mercoledì 30 settembre 2020

Wrap-Up - Letture di settembre 2020

Wrap-Up - Letture di settembre 2020



Mi posso dire molto soddisfatta delle letture completate durante questo mese: ad eccezione di un paio di titoli a fine mese, tutti i libri si sono rivelati migliori di quanto mi aspettassi!

Il mese non poteva iniziare in modo migliore, con le cinque stelline meritatissime di "Turno di notte"; avevo già apprezzato lo stile di Sarah Waters in "Ladra" (QUI la recensione), ma questo romanzo mi ha colpito ancor di più con i suoi personaggi tridimensionali, una storia coinvolgere e la grande attenzione per il setting storico. Potete già trovare QUI la mia recensione esaustiva su questo titolo meraviglioso.

Continuando con la mia TBR ho letto poi "Ruin and Rising" di Leigh Bardugo, che va a concludere la trilogia iniziata con "Shadow and Bone" (ne parlo QUI) alcuni mesi fa, ma anche a chiudere questa prima parte dei romanzi ambientati nel Grishaverse verso il quale -devo ammettere- ho parecchia curiosità e penso prossimamente di continuare con questo universo narrativo.
La storia ci riporta da Alina e il suo gruppo malconcio di Grisha tre mesi dopo il confronto con il Darkling, che ormai governa su Ravka grazie ad un esercito potenziato dalla presenza dei nichyevo'ya, ossia i soldati-ombra. Mostrata ai fedeli rifugiati sottoterra per essere venerata come una Santa, Alina è di fatto prigioniera dell'Apparat e dovrà innanzitutto riottenere i suoi poteri per poi affrontare il confronto decisivo e salvare il regno dallo spietato dittatore.
Grazie ad un atteggiamento più maturo e al valido finale, questo ultimo capitolo ha decisamente migliorato la mia opinione sulla serie nel suo complesso, nonostante la prima parte sia un susseguirsi di scene dalla dubbia utilità, come il crollo della galleria o i siparietti con Oncat (per quanto io adori i felini). Mi hanno lasciato un po' perplessa anche i dialoghi molto colloquiali e ricchi di frecciatine presenti in scene teoricamente pericolose e la capacità dei personaggi di incontrare sempre gente conosciuta a dispetto della vastità del territorio ravkiano. Divertente invece il momento in cui Alina permette all'ottenne Misha di esercitarsi a combattere -con spada di legno, ma fucile vero!- quando poche pagine prima aveva ordinato imperiosamente che nessun ragazzino fosse arruolato tra le fine dei Soldat Sol.
Dall'altro lato, le interazioni tra i protagonisti e i diversi momenti di confronto sono sicuramente i punti più alti della narrazione, e si nota la grande cura con cui la Bardugo sceglie i termini da adottare; trovo ottimo anche lo sviluppo della maggior parte dei personaggi: in particolare, la mia preferita Genya e -chi l'avrebbe mai detto?- Nikolai. A questo punto sto facendo un pensierino anche per "King of Scars", che finora avevo bocciato a priori, perché la storia del nuovo sovrano di Ravka ha un grandissimo potenziale.
Circondata forse da troppo hype, questa serie riesce comunque a creare delle ottime basi per questo mondo fantastico, ma è anche godibile come prodotto fine a se stesso e migliora di volume in volume; non mancano i difetti e degli ampi margini di miglioramento, ma se volete un'analisi più approfondita trovate QUI la mia Lettura d'Insieme in cui sviscero alti e bassi della trilogia.
Il mio voto è di tre stelline e mezza.

La terza lettura è stata dedicata al classico di settembre, e se da un lato le mie aspettative erano -giustamente- alte perché si tratta pur sempre di Thomas Hardy, dall'altro avevo alcune riserve principalmente a causa dell'editore (la Garzanti aveva già distrutto "Via dalla pazza folla") e del genere. Nonostante tutto, "I tre sconosciuti e altri racconti" è stata una lettura fantastica e mi sono ricreduta anche riguardo all'edizione, come potete leggere QUI nella mia recensione del volume. Ovviamente, cinque stelline per uno dei migliori autori dell'Inghilterra di fine Ottocento.

È stata una lettura molto soddisfacente anche quella di "Beneath the Citadel", fantasy YA pubblicato un paio di anni fa dalla statunitense Destiny Soria. Da un lato sono felice di aver apprezzato questo titolo (la mia valutazione è di quattro stelline e mezza), dall'altro non capisco perché non sia più conosciuto: ha tutte le carte in regola per risultare appetibile per il target di riferimento, e non solo. Parlo più in dettaglio di questo romanzo QUI, dove potete leggere la mia recensione per un volume ingiustamente sottovalutato.

Rispetto alla mia TBR iniziale, ho (erroneamente!) tenuto come ultima scelta il libro sul quale avevo le aspettative più basse; e ne avevo ben donde, dal momento che "Il trionfo di Cesare" di Andrea Frediani si è dimostrato in linea con gli altri -pessimi- volumi di questa trilogia. Nel complesso, la serie non fa pensare a dei romanzi nel senso tradizionale, quanto piuttosto a un ibrido tra una sequela di episodi di cronaca e un testo didattico.
Dopo un inizio in cui, per svariate pagine, ci viene riepilogato (leggasi, info-dumpato) quanto successo durante la guerra in Egitto, in questo terzo capitolo seguiamo principalmente le battaglie contro il re Giuba e gli anticesariani nel Nord Africa per poi passare, dopo una breve parentesi dedicata alla celebrazione dei quattro trionfi, allo scontro ben più circoscritto in Spagna, contro quello che rimane della coalizione avversaria, ossia Gneo Pompeo, Attio Varo e -ovviamente- Tito Labieno.
Come nei volumi precedenti, agli eventi storici si affianca una trama fittizia, che in questo caso credo sia stata studiata in modo più attento, seppur rimanga molto prevedibile e piena di plot-holes: ad esempio, l'intera sottotrama di Publio Scevio risulta completamente inutile e fine a se stessa.
I problemi più evidenti riguardano però lo stile di scrittura e la caratterizzazione dei personaggi. Relativamente al primo difetto, abbiamo parecchi dialoghi vuoti, nei quali ci si limita a ribadire fatti noti ad uso e consumo del solo lettore, oltre ad informazioni ripetute ad oltranza (alla centomillesima volta in cui Cleopatra viene nominata a membro, ho avuto la tentazione di lanciare il libro) e interi paragrafi composti da sole domande dirette e retoriche. Riguardo ai personaggi, sono presenti dei comportamenti decisamente OOC (come si può affidare informazioni tanto importanti ad un beota come Bote?), mentre continua la mortificazione delle -poche- donne presenti: Servilia zerbina di Cesare fino alla fine, Eunoe apparsa solo per compiere una delle peggiori azioni possibili, e Veleda della quale parlerò meglio tra qualche riga.
Come promesso ai tempi de "L'ombra di Cesare" (ne parlo QUI), ho alcune osservazioni sulla serie nel complesso. Innanzitutto, trovo che sei POV principali -e diversi altri secondari- siano decisamente troppi per una trama così lineare; ci sono poi le note a piè di pagina, insufficienti per comprendere il sistema politico e l'apparato militare della Roma repubblicana, per cui avrei preferito avere un glossario completo a fine volume. La rappresentazione delle figure storiche stravolge completamente la Storia, quando non si tratta di personaggi marginali: Cesare generale infallibile solo grazie ad un inganno, Labieno più zerbino di Servilia e Quinto che possiamo definire solo come Lammerda. Altro tasto dolente sono le scene esplicite, di cui la serie abbonda senza un motivo apparente, dal momento che non portano avanti la trama e non sono funzionali neanche alla crescita delle relazioni; che dire poi della scelta di adottare degli eufemismi tanto ridicoli da rendere fiero il caro Matteo Strukul?
E per ultimo, il piatto forte, ossia il triangolo amoroso. Tralasciandone la risoluzione fulminea tra un accecamento e delle grasse risate, qualcuno potrebbe pensare che per lo meno c'è un lieto fine; e proprio qui vi sbagliate! Dipinta per tre libri seguendo il cliché dello strong-female-character, Veleda continua a cercare un uomo abbastanza forte per poterla riportare in Germania, e Ortwin -in teoria, il migliore dei protagonisti- riesce a conquistarla proprio per aver dimostrato questa forza: c'è una scena atroce in cui lui -lo ricordo, il migliore!- afferma di volersi battere con Quinto ad armi pari per provare a lei di essere una scelta migliore del pazzo assassino stupratore. Tra loro, i gorilla dello zoo intrattengono delle relazioni più civili e sane!
Il mio voto è di due stelline.

E curiosamente anche la lettura successiva è ambientata in un mondo che richiama in molti elementi la Roma imperiale. Dopo aver concluso la TBR, ho letto infatti "The Winner's Curse", primo capitolo della serie The Winner's Trilogy di Marie Rutkoski, che purtroppo soffre della stessa problematiche riscontrata nella trilogia The Captive Prince Series di C. S. Pacat (analizzo l'intera serie QUI), ossia è ambientata in un mondo fittizio ma non c'è alcun elemento fantastico o soprannaturale, semplicemente all'autrice scocciava documentarsi un minimo su un reale periodo storico e così se n'è inventato uno random ottenuto mescolando la mentalità battagliera degli spartani con la leziosità degli inglesi vittoriani (almeno per quanto riguarda l'impero Valorian).
La storia è incentrata su una relazione romantica alla Romeo-E-Giulietta tra Kestrel, figlia del generale che ha conquistato il regno degli Herrani, e Arin, appartenente proprio a questa popolazione, un tempo nobile e ora diventato schiavo dei conquistatori. In una scena iniziale che urla "Convenient!" da ogni riga, Kestrel acquista all'asta Arin e questo da l'avvio ad una trama parecchio prevedibile, ma comunque accettabile dal momento che il focus è tutto rivolto al rapporto tra i personaggi.
Proprio in queste interazioni risiede la forza del libro: oltre alla storia d'amore -che sembra forzata all'inizio, ma poi si sviluppa in modo gradevole- abbiamo l'affetto tra Kestrel ed il padre del quale lei cerca di conquistare l'approvazione, ed abbiamo anche l'amicizia della ragazza con Jess; in tutti i casi si tratta di situazioni genuine, nelle quali è facile immedesimarsi, nonostante la protagonista sia davvero fastidiosa con le sue frecciatine da pettegola nella prima metà del volume.
Il ritmo, che si mantiene buono per la maggior parte della storia, è il solo altro elemento positivo che mi sento di segnalare. Tutto il resto del romanzo è ridicolo, anche considerando il target: le azioni politiche e militari che sono in teoria uno dei temi principali vengono studiate con leggerezza, e di conseguenza risultano puerili; in entrambe le nazioni sono presenti dei comportamenti assurdi, ad esempio l'impero Valorian vieta i duelli ma, nella pratica, questi sono pubblici, è previsto un compenso fisso per la famiglia dell'eventuale defunto e chi uccide non viene perseguito penalmente. Inverosimile anche la legge per incentivare la natalità: se una ragazza non è sposata entro i vent'anni (sposata, non madre!) deve arruolarsi e combattere al fronte... ma come potete aumentare la popolazione se mandate in guerra le donne in età fertile?
Il romanzo poi è costellato da dozzine di morti, anche molto violente, ma queste hanno un impatto lieve sui personaggi, e nullo sul lettore che non viene mai coinvolto emotivamente. Si nota inoltre la tendenza dell'autrice a chiudere i capitoli in modo troppo repentino, spesso lasciando intendere delle azioni che i personaggi poi non compiono.
E come possono mancare le due scene tipiche dei romanzi YA? Io sono davvero stufa di trovarle sempre rappresentate, ma a quanto parte la scena della vestizione con l'abito strafigo -accompagnata dal conseguente ballo- e il tentato stupro impedito dall'eroe di turno sembrano essere momenti imprescindibili nella narrativa per ragazzi.
Il mio voto è di due stelline e mezza.

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venerdì 25 settembre 2020

Cosa diamine c'era in fondo al lago? - Recensione a "Beneath the Citadel" di Destiny Soria

«In all fairness, her plan to get into the citadel had worked. It was getting out again that had proved to be the problem»

Cosa diamine c'era in fondo al lago?

Recensione a "Beneath the Citadel" di Destiny Soria


LA SCHEDA TECNICA

TITOLO: Beneath the Citadel
AUTORE: Destiny Soria
TITOLO ORIGINALE: -
TRADUTTORE: -
EDITORE: Harry N. Abrams, Inc.
COLLANA: Amulet Books
PAGINE: 470
VOTO: 4 stelline e mezza

IL COMMENTO 

  "Beneath the Citadel" è un romanzo per ragazzi di genere fantasy dai toni molto avventurosi, pur mantenendo un ritmo non fastidiosamente frenetico; il testo comprende anche una generosa componente di romanzo di formazione, che permette al lettore di entrare in empatia con i protagonisti della storia, nonostante siano relativamente numerosi.
  La vicenda si sviluppa in una manciata di giorni e vede come teatro la città fittizia di Eldra, dove governa da svariati decenni il cosiddetto alto concilio, organo elettivo che si avvale dei servigi di persone dotate per la divinazione al fine di mantenere il controllo -e la fiducia- della popolazione. Da qualche tempo però in città avvengono degli strani casi di malesseri che spesso portano le persone a vegetare in uno stato semi-comatoso; il gruppo dei giovani protagonisti è determinato a scoprire cosa si celi dietro questi episodi, sperando così di smascherare anche la corruzione nella quale prospera il concilio,

«Now the prophecies were twisted to justify the council's seizing land and raising taxes on the lower wards to fund their lifestyles [...].»

ai danni della popolazione, che si trova in balia delle profezie infallibili enunciate secoli prima dagli elder seers.
  Oltre a questi antichi veggenti, ormai più simili a delle figure leggendari che a persone vere, il sistema magico ideato dalla Soria comprende altre categorie: abbiamo i diviners -capaci di predire il futuro prossimo osservando le rune o le foglie di tea-, mentre rooks e sentients possiedono dei poteri legati alla lettura dei ricordi passati. A queste figure si affiancano poi gli alchemists e il Blacksmith (che crea un legame tra persone e materiali), le cui abilità sono però legale più alla scienza che alla pura magia. Nel complesso, trovo che l'autrice abbia saputo gestire molto bene il fattore fantastico, circoscrivendo i poteri di ognuno e sfruttandoli soprattutto per creare degli ottimi colpi di scena.
  I personaggi sono un altro aspetto positivo della narrazione, soprattutto per la varietà di minoranze che vanno a rappresentare: nonostante ci troviamo in un mondo di fantasia, per esempio, la descrizione del loro aspetto ricorda quello di etnie molto diverse; abbiamo anche diverse fisicità, orientamenti sessuali (in particolare, vorrei far presente quello asessuale, che non compare spesso negli YA) e disabilità, sia fisiche che psicologiche. È evidente l'impegno della Soria nel dar voce all'artropatia che affligge Newt, per cui il ragazzo capisce di aver compromesso la sua salute per raggiungere delle capacità ginniche di quel livello,

«[...] while he could bend his body in fantastic fashion, it came at a price. He'd never told them that one day he might finally break, irrevocably, and that this thought haunted his nightmares.»

come anche agli attacchi di panico della flemmatica Alys, che ricoprono un ruolo chiave nella trama, senza risultare però dei meri espedienti narrativi.

«She was afraid to open her eyes because sometimes in the middle of the maelstrom everything was hazy and dreamlike, and what if one day she couldn't find her way back to the waking world?»

  Tra i protagonisti, un posto d'onore è riservato a Cassa -diminutivo di Cassandra, un nome perfetto in un romanzo dove si parla di profezie-, figlia dei capi della ribellione che anni prima metteva in grosse difficoltà il concilio. La ragazza fatica a farsi apprezzare dal lettore, soprattutto per una testardaggine snervante, che trova però ragion d'essere più avanti nella storia; a mio avviso, proprio questa sua peculiarità la rende il personaggio più riuscito, in un gruppo che comprende comunque dei caratteri sempre molto credibili.
Cover audiolibro
  Gli altri quindi non sono da meno: in particolare, ho apprezzato lo spazio che la pianificatrice Vesper riesce a conquistarsi nella parte finale del volume,

«Vesper had never held so much of another person before. Her focus was starting to fray. Her heart was hammering in her ears.»

e la presa di coscienza della già citata Alys, che fino all'ultimo si sente inadeguata per il ruolo di diviner del gruppo e compie quindi un arco narrativo realistico, con dei momenti di sconforto o di gioia che la rendono simpatetica.

«Why did every challenge have to feel like the first she'd ever faced, while Cassa and Evander and Newt always grew sharper, stronger, braver? [...] She could never be any of those things. She could never be. She could never. She could.»

  Per gli antagonisti è necessario fare invece una distinzione. Da un lato abbiamo l'alto cancelliere Dane e un secondo personaggio (non lo nomino direttamente per evitare uno spoiler gratuito) che devo ammettere di aver trovato ben scritti e dotati di motivazioni e personalità; d'altra parte, i membri dell'alto concilio vengono descritti più volte ma non riescono a rimanere impressi nella mente dei personaggi,

«They had always been a vague, collective enemy. More a personification of hundreds of years of secrecy and corruption than four living, breathing human beings.»

e neppure dei lettori, per la loro caratterizzazione scontata.
  Altri elementi migliorabili sono lo stile troppo semplice scelto dall'autrice e l'inserimento un po' forzato di scene romantiche che, seppur gradevoli nel complesso della storia d'amore, la presentano erroneamente come un insta-love.

«He took the hand and stood up, and for a split second, with their hands still clasped, their eyes met, and Newt could sense the world around them in perfect clarity [...].»

Per contro, la Soria ribalta abilmente altri cliché tipici della letteratura per ragazzi, riuscendo nel contempo ad affrontare delle tematiche relativamente mature, come la presa di responsabilità per le proprie azioni, perfetta per un mondo fantastico basato su delle profezie che sembrano ridurre la capacità decisionale degli individui.
  A dispetto di una perplessità iniziale, approvo anche la struttura dei capitoli: temevo si creasse del distacco, invece l'idea di scrivere a parte i flashback risulta ottima per evitare un'eccessiva confusione dei POV dei vari personaggi.

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martedì 15 settembre 2020

Lettura d'Insieme - The Grisha Trilogy di Leigh Bardugo

Lettura d'Insieme

The Grisha Trilogy di Leigh Bardugo



Cover USA
  The Grisha Trilogy -anche nota come Shadow and Bone Trilogy- è una trilogia fantasy con target young adult scritta da Leigh Bardugo e pubblicata tra il 2012 e il 2014. Con questa serie viene creato il Grishaverse, nel quale sono ambientati diversi altri romanzi dell'autrice.
  La serie è ambientata principalmente nel regno di Ravka, da anni in guerra con le nazioni vicine e divisa a metà dalla pericolosa Shadow Fold; a dare manforte all'esercito regolare è presente una seconda armata composta dai Grisha, dotati di poteri speciali e soggetti a forti discriminazioni. La cartografa Alina Starkov scopre inaspettatamente di essere una Grisha, in particolare la sola a poter evocare la luce che potrebbe distruggere la Fold e riunire il Paese.
  Questa serie mi è abbastanza piaciuta, ma alcuni aspetti non mi hanno convinta del tutto, e sono qui per elencare pro e contro alla lettura della serie.

  Attenzione: da qui in poi ci saranno SPOILER!


PRO

1. ALINA (E MAL)
  Dopo un inizio incerto e zeppo di stereotipi, Alina si rialza e dimostra di poter essere una valida protagonista, trovando un equilibro nel suo ruolo di guida a dispetto dei molti, ragionevoli dubbi che la mettono in difficoltà.

«I prayed he was right, that I wasn't just another leather taking their loyalty and repaying them with useless, honorable death.»

È particolarmente interessante leggere della sua presa di coscienza e dell'accettazione per i poteri che si trova a dover gestire; inizialmente ne è turbata, poi sempre più attratta e fino all'ultimo si rimane in dubbio se riuscirà a gestire tutto questo o meno.

«"Age and birth right don't matter to the Grisha. All they care about is power. I'm the only Grisha to ever wear two amplifiers. And I'm the only Grisha alive powerful enough to take on the Darkling or his shadow soldiers. No one else can do what I can."»

  Da "Shadow and Bone" a "Ruin and Rising", Alina compie un arco evolutivo molto importante e decisivo per il compito che è chiamata a svolgere: impara ad essere più determinata nelle scelte delle quali si prende la responsabilità e a dirigere il suo gruppo senza imporsi in modo aggressivo o autoritario, riuscendo a mantenere in parte lo spirito genuino degli inizi.

«"When the time comes", Mal asked, "can you bring the firebird down?"
Yes. I was done with hesitation. [...] I'd simply grown ruthless enough or selfish enough to take another creature's life. But I missed the girl who had shown the stag mercy, who had been strong enough to turn away from the lure of power, who had believed in something more.»

  Sebbene venga criticata da molti, io trovo molto credibile e ben scritta la sua relazione con Mal. La preoccupazione di lui quando la vede sempre più bramosa di potere lo rende simpatetico, quindi il loro allontanamento in "Siege and Storm" ha delle basi valide.

«"You wanted to wear the second amplifier. You have it. You want to go to Os Alta? Fine, we'll go. You say you need the firebird. I'll find a way to get it for you. But when all this is over, Alina, I wonder if you'll still want me."»

Grazie a dei confronti i due si chiariranno e Mal arriverà pian piano a comprendere ed accettare la natura di Alina, rivelandosi per quello che era fin dal principio: l'unico interesse amoroso degno di tale nome e compatibile caratterialmente con lei.

«"I wasn't afraid of you, Alina. I was afraid of losing you. The girl you were becoming didn't need me anymore, but she's who you were always meant to be."
"Power hungry? Ruthless?"
"Strong." He looked away. "Luminous. And maybe a little ruthless too. [...]"»

  Forse non saranno la coppia più facile della serie, ma sono indubbiamente quella più approfondita ed interessante. E l'epilogo dipinge in modo perfetto il loro rapporto, con piccoli momenti di sconforto che non vanno ad intaccare una meritata felicità.

2. GENYA SAFIN
  Già nel primo libro individuai in Genya il mio personaggio preferito, in particolare per la sua estraneità al resto dei Grisha e la straziante storia personale. Nonostante condividano la medesima professione, la Bardugo è stata inclemente con questo personaggio, facendola soffrire in alcuni dei momenti più bui della serie; Genya riesce comunque a farsi forza e trasforma in armi quelle che all'esterno appaiono come debolezze.

«As I approached with my armed escort, Genya let her shawl drop away, and the guards flanking me stopped short. She rolled her remaining eye and gave a catlike hiss. [...]
"Too much?" she asked.»

  Il suo addio con Alina è indubbiamente il più toccante di cui leggiamo alla fine di "Ruin and Rising": sono due giovani donne provate molto dalla vita, che riescono comunque a farsi forza e diventare vere amiche.

«"Alina", she said, "I'm not sure they'll follow me."
"You make them follow you." I touched her shoulder. "Brave and unbreakable."»

  Ho trovato poi tenerissimo il suo rapporto con David, che nel primo libro sembrava inserito un po' a forza ma pian piano assume una sua dimensione e l'inaspettata chimica tra i due è palese.

«"It's some kind of cured resin, but it's been reinforced with... carbon fibers? [...] More flexible!" David said in near ecstasy.
"What can I say?" asked Genya drily. "He's a passionate man."»

È importante il supporto di lui specialmente nel momento del confronto con il Re, al quale Genya vorrebbe inizialmente sottrarsi, per poi uscirne come vincitrice incontrastata.

3. SISTEMA MAGICO
  In questo caso mi devo accodare a quanti prima di me hanno -giustamente- tessuto le lodi del sistema magico ideato dalla Bardugo. Pur basato su una logica inversa rispetto alla norma, visto che i Grisha diventano sempre più forti, longevi e belli tanto più usano i loro poteri,

«"Using our power makes us stronger. It feeds us instead of consuming us. Most Grisha live long lives. [...] The length of a Grisha's life is proportional to his or her power. The greater the power, the longer the life. And when that power is amplified..."»

Cover israeliane
questo sistema magico ha molti aspetti interessanti, come l'utilizzo degli amplifiers e la spiegazione quasi scientifica per le magie operate dai Grisha,

«Everything in the world could be broken down into the same small parts. [...] Grisha steel wasn't endowed with magic, but by the skill of Fabrikators, who did not need heat or crude tools to manipulate metal.»

che ben si coniuga con il mondo in cui sono ambientate le vicende, a cavallo tra antiche credenze e un futuro più tecnologico.

4. UN FANTASY "DIVERSO"
  E ora parliamo proprio del Grishaverse, anche se la serie si ambienta quasi esclusivamente nel regno di Ravka. A differenza del fantasy-medio, questo universo non richiama nettamente al classico Medioevo, ma direziona la sua attenzione ad est pescando a piene mani dalla tradizione popolare Russia e -più genericamente- dell'Est Europa, dalla quale deriva ad esempio la forte venerazione nei confronti dei Santi.

«There were hundreds of Saints, one for every tiny village and back water in Ravka.»

Ovviamente ciò è possibile perché l'autrice ha unito i poteri reali dei Grisha alle superstizioni e alle credenze contadine; abbiamo quindi scene in cui Alina viene esposta come una martire vivente e adorata da chi spera di ottenere risposta alle proprie preghiere,

«They begged for me to bless them, to cure them, but I could only summon llight, wave, let them touch my hand. It was all part of Nikolai's show.»

ma anche momenti in cui le persone comuni aggrediscono i Grisha, spaventate dalla loro magia.
  Il lato più interessante di questo mondo è dato però dalla mescolanza di tante etnie diverse e dalla sua dinamicità. Per tornare al fantasy-medio, di solito abbiamo dei mondi che per centinaia di anni rimangono sempre nella stessa situazione dal punto di vista politico, sociale, economico o tecnologico; il Grishaverse invece è un luogo di cambiamento e spesso nel testo ci si riferisce all'avanzare impellente della modernità,

«"The world is changing, Alina. Muskets and rifle are just the beginning. I've seen the weapons they're developing in Kerch and Fjerda. The age of Grisha power is coming to an end."»

data da invenzioni come le navi volanti o le armi da fuoco, che rendono questa serie molto vicina alla cultura steampunk.

5. SCARDINARE I CLICHÉ
  La Bardugo ha profuso in grande impegno nella demolizione dei tropi più caratteristici per il target YA; o meglio, questi cliché sono presenti ma vengono spiegati in modo razionale oppure rovesciati.
  Ad esempio, Alina scopre quasi adulta i suoi poteri in circostanze fortuite, ma questo viene chiarito quando alla fine di "Shadow and Bone" si scopre che ha celato involontariamente le sue capacità per non essere separata da Mal. Sempre parlando della protagonista, all'inizio ci viene descritta come sciapa e banale nell'aspetto esteriore, e questo si capirà poi essere collegato proprio alla soppressione dei poteri.
  Un altro tropo è quello degli amanti contrastati, che qui trova riscontro concreto nella situazione particolare in cui si trova la protagonista, per cui deve mettere da parte l'amore nell'interesse di un bene più grande. Per il classico cast composto soltanto da adolescenti invece la soluzione è valida (come già accennato, i Grisha invecchiano lentamente per merito della magia esercitata) ma viene applicata maldestramente, perché alla fine i personaggi continuano a comportarsi da ragazzini. Tra l'altro -in base alla Wikia dedicata alla serie- SONO dei ragazzini... ma apprezzo comunque lo sforzo.
  E apprezzo ancor di più che l'autrice non abbia romanticizzato troppo il rapporto tra Alina e il Darkling, e anche qui alcuni fastidiosi cliché vengono stoppati sul nascere.

«"You might make me a better man."
"And you might make me a monster."»


CONTRO

1. ALINA IN "SHADOW AND BONE"
  Prima ne ho parlato in toni elogiativi, e ora devo demolirla. Come da titolo, mi riferisco solo a come Alina viene raccontata in "Shadow and Bone" dove è specialissima già dalla prima pagina del prologo.

«The girl was different, and she knew it.»

Ovviamente rimane sconvolta quando scopre di non essere una ragazza ordinaria, ma la prescelta per gestire il potere di Sun Summoner, e noi poveri lettori ci dobbiamo sorbire pagine su pagine in cui si lamenta di come sia troppo banale per essere una Grisha.

«"Do I look like a Grisha to you?", Grisha were beautiful. They didn't have spotty skin and dull brown hair and scrawny arms.[...]»

  Molto peggio sono però i momenti in cui si dedica con passione allo slutshaming nei confronti di ogni singolo personaggio femminile che abbia la sciagura di incrociare il suo cammino o -colpa ben più grave- di posare gli occhi sul suo "amico" Mal.

«"If it's that tracker, tell him to come inside and keep me warm."
"If he want to catch tsifil, I'm sure you'll be his first stop", I said sweetly, and lippe out into the night.»

  Come per la generalità delle altre protagoniste YA, per Alina la bellezza è qualcosa da guardare con diffidenza, perché chi è bello esteriormente non può che rivelarsi una persona malvagia,

«The Queen was beautiful, with glossy blond hair in a perfect coiffure, her delicate features cold and lovely. [...] I wonder just how much work Genya had done on her.»

di conseguenza, la vediamo valutare gli altri basandosi solo sul loro aspetto per l'intero primo romanzo.
  Per fortuna, poi è migliorata!

2. GUERRA
  Mi riferisco al conflitto tra Ravka e le nazioni vicine, Fjerda e Shu Han, che si può ridurre ad un singolo aggettivo: infantile. Per motivi di trama infatti, sembra che dalla fine del primo capitolo la guerra venga interrotta e nominata ogni tanto solo per abitudine, a dispetto dei tanti morti di cui la Bardugo non si stanca di ricordarci.

«It took us far too long to get out of the cemetery. The rows of crypts stretched on and on, cold testimony to the generations Ravka had been at war.»

  Più in generale, le interazioni tra gli Stati rasentano la stupidità a livello politico e strategico: per esempio, è inspiegabile perché nessuno dei due attacchi Ravka quando in "Ruin and Rising" la nazione è più divisa che mai, o per quale ragione si ostinino a non sfruttare i poteri dei Grisha anche solo come loro schiavi invece di ucciderli a caso.
  Diciamo che non si arriva ai livelli di The Lunar Chronicles (analizzo QUI l'intera serie) ma sembra essere inevitabile per i romanzi YA dipingere i giochi di potere come qualcosa di banale e libero da vincoli logici.

3. BELLEZZA
  Capisco che la Bardugo abbia lavorato come truccatrice, quindi sia naturalmente attenta al fattore estetico, ma ciò non giustifica la bonanza del suo intero cast; perfino Alina che all'inizio viene presentata come banalotta poi si trasforma in una specie di mix tra una Santa cristiana ed Elsa in Frozen II.
Cover vietnamiti
  Ma non basta essere belli, bisogna anche parlare in continuazione della propria -o della altrui- bellezza:

«"I saw the prince when I was in Os Alta", said Ekaterina. "He's not bad looking."
"Not bad looking?" said another voice. "He's damnably handsome."»

E non c'è nulla di sbagliato in ciò, se non fosse che si crea una fastidiosa ridondanza e alcuni personaggi in particolare risultano un po' superficiali, come Zoya e Nikolai, a causa dei quali io tremo al pensiero che siano stati scelti come protagonisti della recente Nikolai Duology: già immagino dialoghi interminabili fatti solo da complimenti reciproci e battutine argute.

4. FRASI QUOTABILI
  E passiamo ora ai dialoghi e, nel dettaglio, alle frasi sagaci. Qui potrei citarvi un qualunque dialogo in cui partecipino Nikolai, il Darkling, Zoya o -dopo metà serie- Alina. Ovviamente le frasi sono meravigliose e perfette per essere quotate, ma quantomeno inverosimili in uno scambio di battute naturale e spontaneo.
  Invece di fare migliaia di esempi, mi limito a citare questo botta e risposta tra Alina e il Darkling, nel quale i due esprimono tutta la loro capacità dialettica, lui con fare da seduttore e lei come la ragazzina che deve rispondere sempre a tono per dimostrare qualcosa.

«"I've been waiting for you a long time, Alina", he said. "You and I are going to change the world."
I laughed nervously. "I'm not the world-changing type."»

  Come detto, quello che più mi infastidisce sono la poca verosimiglianza e le reazioni sempre esagerate a queste affermazioni. Un esempio ottimo si ha nella scena in cui Genya accusa il Re e, ad una sua frase, lui rimane sconvolto;

«She leaned in and whispered something to him. The King paled, and I saw real fear in his eyes.»

ma quando, dopo un paio di pagine, scopriamo cosa lei gli abbia effettivamente detto,

«"What did you whisper?" I asked quietly. "To the King."
[...] I am not ruined. I am ruination.»

risulta evidente come il comportamento del sovrano sia quanto mai fuori luogo: io sarei scoppiata a ridere per una frase così pretenziosa e sopra le righe.

5. HARRY POTTER E IL MAGO NERO
  E per concludere parliamo di plagi. O, a voler essere generosi e ben pensanti, a pesanti citazioni.
  La saga potteriana viene alla mente più volte durante la lettura, specialmente quando scopriamo che Alina deve radunare tre amplifiers per sfruttare al massimo il suo potere diventando quasi onnipotente, così come i tre Doni della Morte dovrebbero rendere il loro vero possessore Padrone della Morte, appunto. La connessione tra Alina e il Darkling poi ricorda parecchio quella tra Harry e Voldemort,

«It had strengthened the bond between us, living him access to my mind as the collar had given him access to my power.»

considerando anche che, dopo lo scontro diretto in "Siege and Storm", lei impara a controllare le ombre -potere di lui- allo stesso modo in cui Harry acquisisce la capacità di parlare il serpentese dopo l'attacco di Voldemort all'inizio della saga.
  Ma questa trilogia mi ha ricordato un altra serie -che all'epoca avevo tacciato proprio di ispirarsi spudorata ad Harry Potter- ossia Il mago nero di Trudi Canavan. In particolare ne "La Corporazione del maghi" (QUI la recensione) abbiamo una protagonista plebea che scopre di essere una maga dotata e viene portata nella scuola in cui imparerà a controllare i suoi poteri; qui comanda un tizio vestito sempre di nero, temuto (più che rispettato) da tutti,

«"Quiet." The Darkling barely seemed to raise his voice, but the command sliced through the crowd and silence fell.»

unico a saper utilizzare un tipo di magia proibito e potente. Se vi servono ulteriori prove, sappiate che anche nel mondo della Canavan i maghi si specializzano in una particolare branca dividendosi tra Guaritori (Corporalki), Alchimisti (Materialki) e Guerrieri (Etherealki).
  Non dirò mai più che la Canavan peccava di banalità, promesso.

VALUTAZIONI SINGOLE