martedì 30 aprile 2019

Wrap-Up - Letture di aprile 2019

Wrap-Up - Letture di aprile 2019


Quello passato è stato un mese di letture davvero altalenanti e con un triste filo comune: in tutti questi libri si parla di battaglie e guerre, sia reali sia fantastiche.
Armatevi e cominciamo!

La prima lettura del mese farà sospirare a molti un sonoro «Era ora!», perché sono passati parecchi mesi dalla lettura di “The Queen of the Tearling” (QUI la recensione) e solo ora mi sono decisa a continuare la trilogia con “The Invasion of the Tearling” di Erika Johansen.
La trama di questo volume è divisa in due linee temporali per seguire sia la protagonista Kelsea, sia il nuovo personaggio di Lily; per quanto abbia apprezzato la storia di quest'ultima anche più di quella principale, ritengo sia stata aggiunta in modo parecchio forzato e sarebbe potuta quasi essere un libro a parte. In questo secondo capitolo poi è presente anche la tematica dell’autolesionismo, ma viene affrontata in modo estremamente superficiale e nessun personaggio sembra darle il peso necessario. La mia maggior perplessità è dovuta però al titolo che reputo ingannevole, dal momento che dell'invasione promessa vediamo poco o nulla.
Ho riscontrato anche questa volta la presenza di moltissime volgarità quasi sempre fuori luogo o pronunciate da personaggi che si esprimono generalmente senza usare parolacce; un problema “nuovo” è invece quello dei monologhi retorici, anche questi presenti nei momenti meno opportuni.
Da un lato sono evidenti alcuni problemi sicuramente ereditati dal volume originale, come l’assenza di virgole dove necessario, dall’altro il testo presenta dei refusi quasi sicuramente da imputarsi alla traduzione italiana. Ci sono poi altre inesattezze per le quali non so di chi sia la colpa come un paio di errori presenti già nelle prime cento pagine: un prigioniero viene portato nella cella UNO ma poi usano la chiave numero DUE per aprire la porta; in un'altra scena, un personaggio dice che l’esercito TEAR è troppo superiore mentre è dalla prima pagina che si parla dell’invincibile esercito MORT. In generale avrei apprezzato un po' più di attenzione ai contenuti, considerando il grande impegno messo nella realizzazione grafica del volume.
Il mio voto è di tre stelline e mezza.

La seconda lettura del mese mi ha riportato verso un autore che generalmente apprezzo per il suo stile, ossia Ken Follett; dopo aver affrontato (e gradito) “La cruna dell'ago” (QUI la recensione) l'anno scorso, ho scelto “Il codice Rebecca”, un altro thriller storico ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale, in particolare nel deserto del Sahara.
E già qui non ci siamo: la sinossi e i primi capitoli portano il lettore a pensare che lo scenario prescelto sia il deserto, tra le dune infinite e le rotte delle tribù nomadi, ma in effetti il resto del romanzo è ambientato nella metropoli de Il Cairo. Anche il titolo è un po’ fuorviante, e ciò mi ha stupito perché tutti i libri di Follett hanno dei titoli molto azzeccati ed accattivanti.
La trama ripropone lo stesso schema de “La cruna dell’ago”, con il continuo inseguimento tra la spia tedesca, infiltrata nel territorio controllato dagli inglesi per una missione che potrebbe cambiare le sorti del conflitto, e l’agente britannico, disposto a tutto per assicurare la propria nemesi alla giustizia. Diversamente dal romanzo procedente, l’autore non si sforza troppo di farci entrare in empatica con l’antieroe, portando palesemente il suo favore verso il militare inglese. Nel quadro non può poi mancare un’affascinante protagonista femminile, che anche in questo caso ho apprezzato molto per la sua caratterizzazione, preferendola di gran lunga ai suoi omologhi maschili.
Il romanzo è arricchito da altri interessanti personaggi, come una versione egiziana del Fagin dickensiano che invia i suoi giovani borseggiatori in giro per la città, e in generale tutti risultano caratterizzati in modo convincente. A convincermi decisamente meno sono stati la serie di colpi di fortuna che ottengono entrambe le parti, la presenza di pochi personaggi storici (l’unico rilevante è Rommel) e la storia d’amore che come al solito è fulminea e poco realistica.
Il mio voto è di tre stelline.

Continuando con la mia TBR, sono quindi passata al classico di questo mese: “1984” di George Orwell, che ha decisamente risollevato il mio morale, e la media delle letture, ottenendo cinque stelline. QUI potete trovare la recensione dettagliata di questo volume.

Dopo un romanzo così folgorante nulla avrebbe potuto reggere il confronto, quindi ho optato per un harakiri letterario con “Un uomo al potere”, ossia il secondo libro nella tetralogia di companion novel scritta da Matteo Strukul ed iniziata con “Una famiglia al potere” (QUI la recensione).
La mia previsione negativa non è stata affatto smentita, infatti anche questo “grande romanzo storico” -come viene appellato in copertina- risulta essere sciapo e inconcludente. La trama si concentra sulla figura di Lorenzo, che diventa il Magnifico senza alcun motivo tra un capitolo e l’altro; la prima parte del volume racconta vari episodi dal suo amore non così segreto per Lucrezia Donati alle difficoltà nel governo della Signoria, mentre la seconda è dedicata soprattutto alla Congiura dei Pazzi, il tutto contornato dalle sottotrame di vari personaggi secondari del tutto dimenticabili. Quello dei personaggi di contorno è un problema che si ripresenta, perché si dimostrano sempre ritratti con banalità, ad esempio gli antagonisti sono facilmente individuabili per le solo perversioni sessuali.
Una cosa per me è certa: Strukul è ossessionato dai verbi affogare, annegare e allagare che immancabilmente farciscono le sue ardite metafore. Per il resto lo stile si mantiene altalenante, ci sono alcune descrizioni gradevoli ad esempio, ma anche monologhi retorici, dialoghi vuoti e ripetizioni continue di informazioni e concetti… non tutti i tuoi lettori soffrono di Alzheimer Matteo, te lo assicuro.
Desidero comunque trovare un paio di elementi positivi in questo romanzo. Ho riscontrato un maggiore impegno nella caratterizzazione dei personaggi, in special modo del protagonista; inoltre la scelta di adottare dei capitoli molto brevi rende davvero veloce la lettura e così il romanzo può essere adatto a chi vuole leggersi solo qualche pagina prima di dormire.
Il mio voto è di una stellina e mezza.

Una deviazione dalla TBR è stato “Fantastic Mr. Fox” di Roald Dahl, che va a continuare il mio percorso di letture in lingua inglese.
Si tratta come per lo scorso mese di una favola, che si prefigge di far comprendere ai bambini il punto di vista degli animali cacciati dall’uomo, ma il livello della lingua è leggermente più alto, direi al pari de “The Witches”, ma sempre accessibilissimo tant’è che questi racconti si divorano senza problemi in meno di una giornata.
Anche in questo caso, nessun voto (non padroneggio abbastanza la lingua da poter valutare lo stile, sorry) ma Roald Dahl è consigliato per tutte le età.

A conclusione della TBR ho poi letto “La principessa sposa” di William Goldman, un fantasy che con i suoi quarant’anni suonati da un pezzo potrebbe quasi rientrare di diritto tra i classici. QUI potete leggere la mia recensione dettagliata, mentre vi segnalo già ora che l’ho valutato quattro stelline e mezza.

Esaurita la TBR, ho deciso di concludere una trilogia che mi trascinavo da fin troppo, soprattutto se si considera quanto l’ho apprezzata. Ecco quindi “Sogni di mostri e divinità”, ossia il terzo ed ultimo capitolo della trilogia La chimera di Praga scritta da Laini Taylor.
Devo ammettere che, dal primo libro, questa serie è stata una crescita continua sia come trama orizzontale sia come sviluppo dei personaggi; e questo non è poco se si pensa a quanti sono i protagonisti dei quali l’autrice ci propone i POV. Lo stile invece non risulta troppo mutato, ma non ci sono problemi perché era già perfetto ne “La chimera di Praga” (QUI la recensione).
La trama riprendere senza sbalzi in avanti dalla fine de “La città di sabbia” (QUI la recensione) e ci riporta alla bizzarra alleanza tra i soldati Illegittimi e le ultime chimere per fermare i folli piani di conquista interdimensionale di Jael. Logicamente a questa principale missione si aggiungono molti altri sviluppi, tutti inseriti con gusto.
La narrazione non presenta alcun punto morto e scorre incredibilmente veloce, il ritmo incalzante della storia è sicuramente uno dei punti forti del romanzo, ma ciò che ho più apprezzato in questo ultimo volume sono le risposte che chiariscono alcune perplessità precedenti, soprattutto sulla natura della terra di Eretz e della magia che in essa è presente.
L’unico neo in un romanzo per il resto perfetto è la storia di Eliza. Innanzitutto trovo un po’ anticlimatico introdurre un personaggio principale solo nel capitolo conclusivo -avrei preferito ci fosse almeno qualche accenno negli altri volumi-, ma ciò che mi lascia più perplessa è la sua opinabile utilità ai fini della trama; posso solo pensare che la Taylor contasse di continuare la serie o scrivere uno spin-off.
Il mio voto è di cinque stelline.

Infine, ho optato per un romanzo che stazionava da troppo nella mia libreria: “Le prime quindici vite di Harry August” di Claire North. L'avevo acquistato ben prima della delusione di “Vita dopo vita” (QUI la recensione), e proprio a causa di quel libro era rimasto a far polvere. Per fortuna mi sono infine decisa a leggerlo ed a recensirlo QUI; il mio voto è di cinque stelline.

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sabato 27 aprile 2019

Il tuo 5 per 1000 al programma INFANZIA del Cronus club - Recensione a “Le prime quindici vite di Harry August” di Claire North

Il tuo 5 per 1000 al programma INFANZIA del Cronus club

Recensione a "Le prime quindici vite di Harry August" di Claire North


LA SCHEDA TECNICA

TITOLO: Le prime quindici vite di Harry August
AUTORE: Claire North (aka Catherine Webb)
TITOLO ORIGINALE: The First Fifteen Lives of Harry August
TRADUTTORE: Valentina Daniele
EDITORE: NNE
COLLANA: La Stagione
PAGINE: 380
VOTO: 5 stelline

IL COMMENTO

  Le prime quindici vite di Harry August è un romanzo che mescola diversi generi, dalla fantascienza al thriller, passando per un lavoro di ricerca ed un'accuratezza tipiche dello storico. Per molti aspetti, questo volume ricorda Vita dopo vita di Kate Atkinson (QUI la recensione), libro che mi aveva molto deluso lo scorso anno, ma le somiglianze si limitano allo spunto iniziale della trama perché, se quel romanzo era caratterizzato da una confusione generale, qui abbiamo una narrazione ed un sistema fantastico -collegato alle reincarnazioni e alle realtà alternative- chiari e comprensibili.
  Come la cara Ursula, il protagonista di questo volume è imprigionato in un eterno ciclo di morte e rinascita, ma dopo le prime vite nelle quali lo stesso Harry deve raccapezzarsi di quanto gli succede, l'intero funzionamento di questo universo ci viene illustrato e, per la mia soddisfazione, risulta credibile: la ripetizione infinita non riguarda solo il protagonista, bensì l'intera umanità, ma solo alcuni individui chiamati kalachakra posso conservare i ricordi delle timeline precedenti, andando così ad alterare se vogliono il corso della loro vita o perfino della Storia.
  Harry è ancora più speciale in quanto mnemonico, ovvero in grado di ricordare ogni dettaglio del suo passato nelle vite successive; ciò lo porterà ad essere preso di mira più volte dai servizi segreti, che intendono sfruttare le sue conoscenze per riscrivere la Storia a proprio vantaggio. A salvare in diverse occasioni Harry sarà invece il Cronus club, associazione segreta con lo scopo di aiutare i kalachakra, specialmente in giovane età, e di salvaguardare l'integrità della timeline storica.
  Durante la sua undicesima morte, Harry riceve però una richiesta d'aiuto dal futuro, che lo porta a divenire lui stesso custode e salvatore dei Cronus club, minacciati da un personaggio misterioso deciso ad anticipare di decenni le scoperte scientifiche per poter sfruttare la tecnologia del presente già a metà Novecento.
  Il fulcro di buona parte del romanzo è proprio lo scontro a distanza, ma in alcuni casi anche faccia a faccia, tra Harry e il suo antagonista: una lotta fatta di vendette ed inganni continui

«Il suo dispiacere era forse un po' eccessivo, un po' forzato? Forse, pensai, quando tutto fosse finito, ci saremmo potuti confrontare sulla qualità delle nostre rispettive menzogne.»

che nulla ha da invidiare ai duelli mentali tra Kira ed L, anzi per molti versi ricorda parecchio il rapporto di amicizia mescolata a rivalità che caratterizza il manga di Tsugumi Ōba, con il buono che deve nascondere in ogni modo un'informazione vitale al malvagio per potersi salvare.

«Sarei stato la nemesi di [SPOILER], e lui non mi avrebbe visto arrivare.»

Cover USA
  Oltre ad una trama adrenalinica e ben strutturata, il romanzo può vantare dei personaggi incredibili, a cominciare dai già citati protagonisti rivali, ma l'autrice si sofferma a più riprese anche sugli altri kalachakra che incrociano la strada di Harry, così come sulla sua peculiare famiglia di origine; e sebbene la narrazione non segua in modo lineare le diverse vite

«Nella terza vita provai con Dio; nella quarta con la biologia. Alla quinta torneremo dopo, ma nella sesta vita [...]»

il lettore non rischia affatto di confondersi o di perdere il filo.
  Altro punto di forza dello stile è la descrizione evocativa delle ambientazioni, come questa, della città di Leningrado:

«[...] la neve cominciava a sciogliersi e il bianco cedeva il passo a un perpetuo grigio-nero luccicante, via via che cinque mesi di sporcizia, fuliggine e polvere spuntavano da sotto i mucchi di neve cristallina [...] le masse di neve restavano, isolandosi come monumenti all'inverno che se ne andava.»

Grazie ai molti spostamenti del protagonista in giro per il globo, possiamo godere di queste incredibili atmosfere, che denotano ancora una volta quanto lavoro di ricerca ci sia dietro questo romanzo: per gli eventi storici, per le location, per le invenzioni e le scoperte dell'ultimo secolo.
  Particolare della narrazione in prima persona è il rivolgersi di Harry ad uno spettatore che compare solo a tratti

«C'è un momento in cui la brughiera prende vita. Vorrei che la vedessi, ma per qualche motivo nelle nostre passeggiate in campagna abbiamo sempre perso quelle poche, preziose ore di rivelazione. [...] Non hai mai visto la brughiera in quelle prime ore dopo la pioggia, in cui tutto è viola e giallo e odora di terra nera e grassa.»

ma che rivela infine la sua identità nel commovente epilogo.

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mercoledì 24 aprile 2019

tutta questione di MARKETING - Font copiati

Gironzolando per la libreria o in uno dei tanti store di libri online, vi è mai capitato di imbattervi in due libri completamente diversi ma con dei titoli quasi uguali? Oppure in copertine che sembrano fotocopiate, titoli tradotti senza tener conto dell'originale o libri spezzati in più volumi?
Tutte queste e molte altre scelte editoriali sono dettate da ragioni di marketing: se un libro vende bene, pubblicarne uno dello stesso genere con una copertina simile può attrarre i lettori meno attenti, come pure chi compra i libri per conto terzi.
Con questa rubrica voglio esaminare alcuni di questi casi, per farvi riflettere sulle strategie adottate dalle case editrici e per smascherare i trucchi più frequenti con qualche esempio.
In questo post ci occuperemo di...

Font copiati


Nuovo appuntamento con la rubrica meno richiesta nella storia dei blog libreschi, oggi parliamo dei font (aka i caratteri del testo) usati per le cover dei libri. Avete mai notato delle curiose somiglianze tra volumi o anche altri prodotti di intrattenimento? oggi ve ne farò conoscere tre degni di nota.

1. Era l'ormai lontano gennaio del 2012 e nelle librerie americane usciva "The Fault in Our Stars" di John Green, in Italia edito da Rizzoli con il titolo "Colpa delle stelle" e diventato celebre anche grazie all'adattamento cinematografico del 2014.


Per l'occasione parliamo della cover originale inglese, dove spiccano lo sfondo azzurro, gli elementi in giallo ed il font che ricorda molto il tratto di un pastello sulla carta.
Dopo qualche anno, per la precisione nella primavera del 2017, viene pubblicato "Noah Can't Even" di Simon James Green, attualmente inedito in Italia.


Sarà perché i due autori hanno lo stesso cognome o perché il target di riferimento è lo stesso, ma la somiglianza tra le cover è evidente, specialmente nel font scelto che crea lo stesso effetto da matita colorata o gessetto.
2. Spostiamoci nel mondo delle serie TV per parlare di quella che è stata per anni la mia serie del cuore (a dispetto di una trama sempre più assurda con l'avanzare delle stagioni): Once Upon a Time.

 

Nella brevissima intro degli episodi compare il titolo, reso graficamente in modo da dare più rilievo alla parola "ONCE", che è anche diventata un modo per i fan di abbreviare il nome della serie stessa. 
Facciamo un nuovo salto nel 2017, questa volta in giugno; la serie TV si avvia alla sua ultima stagione e nelle librerie statunitensi compare "Once and for All" di Sarah Dessen, pubblicato anche nel nostro Paese come "Adesso e per sempre" dalla Newton Compton.

 

Questo romance è ambientato nel mondo degli wedding planner ed in realtà non ha nulla a che vedere con le fiabe in senso stretto (seppur moltissime di queste terminino effettivamente con un matrimonio), ma il font è identico e viene messa in evidenza sempre la parola "ONCE" rispetto al resto del titolo.

3. E parliamo ancora di serie TV, in particolare di una molto popolare negli ultimi anni: "Stranger Things". Disponibile sulla piattaforma di Netflix dal 2016, la serie mescola fantascienza, horror e thriller.


Il logo della serie presenta il titolo contornato in rosso, in un mix tra il sangue e una luce al neon, con la prima e l'ultima lettera della parola "STRANGER" più grandi delle altre.
Ad ottobre 2017 la serie è arrivata alla sua seconda stagione e per la Newton Compton non poteva esserci occasione più ghiotta per pubblicare il cofanetto "Strange Books", che contiene diversi classici dei generi horror e sci-fy come "Frankenstein" di Mary Shelley (QUI la recensione).


Per caso notate qualche somiglianza? Font, colori e parole scelti riprendono in modo decisamente marcato il logo della serie TV... perfino le lettere iniziali e finali in evidenza sono uguali!

venerdì 19 aprile 2019

Humperdinck Holmes in: Elementare, Rugen! - Recensione a “La principessa sposa” di William Goldman

Humperdinck Holmes in: Elementare, Rugen!

Recensione a "La principessa sposa" di William Goldman


LA SCHEDA TECNICA

TITOLO: La principessa sposa
AUTORE: William Goldman
TITOLO ORIGINALE: The Princess Bride
TRADUTTORE: Massimiliana Brioschi
EDITORE: Marcos y Marcos
COLLANA: Gli Alianti
PAGINE: 320
VOTO: 4 stelline e mezza

IL COMMENTO

  La principessa sposa è un romanzo fantasy per ragazzi datato 1973, divenuto ormai un classico anche per merito del film culto “La storia fantastica”, titolo ripreso dalla prima edizione del volume.
  Mescolando elementi reali (ad esempio, il film Butch Cassidy che ha effettivamente sceneggiato) e pura finzione, Goldman crea una storia nella storia, con l'introduzione in cui racconta di come suo padre lo avesse iniziato alla lettura dei romanzi d'avventura leggendogli proprio La principessa sposa quando aveva dieci anni

«“La principessa sposa apparteneva solo a mio padre. Tutto il resto fu mio. Non ci fu storia di avventure al mondo che poté sottrarsi alla mia ingordigia.»

e di come a sua volta lui abbia mosso mari e monti per procurare una copia dello stesso libro al figlio in occasione del suo decimo compleanno. Purtroppo la magia non sembra ripetersi, ma è presto spiegato il motivo: il padre di Goldman gli leggeva solo alcune parti del testo, quelle più emozionanti ed ricche d'azione, tralasciando invece le prolisse digressioni del fittizio autore Simon Morgenstern sulla storia del fantastico regno di Florin.
  Con l'intento di far riscoprire al grande pubblico il capolavoro di Morgenstern, Goldman si imbarca quindi nell'impresa di rieditare il volume, togliendo come il padre le parti più noiose in favore delle scene d'azione

«Ma da punto di vista narrativo in quelle centocinque pagine non succede niente. Salvo questo: “Tra una cosa e l'altra passano tre anni”.»

dando così vita ad una storia avventurosa che pesca a piene mani dai classici della letteratura per ragazzi come i romanzi di Alexandre Dumas, Robert Louis Stevenson e Jules Verne.
  La storia è ambientata nello Stato fittizio di Florin, in un periodo storico che rimane misterioso seppur l'autore si sprechi in indicazioni a riguardo

«Morgentern poteva parlare sul serio, oppure no. [...] O forse era solo un vezzo stilistico dell'autore per comunicare al lettore che “questo non è reale, non è mai successo”.»

e si focalizza principalmente sull'amore tra Buttercup, giovane lattaia dalla sfolgorante bellezza, e Westley, il garzone che assiste la famiglia di lei nella gestione dell'allevamento; questo amore è però contrastato tanto dai numerosi antagonisti quanto da un destino che sembra costantemente avverso alla loro riunione. La trama è ricca di svolte inaspettate, sulle quali autore fa spesso dei commenti, e devo ammettere che un paio di twist mi hanno davvero colto di sorpresa ed ero curiosa di sapere come i personaggi avrebbero risolto determinate situazioni, perché non mancano delle scene in cui l'effetto sorpresa è assicurato

«E sprofondando in un batter d'occhio si trovò a stringere il suo [di Buttercup] polso. Westley urlò a sua volta di orrore e sorpresa, e la Sabbia nevosa lo aggredì alla gola, perché quello che aveva afferrato era il polso di uno scheletro [...]»

  Nel complesso, i due protagonisti non mi hanno fatto impazzire, specialmente Westley che risulta fin troppo perfetto, mentre Buttercup alterna momenti nei quali è estremamente irritante ad altri nei quali sfodera un coraggio ed una risolutezza invidiabili. Molto più affascinanti sono i personaggi secondari e gli antagonisti, tra i quali il mio preferito è indubbiamente Inigo Montoya, ma ho apprezzato molto anche il Principe Humperdinck, una versione più sveglia e determinata del Gaston di “La bella e la bestia”, a mio avviso.
Cover portoghese
  Ad avermi colpito maggiormente è lo stile della prosa, molto ironico al limite del sarcasmo e della satira più pungente

«I genitori di Buttercup non avevano quello che si dice un matrimonio felice. Il loro unico sogno era lasciarsi.»

e capace di riunire in un solo testo ben tre voci distinte e chiaramente riconoscibili: quella del vero autore Goldman, quella dell'autore fittizio Morgenstern e quella del narratore della storia.
  La narrazione è inoltre arricchita da brevi interruzioni nelle quali l'autore si ritaglia un piccolo spazio per introdurre i suoi giovani lettori a concetti e riflessioni validi a qualunque età

«Inigo lo amava. Totalmente E non domandate perché. [...] ma l'amore è fatto di tante cose e nessuna logica.»

«-La vita non è giusta, Bill. Quando diciamo il contrario ai nostri figli, facciamo un grosso errore: non solo è una bugia, è una bugia crudele. La vita non è giusta, non lo è mai stata e non lo sarà mai.»

e capaci di rendere questo volume, come per “La storia infinita” (QUI la recensione), molto più di un banale romanzo d'avventura. Un strumento per prendere coscienza del mondo che ci circonda.

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