giovedì 27 luglio 2017

50 Shades of Mr. B. - Recensione a "Pamela" di Samuel Richardson

50 Shades of Mr. B

Recensione a "Pamela" di Samuel Richardson



LA SCHEDA TECNICA

TITOLO: Pamela
AUTORE: Samuel Richardson
TITOLO ORIGINALE: Pamela; or, Virtue Rewarded
TRADUTTORE: Masolino D'Amico
EDITORE: Mondadori
COLLANA: Oscar classici 
PAGINE: 640

IL COMMENTO

  A chi crede che la James abbia sconvolto il mondo della letteratura con la famosa trilogia erotica “Cinquanta sfumature”, consiglio di dare una chance a “Pamela” per potersi ricredere. Oltre 250 anni fa, Richardson già scriveva di padroni tiranni alla ricerca di serve per soddisfare i propri sordidi desideri, con tanto di contratto da “mantenuta” proposto alla fanciulla in questione.
  Ad evidenziare la differenza tra i due romanzi (almeno in questo aspetto) sono principalmente le protagoniste femminili: da un lato abbiamo una giovane donna cedevole e sottomessa, pronta a sottoscrivere un accordo a dir poco umiliante solo per poter mantenere la relazione con l’amato, dall’altro una ragazza che a dispetto dell’età e dei miseri mezzi a sua disposizione non si lascia persuadere e non scende mai a compromessi contrari alla sua morale. Dovrebbe far riflettere che la seconda sia Pamela, creata dalla penna di Richardson nel lontano 1740.
  Il romanzo narra le vicende di una giovane di bell’aspetto, innocente ed ingenua, che involontariamente attira le attenzioni del nobiluomo presso cui lavora come domestica. Il libertino signor B. tenta con ogni mezzo di sedurre Pamela, prima con dei doni all’apparenza disinteressati, poi con un rapimento dalla pianificazione diabolica, dopo ancora con l’audace proposta di diventare la sua amante fissa dietro laute gratificazioni materiali ed infine con il progetto di un finto matrimonio.
  Grazie all’aiuto di alcuni fedeli amici ed al suo inaspettato coraggio -che tiene ben nascosto dietro un temperamento dolce-, Pamela riesce a svincolarsi da queste trame ed ottenere alla fine la giusta ricompensa per la sua virtù.
  Seppur molto diluita nelle oltre 600 pagine del volume, la vicenda è costellata di ostacoli che metteranno a prova l’indole della protagonista; come già accennato, Pamela riesce a farsi valere, a dispetto dei continui pianti e svenimenti, ed ad imporsi con carattere, rimanendo comunque onesta ed educata. La sua capacità di dire e, soprattutto, scrivere cosa pensa degli altri personaggi fornisce al lettore una visione parecchio critica rispetto alla classe nobiliare dell’epoca; visione con ogni probabilità propria dell’autore.
  Gli altri personaggi ci vengono presentati sempre filtrati dalle parole e dalle emozioni di Pamela, quindi in un’ottica molto soggettiva. Questo comporta delle descrizioni a dir poco altalenanti, a partire dal signor B. che passa dall’essere un vile e crudele manipolatore, a un munifico e cortese gentiluomo; la stessa cosa vale per Lady Davers, monsieur Colbrand e la signora Jewkes, per citare i casi più evidenti.
  Il romanzo si struttura in due parti: la prima è composta inizialmente dalle lettere scambiate tra Pamela e suo padre, per poi continuare con il diario della protagonista rivolto sempre ai suoi genitori; nella seconda si ha la continuazione del diario, nel quale sono spesso riportate altre missive. Rispetto alla prima, la seconda parte risulta più lenta e prevedibile, almeno fino all’entrata in scena di Lady Davers, ma concede ampio spazio al divertente personaggio di Sir Simon.
  Per le tematiche trattate e per le caratteristiche della protagonista, quello che per noi oggi è un romanzo bigotto e morigerato, nel ‘700 era ritenuto innovativo, tanto originale da guadagnarsi parodie e plagi.
  Lo stile di Richardson è abbastanza scorrevole, seppur le frequenti ripetizioni tendano ad appesantire la lettura. Da ammirare la fedeltà al registro narrativo scelto, resa forse più agevole dai trascorsi lavorativi dell’autore.
  L’edizione italiana di Mondadori presenta un’ottima traduzione, nonché un’introduzione molto utile al fine di ottenere un quadro generale sulla genesi del romanzo. Consiglio di sbirciare anche la biografia dell’autore, mentre la lettura della sezione “Contenuti” è assolutamente da evitare per non incorrere in spoiler.

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  Un padrone davvero munifico...

giovedì 20 luglio 2017

La maledizione dello stiletto - Recensione a "La cruna dell’ago" di Ken Follett

La maledizione dello stiletto

Recensione a "La cruna dell'ago" di Ken Follett


LA SCHEDA TECNICA
 
TITOLO: La cruna dell'ago
AUTORE: Ken Follett
TITOLO ORIGINALE: Storm Island
TRADUTTORE: Riccardo Calzeroni
EDITORE: Mondadori
COLLANA:Oscar bestsellers
PAGINE: 360

IL COMMENTO 

  Come lettrice, ho ricavato una lezione importante dalla lettura di questo romanzo: quando ci si deve approcciare ad un nuovo autore, è più saggio cominciare dalle prime opere, se si desidera evitare una delusione in seguito. Infatti, per quanto “La cruna dell’ago” sia un romanzo storico molto godibile, le mie aspettative rispetto a Follett sono state disattese, dal momento che avevo già letto sue opere più recenti (e quindi più mature, dal punto di vista stilistico) come “La caduta dei giganti”, primo volume della famosa “Century Trilogy”.
  Come già detto, ci troviamo di fronte ad un accurato romanzo storico -seppur ci si focalizzi su un potenziale what-if- che al contempo riesce a sviluppare una trama degna di un vero thriller.
  Al lettore vengono illustrati in parallelo tre storie concentrate su altrettanti protagonisti: Godliman è un cacciatore di spie al servizio dell’MI8, incaricato di catturare lo sfuggente “Die Nagel”, l’unica spia tedesca che potrebbe rovesciare le sorti della guerra; Lucy sembra essere una donna comune, ma saprà sfoderare all’occorrenza delle risorse inaspettate; Faber aka “Die Nagel” è infine il vero protagonista dalle storia, sebbene anche definirlo un anti-eroe sembra un eufemismo nel suo caso.
  Rispetto alla gran parte dei romanzi ambientati durante la Seconda Guerra Mondiale, qui c’è un focus molto limitato sui disagi sofferti dalla popolazione civile, e quasi non si parla di patimenti concreti. Altra differenza si riscontra in una sorta di rovesciamento dei ruoli tra l’agente nazista per cui confesso di aver fatto il tifo in gran parte degli scontri, e gli esponenti dell’Intelligence inglese (ma anche David, il marito di Lucy), che dal punto di vista storico dovrebbero essere gli eroi, ma seppur “buoni” non riescono a catturarsi le simpatie del lettore.
  La scrittura evidenzia come Faber sia il favorito anche dall’autore: le scene in cui entra in azione sono molto adrenaliniche e, a mio giudizio, le più coinvolgenti, oltre ad essere utili per mostrare come la spia non sia un semplice soldato, ma una figura ben più eclettica.
  La vera eroina della storia di rivela essere Lucy, con la sua determinazione nel proteggere il figlio Jo in ogni frangente. A dispetto del risvolto finale, non si può fare a meno di rimanere coinvolti nella sua relazione a dir poco inusitata con Faber; se da un lato abbiamo una sorta di attrazione che lega i due in modo inconfutabile, dall’altro non è possibile dimenticare l’abisso che li separa.
  Per quanto riguarda i comprimari, non mi resta che lodare la capacità di Follett di dare vita con poche frasi a personaggi interessanti e credibili, caratteristica fondamentale in un romanzo storico.
  Ho molto apprezzato anche i validi intrecci con reali figure storiche, sebbene quasi sempre introdotte in capitoli separati; come non menzionare inoltre le descrizioni introduttive, tra le quasi si fanno indubbiamente notare quelle dei paesaggi dell’Isola della Tempesta.
  Come premesso, ci sono però degli elementi meno positivi che un po’ mi hanno deluso, viste le grandi aspettative sull’autore. Ho trovato fastidioso il continuo cambio di POV all’interno dei capitoli, che non permette di focalizzarsi su un personaggio in particolare; le indagini di Godliman appaiono spesso irrealistiche per i suoi colpi di fortuna e le intuizioni casuali.
  Il difetto peggiore si riscontra però nell’epilogo del romanzo: del tutto inutile e troppo buonista rispetto al tono dei precedenti capitoli.
  Vorrei infine rivolgere un appello (di certo, non ascoltato) alla Mondadori perché decida dopo quarant’anni di aggiornare la traduzione del volume, nonché di limitare un po' la fantasia al momento di scrivere le sinossi introduttive. 

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mercoledì 12 luglio 2017

Le streghe son tornate - Recensione a "Cursed" di Jessica Spotswood

Le streghe son tornate

Recensione a "Cursed" di Jessica Spotswood


LA SCHEDA TECNICA 


TITOLO: Cursed
AUTORE: Jessica Spotswood
TITOLO ORIGINALE: Star Cursed
TRADUTTORE: Ilaria Katerinov
EDITORE: Sperling & Kupfer
COLLANA: Pandora
PAGINE: 350

IL COMMENTO


  Questo romanzo trasmette certamente delle emozioni contrastanti: letto sulla scia del bel ricordo che conservavo del primo capitolo, mi sono trovata ad apprezzare le premesse della trama e, nel contempo, ero quasi obbligata a criticare il modo in cui l’autrice le stava sprecando, soltanto per farcire il volume di scenette romantiche.
  La storia ricomincia qualche settimana dopo la conclusione di “Wicked”, con la protagonista Cate ancora decisa a non farsi controllare dalla Sorellanza, sebbene questo atteggiamento caratterizzi solo le prime scene; dopo pochi capitoli sembra quasi che buona parte del primo libro sia stata accantonata e Cate si riscopre aspirante leader della stessa organizzazione che tanto aveva contrastato fino a poco prima.
  A smuovere il suo animo sono innanzitutto le azioni sempre più barbare e violente dei Fratelli che, decisi a tutto pur di mantenere il potere, tentando di limitare il più possibile il ruolo delle donne; questo li porta ad inimicarsi anche molti uomini, soprattutto esponenti delle classi più povere.
  Comincia perciò a delinearsi lo scontro tra la Confraternita e le Figlie di Persefone, che vedremo meglio nel capitolo conclusivo. Proprio in quest’ottica si evidenzia uno dei principali problemi del romanzo: come in molti altri young adult, gli eventi cruciali e le azioni più pericolose sono appannaggio dei giovanissimi protagonisti, mentre agli adulti è riservato un ruolo marginale. Altro difetto della trama è la lentezza con cui procedere buona parte del romanzo; nel finale abbiamo invece una decisa accelerazione che rende le scene descritte ben più adrenaliniche e, a tratti, perfino brusche nelle pagine finali.
  Tra i personaggi, nessuno si è distinto per il proprio carisma, ma sono apprezzabili le relazioni tra le giovani Sorelle, che si sostengono in ogni occasione, e quella tra Rory, Sachi e Brenna. Il comportamento di Cate invece non mi ha impressionato positivamente come nel primo libro della trilogia, specie per i suoi rapporti con Maura e con Finn; seppur dolce e romantica, la loro storia evidenzia fin troppo come lui sia totalmente suo succube. Una nota positiva si riscontra nell’assenza del solito triangolo amoroso: anche se melensi, Cate e Finn non cercano sicuramente un terzo incomodo per rendere più movimentata la loro relazione.
  Del romanzo ho gradito in particolare l’originale ambientazione, a metà strada tra lo scenario storico e quello fantastico, nonché la particolare concezione della Confraternita come -in questo volume ancor più, rispetto al primo- riporta alla mente un mondo distopico e i totalitarismi delle dittature. Positiva anche la scelta della Spotswood di mostrare la reazione dei poveri lavoratori alle restrizioni dei Fratelli, seppur in modo molto limitato.
  Lo stile è semplice e molto scorrevole, e neppure l’ambientazione pseudo-storica influisce sul lessico dei personaggi. La narrazione in prima persona rende le vicende coinvolgenti per il lettore, ma al contempo impedisce un’analisi accurata di tutti i personaggi. Apprezzabile anche la capacità dell’autrice nel creare buoni collegamenti con gli eventi narrati in “Wicked”.
  Ho trovato invece perfettamente evitabili i continui riferimenti al vestiario dei personaggi: le descrizioni presenti nel testo si limitano appunto agli abiti, ai gioielli e all’arredamento. Per il resto, il testo è per la maggior parte composto da dialoghi.
  Concludo con una nota sulla magia, perché essendo le protagoniste delle streghe ci si potrebbe aspettare la presenza di molti incantesimi, ma così non è; se nel primo romanzo questa scelta era motivata dal timore della Confraternita, qui non viene espressa una chiara ragione. Solo il finale si risolleva in tal senso, con delle piacevoli scene d’azione.

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martedì 4 luglio 2017

Cosa sto leggendo? - 4 luglio 2017

Cosa sto leggendo?

4 luglio 2017


Non mi è mai facile trovare qualcosa che accomuni i romanzi in lettura, specie perché li scelgo a caso. A ben vedere, si potrebbe evidenziare come i protagonisti di questi tre romanzi siano a dir poco perseguitati dalla sfortuna.
  1. "Io prima di te" di Jojo Moyes, un romance che mi ha davvero stupito grazie alla capacità dell’autrice di trattare con criterio tematiche davvero insolite in questo genere di romanzi.
  2. "Invisible monsters" di Chuck Palahniuk, un romanzo non per tutti: la narrazione frammentaria richiede una costante attenzione; lo stile di Palahniuk è a dir poco bizzarro, e al limite del grottesco.
  3. "Oliver Twist" di Charles Dickens, grande classico inglese dell’ottocento; a dispetto di tutte le tragedie che fa piombare sui suoi personaggi, Dickens mantiene sempre uno stile ironico e divertito, davvero invidiabile.