto Clare tenti di tutto pur di escluderli dalla scena. Clary oscilla sempre tra l'odio verso ogni altra donna e l'ossessione patologica per Jace (la possibile relazione tra sua madre e Luke la disgusta, invece limonare il proprio fratello è normalissimo), Simon ha un upgrade che dovrebbe nobilitarlo dal suo status di peso morto ma è comunque odioso quando impone a Clary una relazione senza consultarla, e Jace mostra sempre più sintomi di bipolarità ovviamente ignorati dagli altri personaggi. Sull'altro piatto della bilancia abbiamo Raphael, Maia, Alec e Magnus, tutti personaggi potenzialmente validi che vengono spesso sacrificati per portare la narrazione in determinate direzioni.
In questo seguito il lato romance diventa più rilevante, una scelta che non intendo bocciare in toto ma verso cui ho sentimenti altalenanti: Clary e Jace per me sono un grande no, in base a quanto è stato mostrato finora, perché Clare ha creato una dinamica complessa a cui non è chiaramente in grado di dare il giusto tono; dall'altro lato abbiamo Simon e Maia (in minima parte) e Magnus e Alec, due coppie molto carine ma il cui sviluppo viene spesso portato avanti offscreen.
Altra scelta infelice è quella di ampliare il world building introducendo però elementi in conflitto con quanto detto in precedenza. Un esempio palese è la Coppa Mortale -sui cui poteri l'autrice era stata volutamente vaga- che qui diventa improvvisamente un talismano contro i demoni, mentre in "Città di ossa" nulla poteva contro Abbadon; anche sulla Spada Mortale ci sono informazioni contrastanti: prima Valentine dice di dover completare un certo rituale per utilizzarla, poi riesce ad evocare un gran numero di demoni senza aver fatto ancora niente. Lo stile narrativo spinge ad una lettura bulimica, ma se ci si sofferma a riflettere le contraddizioni diventano palesi ed irritanti.
In definitiva, un titolo che risulta più pasticciato del precedente, anche dal punto di vista della traduzione che a tratti fatica a rendere espressioni e giochi di parole, e per conseguenza la lettura diventa meno scorrevole a dispetto del ritmo frenetico.

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lunedì 21 febbraio 2022

"La zona morta" di Stephen King

La zona mortaLa zona morta by Stephen King
My rating: 5 of 5 stars

"E, improvvisamente, per Johnny le cose mutarono. Impossibile dire come. Di colpo Weizak gli sembrò nitidissimo, come immerso in una luce limpida e meravigliosa. Vedeva nitidissimamente ogni piega del suo viso e in ognuna di esse leggeva una storia. Johnny cominciò a capire"


IL LIMITE È L'EDIZIONE

Dopo aver letto un buon numero di opere nella colossale bibliografia di Stephen King, ho cominciato a spulciare le tante classifiche dei suoi migliori romanzi fatte da lettori che hanno recuperato praticamente tutto ciò che ha scritto, per provare qualche suo titolo apprezzato dai fan ma ancora nuovo per me; in molte "La zona morta" compariva ai primissimi posti, così come "Shining" che però mi rifiuto categoricamente di acquistare finché la Bompiani non lo ripubblicherà con una cover decente. Ecco quindi perché mi sono interessata a questo romanzo, ed è una fortuna che l'abbia conosciuto tramite le opinioni dei lettori, perché se mi fossi dovuta fidare della sinossi proposta da Sperling & Kupfer la valutazione finale sarebbe decisamente diversa.
La trama all'apparenza è molto semplice: il professore John "Johnny" Smith rimane vittima di un incidente d'auto che lo fa finire in coma per quattro anni e mezzo, per poi risvegliarsi dotato di un potere di preveggenza legato al contatto con le persone o alcuni oggetti. La narrazione segue però uno schema particolare e potrebbe non risultare immediatamente chiara, questo perché King va a focalizzarsi su personaggi secondari e dinamiche all'apparenza del tutto scollegate con la vita di Johnny. Il mio consiglio è quello di avere fiducia nelle sue capacità come autore e proseguire nella lettura, perché pian piano diventano evidenti i collegati tra le diverse situazioni, che vanno a formare un disegno davvero ampio.
A dispetto di quanto promette la sinossi, la trama si focalizza sull'antagonismo tra Johnny e un wannabe Hitler a stelle e strisce solo negli ultimi capitoli. Il resto del volume racconta le difficoltà del protagonista nel gestire il suo potere attraverso vari episodi, e questo sia dal punto di vista dei dilemmi che si pone, sia delle reazioni scatenate negli altri: per ogni persona pronta a vedere in lui una sorta di profeta divino, ce n'è un altra certa che sia un semplice truffatore. Questo porta la narrazione focalizzarsi più sulle emozioni provate da Johnny e sulle relazioni intessute con gli altri personaggi rispetto alla parte thriller, comunque presente insieme a piccole dosi di ottimo horror.
King riserva quindi molta attenzione alla caratterizzazione dei suoi personaggi, che si rivelano infatti l'aspetto più riuscito del romanzo: dai protagonisti alle semplici comparse, tutti sono verosimili e tridimensionali, con delle motivazioni credibili. Questo si riflette anche sui legami, in particolare quello tra Johnny e i vari componenti della famiglia Chatsworth; stranamente sono riuscita ad apprezzare anche la parentesi romance, comunque marginale nel testo.
Dal punto di vista stilistico il caro Stephen è sempre una garanzia, e qui in particolare ho apprezzato il suo utilizzo del foreshadowing perché riesce ad inserirlo nei giusti tempi, anticipando eventi che non sono intuibili dal contesto pur essendo chiaramente collegati ai personaggi in scena. Il risultato è quello di catturare l'attenzione del lettore, pur avendo già rivelato sulla carta quanto accadrà.
Per quanto riguarda le tematiche scelte, inizialmente non ne ero troppo entusiasta, perché l'attenzione qui è rivolta al mondo della politica statunitense degli anni Settanta, con qualche elemento ucronico e molti collegamenti alla realtà dei movimenti religiosi. Durante la lettura ho capito però che non c'era bisogno di conoscere i personaggi o i partiti dei quali si parlava, perché le dinamiche non erano per nulla lontane da quanto vediamo accadere anche oggi nella politica nostrana e internazionale, e le conclusioni da trarre sono le stesse.
La mia valutazione non è stata inficiata da alcuni difetti marginali (in particolare, il fatto che non sia una lettura immediatamente chiara e il ruolo troppo marginale dato alla figura di Greg Stillson, un antagonista dal grande potenziale inespresso), però ci tengo a far presente come la sinossi menzognera non sia l'unico problema dell'edizione italiana. La traduzione, seppur in grado di rendere bene il tono, presenta infatti tantissimi refusi che ovviamente la CE non si è minimamente preoccupata di correggere al momento della ripubblicazione. Tanto basta rifilare ai lettori una nuova copertina e il gioco è fatto!

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lunedì 14 febbraio 2022

"The Fallen Kingdom" di Elizabeth May

The Fallen Kingdom (The Falconer, #3)The Fallen Kingdom by Elizabeth May
My rating: 1 of 5 stars

"Despite the candles floating near the ceiling, the air is cold. Like the ruins of an old cathedral, a desolate place filled with memories long lost. An old fallen kingdom risen out of the rubble and destruction of another"


REDENZIONE PAZZI ASSASSINI? DA QUESTA PARTE, PREGO

Scegliere di affrontare questa lettura subito dopo un libro tanto deludente come "La malinconia dei Crusich" non è stata proprio una buona idea, in particolare perché già intuivo che la serie The Falconer non si sarebbe risollevata miracolosamente all'ultimo volume. Qual è il motivo di tanta fretta, allora? sembrerà banale, ma mi sono resa conto di aver dimenticato quasi del tutto gli avvenimenti del secondo capitolo, letto solo tre mesi fa! Urgeva quindi affrettarsi a completare la trilogia, anche se posso confermare sia una pessima scelta leggere consapevolmente due libri brutti di fila.
La storia ricomincia ad un paio di mesi dalla conclusione di "The Vanishing Throne", con la nostra eroina Aileana "Kam" Kameron resuscitata e convenientemente privata dei suoi ricordi: questo espediente permette infatti all'autrice di inserire decine di spiegoni nella prima parte del romanzo. Superato questo momento di angoscia per nulla angosciante, visto che la protagonista riacquista la memoria con la stessa rapidità con cui io mi scolo il the freddo in estate, può partire la trama vera e propria. La missione principale in "The Fallen Kingdom" è ritrovare un libro magico, poco più di una leggenda, che potrebbe risolvere tutti i problemi della serie; mi pare quasi superfluo specificare che di tale manufatto -di cui nessuno sa niente da milioni di anni, considerato dalle fatine alla stregua di una fiaba- verranno individuati locazione e modalità di recupero nell'arco di due scene.
A rendere ancora più tediosa la narrazione contribuiscono le dinamiche tra personaggi che si ripetono praticamente identiche ogni dieci pagine circa; risulta inoltre difficile percepire l'importanza di quanto i protagonisti stanno tentando di ottenere, visto che loro stessi preferiscono pensare ad altro (aka bombare come conigli ad ogni occasione) oppure agire d'impulso, senza neanche fare due domande a chi chiaramente ne sa più di loro sui pericoli che li aspettano. Per poi sorprendersi della loro stessa stupidità!
Ad essere onesti, non ci sono grossi cambiamenti sul fronte dei personaggi: come già detto, sono di un'idiozia imbarazzante (sì, anche le fatine millenarie) ed hanno una bussola morale tutta loro, per cui chi commette genocidi ha diritto al perdono mentre chi osa leggere nella mente dell'imparziale Aileana viene condannato a morte. Si ripropone anche il problema del taglio dei fondi per le comparse, tanto che oltre ai tre amici umani della protagonista non c'è nessuno nell'accampamento della regina Seelie; e quando dico nessuno non sto neanche esagerando, visto che May non si sforza neppure di nominare la presenta di qualche soldato fatato a fare la ronda o a scortare la sovrana. E voi direte: certo, non ci sono perché hanno voltato le spalle ad Aithinne e ora patteggiano per la corte Unseelie; peccato che anche il castello di Kiaran sia completamente deserto.
Potrei anche sorvolare su questi dettagli del world building se l'autrice stessa non ci tenesse ad inserirne continuamente di nuovi, in netta contraddizione con quanto spiegato nei capitoli precedenti. Ovviamente ci sono incongruenze anche nel passato dei personaggi e nel sistema magico, ma una volta messo in chiaro che l'aspetto su cui May si impegna maggiormente è quello romantico, la cosa non stupisce più. C'è anche da considerare che sono presenti molte meno ripetizioni fastidiose rispetto al secondo libro: un miglioramento piccolo ma molto gradito.
Tirando le somme di questa conclusione di serie, mi viene da pensare che forse in un momento meno frenetico avrei saputo apprezzarla di più (leggasi, detestarla di meno). È altrettanto vero che, se avessi potuto dedicarle più tempo, avrei notato altri buchi di logica, quindi forse è meglio sia andata così.

Voto effettivo: una stellina e mezza

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lunedì 7 febbraio 2022

"La malinconia dei Crusich" di Gianfranco Calligarich

La malinconia dei CrusichLa malinconia dei Crusich by Gianfranco Calligarich
My rating: 1 of 5 stars

"Era stato solo allora, fissando non loro ma la fotografia che … si era ritrovata, stupita per la semplicità della cosa, a mormorare sconcertata il nome della loro ombra. Un nome semplice, categorico e irriducibilmente ombroso. Malinconia"


UN LIBRO INUTILE?

Ho acquistato "La malinconia dei Crusich" all'usato almeno tre anni fa, tutta felice per l'affare fatto, per poi dimenticarlo in libreria fino a quando la Random TBR non mi ha costretta a recuperare questo titolo. Ammetto di essermene interessata soprattutto perché in generale apprezzo i romanzi familiari e volevo scoprire cosa avessero fatto di straordinario i Crusich, dal momento che si tratta di una biografia romanzata. A lettura ultimata, mi risulta veramente difficile capire dove risieda questo merito, ed ho in realtà il sospetto che questo libro sia stato pubblicato unicamente per permettere all'autore di far sfoggio del suo peculiare stile.
La narrazione si sviluppa nel corso dell'intero Novecento e segue vari membri della famiglia Crusich che, partendo da Trieste, arriveranno ad abitare in diversi Paesi, dalla Grecia alla Colombia; fortunatamente per loro, il romanzo non si conclude con l'estinzione della famiglia, a differenza di quanto lascia credere la sinossi. Altro aspetto leggermente fuorviante nell'edizione è l'accenno a delle persone realmente esistite come protagonisti, mentre risulta ben presto chiaro come questa famiglia sia quella dello stesso autore, con dei nomi diversi.
Anche fosse, direte voi, si tratta sempre di persone vere. E proprio questo rendere ancor più gravi alcuni aspetti del libro, come le storie d'amore basate unicamente su degli instalove, espediente davvero inverosimile al di fuori del mondo delle commedie romantiche. Tra l'altro di questa famiglia vengono posti in luce quasi esclusivamente gli uomini: pur di non concedere spazio ai personaggi femminili, Calligarich dedica pagine e pagine al figlio fascista del capostipite Luigi Crusich, cercando inutilmente di renderlo simpatetico al lettore.
Vista l'ambientazione, il volume parla infatti dell'Italia fascista e colonialista; senza però affrontare l'argomento in un'ottica critica! il fallito impero italiano viene anzi descritto in chiave nostalgica, come se i fascisti (tra l'altro, mai chiamati in questo modo) avessero portato la civiltà in Eritrea e ne fossero poi stati ingiustamente scacciati. Un altro elemento storico molto fastidioso è il descrivere la liberazione della penisola come una "guerra civile" in cui i fascisti sono semplicemente la parte perdente, e spesso devono essere difesi dalle prepotenze dei partigiani.
La seconda tematica che il libro cerca maldestramente di trattare è quella della malinconia del titolo; l'autore vorrebbe ammiccare alla Sehnsucht tedesca ma senza che ci siano le basi per farlo, perché i Crusich si trovano a viaggiare unicamente per ragioni economiche, non di malessere o nostalgia.
E arriviamo allo stile, sicuramente il primo aspetto a colpire il lettore; questo perché Calligarich scrive in modo talmente particolare da rendere difficile interpretare le singole frasi, in cui spesso vengono omessi verbi e virgole, viene invertito l'ordine degli elementi della frase, oppure utilizzati periodi lunghissimi e privi delle pause necessarie a permettere al lettore di prendere fiato durante la lettura. Inoltre sono quasi completamente assenti i dialoghi (ho contato in media una linea di dialogo ogni dieci pagine di testo) perché tutto viene narrato anziché mostrato direttamente, mentre le ripetizioni abbondano, così come gli elementi di foreshadowing che rendono ancora meno emozionante la lettura.
Mi rendo conto che lo stile di Calligarich potrebbe risultare quasi poetico, se si leggono solo dei brevi estratti, peccato che questa prosa sia decisamente indigesta in un romanzo di oltre 400 pagine!
In definitiva, non riesco a spiegarmi l’utilità di questo libro, a parte permettere all’autore di far mostra del suo stile artificioso. La storia dei Crusich non è diversa da quella di milioni di altre famiglie nell’Europa novecentesca, nessuno dei personaggi è particolarmente incisivo e i temi scelti sono mal trattati. Però è un titolo che sicuramente mi rimarrà impresso, se non altro per il tedio provato nel dover rileggere in continuazione le frasi scritte al contrario.

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mercoledì 2 febbraio 2022

"Good Girl, Bad Blood" di Holly Jackson

Good Girl, Bad Blood (A Good Girl's Guide to Murder, #2)Good Girl, Bad Blood by Holly Jackson
My rating: 4 of 5 stars

"Pip wondered. Wondered whether the moment of no return had already been and gone, or whether this was it, here, right now, hovering above the red button … She straightened up and pressed record"


LITTLE KILTON IS THE NEW CABOT COVE

A quanto pare il mio pregiudizio nei confronti delle autrici britanniche di thriller e mystery può dirsi circoscritto al solo target adult, perché Holly Jackson con la sua serie per ragazzi A Good Girl's Guide to Murder mi ha davvero conquistato; e in questo secondo volume è riuscita a convincermi ancora di più, grazie all'ottimo intreccio della parte mystery e all'inaspettato approfondimento sul carattere della protagonista.
Nonostante la trama abbia diversi collegamenti con il primo romanzo, penso si possa tranquillamente leggere "Good Girl, Bad Blood" come fosse una storia a se stante senza per questo perdere i riferimenti necessari, dal momento che l'autrice si premura di ribadire in più punti questi dettagli. La narrazione riprende alcuni mesi dopo l'epilogo di "A Good Girl's Guide to Murder": Pippa "Pip" Fitz-Amobi ha sfruttato il materiale raccolto durante la sua prima indagine per realizzare un podcast in cui ripercorre i passi fatti per individuare i responsabili delle morti di Andie Bell e Sal Singh; la ragazza ha anche stabilito di voler accantonare la sua carriera da giornalista investigativa, visti i pericoli corsi, ma la sparizione di una persona a lei vicina la convincerà ad iniziare una seconda stagione per il suo podcast, in cui seguire la nuova indagine. Questa volta in diretta.
Come per il primo capitolo, questa scelta narrativa si concretizza nella presenza di numerosi documenti all'interno del libro: abbiamo le trascrizioni delle interviste ai vari personaggi, le chat alle quali Pip riesce ad accedere, alcuni articoli o post online, e perfino delle fotografie scattate durante le ricerche della persona scomparsa. Ancora una volta mi trovo ad apprezzare questa particolare grafica, sia come l'idea per rendere interattiva la lettura sia per l'attenzione con cui è stata realizzata.
Confrontando questo sequel con il primo volume, penso ci siano stati diversi passi in avanti. Lo stile è ancora semplice e diretto, però ho notato una maggiore attenzione alla prosa, specialmente nei passaggi più emotivi o impattanti dal punto di vista psicologico; Jackson ha anche trattato con sensibilità alcune tematiche che in "A Good Girl's Guide to Murder" erano inserite in modo un po' frettoloso.
Ciò che ho maggiormente appezzato è però l'evoluzione del personaggio di Pip, o meglio l'involuzione dal momento che il suo lato più determinato e privo di scrupoli diventa pian piano preponderante, spingendola a compiere nuove azioni avventate, ma sempre con una valida motivazione alla base. La sua caratterizzazione diventa quindi più complessa ed interessante, andando anche ad analizzare alcune delle sue scelte passate che nel primo libro erano state poco approfondite. Nonostante tutto io continuo ad amarla e sono curiosa di scoprire cosa arriverà a fare nell'ultimo capitolo della serie.
E arriviamo alle mie uniche osservazioni in chiave negativa: Ravi ed il finale. Già nel primo libro trovavo questo personaggio un po' fastidioso, soprattutto perché veniva usato per inserire un elemento romantico del tutto inutile, ma qui fa ancora peggio: Jackson decide di trasformarlo nel comic relief del libro, facendogli pronunciare battute fuori luogo in continuazione. Capisco la necessità di alleggerire a volte la tensione, ma in questo caso ci troviamo di fronte ad un mistero dalle tempistiche stringenti, quindi ho trovato davvero forzati i suoi tentativi di fare umorismo quando c'erano delle vite in pericolo. La conclusione invece ha il deficit di essere molto affrettata, come se l'autrice dovesse rientrare in un dato numero di pagine; ovviamente la storia prosegue nel terzo volume, ma qui manca proprio quel senso di chiusura che era invece ben presente in "A Good Girl's Guide to Murder".

Voto effettivo: quattro stelline e mezza

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