giovedì 28 dicembre 2023

"Passenger" di Alexandra Bracken

PassengerPassenger by Alexandra Bracken
My rating: 2 of 5 stars

"Viaggiato. Etta si rigirò la parola nella testa come una pallina di creta, lasciando che prendesse forma, lisciandola, mettendola alla prova in modo nuovo. Viaggiato. Viaggiare significava sottintendere una sorta di scelta; attraversare volontariamente una distanza, per un motivo"


IL CODICE SHADOWHUNTER DEI CARAIBI AL MUSEO

Negli ultimi anni sono diventata un po' intollerante verso la narrativa per ragazzi, perché fatico a digerire la maggior parte delle dinamiche care a questo target: ho ormai individuato una manciata di autori YA di fiducia, ma verso gli altri sono sempre diffidente. Però ho ancora diversi titoli per ragazzi in libreria, quindi mi sono fatta coraggio e ho deciso di affrontare "Passenger", primo volume di una duologia che ha dalla sua la tematica dei viaggi nel tempo: per me è sempre un bonus.

La narrazione in terza persona si alterna tra i punti di vista dei due protagonisti, Henrietta "Etta" Spencer e Nicholas "Nick" Carter. Lei è una talentuosa violinista del ventunesimo secolo che sogna un debutto per dare finalmente prova delle sue capacità, lui è un corsaro creolo nato a metà Settecento in cerca della propria indipendenza dalla famiglia del padre. Le loro vite si incrociano quando Etta si trova a viaggiare in modo a dir poco rocambolesco attraverso un passaggio temporale dalla New York dei giorni nostri alla nave corsara che la ciurma di Nicholas sta per prendere d'assalto nel passato. Fatte le dovute spiegazioni, da questo spunto parte la missione che porterà i due a tentare di ritrovare un manufatto in grado di alterare definitivamente la linea temporale; e ad innamorarsi perdutamente l'uno dell'altra, mi pare ovvio.

Ma prima di passare alle critiche, vediamo quali sono gli aspetti più riusciti del volume. E un grosso punto a favore è dato proprio dai viaggi nel tempo: sebbene in alcuni passaggi sia stati sfruttati in modo un po' ingenuo, ho trovato brillante l'idea dello spostamento tra sentieri prestabiliti, il vincolo che impone di non tornare nello stesso tempo ed anche il passaggio da anno in anno rispettando una sorta di calendario ideale. Anche se questo porterebbe ad un enorme punto di domanda per quanto riguarda gli anni bisestili, ma chiuderemo un occhio!

Un altro elemento positivo è rappresentato dalle tematiche affrontate, che si concentrano sul razzismo ed il sessismo; mi è piaciuto in particolare come l'autrice non abbia idealizzato il presente in confronto alle disparità patite dai personaggi nel passato. Ovviamente questi temi risultano parecchio semplificati, però è giusto tenere a mente quale sia il pubblico di riferimento. Può essere poi divertente trovare le reference da cinefili: solo nei primi capitoli ho colto citazioni lampanti al franchise di Pirati dei Caraibi ed ai film Una notte al museo e Il Codice da Vinci.

Certo, una storia così derivativa ha anche i suoi aspetti negativi; vi dico solo che, tolto lo spiegone iniziale sui viaggi nel tempo, la trama effettiva è una mezza scopiazzatura del famosissimo "Città di ossa" di Cassandra Clare. Una scopiazzatura in cui non mancano neppure degli scivoloni, perché tutta la parentesi della caccia al tesoro mi è sembrata a dir poco sconclusionata, con una spiegazione finale insufficiente ed insoddisfacente. Un ragionamento analogo vale per il piano messo in atto dagli antagonisti, complicato per il gusto di esserlo! per fare un esempio senza spoiler, se Ironwood poteva disporre della nave di Hall (tra i suoi molti mezzi!) perché non ha mandato direttamente quella a recuperare Etta?

Arrivando a critiche più soggettive, non sono riuscita ad apprezzare per nulla la prosa della cara Alexandra, che ho trovato troppo ricca di metafore inconsistenti e battute fuori luogo; un mix decisamente spiacevole, che appesantisce una storia in cui serviva invece un po' di leggerezza. Non mi è andato a genio neppure il comportamento stereotipato dei protagonisti: lei goffa ed insicura sul suo aspetto, lui più propenso a ringhiare che a parlare; insomma, la classica dinamica "romantica" YA che ormai non voglio più leggere. La quasi totale assenza di personaggi di supporto ha dato il colpo di grazia ai mie buoni propositi verso questo romanzo: niente sufficienza per te, Bracken.

Voto effettivo: due stelline e mezza

View all my reviews

giovedì 21 dicembre 2023

"Cose da salvare in caso di incendio" di Haley Tanner

Cose da salvare in caso di incendioCose da salvare in caso di incendio by Haley Tanner
My rating: 2 of 5 stars

"Perché questo bisogna fare, perché è questo che vuole Lena. E Vaclav vuole quello che vuole Lena, perché loro sono VacLena senza resto"


O DELLE FISIME DI RASIA

Fiero esponente della categoria libri-dimenticati-sullo-scaffale-per-secoli, "Cose da salvare in caso di incendio" è l'ennesimo caso di un titolo che probabilmente avrebbe continuato a languire nella mia libreria non fosse stato sorteggiato per la Random TBR. E anche dopo averlo ripescato per l'occasione non sono riuscita ad entusiasmarmi più di tanto alla prospettiva di questa lettura dalla sinossi sciapa e -come avrei scoperto in seguito- capace di spoilerare anche le poche svolte di trama presenti.

Io non intendo essere altrettanto spietata, pertanto vi dico solo che il romanzo è ambientato nella Brooklyn dei giorni nostri e si concentra sul rapporto tra Vaclav e Yelena "Lena", due giovani emigranti russi che cercano nella compagnia reciproca un porto sicuro dalle tante difficoltà di trasferirsi in un Paese straniero, primo tra tutti lo scoglio della lingua inglese. Vaclav trae coraggio dai genitori, che lo incoraggiano nella sua passione per l'illusionismo e nell'ammirazione dei suoi idoli Harry Houdini e David Copperfield, dei quali intende seguire le orme; Lena vive invece una situazione più complicata, perché neanche a casa riesce a ritagliarsi un proprio spazio e ad essere amata.

Questa premessa mi aveva da subito fatto pensare ad una storia carina; e -purtroppo o per fortuna- carino è l'aggettivo che più facilmente assocerei alla lettura del debutto di Tanner. Carina è la riflessione sugli ostacoli all'integrazione incontrati dai bambini immigrati in un Paese dalla mentalità tanto diversa, carina è l'analisi dei pensieri dei genitori in questa specifica situazione, carino è leggere dell'impegno decisamente ingenuo eppure genuino con cui Vaclav tenta di allestire il suo spettacolo di magia nel Sideshow di Coney Island, carino è il fatto che l'autrice sfrutti la sua esperienza lavorativa per creare una storia fantastica ma capace di ispirare empatia nel concreto. Carino per me non è però sinonimo di sufficiente.

Tra i pregi di questo titolo possiamo annoverare anche la scorrevolezza della prosa, merito dei periodi forse fin troppo brevi: si ha l'impressione di leggere a singhiozzi ed immergersi nella storia di Vaclav e Lena può risultare per questo un po' difficile. In generale, lo stile della cara Haley non mi ha fatto impazzire: l'ho trovato pretenzioso e a tratti troppo retorico per i miei gusti. Ed è un peccato perché in alcuni romanzi una bella scrittura può compensare in pieno una storia povera di contenuto; ma non in questo caso.

La trama è infatti ridotta all'osso: una sequela di situazioni abbastanza stereotipate nelle storie con protagonisti degli adolescenti, con pochi eventi chiave diluiti in pagine di digressioni e giri di parole che cercano in ogni modo di allungare il brodo e non spiattellare subito i colpi di scena; colpi di scena che chiunque con un briciolo di attenzione ha già indovinato a pagina uno. Come accennato, la CE italiana ha messo anche del suo spoilerando tutto lo spoilerabile già nella quarta di copertina, oltre a non aver voluto fare neppure un piccolo sforzo per tradurre i termini in russo con una nota a fondo pagina e ad aver presentato il libro in modo fuorviante.

Arrivata all'ultima pagina, posso infatti dire che questo titolo non è affatto una storia d'amore, perché il rapporto tra Vaclav e Lena è una triste co-dipendenza data dal bisogno di possesso di lui e dall'opportunismo di lei. Inoltre la sottotrama dell'illusionismo, tanto rilevante nella sinossi, si perde verso la metà del volume e non viene più ripresa attivamente. Per quanto mi riguarda, ho poi trovato molto fastidiosi i comportamenti delle madri dei protagonisti, per quanto buone siano sulla carta le loro intenzioni: i pensieri e le azioni di Rasia risultano pesanti da sopportare -specie per l'infantilismo con cui si approccia al figlio- e la sicurezza con cui Emily arriva a demonizzare la terapia quando Lena ne ha così chiaramente bisogno mi ha fatto rabbrividire. Sta' a vedere che forse la zia anafettiva era il male minore?!?

View all my reviews

venerdì 15 dicembre 2023

"Magic" di V.E. Schwab

Magic (Shades of Magic, #1)Magic by V.E. Schwab
My rating: 3 of 5 stars

"Un fumo nero avvolse Kell e Lila. Si posò su di loro come un'ombra, un velo, e quando lui allungò le dita per toccarlo, toccò qualcosa che assomigliava più all'aria che alla stoffa"


GLI ANTARI SONO RARI COME I TARGARYEN, MI PARE

Salire sul treno dell'hype quando il titolo è in voga, incuranti di eventuali prequel, sequel, spin-off e crossover che potrebbero essere pubblicati in un secondo momento? oppure aspettare con stoica rassegnazione non solo la dipartita dell'autore, ma che la stessa casa editrice dichiari ufficialmente conclusa la serie? Tra questi poli estremi, tendo ad orbitare verso il secondo, ma fino a un certo punto; quindi ho sì aspettato diversi anni prima di decidermi a cominciare la trilogia Shades of Magic, ma senza alcun progetto in merito al recupero dei fumetti prequel (dei quali in ogni caso sulle coste nostrane è arrivato solo un volume su tre!) o della serie sequel da poco cominciata negli U.S.A.

Con "Magic" la cara Victoria ci porta in un mondo praticamente uguale al nostro nei primi anni dell'Ottocento, ma legato ad altre tre realtà parallele in cui la magia è all'ordine del giorno; ad accomunare queste dimensioni alternative sono alcuni punti fissi come la città di Londra, presente in tutte ed identificata dai colori grigio, rosso, bianco e nero. Tra le diverse versioni della capitale inglese possono muoversi solo un tipo speciale di maghi chiamati Antari, ed il protagonista Kell è uno degli ultimi di questa stirpe. Mentre consegna messaggi tra le varie famiglie reali, l'uomo si vede affidata una pietra misteriosa proveniente dalla perduta Londra Nera, il cui potere darà vita ad una rocambolesca missione per mettere questo pericoloso artefatto al sicuro. Al POV di Kell si affianca pian piano quello di Delilah "Lila" Bard, ladra della Londra Grigia con il sogno di diventare una piratessa e pronta a tutto per vivere un'avventura.

Con questa interessante premessa, e con un world building complesso ed affascinante, questa lettura era partita più che bene. E se è vero che nei primi capitoli la narrazione al presente viene purtroppo interrotta da una quantità di flashback e spiegazioni relative al sistema magico, con il procedere della storia il ritmo diventa incalzante, anche per merito del tono scanzonato e divertente adottato dall'autrice. Mi sento di annoverare tra i pregi del libro anche i tentativi di inclusività fatti dalla cara Victoria, non sempre convincenti (una persona nera non è semplicemente abbronzata!) ma incoraggianti.

Pur non avendo apprezzato il cast nella sua interezza -e non ce ne sarebbe comunque stato modo, visto che tanti caratteri sono soltanto abbozzati-, posso dire che la caratterizzazione di Lila mi è piaciuta, in modo un po' imprevedibile in realtà, perché non mi sembra sia una personaggia molto popolare tra i fan della serie; il suo essere risoluta e sfacciata però mi ha convinto, soprattutto in contrasto con la fiacchezza di Kell, che segue il trend dei protagonisti maschili non troppi brillanti di Schwab, per me inaugurato con August in Monsters of Verity. Percepisco parecchio potenziale anche nel personaggio di Holland, che sono certa otterrà un ruolo più rilevante nei seguiti.

Ma prima di pensare ai prossimi volumi, vediamo cosa non ha funzionato in questo: perché il mio entusiasmo iniziale si è progressivamente smorzato? soprattutto per le tante, troppe forzature: l'autrice sembra incapace di trovare delle motivazioni e degli espedienti credibili, tanto che gli stessi personaggi ammettono di non sapere perché compiano determinate azioni! Un buon esempio è quello della scena in cui Kell riceve l'amuleto proveniente da Londra Nera: com'è possibile che creda alla storia del parente moribondo quando le dimensioni sono divise da trecento anni? Ancor più eclatante è il piano degli antagonisti, che renderebbe fieri Lord Voldemort e Crouch Jr. per quanto è inutilmente contorto.

Non posso dire di aver gradito troppo neanche le esagerazioni -specialmente nei dialoghi sopra le righe- e la fretta con cui sia arriva al finale, trasformando minacce apocalittiche in ostacoli da superare con un saltello. Anche il sistema magico non mi ha convinto appieno perché risulta poco chiaro nelle modalità di utilizzo e nei limiti della magia, e questo incide soprattutto sulla figura degli Antari: avere una simile quantità di talenti magici a disposizione rende ogni problema meno credibile. Da come agisce Holland poi, sembra possiedano perfino poteri di preveggenza e telepatia, altrimenti non si spiega come abbia fatto ad indovinare in quale locale Lila sarebbe entrata casualmente o che l'orologio era per lei un oggetto tanto significativo; il tutto senza aver scambiato con la ragazza più di due parole in croce.

View all my reviews

lunedì 11 dicembre 2023

"Il mistero del Treno Azzurro" di Agatha Christie

Il mistero del Treno Azzurro (Hercule Poirot, #6)Il mistero del Treno Azzurro by Agatha Christie
My rating: 4 of 5 stars

"L'uomo che era davanti a lei, e che parlava con l'impiegato dietro il bancone, doveva andare anche lui in Costa Azzurra. Dunque ci stavano andando proprio tutti, pensò. Bene, per la prima volta nella sua vita, anche lei avrebbe fatto “come tutti”, come tutti quelli del bel mondo, cioè"


QUANDO C'ERA LVI SUI TRENI NON SI VENIVA DERUBATI!

Pur essendo rimasta non poco delusa da "Poirot e I Quattro", la mia fiducia nei confronti del immodesto detective belga non si è incrinata neanche un po': le spy stories non fanno proprio per me, ma adoro vederlo nel suo elemento del mystery puro. Un affetto confermato dalla lettura de "Il mistero del Treno Azzurro", che per più aspetti mi ha fatto pensare al meraviglioso "Assassinio sull'Orient-Express", del quale potremmo vederlo come una versione di prova.

Come diversi altri romanzi della cara Agatha, la vicenda si svolge in un periodo contemporaneo alla sua pubblicazione, e si ambienta tra Inghilterra e Francia; questa volta però il capitano Arthur Hastings brilla per la sua assenza come voce narrante della storia, ruolo che viene invece suddiviso tra una quantità di punti di vista differenti. La trama parte dall'acquisto di un collier di rubini -tra i quali il famoso "Cuore di Fuoco"- da parte del miliardario statunitense Rufus Van Aldin, come regalo per la figlia Ruth "Ruthie" Kettering; poco tempo dopo, la donna parte alla volta della Costa Azzurra sul lussuoso Treno Azzurro, e proprio durante il viaggio viene assassinata e derubata dell'inestimabile gioiello. La fortuita presenza di Poirot sullo stesso mezzo permetterà di far pian piano chiarezza sul delitto.

Questa lentezza è uno degli aspetti meno riusciti del volume perché, se è vero che come le altre narrazioni di Christie tende ad essere abbastanza breve, nella seconda metà si ha l'impressione di vedere i personaggi girare quasi in tondo, e lo stesso Poirot impiega parecchio per raccogliere tutte le informazioni necessarie a smascherare il colpevole. Un altro piccolo neo è rappresentato dai personaggi, che risultano parecchio sciapi e per nulla memorabili; il detective belga è ovviamente l'eccezione a questa regola, ma soprattutto per merito della conoscenza pregressa del suo personaggio, e perché ormai lui ed i suoi modi bizzarri sono entrati nell'immaginario collettivo.

Mi ha in parte deluso anche la mancanza di una qualche tematica, che rendesse più significativa la lettura; nel finale ci si accontenta di ricostruire il giallo e qualsiasi altra riflessione (magari collegata al mondo dell'arte, visto che più di un personaggio ci orbita attorno) viene messa da parte. La mia ultima lamentela è come sempre soggettiva ed anacronistica: la traduzione della mia vecchia copia non è delle migliori, non tanto per la scelta di termini desueti o scorretti, quando per l'utilizzo quasi sempre sbagliato degli avverbi.

Ma passiamo agli elementi positivi, a partire dai tanti accenni metanarrativi presenti nel testo, primo tra tutti il piccolo gioco tra Poirot e Katherine Grey che si considerano protagonisti di un romanzo giallo. Nonostante manchi la figura di Hastings, l'umorismo e le sottotrame romantiche poi non ci disertano; e specialmente queste ultime mi hanno convinto per il modo in cui sono state amalgamate al mistero principale. Mistero che porta ad una risoluzione intelligente e complessa, nella migliore tradizione dei classici christiani.

Una lettura che ho trovato quindi molto piacevole, in cui vengono forniti all'audience tutti gli strumenti necessari per decriptare l'intreccio, senza per questo farsi mancare una manciata di individui loschi ed ambigui per confondere le acque. Come libro d'evasione, magari tra volumi più impegnativi e corposi, è ottimo: fa ridere (abbastanza), fa ragionare (ma non troppo) e fa sbuffare la sottoscritta perché non azzecco mai le pronunce in francese. Nelle note di traduzione a fondo pagina ormai ho perso la speranza.

View all my reviews

giovedì 7 dicembre 2023

"La Torre Nera" di Stephen King

La Torre Nera (La Torre Nera, #7)La Torre Nera by Stephen King
My rating: 4 of 5 stars

"Quante cose hai fatto e quanto ancora avresti fatto, aye, e tutto senza controllo o scrupolo, e così il mondo sarebbe finito, credo, vittima dell'amore più che dell'odio. Perché l'amore è da sempre la più distruttiva delle armi"


ROLAND SI ARRABBIA CON KING… E ALLORA JON SNOW?

Il mio percorso verso la Torre Nera non era decisamente cominciato nel migliore dei modi: un primo libro poco convincente, due più validi a livello narrativo ma decisamente lenti e datati, e un interminabile flashback che avrei ridotto di qualche centinaio di pagine; anche le novelle midquel non mi avevano fatto gridare al miracolo. Però ho perseverato, arrivando in primis ad affezionarmi ai protagonisti, ma anche a leggere finalmente dei volumi meglio ritmati, nei quali tutto il world building precedente trova motivo d'essere. Sono quindi approdata con moderato entusiasmo alla prima pagina de "La Torre Nera", curiosa di scoprire se la conclusione si sarebbe dimostrata all'altezza di questa gargantuesca saga.

Ad aprire il volume è la nascita di Mordred, già parzialmente raccontata ne "La canzone di Susannah", poi si passa a narrare di come il ka-tet di Roland tenta di riunirsi nel Medio Mondo, non prima di aver messo al sicuro la rosa nella Manhattan del Mondo Cardine. Una volta superate queste prime difficoltà, i protagonisti sono chiamati a fermare i Frangitori imprigionati nel Devar-Toi -che da decenni stanno picconando mentalmente i Vettori-, ma non sarà questa l'ultima prova da superare per arrivare alla Torre Nera; molti altri ostacoli si pongono sul loro cammino, in entrambe le realtà tra le quali si muovono.

Questo aspetto mi ha lasciata spiazzata: davo per certo che arrivati a questo punto della serie saremmo andati più spediti verso la risoluzione finale, invece la missione di partenza viene continuamente interrotta da quest secondarie e digressioni su personaggi di contorno. Da un lato questo rende ancora più intrigante il già corposo world building della saga, ma dall'altro rallenta il buon ritmo che si era consolidato nei due volumi precedenti. Diventano poi più evidenti che mai gli elementi di retcon ai quali ricorre King per creare collegamenti ai quali dubito avesse pensato vent'anni prima; potremmo però dare una giustificazione a questo aspetto se pensassimo alle tempistiche di pubblicazione della serie.

Non ho apprezzato neppure l'eliminazione fin troppo rapida di personaggi molto importanti: non farò nomi per evitare spoiler, ma si tratta di caratteri ai quali era stato dedicato parecchio spazio nei precedenti volumi, quindi non mi aspettavo proprio venissero tolti di mezzo tanto velocemente. Il problema più evidente riguarda però le scene che il caro Stephen ha scelto di includere in questo volume, e penso in particolare all'intera prima parte, che avrei preferito leggere come finale de "La canzone di Susannah": si sarebbe così dato un maggior senso di conclusione a quel libro, ed al contempo alleggerito un poco questo mattone!

Ma bando alle lagnanze, e passiamo invece agli aspetti positivi. Innanzitutto mi sono piaciute molto le scene multiprospetiche, dal sapore quasi cinematografico, che riescono a dare dinamismo alla storia e nel contempo mostrano dei punti di vista inaspettati; viene infatti dato parecchio spazio ai POV degli antagonisti, palesando come spesso non siano individui puramente malvagi ma mirino soltanto al proprio benessere, mentre Roland ed il suo ka-tet sono pronti a sacrificare qualunque cosa (e chiunque) per impedire il crollo della Torre. Un altro espediente intelligente è quello del foreshadowing, che permette di creare una forte aspettativa nei confronti di alcune scene più emozionanti.

Trovo che l'autore abbia svolto un lavoro inappuntabile per quanto riguarda l'evoluzione dei personaggi principali, che crescono rimanendo però fedeli alla propria caratterizzazione; penso in particolare a Roland, che all'inizio della saga faticavo ad accettare come protagonista, e pur non adorandolo ancora alla follia riesco di certo a capire meglio la sua prospettiva, e credo abbia fatto enormi passi in avanti rispetto a "L'ultimo cavaliere". E nonostante molti siano rimasti delusi, io voglio includere anche il finale tra i punti di forza: penso sia la conclusione perfetta per il tipo di storia che è stata costruita in questi otto libri; il suo retrogusto dolceamaro non sarà per tutti i palati, ma non si può negare che fosse l'epilogo inevitabile.

Voto effettivo: quattro stelline e mezza

View all my reviews

venerdì 1 dicembre 2023

"Niente" di Janne Teller

NienteNiente by Janne Teller
My rating: 4 of 5 stars

È difficile spiegare in che modo, ma era come se Pierre Anthon fosse riuscito a farci vedere qualcosa. Come se il niente di cui continuava a straparlare dal suo albero di susine ci avesse superato e fosse arrivato prima di noi


SENSO DELLA VITA CERCASI

In un'editoria sempre più settoriale e specialistica è insolito imbattersi in un titolo che travalichi i limiti del target, intrecciando una storia adatta un po' a tutti perché capace di ispirare delle riflessioni negli adulti come nei ragazzi coetanei dei protagonisti. Teller però è riuscita in questa impresa, e l'ha fatto con una novella dalla prosa brillante e ricca di spunti; perché seppur "Niente" si possa leggere nell'arco di poche ore, è anche vero che veicola delle idee affatto scontate e riesce a creare un'atmosfera in trasformazione, spensierata nella prima pagina e a dir poco disturbante nell'ultima.

La narrazione si apre sul primo giorno di scuola nella cittadina danese immaginaria di Tæring, quando lo studente Pierre Anthon ha una desolante epifania: la vita non ha veramente un senso, ma è soltanto una pantomima che distrae le persone dal nulla in cui presto scivoleranno. Il ragazzo comincia pertanto a passare le sue giornate su un susino, da dove deride i suoi ex compagni che ancora perdono tempo sui libri; a questo punto gli altri studenti decidono di dimostrare il suo errore, iniziando a costruire una catasta con tutto ciò che per loro ha un significato. Non si tratta però di contributi spontanei: pian piano questo progetto diventa una scusa per costringere gli altri a cedere quanto hanno di più caro, e il tutto degenera fin troppo velocemente.

Questa rapidità eccessiva è forse uno degli aspetti che meno mi hanno convinto nella lettura. È anche vero che, se la cara Janne si fosse presa più tempo per sviluppare la storia, probabilmente il risultato sarebbe stato fin troppo bizzarro ed inverosimile: questo testo richiede già una corposa dose di sospensione dell'incredulità, soprattutto per la totale mancanza di controllo da parte delle famiglie dei protagonisti, visto che la vicenda è ambientata nei primi anni Novanta e non secoli fa.

L'altra mancanza più palese del testo è rappresentata dalla caratterizzazione dei personaggi, che risultano quasi indistinguibili gli uni dagli altri. Neppure la narratrice Agnes dimostra una vera personalità oltre al desiderio di vendetta verso la compagna che la obbliga a cedere i suoi sandali nuovi; volontà di ferire il prossimo che in questo insolito contesto la accomuna al resto del gruppo anziché renderla speciale. La sola cosa che permette di identificare i vari studenti è la ripetizione ossessiva di soprannomi e caratteristiche fisiche, perché anche nelle reazioni praticamente tutti mostrano una terribile assenza di empatia e solidarietà reciproca.

Pur celando una storia ben più spaventosa di quanto ci si potrebbe aspettare, questo volume ha molti punti a suo favore, tra i quali mi azzarderei ad includere anche il coraggio di mostrare dei personaggi così giovani prendere decisioni tanto crudeli, con la consapevolezza di danneggiarsi a vicenda in questo modo. Mi è piaciuto come l'autrice abbia saputo delineare una storia in aperto contrasto con il mito dell'innocenza infantile, riuscendo comunque ad essere credibile.

Ho trovato poi interessante leggere del modo in cui i ragazzi reagivano alle provocazioni di Pierre Anthon; dopo le sassate iniziali, pensano subito ad utilizzare degli oggetti per provargli l'esistenza del senso della vita, mentre un adulto avrebbe probabilmente tentato di ribattere sul piano concettuale. Promuovo senza dubbio anche la prosa di Teller: asciutta eppure evocativa e d'impatto, ottima per rendere sia la spietatezza dei protagonisti che la rapidità con cui la sfida sfugge loro di mano. E questa sensazione di ineluttabilità arriva chiara e forte al lettore, che non può far altro se non assistere mentre Agnes si aggrega di buon grado alla follia collettiva.

View all my reviews