domenica 30 giugno 2019

Wrap-Up - Letture di giugno 2019

Wrap-Up - Letture di giugno 2019


Giugno è stato caratterizzato da poche letture valide e, soprattutto, da due grandi delusioni, anche se in parte me lo aspettavo.

Il mese è iniziato con la lettura di “Cloud Atlas. L'atlante delle nuvole” di David Mitchell, romanzo multi genere davvero complesso, perché segue le vite di diversi protagonisti, divisi dal tempo e dallo spazio. QUI trovate la mia recensione completa del romanzo, mentre vi anticipo già qui di avergli assegnato cinque stelline.

La seconda lettura mi ha fatto deviare dalla TBR: mi era arrivato un nuovo libro in inglese ed ho deciso di leggerlo subito. Sì, ho smesso con Roald Dahl, ma non mi sono allontanata dalla letteratura per ragazzi con “Coraline” di Neil Gaiman.
Credo di essere una dei pochissimi a non aver mai visto il film d’animazione che hanno tratto da questo romanzo, ma forse proprio questo mi ha permesso di iniziare la lettura con tanta curiosità. La storia si focalizza in particolare sull'affrontare le nostre paure, soprattutto quando siamo ben consci di ciò a cui stiamo andando incontro, e si sviluppa nell'arco di un'estate: la famiglia di Coraline si è da poco trasferita in un nuovo appartamento e la ragazzina, dopo aver esplorato l'edificio e la zona limitrofa, si annoia parecchio, finché non si imbatte in una misteriosa porta oltre la quale dovrebbe esserci solo un muro di mattoni ma che rivelerà un mondo nuovo tutto da scoprire.
Seppur pensato per un pubblico giovane, il romanzo riesce ad instillare la giusta dose di angoscia anche nel lettore adulto, specialmente per l'originalità con cui Gaiman ha saputo distorcere la realtà quieta di Coraline nel mondo da incubo al di là della porta. Menzione d'onore poi al gatto nero, per me vero eroe della storia e capace di rispondere sempre a tono con battute sarcastiche e sibilline.
Come al solito, anziché valutare il romanzo come quelli in italiano, preferisco tralasciare lo stile e soffermarmi sul livello della lingua, che è quasi identico a quello dei libri più corposi di Dahl, solo trasposto su una storia maggiormente articolata. L'unico elemento che mi ha fatto storcere il naso è la copertina, perché le illustrazioni di Chris Riddell sono azzeccate per il tono del romanzo ma i colori per nulla: il muro sul retro dovrebbe essere rosso e Coraline sceglie sempre colori molto vivaci per i suoi vestiti... tutta in nero e viola non ce la vedo proprio!

Tornata sulla retta via (quella della TBR), ho poi letto il secondo ed ultimo capitolo della Ivy Series scritta da Amy Engel, ossia “Forever. Solamente io e te”. Di questa serie parlo in modo più dettagliato e con spoiler QUI, nella nuova rubrica Lettura d'Insieme; per quanto riguarda questo capitolo preso singolarmente, mi sento in dovere di annoverare almeno un paio di miglioramenti. Almeno nei primi capitoli, la trama ricorda quella di un distopico -in particolare la serie di Hunger Games-; i nuovi personaggi Ash e Caleb si sono dimostrati abbastanza interessanti, specialmente il secondo; l’ultimo, e assai frivolo, miglioramento è nella copertina, dove almeno hanno azzeccato il colore dei capelli della protagonista.
Per quanto riguarda gli altri aspetti, la situazione rimane quella del primo capitolo oppure peggiora ulteriormente. La traduzione è pigra e cade in diversi errori, i pochissimi personaggi secondari sono caratterialmente degli stereotipi e il finale è quanto di più sconclusionato e anticlimatico io abbia mai visto. Se cercate un distopico, vi conviene girare al largo da questa duologia, mentre se volete un romance (N.B. NON il mio genere!) credo ci siano molti libri ben più originali.
Il mio voto è di una stellina e mezza.

Cambio repentino di genere con “La psichiatra” di Wulf Dorn, thriller molto apprezzato che ha reso famoso anche nella nostra penisola l’autore tedesco.
Mantenendo fede al proprio titolo, il romanzo vede come protagonista Ellen Roth, psichiatra impiegata presso la Waldklinik; a seguito della partenza del compagno e collega Chris per un’imprevista vacanza, la dottoressa si trova tra le mani il particolare caso di una donna vittima di violenza di cui non si conoscono le generalità.
Questo thriller svolge egregiamente il suo compito di intrattenere il lettore con una storia molto adrenalinica, che scorre rapida e coinvolge negli eventi narrati. I personaggi non sono troppo approfonditi, ma quelli principali rimangono bene impressi e risultano davvero carismatici. Altro punto a favore, per quanto riguarda l’edizione nostrana, è la scelta di aver stravolto il titolo originale: di solito sono molto contrariata da questi cambi, ma in questo caso particolare trovo che il titolo originale anticipasse un po’ troppo la rivelazione principale e sostituirlo con uno più semplice sia stata una buona mossa.
La mia puntigliosità mi ha fatto però individuare anche un paio di problemi in questo romanzo, che cercherò per quanto possibile di esporre senza incorrere negli spoiler. La prima perplessità riguarda la Waldklinik, una struttura che ospita schizofrenici ad alto rischio di suicidio, dove si riesce tranquillamente ad introdurre un phon, ma soprattutto con un inquietante sotterraneo dotato di attrezzature da far invidia ad American Horror Story Asylum! Un altro problema riguarda un personaggio maschile e la sua fissazione per un personaggio femminile: per l’autore tutto trova giustificazione in un amore non corrisposto che fa soffrire, mentre per me scattare delle foto di nascosto quando uno si sta svestendo in casa propria si può definire soltanto come stalking. E come tale va denunciato!
Il mio voto è di quattro stelline.

La lettura successiva è stata il classico scelto per questo mese, ovvero “Il giovane Holden” di J.D. Salinger. Se volete leggere la mia recensione completa per questo libro andate QUI, ma già vi anticipo che il mio voto è stato di cinque stelline.

L'ultimo volume tra quelli scelti per la TBR è stato “Scarlet” di Marissa Meyer, il secondo capitolo in questa saga di retelling fiabeschi in chiave futuristica. Il romanzo da un lato continua a seguire le avventure della prima protagonista, la giovane cyborg Cinder, mentre dall'altro introduce la nuova eroina Scarlet.
Senza fare nessuno spoiler della trama, posso comunque affermare che l'ho trovata abbastanza scarna, con i personaggi che si limitano a spostarsi da un luogo all'altro compiendo ben poche azioni rilevanti; nonostante ciò il ritmo si mantiene incredibilmente rapido e il volume termina senza che il lettore se ne accorga.
Per quanto riguarda i nuovi protagonisti, potrei mettere Scarlet e Cinder grosso modo sullo stesso livello -entrambe ottime protagoniste, ben caratterizzate- mentre, pur con qualche problema di cliché, Wolf si dimostra un coprotagonista infinitamente migliore di Kai (che anche in questo capitolo si palesa solo per far danni!). D'altro canto non ho apprezzato l'introduzione di Thorne, un personaggio forzatamente comico: per questo ruolo, Iko basta e avanza!
Lo stile si riconferma molto semplice, sebbene ci siano decisamente meno puntini, per la mia gioia, ma il punto forte della serie è l'originalità dell'autrice nell'adattare ad un mondo fantascientifico le fiabe classiche. Punto debole, per contro, è l'ambientazione stessa che, con questo secondo libro in cui il mondo viene maggiormente esplorato, mostra tutti i suoi limiti. Per non parlare dei giochi politici tra l'Unione Terrestre e la Luna, che risultano complessi come un puzzle per infanti.
Il mio voto è di quattro stelline.

Conclusa la mia TBR, mi sono tuffata (attenzione al -pessimo- gioco di parole!) su un libro molto pubblicizzato lo scorso anno per il successo del film dal quale è stato tratto, ossia “La forma dell'acqua (The Shape of the Water)” di Guillermo Del Toro e Daniel Kraus. Potete trovare QUI la mia recensione dettagliata di questo volume, che ho valutato complessivamente tre stelline mezza.

Ho letto più un altro libro in inglese, sempre di Neil Gaiman, ma questa volta indirizzato ad un pubblico adulto, “Stardust”. Si tratta di un romanzo molto fiabesco, con un’ambientazione che ricorda quella de “La meccanica del cuore” di Mathias Malzieu (ne parlo QUI), per i riferimenti temporali reali -si parla degli anni Trenta dell’Ottocento- ma con l'accostamento a moltissimi elementi magici, o per meglio dire fatati.
La trama segue la vita di Tristan Thorn, un giovane abitante della cittadina di Wall, innamorato della bella Victoria che corteggia con insistenza, ottenendo però un nulla di fatto almeno fino alla sera in cui i due vedono una stella cadente che Tristan promette di recuperare per farne dono all'amata. Da questo spunto iniziale partono le avventure del ragazzo che varca il muro oltre il quale si trova Faerie, ossia il mondo fatato, per trovare la stella caduta sulla terra; le sue vicende si intrecceranno a quelle dei numerosi personaggi secondari, alcuni dei quali a loro volta interessati alla stella.
Pur non potendo valutare lo stile dell’autore, posso dirvi che non l’ho trovato molto più complesso da quello utilizzato in “Coraline”, pur considerando che il target del libro è diverso. Ho apprezzato molto l'umorismo che costella la narrazione, l'intreccio della storia -seppur facilmente prevedibile- e l'evoluzione del personaggio principale, ma soprattutto la fantasia di Gaiman nel creare il mondo al di là del muro, con luoghi suggestivi e creature fantastiche.
Per quanto riguarda l'edizione, devo ammettere che non è il massimo dal punto di vista qualitativo (leggasi, pagine incollate!), ma d'altro canto offre degli interessanti contenuti extra a fine volume che i fan dell'autore sicuramente apprezzeranno.

Con l'ultima lettura di giugno ho deciso di continuare una serie fantasy iniziata ormai qualche mese fa, la Prodigium Series di Rachel Hawkins, con il secondo volume “Maleficio”.
Ho sperato ingenuamente in un miglioramento, ma purtroppo questo nuovo capitolo della serie si è rivelato perfino peggiore di “Incantesimo” (ne parlo QUI), con la totale assenza di una trama ben delineata e dei nuovi personaggi adulti, ancor più stupidi degli adolescenti.
La storia riprende qualche mese dopo la fine del primo volume, in particolare con l’arrivo del padre della protagonista che decide di portarla in Inghilterra per l’estate, dove vorrebbe aiutarla ad accettare e controllare la sua natura demoniaca. Come già detto, il tutto viene narrato in modo confuso, aggiungendo nuovi elementi del tutto randomici, per arrivare infine ad un epilogo dove il caos regna sovrano.
Il tono ironico e sarcastico della protagonista è la sola cosa che si possa salvare di questa serie: l’autrice non si sforza nemmeno di rendere interessante il triangolo amoroso, che risulta quindi inserito in modo forzato, o la relazione LGBT assolutamente secondaria.
La narrazione è poi costellata da errori di traduzione e continue contraddizioni, che spesso sfociano nel nonsense assoluto.
Il mio voto è di una stellina e mezza.


DOVE COMPRARE QUESTI LIBRI

giovedì 27 giugno 2019

Dell’amore e di altri Deus Brânquia - Recensione a “La forma dell'acqua (The Shape of Water)” di Guillermo del Toro e Daniel Kraus

Dell'amore e di altri Deus Brânquia

Recensione a "La forma dell'acqua (The Shape of Water)" di Guillermo del Toro e Daniel Kraus


LA SCHEDA TECNICA

TITOLO: La forma dell'acqua (The Shape of Water)
AUTORE: Guillermo del Toro e Daniel Kraus
TITOLO ORIGINALE: The Shape of Water
TRADUTTORE: Flavio Ianneli e Silvia Minucelli
EDITORE: TEA
COLLANA: Tre60
PAGINE: 420
VOTO: 3 stelline e mezza

IL COMMENTO

  La forma dell'acqua (The Shape of Water) è la versione romanzata dell'omonimo film vincitore di ben quattro premi agli Oscar del 2018. Scritto a quattro mani dal regista Guillermo del Toro e dallo scrittore Daniel Kraus, il romanzo si presenta principalmente come un romance, arricchito però da alcuni elementi fantastici e da un'ambientazione storica.
  Appena terminata la lettura, ho voluto vedere anche il film e ho riscontrato davvero molti cambiamenti dal lungometraggio alla versione cartacea. Alcuni hanno un valido motivo mentre di altri non ho proprio colto il senso, specie considerando che si tratta appunto di una novellizzazione; prendendo ad esempio il personaggio di Strickland, da un lato ho apprezzato l’approfondimento sulla cattura del Devoniano e tutta l’involuzione del personaggio che ne consegue -a tratti sembra di trovarsi di fronte ad uno degli abitanti de Il condominio” di J.G. Ballard (QUI la recensione),

«È diventato il dottore, l'avvocato, l'uomo delle caverne. È lui che regredisce, che decade. Sente che la patina di uomo civilizzato si sta sbriciolando, lasciando spazio a una crescente brama di sangue.»

mentre dall’altro sono inseriti alcuni cambiamenti che non hanno ragione d’essere perché non apportano nulla alla trama, come il colore della sua nuova automobile.
  La storia si svolge nei primi anni Sessanta, principalmente nella città di Baltimora, presso l’Occam, dove viene rinchiusa una misteriosa creatura anfibia catturata dai militari statunitensi nella foresta amazzonica. Protagonista principale è l’inserviente Elisa Esposito, una trentenne muta che conduce un’esistenza tranquilla tra il misero lavoro e la compagnia di pochi amici; il silenzio di Elisa nasconde sogni e passioni, come il desiderio di poter danzare indossando delle scarpe scintillanti. La sua vita cambia quando incontra per la prima volta il Deus Brânquia, incatenato e ferito nel laboratorio F-1, e capisce di trovarsi di fronte ad un essere a lei affine perché incapace di comunicare con la voce.
  La più grossa differenza rispetto al film si vede proprio dalla trama: nel romanzo la storia di Elisa viene frequentemente inframmezzata da quelle degli altri personaggi principali, che hanno molto più spazio e dei POV dedicati. In particolare, seguiamo Richard Strickland e sua moglie Lainie (che nel film è quasi una comparsa), l’amica e collega di Elisa Zelda, il suo vicino Giles e il dottor Hoffstetler, che si occupa degli esperimenti sul Devoniano, il quale verso la fine del volume ottiene a sua volta un paio di capitolo POV. Proprio in questa scelta si riscontra il primo del problemi del romanzo, perché la storia di Elisa viene quasi accantonata, specie nella prima metà del tomo, con conseguente difficoltà nel riuscire ad empatizzare con lei, in particolare per quanto riguarda la relazione con il Devoniano: a me è sembrata tutto fuorché il grande amore che ci viene presentato.
  D’altro canto, è impossibile rimanere insensibili alle tristi vicende dei personaggi, e su questo gli autori sfruttano una forte leva emotiva, contrapponendo di volta in volta ai protagonisti -che rappresentano delle categorie svantaggiate- degli uomini bianchi, eterosessuali e realizzati dal punto di vita economico o professionale, i quali immancabilmente si mostrano come figure malvagie. Sorvolando su questa eccessiva generalizzazione che non ho apprezzato, ci troviamo di fronte a scene dove ben si comprende quale sia il comportamento che questi uomini si sento autorizzati a tenere, dalle riflessioni di Lainie sul marito

«Anche prima del viaggio in Amazzoni, Richard la spaventava un po'. Lei aveva sempre pesato che non fosse una cosa inconsueta. Le era capitato di vedere qualche livido sulle braccia delle sue amiche di Orlando. [...] Certi giorni [Richard] sembra che incoraggi il figlio a denigrare la sorella e a sfidare la madre, come se Timmy, a soli otto anni, debba già considerarsi superiore alle femmine della famiglia.»

oppure dalle parole che Giles rivolge al Devoniano, pur sapendo che non lo può comprende appieno, parlando della sua omosessualità.

«Anomalie come me esistono in tutto il mondo. E dunque quand'è che un'anomalia smette di essere tale e diventa semplicemente in dato di fatto? E se tu non fossi l'ultimo della tua specie, ma uno dei primi? Il primo di molti esseri migliori in un mondo migliore? Ci è concesso sperare, no? Di non essere il passato, ma il futuro.»

Locandina del film
  L’aspetto del romanzo che mi ha meno convinto è stato sicuramente lo stile. Soprattutto nella prima parte, è presente un tell eccessivo a discapito dello show, come in questo esempio in cui la stessa scena poteva essere mostrata anziché, appunto, descritta:

«Quando finalmente due scienziati se ne vanno insieme, strizzano gli occhi increduli osservando i rispettivi orologi, ridacchiando della sfuriata che si beccheranno dalle mogli e sospirando al pensiero di quanto preferirebbero un atterraggio di fortuna tra le grinfie delle loro amanti.»

Un altro problema dello stile è la retorica eccessiva che troppo spesso rende ridicole le descrizioni; l’apice si ha quanto Strickland incontra il Devoniano, che viene così rappresentato:

«Il Deus Brânquia, alla fine, emerge dal bassofondo. È lì. Ed è il sole rosso sangue che sfregia il Serengeti, l'antico occhio dell'eclisse, l'oceano che fa lo scalpo al nuovo mondo, [CONTINUA PER SETTE RIGHE] È tutto questo e anche di più.»

Aspetto positivo dello stile è invece la scelta di inserire continuamente dei riferimenti all’acqua e al mondo marino, come in questo esempio:

«-Un tempo conoscevo un uomo di nome Vandenberg. Anche lui infiltrato negli Stati Uniti come te. Non ce l'ha fatta, [SPOILER]. È... affondato in acque, non posso dire quali.
Dal fondo dell'acquario delle aragoste salgono in superficie delle bollicine, quasi che l'acqua, tutta l'acqua del mondo, avesse partecipato nell'inghiottire Vandenberg.»

  Infine, qualche appunto sull’edizione. Il volume presenta quattro illustrazioni a matita molto suggestive, più quella usata per copertina e sotto-copertina; penso che questo, unito alla pubblicità che è stata fatta per questo libro, ne giustifichino il prezzo un po’ alto. Ciò non toglie che il testo presenta diversi refisi dati dalla mancata revisione

«Sono SCUSE, giustificazioni, pretesti. Il fatto che non ci sia neanche una SCUSA è rivelatore.»

che potevano essere facilmente evitati e non sono perdonabili ad una casa editrice così importante.

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domenica 23 giugno 2019

Un classico al mese - “Il giovane Holden” di J.D. Salinger

Un classico al mese

  "Il giovane Holden" di J.D. Salinger


LA SCHEDA TECNICA

TITOLO: Il giovane Holden
AUTORE: Jerome David Salinger
TITOLO ORIGINALE: The Catcher in the Rye
TRADUTTORE: Adriana Motti
EDITORE: Einaudi
COLLANA: Super ET
PAGINE: 230
VOTO: 5 stelline

IL COMMENTO

  “Il giovane Holden” è il solo romanzo pubblicato da Salinger, e spicca quindi nella sua produzione letteraria composta prevalentemente da racconti, come “Alzate l’architrave, carpentieri” e “Seymour. Introduzione” (QUI la recensione).
  Questa opera è peculiare già dall'edizione. Oltre alla richiesta dell'autore di omettere sia la sinossi che la copertina (sebbene alcune edizioni estere presentino comunque della immagini sulla cover), la Einaudi ha dovuto faticare parecchio anche con il titolo che, risultando alla fin fine intraducibile -o meglio, traducibile a discapito del senso logico-, è stato completamente stravolto.
  Il volume si presenta come romanzo di formazione, narrato in prima persona dal protagonista stesso che parla direttamente al lettore come in un monologo teatrale o in una sorta di stand-up comedy. Nulla di preparato e fasullo comunque, infatti il tono è colloquiale e non mancano degli errori già dall'incipit

«Se davvero avete voglia di sentire questa storia, magari vorrete sapere prima di tutto dove sono nato e com'è stata la mia infanzia schifa e che cosa facevano i miei genitori e compagnia bella prima che arrivassi io, e tutte quelle baggianate alla David Copperfield, ma a me non mi va proprio di parlarne.»

  Holden va quindi a ripercorrere uno specifico momento della sua vita -un lungo week-end- arricchendo però il racconto con molti aneddoti sulla sua infanzia o sulle persone che ha incontrato; questa peculiare narrazione da vita a continui salti temporali, dei quali il protagonista si rende ben conto

«[Spencer] Sapeva che non sarei tornato a Pencey.
Questo mi ero dimenticato di dirvelo. Mi avevano sbattuto fuori.»

e mi ha ricordato l'anonimo protagonista de “Le notti bianche” di Fëdor M. Dostoevskij (QUI la recensione): entrambi sognatori pronti a creare lunghi racconti partendo da fatti per gli altri irrilevanti, e poi ad essere ritrascinati bruscamente nella realtà.
  Durante questo fine settimana, Holden lascia il collegio Pencey di nascosto e si reca a New York, dove abitano i genitori e la sorella minore, con l'animo in bilico tra il desiderio di tornare a casa -ed affrontare le conseguenze dell'espulsione- o di scappare verso ovest sperando di potersi nascondere.
  Come già detto nella prima recensione dei suoi lavori, ciò che maggiormente apprezzo nella scrittura di Salinger è la sua capacità unica di mutare del tutto lo stile per adattarlo al suo protagonista; questo dona al lettore la sensazione di trovarsi a leggere le parole dello stesso Holden, senza pensare che dietro ad esse ci sia la mano di uno scrittore. Buoni esempi di ciò sono le ripetizioni, sia nelle riflessioni del protagonista, sia nei dialoghi

«-Perché diavolo vi siete scazzottati, insomma?- disse Ackley, forse per la cinquantesima volta. In questo era senza dubbio un rompiscatole.»

o anche la scelta di inserire molto frequentemente delle espressioni colloquiale come “eccetera eccetera”, “e compagnia bella” o “e vattelapesca”.
  Un altro tratto peculiare della narrazione è dato dal carattere stesso di Holden, che sa essere molto sarcastico

«Si gridava sempre, in quella casa. Era perché quei due [i signori Antolini] non stavano mai contemporaneamente nella stessa stanza. Una cosa un po' buffa.»

nonché un bugiardo dotato di grande inventiva. Purtroppo le sue relazioni con gli altri personaggi sono inficiate dalla sua incapacità di adattarsi alle convenzioni sociali e di relazionarsi con il prossimo come questo si aspetterebbe; lui riflette a lungo sui problemi dati dall'incomunicabilità

«[...] -non so spiegare quello che ho in mente. E anche se sapessi farlo, non sono sicuro che ne avrei voglia.»

che risultano molto evidenti quando pensa di fare o dire qualcosa per poi decidere subito dopo che è meglio rimandare il tutto.
  Oltre all'incomunicabilità, l'altro grande tema affrontato da Holden nelle sue riflessioni è quello della morte, in particolare del venire a patti con il lutto per una persona cara. Il protagonista parla a più riprese della prematura scomparsa del fratello minore, con in quale aveva un rapporto molto stretto

«-Lo so che [Allie] è morto! Credi che non lo sappia? Ma mi può ancora piacere, no? Non è mica che uno non ti piace più solo perché è morto, Dio santo, specie se è mille volte meglio della gente viva che conosci e compagnia bella.»

e per la perdita del quale continua a soffrire, presentando al lettore un quadro familiare che per parecchi aspetti ricorda quello dei fratelli Glass, protagonisti della maggior parte dei racconti di Salinger.

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