venerdì 31 gennaio 2020

Wrap-Up - Letture di gennaio 2020

Wrap-Up - Letture di gennaio 2020


Quest’anno è iniziato con delle letture decisamente altalenanti, ma soprattutto con un gran numero di serie -cominciate, continuate ed anche terminate. Qualcuna avrà già saputo conquistare il mio cuore? Vediamolo insieme nel riepilogo dei libri letti a gennaio.

Per avviare l'anno nuovo ho voluto iniziare una nuova serie, anche se si tratta di una trilogia pubblicata ormai una decina d'anni fa, ossia Dictator di Andrea Frediani, con "L'ombra di Cesare". È ovviamente di una serie storica (a tratti biografica) sulle gesta di Giulio Cesare, e questo primo capitolo si focalizza in particolare sugli anni delle guerre in Gallia.
Devo ammettere che la lettura di questo libro è stata una corsa sulle montagne russe per la valutazione: all'inizio pensavo di aver già trovato il Matteo Strukul del 2020, poi la mia opinione si è un po' ripresa grazie alle ottime descrizioni delle battaglie, mentre il finale mi ha lasciata decisamente perplessa e -per molti aspetti della storia- penso che aspetterò la fine della serie per esprimermi.
Lo ritengo quindi il nuovo Strukul? non proprio, sebbene le loro opere abbiano qualche punto in comune, come ad esempio la mortificazione dei personaggi femminili (solo DUE in tutto il romanzo, escludendo le comparse, e perfino superflue) e la struttura ad episodi con time-jump di anni interi che rendono frammentaria la narrazione.
Non mi posso sbilanciare troppo sulla trama, d'altro canto è la Storia, mentre la storyline secondaria collegata soprattutto al personaggio di Quinto l'ho trovata debole nel migliore dei casi, disgustosa nel peggiore. E non parlo di scene splatter!
In quanto biografo e saggista, Frediani ha dalla sua le conoscenze tecniche per scrivere della Storia, ma nel complesso non credo la sua strada sia nella narrativa. Questa l'opinione è ovviamente basata solo sul primo volume della trilogia, e spero che i prossimi mi portino a cambiare idea.
Il mio voto è di due stelline e mezza.

La seconda lettura completata nel mese è stata "They Both Die at the End" di Adam Silvera, romanzo che ho valutato con ben quattro stelline e mezza: l'autore ha saputo mescolare egregiamente una storia ad alto impatto emotivo a delle riflessioni decisamente profonde. Potete trovare QUI la mia recensione più dettagliata, per ora vi dico solo che era dai tempi di "L'Agnese va a morire" di Renata Viganò che non mi imbattevo in un titolo così spoileroso!

Ho poi continuato la Trilogia dei Sogni -com’è nota in Italia- della tedesca Kerstin Gier, con "La porta di Liv". Il volume racconta le nuove avventure della diciassettenne Olive "Liv" Silver, in particolare nel periodo prima ed immediatamente successivo al Natale; il mondo onirico nel quale si svolge la maggior parte dell’azione viene indagato ancor più a fondo ed il lettore scopre assieme alla protagonista ulteriori possibilità d’azione che vanno a fondere quasi questo luogo-non-luogo con la realtà quotidiana. Questo è stato senza dubbio la maggior voce a favore di questo secondo libro, assieme alla caratterizzazione dei personaggi principali.
Il nuovo antagonista invece non mi ha troppo convinto: anche al termine della lettura le sue motivazioni non sembrano abbastanza solide da giustificarne le azioni. Stesso dicasi per gli sviluppi della relazione tra Liv e Henry, che infatti rimangono irrisolti; non ci resta che sperare nel capitolo conclusivo della serie.
La narrazione della Gier si conferma estremamente piacevole e dotata di un ritmo ottimo, aiutato anche dalle innumerevoli battute che se possibile mi sembrano aumentate rispetto a "Silver" (ne parlo QUI). In generale è stata una lettura molto d’intrattenimento, che consiglierei anche a chi non ha letto il primo libro perché tutti concetti vengono spiegati nuovamente e, in generale, la serie non presenta dei veri cliffhanger.
Il mio voto è di tre stelline e mezza.

Sono poi passata ad un thriller che giaceva da eoni nella mia libreria. Visto com'è andata a finire, sarebbe stato meglio se "7. Il numero maledetto" di Barnabas Miller e Jordan Orlando fosse rimasto sullo scaffale, ma almeno mi sono tolta il dubbio che mi potesse piacere.
Nel complesso, gli ho assegnato due stelline, ma per saperne di più vi rimando QUI alla mia recensione dettagliata del romanzo.

Questo mese ho completato una serie che mi portavo avanti da circa un annetto, ovvero la "trilogia" Prodigium di Rachel Hawkins, leggendo il volume spin-off "Magico". Per scoprire la mia opinione generale sulla serie troverete QUI il mio post per la rubrica Lettura d’Insieme.
Questo libro è ambientato più di un anno dopo la conclusione di "Sortilegio" (ne parlo QUI) e si focalizza su uno dei personaggi secondari in quel volume, Isolde "Izzy" Brannick, una delle ultime cacciatrici di creature soprannaturali rimaste. Il romanzo inizia con due premesse, ovvero la scomparsa misteriosa di Finley "Finn", sorella di Izzy, e la promessa che sarà proprio la nostra eroina a liberare lo stregone Torin dal suo specchio-prigione; long story short: il libro finisce e su questi problemi non si fa nessun passo avanti. La mia impressione è che l’autrice avesse in mente di iniziare una nuova trilogia... peccato che, dopo ben sette anni, questo sia alquanto improbabile.
La storia principale in questo volume riguarda un fantasma che infesta la cittadina di Ideal, in particolare la scuola così che l’intervento di Izzy in qualità di nuova studentessa sia giustificato. Ovviamente non possono mancare un gruppo di amici-lampo e due ragazzi bellocci per creare l’inutile triangolo amoroso.
Il volume risente dei problemi riscontrati nei capitoli precedenti, come i refusi nella traduzione e la stupidità diffusa nell’intero cast, a partire dalla protagonista che a volte fa delle osservazioni pertinenti per poi scordarsene due righe dopo.
Il mio voto è di due stelline.

Il primo titolo a meritarsi cinque stelline piene quest’anno è stato "Senza nome" di Wilkie Collins. Devo ammettere che sono la prima ad essere sorpresa da questa valutazione perché lo scorso anno "La donna in bianco" (QUI la recensione) non mi aveva convinta del tutto. Per sapere cosa mi ha conquistata in questo classico della letteratura inglese, trovate QUI la recensione completa.

A conclusione del mese ho iniziato l'ennesima serie fantasy, questa volta in lingua inglese, con "The Young Elites" di Marie Lu, romanzo ambientato in un mondo ispirato in teoria al Rinascimento italiano. Parlo di teoria perché qui si toccano vette di confusione che non vedevo dai tempi di "Bellezza crudele" di Rosamund Hodge (QUI la recensione): il risultato è un'accozzaglia di elementi storici, culturali e religiosi a dir poco caotica.
La storia viene narrata in prima persona dalla nostra protagonista, Adelina Amouteru, figlia di un mercante caduto in disgrazia, che si trova il viso sfigurato a seguito di un'epidemia che l'ha colpita in tenera età. Quando scopre che il padre intende liberarsi di lei cedendola come amante di un perfetto sconosciuto, la ragazza scappa di casa e scopre di aver ottenuto un potere dalla pestilenza, come alcuni dei suoi coetanei che si fanno ora chiamare Young Elites.
La trama riesce a mantenersi interessante e, sul finale, regala qualche svolta decisamente inaspettata. Il ritmo risente però del modo rude in cui vengono inseriti i flashback nella narrazione, andando così a troncarla di netto. Decisamente eliminabili anche i ridicoli nomignoli dei personaggi, che farebbero invidia a Cinco di "The Flash"!
I personaggi mi hanno generalmente soddisfatto, anche se avrei apprezzato maggiore coerenza nei loro comportamenti, ad esempio abbiamo il padre di Adelina che sarebbe disposto a vendere la figlia ma -a dispetto del suo astio- non fa nulla in tal senso per anni: viste le premesse, mi sarei aspettata si sbarazzasse di lei molto prima. Un po’ troppo sopra le righe anche il personaggio di Teren (in pratica, una versione giovane del Silas de "Il codice Da Vinci") ed i suoi seguaci; dopo tante pagine ancora mi chiedo perché dei normali soldati agli ordini del sovrano si comportino come un mix tra degli pseudo-nazisti e dei fanatici religiosi.
Il mio voto è di tre stelline.

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mercoledì 29 gennaio 2020

Un classico al mese - "Senza nome" di Wilkie Collins

«Tutto il mondo è un teatro, mia cara ragazza, e qui si conclude una delle nostre scene»

 

Un classico al mese

  "Senza nome" di Wilkie Collins



LA SCHEDA TECNICA

TITOLO: Senza nome
AUTORE: William "Wilkie" Collins
TITOLO ORIGINALE: No Name
TRADUTTORE: Adriana Altavilla
EDITORE: Newton Compton
COLLANA: I Mammut Gold
PAGINE: 440
VOTO: 5 stelline

IL COMMENTO

  "Senza nome" è tra le opere meno note di Collins, forse proprio perché si discorsa in parte dagli altri titoli dell'autore britannico. Durante la lettura l'ho più volte confrontato con "La donna in bianco" (QUI la recensione), constatando la totale assenza delle atmosfere cupe e a tratti gotiche che pullulavano invece nell'altro romanzo; anche il genere di riferimento di Collins -la sensation novel- in questo caso viene ribaltato: nel volume precedente i protagonisti dovevano venire a capo di un mistero e sbrogliare una rete di complotti abilmente tesa ai loro danni, mentre qui seguiamo il punto di vista di coloro che tendono questa rete per raggiungere i propri scopi.
  In generale, possiamo dire che in questo romanzo il mistero venga utilizzato come spunto della trama, e non ne sia il focus principale.

«[...] la verità nel loro caso, come in molti altri, rimase sepolta finché la casualità non la fece venire a galla.»

Infatti, il passato dei coniugi Vanstone viene rivelato già nella prima parte dell'opera e serve poi da avvio per la vera storia sulla quale l'autore si vuole concentrare.
  Il romanzo comincia proponendoci l'idilliaca vita della famiglia Vanstone, in una serie di situazioni quotidiane che ricordano quasi "Mansfield Park" di Jane Austen (QUI la recensione); una lettera arriva però dagli Stati Uniti per gettare un'ombra sulla loro felicità, e sarà solo la prima avvisaglia di molte future tragedie. In questo, Collins dimostra un sadismo quasi martiniano (da George R.R. Martin, ndR): nell'arco di un centinaio di pagine le sorelle Vanstone si ritrovano senza genitori, cacciate dalla loro stessa casa e private del loro nome.
  E mentre la pacata Norah subisce tutto questo con stoica rassegnazione, Magdalen è decisa a riprendersi quello che sente suo di diritto, se non legale almeno morale, ricordando a più riprese una Eva Kant d'altri tempi (riferito al suo passato pre-Diabolik).

«"[...] Avete già patito abbastanza per noi; è arrivato il momento di imparare a soffrire per conto nostro. Io ho imparato. E Norah sta imparando".»

Sulla forza e la determinazione di questa giovane donna ruota l'intera vicenda, che segue i suoi tentativi per riottenere l'eredità del padre, da spartire con la sorella. Il legame tra le due rimane per tutta la storia ciò che àncora Magdalen al suo lato più buono,

«Non farò mai del male al tuo cuore.»

impedendole così di spingersi troppo oltre in alcune situazioni decisamente estreme; la protagonista dimostra infatti una sorprendete caratterizzazione quando la vediamo vacillare prima di compiere determinati gesti, sempre in bilico tra il desiderio di vendetta e i ricordi del suo passato felice.
  Pilastro della narrazione, Magdalen si dimostra da subito una figura ben diversa da tante sue omologhe nei libri di quell'epoca. Perduta la sua ricchezza, si risolve a sfruttare al meglio le capacità personali, come il talento per la recitazione:

«Ha un’abilità innata nell’imitare i comportamenti delle persone, che non mi è mai capitato di vedere eguagliata in una donna; si è esibita in pubblico finché non si è resa conto del proprio potere e ha capito di aver potenziato al massimo il proprio talento.»

Il suo carattere emerge al meglio nei confronti con gli altri personaggi, come il capitano Wragge o la cameriera Louisa, quando usa le parole per dare voce a dei pensieri decisamente anticonformisti che non mancano di stupire i suoi interlocutori. Sicuramente degno di nota il suo dialogo con Mrs Lecount, dove la sua determinazione viene paragonata ad un castello di carte,

«"[...] La sua mano è più ferma di quel che penso e immagino che deciderà di aggiungerla quell’altra carta".
"Farà crollare il castello", disse Mrs Lecount.
"E lo rimetterà di nuovo in piedi", ribatté Magdalen.»

  Gli altri personaggi non sono da meno: se in "La donna in bianco" mi ero lamentata della monodimensionalità dei comprimari, qui mi sono felicemente ricreduta perché anche le figure inserite con intento umoristico risultano dotate di profondità. Il miglior esempio è sicuramente Mr Clare senior, presentato inizialmente come una macchietta,

«Quando i ragazzi andarono al college, Mr Clare li salutò con un "arrivederci", e tra sé e sé si disse: "Grazie a Dio".»

riesce poi a dare vita ad un paio di momenti toccanti, nei quali tratta Magdalen con affetto rude, ma quasi paterno.
  Devo concedere uno spazio a parte per quello che è il migliore tra i personaggi secondari: il capitano Wragge. Presentato come una versione migliorata del conte Fosco, quest'uomo non prova alcuna vergogna nel definirsi un delinquente, anzi ne fa quasi un vanto,

«"Truffatore non è nient’altro che una parola di quattro sillabe: t, r, u, f, f, a: truffa; t, o, r, e: tore. Definizione: un contadino morale, un uomo che ara il campo della fiducia umana. Io sono quel contadino morale, quell’uomo che ara.»

In paragone al suo omologo in "La donna in bianco", abbiamo un individuo più carismatico e capace di bilanciare la sua dedizione alla truffa con dei sentimenti decisamente umani. Il suo duello a distanza con Mrs Lecount è incredibilmente emozionante, nonché studiato alla perfezione per tenere il lettore sempre in bilico perché in qualunque momento un'azione imprevista può capovolgere l'esito della sfida.

«"Scacco matto a Mr Bygrave [Mrs Wragge, ndR]!" pensò Mrs Lecount, mentre chiudeva la busta e apponeva l’indirizzo. "Fine dei giochi, questa è la mossa vincente".»

  Strutturato in otto scene divise da degli intermezzi nei quali la storia continua in forma epistolare, il romanzo è dotato di una forte componente autobiografica; da un lato abbiamo gli elementi legali, sempre presenti nell'opera di Collins, dall'altro il tema dell'illegittimità altrettanto caro all'autore che, proprio come il generoso Andrew Vanstone visse per trent'anni con la vedova Caroline Graves senza mai sposarla.
  Ho solo lodi per questo titolo? In teoria sì, dal momento che dopo un inizio un po' lento la storia e i personaggi catturano anche il lettore più esigente. Purtroppo mi ritrovo con un'edizione targata Newton Compton particolarmente scomoda e che presenta anche parecchi refusi, ma se ho perdonato la Garzanti per "Via dalla pazza folla" (QUI la recensione del romanzo di Thomas Hardy) posso di certo chiudere un occhi anche adesso.


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lunedì 27 gennaio 2020

Lettura d'Insieme - Prodigium di Rachel Hawkins

Lettura d'Insieme

Prodigium di Rachel Hawkins


Cover italiane
  Prodigium è una trilogia -più un volume spin-off- fantasy con target young-adult, scritta tra il 2010 e il 2013 da Rachel Hawkins.
  La serie è ambientata in un mondo simile al nostro, dove però vivono anche ogni sorta di creature soprannaturali, chiamate comunemente Prodigium: vampiri, spettri, streghe, demoni, fate, licantropi, mutaforma e tanti altri. Nella trilogia principale seguiamo le avventure di Sophie, una mezza strega che viene inviata all'equivalente di un collegio per i Prodigium, dopo diversi incantesimi andati storti che hanno dimostrato la sua incapacità di mimetizzarsi tra gli umani.
  Questa serie non mi è affatto piaciuta, e sono qui per elencare i dieci motivi per i quali ne sconsiglio la lettura.

  Attenzione: da qui in poi ci saranno SPOILER!

1. HECATE "HEX" HALL
  Partiamo con questa sorta di riformatorio per teppisti magici e dal primo paradosso: c'è bisogno anni di studio per saper mascherare la propria natura? A mio avviso basterebbe una bella strigliata a casa; se poi uno non riesce proprio a controllarsi (e penso ad esempio ai lupi mannari, che durante la luna piena non sono in grado di ragionare) è inutile perdere tempo in lezioni: dovranno vivere lontano dagli umani. Riflessione che varrebbe innanzitutto per le fate: come possono nascondere sempre delle enormi ali?
  Se pensiamo invece alle materie di studio, sapendo che questa scuola è pensata per chi ha mostrato i propri poteri agli umani,

«"Perché siete approdati a Hecate Hall la prima volta?" [...]
"Perché abbiamo fatto qualcosa di sbagliato. Abbiamo rivelato i nostri poteri al mondo degli umano."»

che senso ha perdere ore ed ore con la storia dell'inquisizione o l'autodifesa? se ormai sei stato scoperto, tanto vale usare la magia per scappare!

2. IL CONSIGLIO DEI PRODIGIUM
  Questo è l'organo amministrativo che dovrebbe tutelare la segretezza del mondo magico. E la prima domanda che mi pongo è: perché il ruolo di capo deve essere ereditario? non mi pare sia un'istituzione di stampo monarchico!
  Anche perché questa persona deve rappresentare i Prodigium di tutto il mondo e deve avere delle competenze molto vaste, quindi non ha alcun senso che questo titolo passi di padre in figlio... soprattutto se il figlio in questione è Sophie che era all'oscuro di tutto fino al secondo libro. Non avrebbe dovuto preparasi, fin dall'infanzia, per le sue future responsabilità?
  La parte più assurda? perfino dopo la fine di "Sortilegio", che riscrive in parte le regole di questo mondo, lei rimane il capo!
  Altro aspetto decisamente bislacco collegato al Consiglio è l'affiliazione con le Brannick.

«Tanto per cominciare, non c’erano più Brannick a parte me e mia madre. Invece di cacciare le creature della notte, lavoravamo per il Consiglio. [...] Quindi le Brannick erano diventato più o meno gli agenti di polizia dei Prodigium.»

Quindi le sorti dei Prodigium sono nelle mani di Izzy e sua madre? E al Consiglio è sufficiente il loro intervento?
  Sembrerebbe di sì, dal momento che in "Magico" le vediamo cercare dei lavori extra, in base alle soffiate di streghe limitate.

3. L’IMPRESCINDIBILE TRIANGOLO
  In una serie young-adult scritta nei primi anni Dieci non può proprio mancare il cliché del triangolo amoroso.
  Serve alla trama? Per niente. Ti fa dubitare su quale dei due ragazzi sarà il fortunato vincitore del cuore della nostra eroina? Neppure per un istante. Eppure c'è.
  Non paga di aver fatto oscillare Sophie tra il bad boy e l'orsetto del cuore per tre libri, la cara Rachel ha rincarato la dose in "Magico".

«Mia madre si alzò. "Due ragazzi?", mi chiese. Non avrei saputo dire se era terrorizzata o impressionata.»

Purtroppo il personaggio di Adam (aka il Terzo Incomodo) si autoelimina da solo dopo pochi capitoli. Utilità: 0

4. STUPIDITÀ DIFFUSA
  I personaggi questa serie sono stupidi. Punto.
  Credo che, nella mente dell'autrice, questo dovesse rendere il tutto più divertente; personalmente mi sono trovata soltanto ad alzare gli occhi al cielo ogni tre righe. Ma vediamo qualche esempio chiarificatore.
  Sophie è senza dubbio l'emblema della stupidità: ripete ciclicamente gli stessi errori, pur rendendosi conto delle inevitabili conseguenze:

«Mi chiedevo anche se avrei dovuto dirle del fantasma di Elodie. In effetti sapevo che sì, avrei dovuto. Se le avessi detto di Alice la prima volta che era apparsa, forse Elodie non sarebbe mai stata un fantasma.»

«Bene, quindi il mio primo esperimento con la negromanzia era stato un totale fallimento. Riproviamo.»

Cover britanniche
  E se nei ragazzi la cretinaggine potrebbe anche essere sopportata, quando sono i personaggi adulti a dimostrarsi dei totali beoti, il rollamento degli occhi non è più sufficiente. Vediamo ad esempio per quale motivo le prodi Brannick, cacciatrici di creature soprannaturali dall'alba dei tempi, sono arrivate ad un passo dall'estinzione:

«"Tre mesi dopo, il nuovo capo condusse l’intera famiglia Brannick in un assalto nel più grande nido di vampiri dell’America del Nord. Devo scandirti parola per parola quello che è accaduto dopo?"»

Direi che non potrebbe esistere un miglior candidato per i Darwin Awards dell'anno prossimo.

5. NONSENSE
  Abbiamo appena parlato della stupidità. Ora andiamo oltre parlando di puro nonsense, ovvero buchi di trama e banali dimenticanze che in un primo momento mi facevano corrucciare. Poi ho iniziato a ridere, tanto.
  A tratti sembra non ci sia stato alcun lavoro di editing prima della pubblicazione. Prendiamo un esempio su tutti (altrimenti si fa notte) con l'Iitineris -il portale che permette di viaggiare in ogni luogo-, che fa la sua comparsa in "Maleficio"; durante la lettura capiamo che può essere usato anche nell'isola della Hex Hall,

«Solo quando raggiungemmo la spiaggia iniziamo a correre, e quando arrivammo agli arbusti tra cui era nascosto un Itineris, pensavo che i miei polmoni stessero per esplodere.»

quindi non c'è alcun motivo valido per cui non venga utilizzato anche per il viaggio di Sophie verso l'Inghilterra. Perché prendere l'aereo quando puoi arrivare in qualunque luogo tramite un varco magico?

6. SISTEMA MAGICO
  Questo dovrebbe essere uno degli aspetti più importanti di una serie fantasy che si rispetti. Ma la Hawkins non si prende troppo sul serio, e anche il sistema magico di questo universo non va oltre le creature magiche random e qualche incantesimo SOLO nominato (guai a mostrare qualcosa!).
  Quando Alexander "Cal" Callahan parla del poteri di guarigione, il massimo che sappiamo è che

«"Può farlo qualsiasi Prodigium, davvero, anche se magari non al mio stesso livello. Devi sono essere paziente"»

Quindi anche licantropi, vampiri o spettri? Da come vengono descritti, non si direbbe proprio.
  Anche nello spin-off non ci vengono date spiegazione più esaustive:

«"Ed esistono modi per diluire i propri poteri. Un contro incantesimo, per esempio, o un amuleto vincolante"»

e tutto risulta approssimativo e spiegato genericamente, lasciando al povero lettore l'ingrato compito di dover immaginare come funzioni la magia in questo mondo.

7. UMORISMO FORZATO
  Premetto che sono decisamente fuori dal target di riferimento per la serie, quindi forse è un problema soggettivo, ma davvero non sono riuscita a digerire l'umorismo di questi libri.
  Entrambe le protagoniste fanno battute in continuazione, a prescindere dalla situazione nella quale si trovano. E magari su centinaia e centinaia di freddure, trovi anche una o due genuinamente divertenti, ma la maggior parte mi hanno lasciata al più scocciata.
  Qui vi lascio solo una di queste perle dell'umorismo americano,

«"Mamma, chiunque alla Waffle Hut è sospetto. È per quello che va alla Waffle Hut. Per... essere sospetto. E mangiare dei waffle. In modo sospetto.»

ma vi assicuro che è sufficiente leggere uno degli estratti gratuiti su Amazon per uscirne nauseati dopo sole dieci pagine.

8. PLAG... ISPIRAZIONI ASSORTITE
  Al giorno d'oggi è difficile essere originali nel mondo della letteratura. Questo non autorizza gli scrittori a copiare spudoratamente gli uni dagli altri. Se leggete questa descrizione:

«"Vediamo... capelli castani, lentiggini, atteggiamento da ragazza della porta accanto... Allie? Lacie? Di sicuro un bel nome grazioso che finisce in ie."»

non vi viene automatico usare la voce fastidiosa e supponente di un undicenne Draco Malfoy, mentre squadra dall'alto in basso il povero Ron?
  "Incantesimo" poi è stato direttamente pubblicizzato come una versione fantasy del film "Mean Girls", ma per quelli che lo avessero dimenticato, provvede l'autrice a ricordarlo nel testo.

«Se c’era una cosa che sapevo gestire, erano le RAGAZZE CATTIVE.»

Spin-off Italia e Russia



  Per questi aspetti, la mia lamentela maggiore va però alle copertine. Nelle prime tre vediamo una modella, che rappresenta la nostra Sophie, vicino ad un gatto nero. Chiunque sia cresciuto negli anni Novanta avrà fatto subito il collegamento con Salem, stregone trasformato in felino parlante e amico della mezza-strega Sabrina Spellman. Ma oltre al danno abbiamo la beffa: non c'è nessun gatto in questi romanzi!

9. TRADUZIONE
  La Newton Compton non delude mai. O meglio, delude sempre, quindi ormai so cosa mi devo aspettare.
  La traduzione ha parecchie falle: da regionalismi come il termine ACCOLLO a parole stonate come FONDINA utilizzato al posto di FODERO, per una spada. Cosa dire poi di questa perla:

«La sua maglietta bianca e i jeans vennero sostituiti da una canottiera gialla e da un paio di pantaloni A LAVAGGIO ACIDO.»

cara traduttrice, il termine corretto sarebbe SLAVATI. Ho perso tre ore a capire cosa diamine fosse il lavaggio acido!
  E non mancano i sempreverdi errori di mancata revisione; abbiamo per esempio questa frase

«Un gruppo di ragazzi esultò, ovviamente aspettandosi stelle filanti e CONFETTI, come aveva detto Romy.»

quando solo venti righe prima viene utilizzato il termine corretto, ossia CORIANDOLI.

10. UNA STORIA DIMENTICABILE
  Forse per qualcuno sarà un pregio, ma per me è un terribile difetto.
  Appena chiudevo un capitolo di questa serie, dimenticavo quasi istantaneamente quanto letto, fino all'ultima pagina; ciò rendeva poi difficile riprendere in mano la storia al volume successivo.
  La parte più irritante è che dimenticavo anche i motivi per cui avevo odiato il libro, quindi spero di cuore che apprezziate ancora di più questo post!


VALUTAZIONI SINGOLE
  • "Incantesimo" ("Hex Hall"): due stelline
  • "Maleficio" ("Demonglass"): una stellina e mezza
  • "Sortilegio" ("Spell Bound"): una stellina e mezza
  • "Magico" ("School Spirits"): due stelline