mercoledì 29 giugno 2022

"In tre contro il delitto" di Agatha Christie

In tre contro il delittoIn tre contro il delitto by Agatha Christie
My rating: 3 of 5 stars

"«Ma che ci fate voi in questa tana di canti, danze e allegria, mio caro Poirot? Non abbiamo cadaveri, decisamente nemmeno un solo cadavere da offrirvi»"


IN CUI GLI ITALIANI SONO CRIMINALI O... RISTORATORI

Nel mio percorso all'interno della sconfinata bibliografia di Agatha Christie, ho scelto di fare tappa nella breve raccolta "In tre contro il delitto" per poi proseguire in ordine più o meno cronologico nelle storie con protagonista l'adorabile Miss Marple. Mi ha quindi un po' delusa scoprire che l'arguta vecchietta inglese è presente solo in un racconto su nove totali; per fortuna l'ineffabile Poirot è riuscito a salvare in parte la situazione.
Come detto, questa raccolta è formata da nove racconti brevi -in alcuni casi, brevissimi- che vedono all'opera i più celebri investigatori creati dalla cara Agatha: nel suo unico racconto, Miss Marple racconta al nipote Raymond e a sua moglie Joan di quando scagionò un uomo innocente dall'accusa di uxoricidio; in due storie troviamo il placido Parker Pyne, che ho conosciuto proprio con questa raccolta, impegnato a destreggiarsi tra furti di diamanti e intrighi romantici... non proprio delle avventure al cardiopalma; il detective belga è al centro di ben cinque narrazioni, e lo vediamo coinvolto praticamente solo in casi di omicidio. Il caro Hercule è anche il protagonista dei racconti che ho apprezzato di più, in particolare "Il mistero della cassapanca spagnola" e "Il sogno"; molto carino anche "Un problema in alto mare", che potremmo vedere come una versione beta del celebre "Poirot sul Nilo".
Facendo un rapido calcolo, avrete notato che manca un racconto; "In uno specchio scuro" è però una storia atipica: non ha per protagonista un investigatore, non ruota attorno ad un delitto e presenta alcuni elementi paranormali. La vicenda è narrata in prima persona da un giovane che, in base ad una sorta di visione profetica, pensa di poter salvare la donna di cui è innamorato; purtroppo, come ci insegna la storia di Cassandra, non sempre conoscere il futuro permette di cambiarlo a proprio vantaggio. Sarò onesta: fino alle ultime righe lo trovavo un esperimento tanto inquietante quanto innovativo, ma la conclusione risulta davvero inaccettabile. Sì, anche in un libro pubblicato più di ottant'anni fa.
Accantonando questo infelice scivolone, la raccolta risulta molto godile e d'intrattenimento, in particolare per chi cerca delle storie brillanti ma può dedicare poco tempo o attenzione alla lettura: è piacevole lasciarsi trasportare in questo mondo di persone eleganti e raffinate, che però non esitano a macchiarsi dei delitti più cruenti. Tutto considerato, avrei potuto assegnare anche quattro stelline. Ma poi ho considerato l'edizione.
La copia che ho letto è quella dell'ultima edizione, venduta da Mondadori per la non proprio economica somma di dodici euro. Personalmente, trovo questo prezzo allucinante perché il libro è un classico, in copertina flessibile, con un'illustrazione sulla cover (che reputo esteticamente discutibile) dalla qualità grafica pessima, ma soprattutto non fornisce nessun contenuto: il volume è composto unicamente dai racconti, senza una prefazione, dei cenni biografici, un breve saggio o qualche nota esplicativa. Agatha Christie e i suoi lettori si meriterebbero qualcosina di più.

Voto effettivo: tre stelline e mezza

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lunedì 27 giugno 2022

"Stagioni diverse" di Stephen King

Stagioni diverseStagioni diverse by Stephen King
My rating: 5 of 5 stars

"Potreste fare rivelazioni che vi costano per poi scoprire che la gente vi guarda strano, senza capire affatto quello che avete detto, senza capire perché vi sembrava tanto importante da piangere quasi mentre lo dicevate"


MAI VISTO TANTE F-WORDS IN UN SOLO VOLUME

Non ho mai seguito l'ordine cronologico nella lettura dei romanzi di King, ma almeno con le sue raccolte sto cercando di procedere in base alle date di pubblicazione; dopo "A volte ritornano", letto lo scorso anno, tra i libri che volevo affrontare nel 2022 ho quindi incluso "Stagioni diverse". Non si tratta però di una raccolta di racconti brevi, bensì di un quartetto di novelle collegate ai sentimenti che ispira ogni stagione. Ed il formato risulta davvero azzeccato: se i racconti spesso mi lasciano un po' insoddisfatta (soprattutto se mi sono piaciuti e li avrei voluti vedere come romanzi completi), queste novelle si dimostrano abbastanza lunghe da creare quattro storie coinvolgenti e ben strutturate.
Pur non includendo che pochissimi elementi paranormali, lo stile di King è sempre riconoscibile e ho apprezzato in particolare come abbia saputo adeguare il tono ed il lessico utilizzati alle diverse voci narranti. Ciò che perde in sovrannaturale, questa raccolta lo guadagna in horror, con alcune scene a dir poco agghiaccianti. Ho apprezzato molto anche i rimandi ad altre opere del caro Stephen e i collegamenti tra le novelle stesse; peccato invece per l'edizione che, a dispetto del cambio di copertina, si tiene stretti i suoi vecchi refusi (in alcuni casi davvero esilaranti, come il titolo di "Carrie" che viene storpiato in "Carne"!) e una sinossi non del tutto chiara.
Dal momento che le novelle sono così diverse l'una dalle altre, ho pensato fosse meglio scrivere dei commenti separati e dare anche delle valutazioni singole.


"Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank" - cinque stelline
Questa storia è partita da subito con una marcia in più perché mi ha riportato almeno in parte a "Il miglio verde", uno dei miei romanzi preferiti di King: entrambe le narrazioni ruotano attorno a dei penitenziali e vanno ad illustrare la difficile vita dei detenuti in modo parecchio crudo.
La vicenda viene raccontata dall'ergastolano soprannominato Red, ma il vero protagonista è Andy Dufresne, un detenuto che si trova nello stesso braccio a Shawshank per un duplice omicidio del quale si professa innocente. I due uomini si conoscono quando Andy chiede a Red di fornirgli alcuni oggetti tra i quali un poster a grandezza naturale dell'attrice Rita Hayworth, attività per cui l'uomo è rinomato nel carcere, e diventeranno con il tempo amici. Sullo sfondo, rapidi sguardi sulla vita all'interno del penitenziario, tra tanti episodi di violenza, ma anche qualche storia se non proprio a lieto fine per lo meno capace di ispirare un po' di speranza.
Le anticipazione sugli sviluppi della trama del narratore sono veramente l'unico aspetto sul quale potrei azzardare una mezza critica a questa novella: la voce di Red si distingue con chiarezza, l'intreccio è brillante e ben strutturato, il tema della libertà viene analizzato a fondo da diverse angolazioni, e le descrizioni di Shawshank sono tanto magistrali quanto rivoltanti, e da semplice luogo riescono a renderlo una figura terrificante in grado di plasmare le menti di carcerati e guardie allo stesso modo.
La vera forza del racconto sono però i suoi personaggi, che formano un cast eterogeneo ben delineato, nel quale spiccano immancabilmente i caratteri di Andy e Red: due protagonisti dall'atteggiamento riservato ma a loro modo capaci di essere vicini l'uno all'altro e di liberarsi dai vincoli fisici e psicologici di Shawshank.

"Un ragazzo sveglio" - quattro stelline e mezza
Una narrazione dai toni ancor più cupi, e senza alcuna traccia di un potenziale lieto fine, è quella dell'amicizia tra il prototipo del perfetto ragazzo americano, Todd Bowden, e un uomo anziano che abita nella sua città; sotto l'identità di questo distinto signore si cela però Kurt Dussander, ex nazista nonché responsabile del campo di concentramento di Patin.
Con il passare degli anni, il rapporto tra i due diventa sempre più morboso e tossico, rendendo questa lettura a dir poco disturbante: se da un lato si può provare pena per il modo in cui la mente di Todd viene plagiata dalle parole di Dussander, dall'altro è chiaro che non è lui il solo responsabile, perché la superficialità dei genitori e l'indole stessa del ragazzo sono altrettanto determinanti.
In questa novella più che l'ambientazione, risultano fondamentali il clima di tensione e disgusto trasmesso al lettore e le vicende dei personaggi secondari, analizzate in modo decisamente approfondito, e infatti decisive per la risoluzione della vicenda.
Pur avendo trovato questa storia troppo macabra ed inquietante per poter dire di apprezzarla appieno, devo ammettere che il risultato è comunque eccellente: King riesce non solo a terrorizzare i suoi lettori, ma anche a spingerli a rivalutare i confini della giustizia e della crudeltà umana, fino al punto da provare empatia per dei caratteri così deviati.
Indubbiamente una lettura sconsigliata ai cuori fragili.

"Il corpo" - cinque stelline
Il terzo racconto copre un lasso di tempo molto più breve dei precedenti, dal momento che il grosso dell'azione occupa a malapena un paio di giorni. È quanto serve al gruppo di ragazzini protagonista per affrontare il loro percorso formativo, un rito di passaggio nato forse in maniera casuale ma trasformatosi poi in una tappa fondamentale per l'emancipazione, che conclude in qualche modo il periodo dell'innocenza.
Gordie Lachance, Teddy Duchamp, Chris Chambers e Vern Tessio decidono infatti di campeggiare nel bosco perché quest'ultimo ha saputo che lì si trova un cadavere. E senza pensare troppo ai preparativi si incamminano, spinti in parte da una curiosità un po' morbosa e in parte dal desiderio di essere visti per una volta come eroi da dei genitori che oscillano tra l'ignorarli e il maltrattarli crudelmente.
Ovviamente il gruppo protagonista è il cuore della storia, oltre ad essere una versione beta dei più celebri Perdenti sotto parecchi aspetti. Impossibile non affezionarsi e fare il tifo per questo quartetto di amici; in particolare, ho trovato commovente l'amicizia tra Gordie e Chris, per i quali forse avrei voluto qualche pagina in più nel finale.

"Il metodo di respirazione" - quattro stelline e mezza
Unica ad includere degli elementi paranormali, se non proprio fantastici, questa storia risulta divisa in due parti, motivo per cui nella sinossi viene introdotta in modo confuso: nella prima metà vediamo l'avvocato David Adley, socio di un importante studio newyorkese che dopo anni di impegno vede finalmente la possibilità di fare carriera quando il titolare lo invita in un misterioso e sofisticato club dove i soci si intrattengono con bizzarre storie; nella seconda il medico Emlyn McCarron racconta proprio uno di questi aneddoti, concentrandosi in particolare sulla gravidanza ed il parto di Sandra Stansfield, sua paziente dal carattere determinato.
Personalmente ho trovato l'introduzione del club molto lenta e poco utile per quello che è alla fin fine il messaggio della novella, ma per fortuna la storia del dottor McCarron ha risollevato già dalle prime righe l'intera narrazione. Un racconto in parte fantastico ma soprattutto l'analisi di una figura femminile incredibilmente resiliente, in un'epoca che le è per tanti versi nemica: mi sono innamorata del personaggio di Sandra, e mi spiace veramente che David e le sue curiosità sul club le rubino delle pagine preziose.

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mercoledì 22 giugno 2022

"The Killing Light" di Myke Cole

The Killing Light (The Sacred Throne, #3)The Killing Light by Myke Cole
My rating: 3 of 5 stars

"She'd seen light like this before, ripping through the fissure in her old friend Clodio as his body split and the devil emerged, screaming, into the sunlit world"


COM'È PICCOLO IL MONDO (FANTASY)

Dopo un primo capitolo alquanto disastroso ed un secondo in netto miglioramento ma ancora un po' incerto su comprimari e relazioni, non sapevo bene cosa aspettarmi dalla conclusione della trilogia The Sacred Throne. Per fortuna i miei timori si sono rivelati grosso modo infondati, infatti "The Killing Light" ha mantenuto il livello raggiunto dal precedente, andando anche a migliorarne alcuni aspetti, motivo per cui ha avuto una mezza stellina in più nella valutazione.
La narrazione riprende praticamente dal giorno successivo al finale di "The Queen of Crows", e si concentra per la maggior parte sul viaggio intrapreso dai protagonisti verso la capitale per chiedere udienza all'Emperor, anche se le motivazioni che li muovono cambieranno nel corso della storia; infatti questo è il libro più dinamico della serie, specialmente per le svolte di trama che pur non essendo tantissime risultano molto incisive sul corso degli eventi. Il tutto procede con un ritmo abbastanza incalzante, forse un po' rallentato dalle numerose scene di combattimento o battaglia, che sono comunque scritte in tono adrenalinico e con cura per i dettagli.
I personaggi sono indubbiamente uno degli elementi più interessanti del libro: nonostante la maggior parte di quelli secondari rimanga poco caratterizzata, un paio riescono a spiccare nel mucchio, diventando così dei validi comprimari; ho apprezzato in particolare questo percorso di "emancipazione" perché va ad interessare anche personaggi dai quali non mi sarei aspettata molto. Per quanto riguarda la protagonista, rispetto al primo volume abbiamo fatto dei passi da gigante e, pagina dopo pagina, mi sono trovata ad apprezzare Heloise sempre più, specialmente per come reagisce con fermezza a chi la contesta senza però cedere alla facile soluzione della violenza.
Il sistema magico del mondo fantasy ideato da Cole viene ancora ampliato, aggiungendo un paio di elementi inediti che onestamente avrei preferito vedere accennati già negli volumi precedenti, perché introdotti qui risultano più che altro degli espedienti pigri per portare la trama verso la risoluzione finale. Tutto considerato, si inseriscono bene nella narrazione, cosa che non posso dire per gli elementi di world building: qui vediamo diverse nuove location, ma dopo tre libri devo ammettere di avere ancora le idee confuse, soprattutto per la velocità con cui i personaggi si spostano e per la pochezza con cui vengono descritti i luoghi che raggiungono. Inoltre trovo a dir poco assurdo che in un vasto impero si incrocino sempre gli stessi personaggi... suvvia!
Nonostante questi margini di miglioramento, il libro mi ha spinto a rivalutare in positivo un po' tutta la serie, ed è merito soprattutto delle tematiche scelte. Nel volume si parla a più riprese di fede religiosa, elaborazione del lutto e lotta ai pregiudizi, nella fattispecie quelli basati su etnia, religione e orientamento sessuale; forse l'autore analizza questi temi in modo grossolano, ma il messaggio arriva senza dubbio chiaro. Personalmente ho trovato molto bella la metafora dell'armatura, dalla quale Heloise non trova il coraggio di uscire perché ha paura di non essere all'altezza delle aspettative degli altri una volta fuori: l'armatura, che le dava nei capitoli precedenti la forza di combattere, diventa con il tempo una barriera dietro cui nascondere le sue insicurezze; la scena in cui vediamo la risoluzione di questa problematica mi ha emozionata molto.
Sinceramente, su questa serie non avrei scommesso una banconota da tre euro, quando mi sono ripromessa di terminarla ad inizio anno. Avere già in libreria tutti i volumi mi ha dato la motivazione per andare oltre "The Armored Saint", e sono felice di averlo fatto; non sarà la trilogia della vita -e neppure del 2022- ma ha tanti elementi originali che la fanno cresce di libro in libro, e mi spiace che per vari motivi abbia avuto poca risonanza.

Voto effettivo: tre stelline e mezza


AVVISO IMPORTANTE!
Durante la polemica scoppiata due anni fa, in merito ai comportamenti molesti di alcuni autori fantasy e sci-fi nei confronti delle colleghe, è spuntato tra gli altri il nome di Myke Cole. In realtà le accuse a cui si faceva riferimento erano già state rese pubbliche nel 2018, e l'autore aveva risposto scusandosi tramite il suo sito, ma questa situazione ha fatto sì che due CE abbiano abbandonato i progetti di pubblicazione dei suoi libri.
Personalmente ho saputo di questa vicenda dopo aver acquistato i primi due libri della serie; ho quindi considerato i diversi fattori, decidendo di leggere e parlare comunque di questi romanzi, includendo un avviso per chi non fosse al corrente della vicenda. Per il futuro invece eviterò di acquistare altri suoi titoli, così come ho fatto nel caso di Mark Lawrence.

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lunedì 20 giugno 2022

"Città degli angeli caduti" di Cassandra Clare

Città degli angeli caduti (Shadowhunters, #4)Città degli angeli caduti by Cassandra Clare
My rating: 3 of 5 stars

"I capelli le si sollevarono, una massa di fili ardenti contro uno sfondo di tenebre. Poi divenne oro bianco, ridotto a una lamina sottile nell'aria, e infine sale, mille granelli cristallini che piovvero ai piedi di Simon in uno spettacolo di spaventosa bellezza"


PER FORTUNA CI SONO I SEDICENNI…

Aver lasciato passare due mesi dalla lettura di "Città di vetro" non è stata l'idea del secolo, perché ho finito per scordare serenamente buona parte delle sottotrame di The Mortal Instruments. Per fortuna la cara Cassandra già nel lontano 2011 aveva previsto questo mio errore, e per ovviare ha ben pensato di includere degli utili -ma forse un po' tediosi- spiegoni riassuntivi nei primi capitoli di "Città degli angeli caduti". Con tutte le informazioni necessarie bene a mente, possiamo quindi procedere in questa cosiddetta seconda trilogia.
La trama è quello che potremmo definire gergalmente un mappazzone: Clare alterna con il suo solito ritmo frenetico scene del tutto scollegate tra loro, assicurandoci però che le fila di tutto sono mosse da un unico villain; il risultato è l'effetto "Calice-di-fuoco", per cui abbiamo un piano orchestrato in modo tanto cervellotico quanto inutile a conti fatti. Di base vediamo Clary alle prese con l'onnipresente (ma ancora non diagnosticato) bipolarismo di Jace che la vuole, ma non la merita, ma la vuole comunque, ma poi la molla, ma invece no; dall'altro lato troviamo Simon che si deve baracamenare tra una sequela di personaggi interessati a lui, chi per i suoi poteri di vampiro Diurno chi per motivi sentimentali. Sullo sfondo troviamo l'imminente matrimonio tra Jocelyn e Luke, gli inutili bisticci tra Alec e Magnus e una parentesi dedicata al passato di Maia che andrebbe anche a toccare temi importanti, ma viene risolta con troppa facilità.
A conti fatti i personaggi non fanno altro che correre in giro per New York, combinando ben poco e non comunicando tra loro le informazioni necessarie; e ovviamente sto parlando degli adolescenti perché in questa storia i personaggi adulti hanno la stessa utilità di un paracadute di ferro. Tra l'altro, basandosi sul plot twist principale, molti degli avvenimenti precedenti risultano del tutto insensati, come la storia del bambino abbandonato. Anche il sistema magico vive in mera funzione della trama, motivo per cui vengono introdotte nuove regole spesso in netta contraddizione con quanto visto nei volumi precedenti.
Nonostante questi difetti, in parte per il ritorno a New York -una location che Clare riesce a rendere molto bene- e in parte perché ormai ho fatto il callo all'umorismo della cara Cassandra (come anche alla sua narrazione caotica che trasforma tre giorni in un'epopea di un mese minimo), "Città degli angeli caduti" mi ha saputo intrattenere e divertire, e non solo per merito di biglietti da visita demoniaci o quartetti d'archi di lupi mannari.
I personaggi sono forse l'elemento più memorabile di questa storia in senso positivo, a parte Jace che penso detesterò a vita, con il suo atroce modo di parlare artefatto. Clary ha qualche sprazzo di lucidità e buonsenso, nonostante continui a fare scelte impulsive molto stupide, ma chi mi ha veramente colpito è Simon: chiudendo un occhio sui doppi appuntamenti, troviamo un personaggio non solo finalmente centrale nella storia ma anche protagonista di alcuni tra i dialoghi più ben scritti del libro; a questo si aggiunga che ho adorato le sue interazioni con Jace ed il loro rapporto di nemici-amici. Per quanto riguarda i personaggi secondari, ho scoperto un inaspettata simpatia verso Isabelle, che pian piano sta dimostrando un carattere vero, al di là dello stereotipo della tipa-tosta.
In definitiva, è stata una lettura genuinamente divertente ma ho l'impressione che questa serie potesse dirsi conclusa già al terzo volume: l'autrice sta chiaramente ripescando idee già sfruttate e cambiando le sue stesse regole magiche per allungare la saga. Buon per (il taccuino di) lei, malino per noi lettori.

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mercoledì 15 giugno 2022

"The Sudden Appearance of Hope" di Claire North

The Sudden Appearance of HopeThe Sudden Appearance of Hope by Claire North
My rating: 5 of 5 stars

"First impressions matter, when they are all you have to live by"


TIPO MEMENTO, MA AL CONTRARIO

Dopo oltre due mesi di letture sottotono, ho dovuto invocare l'aiuto di Claire North per trovare finalmente un libro da cinque stelline, e una delle mie autrici preferite non mi ha deluso. "The Sudden Appearance of Hope" è infatti l'ennesimo capolavoro che sforna per quanto mi riguarda, oltre ad essere forse la sua storia più intima ed emozionante tra quelle che ho letto finora. Una storia che, in barba al potere della protagonista, non dimenticherò tanto facilmente.
L'immancabile spunto fantascientifico riguarda proprio la peculiare condizione della britannica Hope Arden: durante l'adolescenza le persone iniziano a scordarsi progressivamente di lei, al punto da rimuovere o riscrivere qualunque ricordo la riguardi. Questo le rende logicamente impossibile avere una vita ordinaria, dalle cose semplici come ordinare un caffè al bar a quelle più complesse come ottenere un posto di lavoro; ecco perché la incontriamo nei panni di abile ladra, attività nella quale riesce a trasformare la sua "malattia" in una risorsa. La narrazione prende in breve un ritmo incalzante -adatto al thriller che in effetti il romanzo è- e si concentra su una lotta tra l'enigmatica figura nota online come Byron14 e la società Prometheus, che si sta arricchendo grazie all'app Perfection con la quale promette di rendere le vite dei suoi utenti perfette, ma forse non troppo libere.
A causa del furto di un'inestimabile collana, Hope si trova quindi coinvolta in questo scontro tra perfezione ed individualità, cercando di mantenersi fedele alla sua etica ma anche sperando di poter trovare una cura per diventare finalmente una persona reale, che possa avere un peso nelle vite degli altri. Leggere il suo POV è un'esperienza tanto particolare quanto sofferta: non si può rimanere impassibili davanti ai suoi tentativi di creare dei rapporti con gli altri, pur con la consapevolezza che bastano un paio di minuti per perdere ogni ricordo. Tra le diverse abilità immaginate dalla cara Claire, è quella che più sembra una maledizione e a conti fatti non offre alcun tipo di scappatoia alla protagonista.
A dividere la scena con Hope troviamo un cast variegato composto da caratteri ben delineati, anche se non particolarmente numeroso; a differenza dei libri precedenti di North, qui non ho individuato un legame particolare che dominasse sugli altri, ma trovo che a dispetto della sua condizione la protagonista riesca a creare dei rapporti significativi con diversi comprimari. Tra questi personaggi, ritengo Filipa Pereyra-Conroy e Luca Evard i più interessanti, forse perché sono quelli con cui Hope crea delle relazioni che travalicano i confini della battaglia sotterranea tra Prometheus e Byron, anche se qui andiamo chiaramente sul gusto personale.
Oltre a coprire un lasso di tempo abbastanza esteso per un libro autoconclusivo, il volume ci porta anche in un viaggio tra Asia, Africa ed Europa, ambientazioni che come sempre North descrive in modo attento e dettagliato: è evidente quanto si impegni nelle ricerche, al punto che mi sento di chiudere un occhio su qualche refuso nei nomi italiani. Penso sia riuscita anche ad adattare bene il suo stile al modo di pensare della protagonista, non sempre lineare rispetto agli eventi narrati.
A dare veramente una marcia in più a questo libro sono però le tematiche che affronta. In un primo momento ero un po' perplessa, perché avevo l'impressione si toccassero troppi argomenti diversi in un'unica storia, ma con il procedere della narrazione viene alla luce un filo rosso a collegare il tutto sotto l'ombrello della critica all'intolleranza, in un mondo (il nostro, qui non ci sono aspetti fantastici che tengano) che tratta sempre in modo diverso le donne e i neri. E questo nel testo ricorre spesso, dal momento che Hope è una donna afrodiscendente, dimenticata in virtù del suo "talento" ma nel presente spesso messa in difficoltà dal suo aspetto. La narrazione spinge a riflettere anche sul concetto di perfezione, su come sia limitante in quanto dettato per la maggior parte da canoni occidentali, ed elitario perché una persona indigente non arriverà mai a scalare la graduatoria di un'app come Perfection.

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venerdì 10 giugno 2022

"Le mille luci del mattino" di Clara Sánchez

Le mille luci del mattinoLe mille luci del mattino by Clara Sánchez
My rating: 2 of 5 stars

"Ha fatto buio e fuori un milione di luci inizia a illuminare questa oscurità. E se tutto ciò non stesse succedendo davvero?"


QUANTI FILM MENTALI VORRESTI INSERIRE? SÌ.

Sánchez non era un'autrice verso la quale avessi un particolare interesse, ma qualche compleanno fa "Le mille luci del mattino" mi fu donato dal classico parente che ogni lettore ha, ossia quello del tutto estraneo al mondo editoriale eppure deciso a regalarti un libro random perché tanto "a te piace leggere, no?". In ogni caso, mi sono decisa infine a leggerlo, e devo dire che mi ha lasciato con uno strano dilemma: a fine lettura, di solito mi trovo combattuta sulla valutazione da assegnare ad un libro, ma in questo caso il mio cruccio riguardava direttamente il genere, dal momento che il buon senso mi spingeva a dire mystery mentre il mio lato più polemico suggeriva pippone mentale.
Questo romanzo ruota infatti attorno ad una serie di misteri, che vengono però continuamente interrotti dalle fantasie della protagonista, la trentenne madrilena Emma. La storia inizia con l'assunzione della donna in una società di servizi (e non sperate in maggiori chiarimenti, dal momento che lei stessa ammette di non sapere cosa facciano in concreto), dove diventa l'assistente personale del Vicepresidente Sebastián Trenas; nel tentativo di mettere in ordine alcuni vecchi verbali, Emma attira attenzioni indesiderate sul loro ufficio, attenzioni che culminano con la morte non proprio naturale di Trenas.
Da questo spunto, vi potreste aspettare l'inizio di una bella indagine per far luce su sordidi segreti aziendali, e invece no! in primis per la stupidità della protagonista che proprio non capisce cos'è andata a smuovere, ma soprattutto perché la risoluzione dei vari misteri non è affatto collegata alla società bensì a problemi familiari e relazioni clandestine. Così, dopo una sequela di rivelazioni che farebbero invidia agli sceneggiatori di Beautiful, si giunge ad un finale tanto anticlimatico quando insoddisfacente.
Tutto ciò è per buona parte merito della stessa Emma che, tra un sogno ad occhi aperti e l'altro, si dimostra del tutto disinteressata al suo lavoro e al suo stesso futuro; in realtà, penso che la cara Clara volesse descrivere una persona tormentata dai traumi del suo passato, però questo aspetto è troppo vago e marginale nel testo perché lei risulti simpatetica al lettore. A conti fatti, Emma sembra più interessata a scoprire le tresche di colleghi e superiori, che tra l'altro le confidano i loro più oscuri segreti senza alcuna remora. Ci troviamo inoltre di fronte ad un cast davvero troppo numeroso, che ha però almeno il pregio di essere composto da personaggi moralmente ambigui, e per questo abbastanza verosimili.
La narrazione in prima persona incide anche sulle tematiche: il libro accenna spesso ad argomenti profondi e situazioni difficili, collegati soprattutto alla salute ed alle relazioni, ma tutto viene annacquato dal POV di Emma che si perde nell'ennesima fantasticheria o si aliena fissando un determinato dettaglio del suo interlocutore. E nel caso degli uomini è quasi sempre il pacco.
La prosa di Sánchez è piena di inutili fronzoli e grandi giri di parole, ma nel complesso risulta sufficiente. L'ambientazione invece è l'aspetto più riuscito del romanzo, soprattutto per come riesce a dare un carattere distintivo ai diversi locali all'interno della cosiddetta Torre di Vetro.
In sostanza, c'erano le basi per ottenere un discreto mystery d'intrattenimento, ma l'autrice si è persa nella sua stessa trama. Per lo meno l'edizione italiana ha pensato di puntare sull'ecologismo, riducendo notevolmente l'inquinamento luminoso: infatti dal titolo originale "Un Millón de Luces" (letteralmente, un milione di luci) Garzanti ha spento ben 999.000 lampadine!

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mercoledì 8 giugno 2022

"Fidanzati dell'inverno" di Christelle Dabos

Fidanzati dell'inverno (L'Attraversaspecchi, #1)Fidanzati dell'inverno by Christelle Dabos
My rating: 3 of 5 stars

"Sospesa nella notte, con le torri immerse nella Via Lattea, una formidabile cittadella galleggiava al disopra della foresta senza nulla che la collegasse al resto del mondo. Ero uno spettacolo da pazzi"


MA QUINDI ANIMA È UN'UTOPIA COMUNISTA?

Come mio solito, arrivo in gran ritardo su una serie che ha vissuto il suo momento di popolarità, almeno in Italia, ormai due o tre anni fa. Infatti, solo dopo aver recuperato tutti e quattro i volumi de L'Attraversaspecchi mi sono finalmente decisa a leggerla, ma ammetto che non mi pesa aver evitato il picco dell'hype: il fatto che sia ormai scemato mi ha permesso di affrontare la lettura di "Fidanzati dell'inverno" con delle aspettative più contenute.
Il romanzo si ambienta in un mondo dalle caratteristiche tipiche del gaslamp fantasy, ma incentrato su una società nata in seguito ad un'enorme catastrofe: da quanto possiamo carpire nel testo, il pianeta è stato colpito con una forza tale da generare delle "scaglie" dagli strati esterni che ora orbitano attorno al nucleo incandescente e, nel caso delle più ampie, sono diventare delle colonie dette arche, popolate da umani con poteri sovrannaturali in quanto discendenti di spiriti immortali, da loro visti come divinità. Già da questa premessa capirete come sia necessario accantonare ogni preconcetto basato sulla fisica, sulla geologia e sul buon senso.
La trama segue Ofelia, un'abitante di Anima e in quanto tale dotata di un legame speciale con gli oggetti (che a contatto con gli animisti sviluppano un'anima, appunto) dei quali può leggere il passato; la giovane, in grado anche di viaggiare attraverso gli specchi e di rompere qualunque stoviglia abbia la sfortuna di finirle tra le mani, viene costretta dalla sua famiglia a contrarre un matrimonio di interesse con Thorn, proveniente dalla gelida arca Polo. Ovviamente non viene spiegato perché in questa società sposarsi e metter su famiglia siano tanto importanti, né perché la protagonista -che in questa realtà è nata e cresciuta- sia restia ad accasarsi, al punto da aver già rifiutato diversi pretendenti. Dopo una breve introduzione su Anima, la maggior parte del volume è dedicata al viaggio verso Polo e ai primi mesi in questo ambiente fatto di antagonismi tra clan e crudeltà gratuite, dove l'ingenua Ofelia è a suo agio quanto la sottoscritta che entra al Lidl con la mascherina quando non la portano più neppure i commessi.
Pur risultando molto scorrevole alla lettura, il volume presenta uno sviluppo decisamente lento della narrazione, perché per quasi tutto il libro la protagonista non ha un suo obiettivo: si limita ad apprendere nuove informazioni su Polo e i suoi abitanti e a cercare di sopravvivere, ma non trattandosi di un thriller d'azione questo non è sufficiente ad ottenere un buon ritmo. Solo verso l'epilogo sembra che la ragazza giunga finalmente ad una risoluzione sul suo futuro; peccato che tutto il resto del cast punti fermamente in tutt'altra direzione! e si tratta tra l'altro di un finale atipico, in cui non si arriva ad alcuna conclusione perché la cara Christelle si limita a troncare di netto una scena.
Ma accantoniamo un attimo le lamentele per parlare di un elemento che grosso modo mi ha convinta: i personaggi. Innanzitutto vengono descritti in modo vivido e dettagliato -rendendoli così subito identificabili dal lettore-, inoltre voglio spezzare una lancia in favore di Ofelia che sarà anche tonta ma almeno ha il coraggio di riconoscerlo e cerca genuinamente di migliorarsi. Devo dire poi che, quando l'azione cambia location nella seconda metà del libro, entrano in scena alcuni tra i personaggi migliori, dai quali mi aspetto molto nei seguiti. Sulla figura di Thorn voglio sospendere invece il mio giudizio, che per ora non sarebbe comunque troppo lusinghiero, in attesa di scoprire qualcosa di più concreto oltre lo stereotipo dello stronzo violento che cela un animo sensibile e tormentato dai traumi infantili.
Alla pari dei personaggi, il world building viene tratteggiato con cura e grande fantasia, soprattutto nei piccoli dettagli magici, e appare come uno degli aspetti migliori del libro. Almeno fino a quando non ci si rende conto che è appunto solo apparenza: tutta estetica atta a distrarre il lettore dalle incongruenze di questo mondo fantastico e delle sue regole magiche, che seguono i piani di Dabos anziché la logica. Questa ricerca della bellezza si riflette anche nei dialoghi, che spesso suonano artefatti e pomposi.
Devo però ammettere che "Fidanzati dell'inverno" ha saputo intrattenermi e divertirmi molto: mi è piaciuto perdermi per un po' nella sua atmosfera fiabesca, a metà tra un mondo creato da Diana Wynne Jones e quello di un classico Disney, e tutto sommato sono soddisfatta di come l'autrice ha affrontato il tema dei legami familiari tossici. Spero che i prossimi libri acquistino un tono più maturo, accompagnando di pari passo la crescita della protagonista.

Voto effettivo: tre stelline e mezza

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venerdì 3 giugno 2022

"The Witch's Heart" di Genevieve Gornichec

The Witch's HeartThe Witch's Heart by Genevieve Gornichec
My rating: 3 of 5 stars

"I will give you whatever you need, Angrboda decided then.
After all, you gave me back my heart"


UN RETELLING FIN TROPPO FEDELE

Dopo tanti libri che promettevano (almeno nella mia testa) di essere ispirati dai miti nordici, per poi non mantenere nulla, ecco finalmente un romanzo che è davvero una riscrittura di quelle leggende in senso ampio, e più nello specifico della figura della gigantessa Angrboda. L'altra faccia della medaglia? si è rivelato una grossa delusione su diversi aspetti, anche se sospetto che il problema sia più che altro soggettivo.
La narrazione non si affida ad una trama vera e propria, seguendo passo passo la vita adulta di Angrboda e rifacendosi in gran parte a quelle che sono notoriamente le tappe verso il Ragnarok; nel concreto possiamo individuare due filoni principali, infatti nella prima metà del libro sono presenti molti cenni a una presenza maligna che perseguita la protagonista nei sogni, mentre nella seconda parte l'attenzione viene posta sui tentativi della strega per salvare la figlia Hel. Il problema maggiore di questa trama è la sua eccessiva fedeltà al materiale originale, e questa non è una lamentela nata solo dal gusto personale: nella mitologia vengono infatti tollerati degli eventi privi di logica, mentre nella narrativa questo non può succedere. In pratica, con la scusante dell'ineluttabilità del fato o della natura innata di certi personaggi, l'autrice giustifica comportamenti assurdi e svolte di trama senza senso.
Una conseguenza collaterale è quella di far sembrare i personaggi estremamente fatalisti, oppure ottusi. E questo è vero specialmente nel caso della protagonista, e tenete conto che già di suo Angrboda è proprio il tipo di personaggio che non riesco a digerire: remissiva ed altruista al punto da immolare l'intera vita al benessere degli altri, altri che la prendono a pizze in faccia dalla mattina alla sera! questo suo carattere mi infastidisce soprattutto perché, visti il titolo e la premessa, mi aspettavo una figura femminile molto risoluta, perfino malvagia nella sua determinazione. Mi consola un po' il concept alla base, perché la cara Genevieve per creare la sua Angrboda ha avuto l'ottima idea di mescolare assieme più personaggi del mito, ed il risultato è decisamente interessante.
Con gli altri personaggi in compenso va molto meglio, ed in particolare ho apprezzato Hel, Skadi e Loki, nonostante in questa storia ricopra un ruolo ancor più spiacevole del suo canonico. Questi caratteri rendono bene specialmente nelle relazioni interpersonali, come familiari o amici della protagonista, che sono scritte in modo convincente ed intimo; altrettanto non si può dire per dei rapporti sentimentali, che risultano invece alquanto malsani, a dispetto degli evidenti sforzi dell'autrice per renderli romantici ad ogni costo. L'altro tema che il romanzo affronta, in questo caso molto bene, è quello della solitudine e, collateralmente, del bisogno di appartenenza ad un gruppo o una famiglia.
Per quanto riguarda lo stile di Gornichec, si ha spesso la sensazione che viri troppo verso il narrato, limitandosi a mostrare i fatti compiuti ed evitando invece di soffermarsi sulle motivazioni dietro a questi. Si tratta di un problema accentuato dal POV di Angrboda, che essendo l'unico per quasi tutto il volume non permette al lettore di assistere a molte scene chiave se non a posteriori; questo potrebbe essere straniante soprattutto a chi non conosce la mitologia alla base. Un altro difetto stilistico è la disomogeneità nel tono scelto, per cui vediamo accostati momenti molto pesanti con scene leggere e spensierate, accostamento che rende i personaggi spesso incoerenti, come la stessa Angrboda che passa dall'essere giustamente furibonda al perdonare qualunque sopruso con una serenità tale da meritarsi una sberla ridestante.
Sul world building non ho molto da dire perché è soltanto abbozzato e non viene mai chiarito come i personaggi si muovano da un mondo all'altro o cosa impedisca loro di farlo; nell'appendice a fine volume ci sarebbe anche un utile glossario, ma secondo me risulta decisamente spoileroso per un neofita. Pur essendo un elemento fondamentale nella storia, anche il lato magico viene lasciato un po' a se stesso, scelta giusta nel contesto mitico ma un po' frustrante nel caso cercaste delle spiegazioni sull'origine e l'estensione dei poteri, ad esempio.
Tirando le somme, penso sia uno di quei casi in cui almeno in parte la colpa è mia, perché avevo aspettative troppo alte e non sono riuscita a farmi piacere la protagonista fin dalla prima pagina: essendo una storia character driven questo è un grosso punto a sfavore. Se voi riuscirete invece ad apprezzare Angrboda, probabilmente potreste adorare questo libro, ma dovrete comunque chiudere un occhio sui difetti oggettivi della prosa.

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mercoledì 1 giugno 2022

"Il figlio del dio del tuono" di Arto Paasilinna

Il figlio del dio del tuonoIl figlio del dio del tuono by Arto Paasilinna
My rating: 3 of 5 stars

"Per sottolineare l'importanza dell'avvenimento, [il dio del Tuono] fece scoppiare un temporale che infuriò per tutto il resto della giornata e, nella notte, fulminò il campanile della chiesa di Vierama, che s'incendiò e fu ridotta in cenere. Le assicurazioni non risposero dei danni"


UNA MITOLOGIA (SBAGLIATA) DA SCOPRIRE

Quando ho scelto questo libro, basandomi sul titolo e sulla nazionalità dell'autore, mi aspettavo una storia moderna con protagonisti gli dèi di Asgard, e invece no: pur non essendo mai menzionato nella sinossi, il dio del Tuono nel titolo non è il norreno Thor, bensì Ukko Ylijumala (che ha come arma un martello mistico, ma penso sia un dettaglio trascurabile) sovrano degli dèi nella mitologia ugro-finnica. Di questo folklore ovviamente non sapevo nulla, ma per fortuna il caro Arto dedica diverse pagine all'inizio del volume per introdurre il pantheon finnico, che devo ammettere di essere poi stata molto contenta di aver scoperto involontariamente.
Lo spunto alla base de "Il figlio del dio del tuono" mi ha ricordato parecchio quello di "A volte ritorno", pur sviluppando da lì una storia ben diversa specialmente nel tono scelto. La vicenda ha inizio nel cielo degli dèi ugro-finnici i quali sono costretti a constatare di avere ormai solo qualche centinaio di fedeli e decidono pertanto di inviare Rutja, figlio di Ukko Ylijumala, in Finlandia con la missione di far riscoprire la vera fede al suo popolo; non potendo mostrarsi agli umani nella sua forma divina Rutja sceglie di comparire a uno dei pochi seguaci del padre, tale Sampsa Ronkainen, per scambiare con lui il suo corpo e con questo nuovo volto iniziare la conversione dei finlandesi.
Con queste premesse è facile capire che si tratta di una lettura molto leggera ed ironica, nonostante l'autore non esiti a sfoderare in più punti una critica pungente su alcuni aspetti della società contemporanea, o almeno di quella che era la società contemporanea nella Finlandia degli anni Ottanta. Trattando temi di fede spirituale, il volume non manca poi di includere un gran numero di riferimenti alla religione cristiana, anche in un'ottica dissacrante che penso potrebbe risultare un po' irrispettosa per una persona di fede; l'intenzione di Paasilinna non è però offendere gratuitamente, quanto piuttosto ispirare delle riflessioni senza per questo essere pedante.
La narrazione compone pian piano un'atmosfera sempre più surreale e favolistica, non solo nelle scene iniziali ambientate nel mondo degli dèi: quando l'azione si sposta completamente in Finlandia, il senso di straniamento dato dall'elemento fantastico si percepisce anzi ancor più chiaramente. Lo stile di Paasilinna penso si adatti bene a questo tipo di storia; nell'insieme è semplice e diretto, caratterizzato da periodi brevi e farcito da battute grondanti humor nero ed assurdo. Per contro, ho notato una strana gestione dei capitoli, che vengono spesso chiusi quando una scena è ancora in corso senza un vero motivo, salvo poi ricominciare nel medesimo punto; stessa cosa succede a volte con i ragionamenti di un personaggio.
La vera debolezza di questo titolo sono però i suoi personaggi, decisamente basilari e limitati da una caratterizzazione superficiale; questo perché devono vivere in funzione della trama e del tono scelto da Paasilinna: un esempio è l'esagerata condiscenza di Sampsa Ronkainen di fronte ai continui soprusi di cui è oggetto, che risulta utile per fargli poi accettare a scatola chiusa lo scambio con Rutja. Il peggio è però riservato ai personaggi femminili (scommetto che siete tutti stupiti!), che sono descritti in termini estremamente negativi, come sfruttatrici e tiranne verso i mariti o gli uomini che le mantengono. La sola eccezione in tal senso è Helinä Suvaskorpi, che viene invece graziata in virtù della sua incredibile avvenenza, salvo poi veder ridotto il suo ruolo all'interno del movimento religioso di Rutja a "danzatrice in sottoveste trasparente", cosa che ovviamente non succede ai discepoli uomini.
Tirando le somme, un romanzo parecchio diverso da quello che mi aspettavo, con il pregio di avermi fatto scoprire una mitologia della quale ero totalmente digiuna attraverso una storia divertente e leggera, da non prendere assolutamente sul serio. Forse.

Voto effettivo: tre stelline e mezza

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