sabato 30 settembre 2017

Oliver, io sono tuo… fratello! - Recensione a "Oliver Twist" di Charles Dickens

Oliver, io sono tuo... fratello!

Recensione a "Oliver Twist" di Charles Dickens



LA SCHEDA TECNICA

TITOLO: Oliver Twist
AUTORE: Charles Dickens
TITOLO ORIGINALE: Oliver Twist; or, the Parish Boy's Progress
TRADUTTORE: Mario Martino
EDITORE: Newton Compton
COLLANA: I Minimammut
PAGINE: 400

IL COMMENTO

  Fin dai primi capitoli di “Oliver Twist” ho provato un forte senso di déjà vu, collegandolo immediatamente al capolavoro di Elizabeth Strout, “Olive Kitteridge” (QUI la recensione).
  In effetti, entrambi i romanzi hanno per titolo il nome del protagonista (nomi molto simili, tra l’altro), ma ad associarli idealmente non è solo questo; se da un lato è chiaro che le trame hanno ben poco in comune, dall’altro le strutture sono quasi identiche: in entrambi i casi i protagonisti vengono spesso messi da parte in favore dei comprimari e delle loro vicende, rimanendo sempre il fondamentale collante tra tutti gli eventi. Come capitava con l’anziana insegnante di Crosby, nel Maine, anche la storia di Oliver è costellata di moltissimi personaggi, le cui relazioni risultano nella gran parte dei casi ben più approfondite e, quindi, interessanti rispetto a quelle del protagonista.
  Con uno stile narrativo che ricorda molto una cronaca giornalistica (e, in effetti, in quel periodo Dickens ancora lavorava come cronista), ci viene narrata la storia del piccolo Oliver, dalla nascita in un ospizio per indigenti fino alla scoperta delle sue vere radici, in un viaggio che permette al lettore di addentrarsi negli anfratti più oscuri della fumosa Londra di inizio ottocento.
  La vita del nostro protagonista è inizialmente tutt’altro che idilliaca: dopo i primi anni in cui “grava” sulle spalle della parrocchia, lo attende infatti l’apprendistato presso un becchino; a dispetto dell’indole docile e gentile, Oliver si vede costretto a fuggire verso l’affollata capitale, dove incontra Dodger che lo introdurrà poi all’infido Fagin e alla sua banda di giovanissimi ladruncoli.
  Ancora molte prove attendono poi Oliver nel suo inconsapevole cammino verso la verità; anche se tra le tante sofferenze, si fa via via evidente un disegno più ampio e l’autore, come un fato sovrano, guida i destini dei suoi personaggi.
  A partire dal protagonista, ogni figura presente nel romanzo è descritta in modo accurato: specialmente nei dialoghi si evidenzia come Dickens abbia scelto di caratterizzare ogni personaggio con un linguaggio personale e perfettamente congruo con la sua estrazione sociale e la sua indole.
  Tra tutti i personaggi spicca, quasi fosse la vera protagonista, Londra, con i suoi sobborghi caotici che hanno da tana (non è lecito parlare di casa, in questi casi) ai peggiori delinquenti. In buona parte delle sue opere, Dickens pone al centro questa città e ce ne regala delle suggestive descrizioni capaci di renderla affascinante e minacciosa al contempo.
  Con una così vasta schiera di personaggi non è facile sceglierne uno come preferito ma posso affermare che, dopo una lunga sfida con Dodger, è stata Nancy ad aggiudicarsi l’ambito (?) titolo. Ho trovato particolarmente interessante la sua relazione con Sikes, sia nei risvolti più tragici e violenti -dove l’autore tocca inconsapevolmente temi molto attuali-, sia in quelli sentimentali come nella straziante dichiarazione che la donna fa a Rose, personaggio al confronto pare sciapo e prevedibile.
  Doveroso menzionare anche lo sfaccettato Fagin, con il quale si empatizza a dispetto della condotta, arrivando alla pietà per la sorte riservatagli. In generale, gli antagonisti sono meglio caratterizzati e, anche dopo tanti crimini, diventano i favoriti del lettore.
  Le tematiche trattate sono ricorrenti nell’opera dickensiana; in particolare qui si fa luce sull’ipocrita perbenismo delle parrocchie di campagna e sulla sommarietà della giustizia nei primi anni del diciannovesimo secolo, mantenendo sempre un tono fortemente satirico ed ironico, che aiuta ad alleggerire molte volte la tensione. Sono palesi anche i riferimenti autobiografici alla difficile infanzia di Dickens stesso.
  Per una volta non intendo lamentarmi dell’edizione targata Newton Compton, anzi la scelta di affidare la traduzione e l’introduzione alla stessa persona ha reso entrambe molto curate.

DOVE COMPRARE QUESTO LIBRO
LA VIGNETTA

  La metamorfosi di Nancy

martedì 19 settembre 2017

La folle corsa di Shannon - Recensione a "Invisible Monsters" di Chuck Palahniuk

La folle corsa di Shannon

Recensione a "Invisible Monsters" di Chuck Palahniuk



LA SCHEDA TECNICA

TITOLO: Invisible Monsters
AUTORE: Chuck Palahniuk
TITOLO ORIGINALE: Invisible Monsters
TRADUTTORE: Manuel Rosini
EDITORE: Mondadori
COLLANA: Oscar contemporanei
PAGINE: 220

IL COMMENTO

  Un noto proverbio insegna che “l’apparenza inganna”. E non potrebbe esserci espressione più azzeccata per introdurre questo romanzo, dove nessun personaggio è realmente come si mostra in un primo momento. Palahniuk si diverte ad ingannare il lettore con il mistero del mancato assassinio della protagonista, mentre alla fine dei conti non si può essere certi neppure di conoscere davvero la protagonista stessa.
  L’intreccio narrativo è molto complesso, dal momento che la trama non presenta gli eventi in ordine cronologico e più volte ripresenta le stesse scene; così ogni capitolo risulta comporto da due o più avvenimenti, divisi in brevi frammenti e poi intrecciati assieme. Sulla base di questa azzardata scelta stilistica, l’autore crea una caotica matassa di eventi, per poi dipanarla con maestria al momento di svelare gli eccellenti colpi di scena che caratterizzano soprattutto la seconda metà del volume.
  La storia è a dir poco bizzarra, tant’è che si inizia dalle scene finali: Shannon, la protagonista, è una giovane modella della vita quasi idilliaca, con un fidanzato perfetto, un’amica del cuore perfetta e un lavoro perfetto. Bastano poche pagine perché al lettore sia concesso di sbirciare sotto questa patina dorata e scorgere un fratello capace di rubarle l’attenzione dei genitori anche da morto, una storia d’amore a senso unico e una bellezza che anziché renderla felice la perseguita.
  L’avvenenza di Shannon non è destinata a durare; quando un misterioso sparo la sfigura il volto, la ragazza perderà tutto ciò che aveva più caro. Ad aiutarla, come una novella fata madrina, sarà la Principessa Brandy Alexander, un transessuale che la protagonista incontra in ospedale e con cui partirà in un assurdo viaggio dalla meta incerta.
  In generale, tutti i personaggi appaiono cinici e disillusi, arrivando ad limite del grottesco, come ne caso di suor Katherine, l’infermiera che tenta in tutti i modi di trovare un nuovo amore per Shannon, fosse anche un galeotto.
  A rendere ancor più surreali i personaggi contribuiscono i dialoghi che lasciano spesso il lettore interdetto perché espressi da figure inaspettate: ad esempio, i genitori della protagonista che non si imbarazzano minimamente nel regalarle preservativi o darle dettagliati consigli riguardo la sua vita sessuale. Palahniuk riesce così a rendere quelli che altrimenti sarebbero i personaggi più “normali”, bizzarri al punto di lasciare la traccia più importante sul lettore.
  Per quanto riguarda la protagonista, in lei si incarna il vero spirito del romanzo: nasconde di proposito importanti dettagli al lettore, mentre ne rivela altri in modo del tutto inatteso. Dal momento che che Shannon è la voce narrante degli eventi, può giocare con il lettore decidendo dove dirigere la sua attenzione: la protagonista si rivolge infatti in modo diretto a chi legge, dando degli ordini come se parlasse ad un cameraman o ad un tecnico delle luci a cui indicare la scena da mettere a fuoco in quel momento.
  In questo romanzo, Palahniuk tocca moltissime tematiche tra le quali spicca prepotente una dura critica alla società contemporanea, in cui l’immagine determina il successo personale ben più del carattere o delle reali capacità. L’autore affronta anche altri temi che, come le svolte della trama, si rivelano meglio con il proseguo della storia e di certo portano a riflettere su questa grottesca allegoria del mondo reale.
  Come già accennato, lo stile di Palahniuk è molto particolare, e non solo per la narrazione frammentaria, ma anche per le ripetizioni quasi ossessive di alcune frasi o per il modo in cui richiama l’attenzione del lettore. Da questo punto di vista, l’edizione Mondadori presenta una sinossi fin troppo semplificata che impedisce al lettore di iniziare la lettura preparato a dovere.

DOVE COMPRARE QUESTO LIBRO
LA VIGNETTA

  La vita amorosa di Shannon si profila idilliaca...

martedì 12 settembre 2017

Tema pesante, tono leggero - Recensione a "Io prima di te" di Jojo Moyes

Tema pesante, tono leggero

Recensione a "Io prima di te" di Jojo Moyes



LA SCHEDA TECNICA

TITOLO: Io prima di te
AUTORE: Jojo Moyes
TITOLO ORIGINALE: Me before You
TRADUTTORE: Maria Carla Dellavalle
EDITORE: Mondadori
COLLANA: Oscar Absolute
PAGINE: 390

IL COMMENTO

  Prima di commentare il romanzo come di consueto, vorrei fare una breve premessa. Credo sia impossibile leggere questo volume senza riflettere sulla situazione del protagonista e senza porsi il classico quesito: “al suo posto, come mi sarei comportato/a io?”.
  A mio avviso, uno dei propositi dell’autrice era proprio far ragionare i suoi lettori e far loro comprendere che in alcuni casi non si possono trovare delle risposte univoche, ma che ognuno deve valutare e decidere per proprio conto. Sviluppando un poco la propria empatia, si può comprendere come ogni persona reagisca ad un trauma in modo diverso, ma non per questo deve essere giudicata.
  Tema centrale del romanzo è la crescita e la presa di coscienza di sé della protagonista, Louisa Clark. Nelle prime pagine la conosciamo come una ragazza insicura delle proprie capacità e, soprattutto, del suo futuro, a dispetto dell’affetto che evidentemente la lega alla sua famiglia e della lunga relazione con il fidanzato.
  La vita riserva però un’inattesa svolta per Lou: la perdita dell’impiego di sempre la farà conoscere Will; e la sua vita non tornerà più ad essere quella di prima.
  Dal canto suo Will, un tempo uomo d’affari di conclamato successo ora costretto a vivere su una carrozzina, non dimostra in concreto alcun cambiamento nel suo carattere, ma si adopera in ogni modo per aiutare Lou a sviluppare il suo vero io.
  La storia si sviluppa molto velocemente, priva di veri e propri colpi di scena ma non per questo incapace di incuriosire il lettore che, sebbene abbia intuito la storia d’amore praticamente dalla copertina (grazie tante, Mondadori), è impaziente di scoprire come si giungerà ad essa e come questo cambierà le vite dei protagonisti.
  Tra questi, Will è di certo “svantaggiato” dal momento che al lettore non viene mai concesso di sbirciare il suo POV, mentre di Louisa conosce praticamente tutto, dal momento che la maggior parte degli eventi vengono presentati attraverso i suoi occhi. Ho trovato molto interessante il personaggio di Treena, affatto convenzionale e con delle idee molto chiare su ogni argomento, pur conscia di non poter piacere a tutti.
  Per quanto riguarda gli altri personaggi secondari, ritengo che una buona parte sia troppo stereotipata e con dei ruoli quasi da comparse, a dispetto della forte connessione con i protagonisti, come nel caso della sorella di Will.
  In generale, lo stile della Moyes è molto scorrevole, di certo per merito delle predominanza dei dialoghi sulle parti più descrittive.
  Sono presenti alcuni capitoli POV di coprotagonisti a dir poco superflui, che nulla aggiungono alla narrazione, né all’introspezione dei personaggi stessi: tutto poteva essere reso nel POV di Lou. Queste parti mettono poi in evidenza come l’intero romanzo sembri essere più una raccolta di interviste per un documentario che la trasposizione dei pensieri dei personaggi, specie per il modo molto diretto con cui questi si rivolgono al lettore. Anche quando la narrazione è incentrata su Louisa si può notare questo dettaglio, seppur in tono più lieve.
  Altro particolare che non ho affatto apprezzato sono stati i continui tentativi dell’autrice di smorzare la tensione con battute o siparietti comici, spesso incentrati sulla protagonista: capisco la necessità di allentare l’angoscia, ma in alcuni casi esagera davvero senza che ce ne sia bisogno.
  Sono rimasta positivamente colpita invece dal coraggio con cui la Moyes ha descritto nel dettaglio la vita di un uomo tetraplegico, sicuramente grazie ad un ottimo lavoro di ricerca. Ciò permette al lettore di poter comprendere un po’ meglio Will e il suo mondo.

DOVE COMPRARE QUESTO LIBRO
LA VIGNETTA

  Il miglior fidanzato di sempre!

martedì 5 settembre 2017

Cosa sto leggendo? - 5 settembre 2017

Cosa sto leggendo?

5 settembre 2017




In un mese solitamente associato al ritorno al lavoro e a scuola, o comunque a giornate tristi e grigie, le mie letture si stanno rivelando davvero interessanti e coinvolgenti, in modo del tutto inatteso.

  1. "Il circo della notte" di Erin Morgenstern, un chiacchieratissimo fantasy, che nasconde molto di più; le storie dei singoli protagonisti sembrano quasi destinare ad intrecciarsi in un circo pieno di incredibili attrazioni.
  2. "Il gigante sepolto" di Kazuo Ishiguro, il mio secondo incontro con il pluri-premiato autore giapponese; di questo romanzo ho letto e sentito parecchi commenti negativi, ma finora l’ho apprezzato molto e spero di non essere delusa dall’evoluzione della storia.
  3. "Premiata Ditta Sorelle Ficcadenti" di Andrea Vitali, una commedia che vira presto verso il noir; in un paesino sul lago di Como (dove Manzoni dà solo il nome ad una via), il tranquillo trantran verrà interrotto dall’arrivo delle sorelle Ficcadenti e dall’apertura della loro merceria.