sabato 30 novembre 2019

Wrap-Up - Letture di novembre 2019

Wrap-Up - Letture di novembre 2019


Un mese di letture piacevoli seppur non eccezionali, ma soprattutto un mese di letture cinematografiche: ben cinque dei titoli dei quali vi parlo di seguito sono stati adattati per il grande schermo, in alcuni casi anche molto recentemente.

La prima lettura che ho completato questo mese non ha nulla da spartire con la mia TBR, ma sono scusata dal momento che ho iniziato questo libro a fine ottobre.
Pomodori verdi fritti” è un volume al quale mi sono inizialmente interessata solo perché mi sembrava simile a “The Help” di Kathryn Stockett (QUI la recensione), e dopo averlo letto vi posso dire che in certi aspetti la somiglianza e molto forte anche se qui la struttura narrativa è completamente diversa.
Anticipandovi che il mio voto è stato di quattro stelline, potete andare QUI e leggere il commento dettagliato.

Il secondo libro letto è stato il capitolo (quasi) finale della serie Cronache Lunari di Marissa Meyer; dico quasi perché “Winter” è teoricamente seguito da una novella conclusiva presente nella raccolta di cui parlerò a breve.
In questo capitolo la fiaba di partenza è Biancaneve, ma il romanzo ha l’arduo compito di portare a compimento gli avvenimenti della trama orizzontale, ovvero la lotta degli eroi protagonisti contro la regina Levana: questo va automaticamente ad accantonare la storia della principessa Winter che ottiene uno spazio decisamente più contenuto rispetto alle altre protagoniste della serie.
La storia riprende a qualche settimana dalla conclusione di “Cress” (ne parlo QUI), con il gruppo degli eroi a bordo della Rampion, intenti a pianificare una strategia per fermare le mire di conquista di Levana, mentre Scarlet è ancora rinchiusa nel serraglio lunare con Winter e il lupo Ryu come sola compagnia.
Il volume scorre un po' lentamente nei primi capitoli per poi accelerare decisamente nella parte conclusiva, dove il finale conclude la tetralogia in maniera convincente e, pur mantenendo fede al concetto dell'happy ending fiabesco, credibile. L'unico aspetto che mi ha lasciata perplessa è lo scontro tra Cinder e Levana (non ditemi che è spoiler, dai!), perché nel complesso è stata deludente rispetto al tanto hype creato e subito dopo c'è un salto temporale fin troppo repentino.
Promuovo invece la relazione tra Winter e Jacin: rispetto alle altre si basa su un sentimento duraturo e su anni di esperienze in comune, quindi risulta un'evoluzione spontanea della loro amicizia. Positivo anche che l'autrice si sia ricordata di alcuni personaggi secondari degli altri volumi per dar loro qui un meritato epilogo.
Ultimo appunto solitario: la traduzione italiana non sarebbe sgradevole se non venisse inserito continuamente -e a sproposito- il verbo accartocciarsi. Just... why?
Il mio voto è di quattro stelline.

Ho continuato poi la mia TBR con “5cm al secondo” di Makoto Shinkai, il secondo libro dell'autore e regista giapponese letto quest'anno che, proprio come “your name.” (ne parlo QUI), è in sostanza la versione cartacea ed ampliata del suo omonimo film d'animazione del 2007.
La storia è incentrata sul personaggio di Takaki, del quale seguiamo la vita dall’infanzia fino all’età adulta; il volume è infatti suddiviso in tre episodi (in origine era stato pubblicato in forma seriale su una rivista) che vanno a focalizzarsi su altrettanti periodi della vita del protagonista. La prima parte è narrata da Takaki stesso in una sorta di mémoir che racconta degli anni delle elementari e del suo primo incontro con Akari, compagna di scuola della quale si innamorerà; la seconda è narrata sempre in prima persona ma da Kanae, compagna di Takaki al liceo e appassionata di surf, che da sempre ha una cotta segreta per il ragazzo; la terza è invece narrata in terza persona e, pur seguendo principalmente il protagonista, ci offre anche qualche breve scorcio sulla vita adulta di Akari.
Nel complesso la storia di Takaki è molto attuale e può risultare istruttiva sia per dei ragazzi, sia per un pubblico più maturo. Mi è impossibile non fare un confronto con “your name.” e sentire la mancanza dell’elemento fantastico che arricchiva quel romanzo; qui la storia è decisamente più concreta e lascia anche una velata tristezza di fondo.
Per quanto riguarda lo stile, qui sono quasi assenti le onomatopee nella narrazione e, in generale, il testo è molto scarno di dialoghi. L’edizione è abbastanza curata, ma c’è qualche refuso e molte espressioni giapponesi non vengono spiegate con delle note.
Il mio voto è di tre stelline e mezza.

È arrivato poi il turno del classico di questo mese, anche se in questo caso “classico” è un’etichetta un po’ discutibile dal momento che Ray Bradbury ha pubblicato “Fahrenheit 451” nel 1953; penso si possa comunque considerarlo uno dei pilastri del genere distopico, e come tale l’ho affrontato.
Per leggere la mia opinione dettagliata di quest’opera potete andare QUI, mentre già vi anticipo che la valutazione è stata di quattro stelline e mezza.

E continuiamo a parlare di libri bruciati (ma anche salvati dalle fiamme), ma in un libro di tutt'altro genere letterario ed ambientazione con “Storia di una ladra di libri”, sicuramente il titolo più noto dell'autore australiano Markus Zusak.
Questo romanzo storico si è guadagnato quattro stelline, e dal momento che aspettava da diversi anni sullo scaffale della mia libreria mi sono sentita in dovere di dedicargli una recensione completa, che potete leggere QUI.

Ho concluso poi la mia TBR di questo mese con “The Midnight Sea”, primo romanzo della trilogia Il quarto elemento, scritta dall’autrice newyorkese Kat Ross, che presenta una classica storia fantasy nell’ambientazione inusitata del Mediterraneo orientale. O meglio, di una sua versione fantastica di oltre 2300 anni fa.
La trama segue la giovane Nazafareen che, decisa a vendicare la tragica morte della sorella per mano di un Druj, lascia il suo clan per unirsi ai Water Dogs, dei guerrieri impegnati proprio nella caccia a queste creature malvagie. Seguiamo quindi l'addestramento della ragazza sotto la guida del capitano Ilyas, compreso il momento cruciale in cui sarà vincolata al suo daeva, Darius. Una missione all'apparenza semplice stravolgerà però le loro vite, e tutto quello in cui hanno sempre creduto.
Devo ammettere di essere partita un po' prevenuta con questo romanzo, e forse proprio per questo ne sono rimasta colpita in senso positivo. È innegabile che ci siano dei difetti, ma nel complesso la storia risulta interessante -specie per merito dell'originale setting- e lo stile dell'autrice è gradevole.
Punto forte del romanzo sono sicuramente i suoi personaggi, in particolare le relazioni che intrecciano tra di loro; sebbene il libro sia breve, viene dato il giusto tempo ai protagonisti per conoscersi meglio, evitando così delle forzature narrative. Ho apprezzato il particolare la costruzione del personaggio di Tijah (una back story un po' irrealistica, ma accettabile) e il suo rapporto di amicizia sia con Nazafareen che con la sua daeva Myrri. Molto interessante anche l'arco narrativo di Ilyas, che compie una metamorfosi inaspettata in questo volume.
Sull'altro piatto della bilancia ci sono certamente alcuni cliché, riconducibili sia al genere fantasy sia al romance (anche se l'autrice evita abilmente insta-love e triangolo amoroso), e dei colpi di scena molto prevedibili, ma soprattutto i primi capitoli in cui sono presenti troppi salti temporali: personalmente avrei preferito iniziare con la narrazione al presente, per poi inserire le varie informazioni in qualche flash back.
Il mio voto è di tre stelline e mezza.

Come anticipato qualche riga fa, ho letto successivamente la raccolta di racconti “Stars Above: A Lunar Chronicles Collection”, sempre di Marissa Meyer; il volume include nove storie brevi, alcune già pubblicate nei precedenti libri della serie per l'edizione originale, mentre in Italia l'intera raccolta è tutt'ora inedita.
La racconta è composta da otto racconti prequel, rispetto a “Cinder” (ne parlo QUI), e un ultimo racconto collocato cronologicamente due anni dopo quanto successo in “Winter”. Tra le storie prequel, abbiamo le prime sei che vanno ad illustrarci come i nostri protagonisti si siano ritrovati nelle situazioni in cui li incontriamo alla loro prima apparizione nella storia principale (con l’eccezione di Thorne per il quale si è scelto un episodio di parecchi anni prima); questi racconti sono semplicemente delle versioni estese di scene che già erano state accennate dagli stessi personaggi. L’unica storia che fornisce qualche informazione utile (e mia preferita) è “Glitches”, perché ci mostra in modo più chiaro i motivi dell’astio di Adri nei confronti di Cinder; ho trovato invece abbastanza ridicolo “The Keeper”, dove scopriamo che Logan ha affidato la vita della sua legittima regina ad una donna con cui ha avuto una storia durata qualche giorno trent’anni prima! Un altro genio incompreso...
Troviamo poi “The Little Android”, rivisitazione della fiaba La sirenetta in cui sono di scena dei personaggi completamente inediti ad eccezione di un breve cameo. Pur presentando delle grosse ingenuità narrative, la storia nel complesso è molto piacevole e va a riscrivere questo classico dell’infanzia mantenendone lo spirito originale, senza gli sdolcinati edulcoramenti della Disney.
L’ultimo prequel presenta in realtà una scena già vista proprio all’inizio di “Cinder”, con la semplice inversione del POV dalla nostra eroina all’insopportabile Kai, che anche qui fa mostra di riflessioni degne di un cliché vivente (lei è diversa da tutte le altre... certo!).
Da più parti ho sentito definire la lettura di questa racconta imprescindibile per completare la serie, ma non mi trovo troppo d’accordo: pur dando un ulteriore epilogo alla storia -in particolare per quanto riguarda la coppia principale-, questi racconti non hanno aggiunto nessun elemento completamente nuovo, e a mio avviso ci si può fermare senza rimorsi a “Winter”.

Cambiando completamente genere, sono tornata dopo ben due anni da Chuck Palahniuk con il suo romanzo d’esordio (nonché la sua opera più celebre), ossia “Fight Club”.
La trama viene illustrata in modo parecchio frammentario, con diversi salti sia in avanti sia in dietro nel tempo fra una scena e l’altra: il nostro anonimo protagonista soffre di insonnia e -su consiglio del suo medico- inizia a frequentare dei gruppi di ascolto per diverse patologie molto gravi, dove trova una valvola di sfogo alla propria situazione; la riacquistata serenità viene però distrutta dalla comparsa di Marla Singer che come lui partecipa a questi incontri senza essere realmente una malata terminale. È a questo punto che fa la sua comparsa il terzo protagonista della storia, l’enigmatico Tyler Durden con cui il protagonista fa presto amicizia, tanto che assieme fonderanno il Fight Club, circolo di lottatori clandestini che da il nome al romanzo.
A partire da questo incipit, prende il via una storia densa di eventi all’apparenza scollegati tra di loro ma che pian piano acquistano un senso, e portano il protagonista e Tyler a creare una sorta di squadra paramilitare determinata a scardinare ogni struttura sociale del passato.
Devo ammettere di non ricordare nel dettaglio tutti gli avvenimenti di “Invisible Monsters” (QUI la recensione), ma riconosco comunque la presenza di molti elementi in comune come il primo capitolo che anticipa quanto avverrà nell’epilogo o il personaggio principale che narra le vicende nascondendo volontariamente al lettore alcuni elementi della storia per poi stupirlo con rivelazioni inaspettate. Lo stile di Palahniuk continua però a non convincermi del tutto e lo trovo estremamente difficoltoso da leggere, se non si presta molta attenzione.
Il libro presenta una struttura molto cinematografica, che sicuramente ha determinato il successo del film, ma anche questa può creare un po’ di confusione nel lettore alla minima distrazione. Quindi nel complesso è un romanzo dagli spunti molto interessanti, ma probabilmente non è una lettura che appassionerà tutti.
Il mio voto è di quattro stelline.

Con l’ultima lettura del mese ho voluto continuare (o forse, iniziare?) la serie dedicata allo spassoso jinn Bartimeus -scritta da Jonathan Strout- con “L’amuleto di Samarcanda”.
La storia è ambientata questa volta nella Londra contemporanea, dove però maghi e demoni di vario ordine e grado non solo bazzicano tranquillamente per le strade della capitale britannica ma addirittura governano il Paese attraverso centinaia di ministeri. In una città divisa quindi tra maghi benestanti e i comuni (ossia i “babbani” potteriani) che loro disprezzano, il nostro Bartimeus si vede convocato controvoglia da un ragazzino di nome Nathaniel che subito gli ordina di rubare per lui un prezioso e potete artefatto magico; quella che era iniziata come una banale vendetta tra maghi assume ben presto dei contorni decisamente più ampi e pericolosi.
Nel complesso, ritengo questo volume nettamente superiore al primo letto. L’ambientazione è decisamente più interessante per la presenza di una società governata dai maghi nel mondo contemporaneo (si parla di auto, telefoni e computer), inoltre Nathaniel come coprotagonista si è dimostrano caratterizzato in modo ben più accurato rispetto ad Asmira. Lo stile di Stroud si riconferma estremamente piacevole ed il modo in cui ha unito alla trama di questo romanzo degli spunti per continuare la serie è brillante.
Relativamente alla sequenza di lettura, rimane sempre il dubbio se questo romanzo debba essere considerato il primo della serie; infatti “L’anello di Salomone” (ne parlo QUI) è un prequel a quanto succede in questo romanzo, seppur scritto diversi anni dopo. Credo che l’ordine di lettura sia abbastanza soggettivo, perché la trilogia che inizia con questo libro è completamente slegata dal precedente, con le eccezioni di Bartimeus e il suo collega Faquarl, nonché di Salomone che viene nominato in un paio di occasioni.
Il mio voto è di cinque stelline.

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martedì 26 novembre 2019

Lettura d'Insieme - The Lunar Chronicles di Marissa Meyer

Lettura d'Insieme

The Lunar Chronicles di Marissa Meyer


Cover italiane
  The Lunar Chronicles è una tetralogia fantascientifica con target young adult che riscrive alcune delle più note fiabe popolari, scritta tra il 2012 e il 2016 da Marissa Meyer.
  La storia è ambientata in un futuro abbastanza lontano, caratterizzato da un enorme sviluppo tecnologico (cyborg e androidi fanno parte della vita quotidiana) e dalla presenza di una colonia lunare i cui abitanti hanno sviluppato un'abilità quasi magica chiamata Dono Lunare. Ogni volume illustra la rivisitazione di una fiaba -Cenerentola, Cappuccetto Rosso, Raperonzolo e Biancaneve- con l'aggiunta di una trama orizzontale che vede i protagonisti opporsi alle mire di conquista della regina lunare Levana sulla Terra.
  Questa serie mi è abbastanza piaciuta, ma alcuni aspetti non mi hanno convinta del tutto, e sono qui per elencare pro e contro alla lettura della serie.
  Attenzione: da qui in poi ci saranno SPOILER!

PRO

1. IKO E JACIN
  Il cast è ricco di personaggi, forse troppi dal momento che con “Cress” l'autrice si trova costretta a lasciarne qualcuno in panchina, ma tra i tanti la mia preferenza va all'androide Iko e alla guardia lunare Jacin.
  Sin da “Cinder”, Iko si è dimostrata un personaggio originale e molto versatile: la vediamo sfruttare le sue abilità in quanto robot, ma anche regalarci parecchi comic reliefs che rendono la lettura più frizzante. Ho trovato sempre molto ben descritto il suo rapporto con Cinder,

«L’androide le prese il viso tra le mani. [...] -Te l’ho detto, farò qualsiasi cosa per proteggerti. E poi, se dovesse capitarmi qualcosa, so che tu saprai ripararmi.»

giustificato anche dalla sua natura robotica che la incita a rendersi sempre utile per il prossimo.
  Caratterialmente opposto a Iko è invece il pragmatico Jacin, e lui mi ha colpita proprio perché nel gruppo dei protagonisti è il solo a mantenere una certa serietà; inoltre la sua determinazione a rimanere fedele nel proposito iniziale di proteggere Winter è a dir poco ammirevole, anche perché la loro è l'unica coppia nella serie a non essere nata grazie ad un insta-love (o allo stalking... ehm, Kai, ehm, Cress...) ma dopo un rapporto di amicizia consolidato negli anni.

2. RAPPRESENTAZIONE
  Pur inciampando in qualche cliché, l'autrice si è impegnata per creare un cast molto variegato, con personaggi che rappresentano etnie ed estrazioni sociali estremamente diverse.
  Il suo maggior merito è però nel descrivere la condizione dei cyborg, che sono semplicemente la traslazione in questo mondo futuristico delle persone con degli handicap fisici, ovviati in questo caso grazie alle protesi robotiche. La stessa Cinder fa parte di questa categoria, e pertanto decide di battersi per contrastare la discriminazione di cui i cyborg sono vittime; il discorso che fa nel finale di “Winter” ai capi di Stato è molto incisivo:

«Noi vogliamo semplicemente essere accettati, come chiunque altro. Per questo motivo, la mia prima richiesta è che tutte le leggi concernenti i cyborg vengano riprese in esame, affinché possiamo beneficiare dello stesso trattamento e degli stessi diritti fondamentali di chiunque altro.»

  Trovo sicuramente positivo proporre una buona rappresentazione in una serie rivolta ad un pubblico giovane, così da non far sentire nessuno escluso.

3. AZIONE
  In generale questi romanzi hanno un ritmo narrativo molto veloce, che sicuramente rendere la lettura rapida. Questa caratteristica si evidenzia soprattutto nelle molte scene d'azione, che risultano estremamente adrenaliniche ma riescono nel contempo a mantenere la necessaria chiarezza.
Cover francesi
  Pertanto, non si ha mai l'impressione di non sapere cosa stiano facendo i personaggi in scena, e questo non è affatto scontato perché molti romanzi SFF anche popolari ed amati propongono scene di combattimenti assolutamente incomprensibili.

4. AMICIZIA
  Oltre alle scontatissime coppie (d'altronde, la base di partenza è quella delle fiabe!), sono presenti anche diversi legami di amicizia che libro dopo libro vanno ad includere tutti i protagonisti in un solo gruppo di eroi, in opposizione a Levana e i suoi sgherri.
  Ho apprezzato moltissimo la lenta evoluzione di queste amicizie ed il modo naturale in cui vanno a formarsi anche tra personaggi molto diversi tra loro e, ad una prima occhiata, quasi incompatibili.

5. RETELLING
  Il modo in cui le fiabe sono state riscritte mi ha colpita da subito in modo assolutamente positivo. La Meyer è stata abilissima nell'adattare gli elementi delle storie popolari a questo universo narrativo avanguardistico.
  Ed ecco quindi come la scarpetta persa da Cenerentola si trasforma nel piccolo piede robotico che si stacca dalla gamba di Cinder durante il Ballo della Pace, e il travestimento del lupo in Cappuccetto Rosso viene reso grazie al Dono Lunare di un Taumaturgo che manipola la vista di Scarlet:

«Scarlet balzò via [...] fissando la nonna. I familiari capelli spettinati sempre raccolti in una treccia obliqua. Gli occhi conosciuti, che si facevano più freddi mentre la guardava. Si facevano più ampi.»

  Tra tutti, forse “Winter” è quello che si scorsa un po' di più dalla fiaba originale, anche per adattarsi alle esigenze della trama orizzontale, ma senza dimenticare la mela avvelenata qui resa da dei golosi confetti:

«Scoprì due lucidi confetti alla mela verde che sembravano appena usciti dalla vetrina del pasticciere.»

E come il racconto popolare ci insegna, la matrigna travestita addenta il confetto normale, lasciando a Winter quello infetto dalla letumosi. Chapeau.

CONTRO

1. KAI E CRESS
  Per due personaggi preferiti, due devono essere anche i personaggi più fastidiosi, e nel mio caso si tratta dell'imperatore Kaito e dell'hacker Crescent Moon.
  Kai si rivela fin dai primi volumi un completo inetto, anche se in teoria ha passato tutta la vita a prepararsi al ruolo di futuro imperatore:

«[...] Kai si rese conto di quanto fosse stupida la sua domanda. Lui, l’imperatore, non aveva idea di quello che succedeva nel suo paese.»

Forse con la scusa della giovane età, l'autrice gli fa pronunciare alcune battute a dir poco fuori luogo visto il contesto drammatico in cui si trova,

«Kai unì le mani. -Giusto. Si tratta di quella in cui una regina dominatrice fa i capricci e minaccia guerra ogni volta che non ottiene ciò che vuole? Quella relazione?»

infatti anche con il padre moribondo, un Paese attanagliato dalla letumosi e le costanti minacce della regina lunare, i suoi pensieri si mantengono sempre piuttosto frivoli.

«Ma quelle vittorie sarebbero arrivate a fronte di una vita intera fatta di balli e celebrazioni al fianco di Levana, [...] la sua morte prematura avrebbe almeno potuto risparmiargli troppe penose feste danzanti.»

  Ciò che personalmente mi ha più infastidito è stata però la sua forzatissima storia d'amore con Cinder; anche lei ha i suoi problemi (diciamoci la verità, è una Mary Sue fatta e finita), ma questo non scusa Kai per il corteggiamento assillante in cui si diletta in “Cinder” e per la sua gelosia immotivata in “Scarlet”,

«Kai si riavvicinò alla scrivania, notando che il profilo del fuggitivo era comparso sullo schermo. Il suo cipiglio si accentuò. Forse non era pericoloso, ma era giovane e indiscutibilmente bello. [...] Kai lo odiò all’istante.»

  Anche Cress ha delle tendenze da stalker, mascherate alla meglio dalla Meyer con dei comportamenti da fangirl che dovrebbero accattivarsi le simpatie delle lettrici. Immediatamente leggiamo del modo distorto in cui lei vede il genere maschile,

«Accanto a lui [Wolf], Cress si sentiva piccola e vulnerabile come un uccellino, ma anche protetta.»

di conseguenza, la sua storia va a proporre tutti i cliché del genere romance, cominciando dal cattivo ragazzo incompreso che solo la protagonista speciale potrà redimere,

«Carswell Thorne non era un furfante senza scrupoli. Se qualcuno si fosse preso la briga di conoscerlo meglio, si sarebbe trovato di fronte un uomo compassionevole e galante.»

e continuando con i classici piagnistei della ragazza semplice-ma-unica che si strugge per il suo bello,

«Il capitano Thorne, con tutta la sua sicurezza e la sua esperienza del mondo, non avrebbe mai potuto essere rapito da una ragazza banale e goffa come lei.»

Diciamo che al giorno d'oggi questi stereotipi dovrebbero anche essere largamente superati.
  La costruzione del personaggio di Cress ha anche un altro problema; mentre Kai è palesemente un incompetente, lei sfida le leggi del realismo e a soli nove anni diventa l'hacker di punta nello spionaggio lunare:

«She had learned the language of computers and network and she had learned the language of letters and sounds and she had done it all on her own.»

Tutto questo senza uno straccio di formazione, anzi in un ambiente che cerca di mantenere i Gusci come lei completamente ignoranti.

2. ANTAGONISTI
  Se i protagonisti della serie (con qualche eccezione) mi hanno convinta, lo stesso non si può dire degli antagonisti. Ad esclusione di Levana, mancano di motivazioni forti per giustificale le loro azioni malvagie,

«A differenza dei civili, [le guardie] indossavano delle mascherine protettive che coprivano il naso e la bocca.»

ed in generale compiono delle azioni al limite della stupidità: l'esempio più lampante è la decisione di Sybil di far precipitare il satellite di Cress, svelando così ai terresti la presenza della flotta lunare.
Cover tedesche
  Mi ha fatto sbellicare anche la descrizione delle telecamere lunari, perché quelle esterne non registrano l'audio,

«-Ci sono tre telecamere in questa piazza. [...] Nessuna è dotata di un sistema audio, [...].»

e quelle interne al buio diventano inservibili,

«Le luci spente avrebbero dovuto facilitarle il compito? Avrebbero dovuto aiutarla? Come faceva a...
Oh. Le telecamere.»

Tra androidi e navi spaziali mi aspettavo per lo meno che i cattivi avessero le telecamere con gli infrarossi!
  Per quanto riguarda Levana, pur avendo un'intera novella dedicata all'evoluzione del personaggio, non ho provato un grammo di empatia per le sue azioni, così come i vari taumaturghi. Salverei soltanto Adri che per lo meno ha dei sentimenti condivisibili.

3. TRAMA
  Tutta la serie pecca di ingenuità, e anche i personaggi adulti mostrano dei comportamenti estremamente infantili. Nella trama si riscontra la stessa pochezza, tanto che ogni svolta narrativa è prevedibile con pagine e pagine di anticipo.
  Non paga di aver delineato una trama scontata, la Meyer si diletta speso e volentieri nell'anticipare al lettore i twist futuri; una scena ad esempio: prima viene mostrato Wolf che esce correndo dalla casa della madre per seguire qualcosa che ha fiutato, poi Scarlet vede un uomo che si avventa su Winter... chi sarà mai questo misterioso individuo?

4. CRONACHE STELLARI?
  A parte le innovazioni tecnologiche, il mondo immaginato dalla Meyer limita l'esplorazione spaziale alla colonia sulla Luna (solo nel racconto “The Little Android” si accenna casualmente a dei viaggi fino a Giove). Premesso ciò, non si spiegano minimamente le tantissime esclamazioni “stellari” che ci regalano i personaggi, come “Per tutte le stelle!”, “Sacre stelle!”, “Siano lodate le stelle!” o ancora “Grazie stelle!”.
  Sempre pensando che l'umanità non si è spinta più in là del suo satellite, sono rimasta molto perplessa a sentir parlare di galassia,

«To make Artemisia the most beautiful and enviable city in the GALAXY.»

o addirittura di ciò che è al di là della nostra Via Lattea,

«[Kai] Urlava e minacciava Levana con tutte le leggi relative al DIRITTO INTERGALATTICO cui riusciva a pensare.»

«[Linh Cinder] è accusata dei seguenti crimini: [...], interferenza negli AFFARI INTERGALATTICI, [...].»

Ovviamente si può obbiettare che l'intento dell'autrice fosse ironico, ma queste frasi sono presenti anche in situazioni serie e formali, quindi ne dubito.

5. LUNARI E GUSCI
  Seppur il Dono Lunare sia un'ottima trovata per giustificare gli aspetti fantastici delle fiabe, ho avuto l'impressione che questo elemento abbia subito delle variazione del corso della serie. Prima sembra che possa influire solo sulla percezione visiva, come nel caso della bellezza esagerata di Levana, poi il potere viene esteso al controllo del corpo altrui, come fanno i taumaturghi.
  A seconda delle necessità della storia, il Dono colpisce poi anche i pensieri e, in “Cress”, perfino le emozioni delle persone. Ho trovato un po' eccessivo questo aumento dei poteri lunari, anche perché le origini stesse dei lunari sono parecchio discutibili (gli Stati terrestri hanno finanziato la creazione della colonia, ma poi quando i Blackburn prendono il potere con un colpo di Stato dittatoriale non fanno nulla?).
  D'altro canto abbiamo i Gusci che sembrano essere un involuzione dei lunari, ma perché allora sono diversi dai terrestri? specie se si pensa a Luc e Scarlet (in parte terresti in parte lunari) che sono in tutto e per tutto dei terrestri.
  Collegata ai Gusci abbiamo poi un'altra scena surreale: i bambini senza Dono Lunari vengono prelevati da neonati,

«-Poi, quando nascesti, scoprimmo che eri un Guscio. [...] E poi venne Sybil, e io la pregai... la supplicai di non portarti via, ma non ci fu nulla... Si rifiutò di... e pensavo che tu fossi morta.»

e nonostante ciò uno dei compagni di Cress le chiede di contattare la sua famiglia d'origine. Questo serve a mostrarci ancora una volta l'abilità di Cress come hacker autodidatta, ma è irrealistico perché il bambino non dovrebbe avere nessun ricordo dei suoi genitori.

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