mercoledì 29 settembre 2021

"La Signora del Lago" di Andrzej Sapkowski

La Signora del Lago (La saga di Geralt di Rivia, #7)La Signora del Lago by Andrzej Sapkowski
My rating: 3 of 5 stars

"La leggenda cresceva. Gli ascoltatori bevevano come in trance le parole piene di enfasi del cantastorie che raccontava dello strigo e della maga. Della Torre della Rondine. Di Ciri, la striga col viso deturpato da una cicatrice. Di Kelpie, la giumenta nera incantata. Della Signora del Lago"


NELLA TOP 3 DELLE SCUSE PIÙ RIDICOLE PER BOMBARE

Premetto che questa recensione conterrà lievi spoiler relativi agli avvenimenti di questo libro e dei precedenti. Ritengo inverosimile che una persona del tutto estranea alla serie si fiondi a leggere un commento al settimo romanzo, ma un piccolo avviso non costa nulla.
Nel 1999, anno di pubblicazione de "La Signora del Lago", il caro Andrzej dev'essere stato infoiato come un mandrillo; come spiegarsi altrimenti le dozzine di scene pseudo-erotiche e le centinaia di riferimenti sessuali all'interno di questo romanzo? Normalmente non mi lamenterei -infatti negli altri libri della serie non l'ho fatto- ma qui arriviamo al ridicolo: non passano più di cinque pagine senza che una donna salti addosso a Geralt, qualcuno tiri fuori delle scuse allucinanti per farsi Ciri o Yennefer, oppure un personaggio random ci delizi con una canzoncina sconcia.
Per quanto riguarda la trama, la mia impressione è che dopo l'epilogo de "Il tempo della guerra" Sapkowski abbia deciso di seguire una sola linea narrativa, ossia quella dei protagonisti che si cercano a vicenda, e con questa misera idea sia riuscito inspiegabilmente a scrivere ben due libri e mezzo! Infatti, per la prima metà de "La Signora del Lago", la narrazione si focalizza ancora sul viaggio dei nostri tre eroi: dopo una pausa di alcuni mesi, Geralt e combriccola partono per salvare Yennefer grazie ad una convergenza di colpi di fortuna assurda; dall'altra parte troviamo Ciri -ormai con così tanti titoli regali ed appellativi da far invidia a Daenerys Targaryen- che lascia l'isola (per nulla) felice degli elfi e, con una serie di aiuti ancor più assurda, cerca a sua volta di salvare la madre. E se la parziale incompetenza di Geralt non mi stupisce troppo, ammetto che la passività di Ciri in questo romanzo mi ha davvero delusa, soprattutto dopo i passi in avanti fatti ne "La Torre della Rondine", perché qui sembra incapace di procedere nella sua missione senza l'intervento di terzi.
Sullo sfondo si continua a parlare della guerra tra Nilfgaard ed i regni del Nord, guerra che per i protagonisti rappresenta al massimo una scocciatura che li costringe ad allungare un po' la strada, quindi non vedo perché dovrebbe interessare noi lettori. Lo stesso discorso vale per la profezia catastrofica degli elfi, la minaccia dell'epidemia ed il presunto lavaggio del cervello fatto a Yennefer, tutti elementi che sembrano completamente dimenticati nell'epilogo.
In generale, leggendo questa serie ho pensato più volte che l'autore non avesse le idee chiare, ma la presenza di molti dettagli che collegano gli eventi sembra smentire questa teoria. A questo punto direi che Sapkowski è molto capace nel prestare attenzione alle singole scene e molto meno nel tessere un disegno ampio: approvo pertanto i riferimenti tra i diversi elementi, ma boccio lo slegamento generale che costringe il lettore a ricostruire mentalmente la cronologia della storia ad ogni nuovo capitolo. Sono presenti anche delle piccole incoerenze, come l'improvviso ruolo attivo di Regis -tanto immotivato quanto conveniente- che mi spinge a chiedermi perché non si sia dato da fare nei romanzi precedenti.
Il difetto principale de "La Signora del Lago" è da ricercare però negli antagonisti principali. Due di loro vengono presentati come invincibili, per poi essere tolti di mezzo senza troppe difficoltà, perfino senza che i protagonisti elaborino uno straccio di strategia; il terzo si redime di botto, trasformandosi in un personaggio quasi positivo, dopo aver causato la morte di svariate migliaia di persone innocenti.
Per il resto, abbiamo una conclusione (almeno sul piano cronologico) in linea con la serie e una svolta molto apprezzabile data dai viaggi nello spazio-tempo e dai tanti riferimenti al Ciclo Arturiano. Il voto sarebbe anche potuto essere più alto, dal momento che l'odioso Ranuncolo ci ha liberato dalla sua presenza per la maggior parte del volume; invece non lo sarà, sia perché il personaggio sfugge ancora alla morte dolorosa che gli ho augurato per sette romanzi, sia perché l'ultimo libro "La stagione delle tempeste" è ambientato anni prima e pertanto ce lo troveremo di sicuro nuovamente tra i piedi.

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lunedì 27 settembre 2021

"Poirot sul Nilo" di Agatha Christie

Poirot sul NiloPoirot sul Nilo by Agatha Christie
My rating: 4 of 5 stars

"Il Karnak riprese a risalire lentamente il fiume. Adesso il paesaggio era meno aspro e desolato. Vi appariva qualche palma, qualche campo coltivato. E fu come se quel cambiamento nel panorama sollevasse i passeggeri da qualche segreta oppressione che li tormentava"


UN GIALLO PARECCHIO ROSA

Avendo molto apprezzato l'adattamento di "Assassinio sull'Orient Express" di Kenneth Branagh, ho pensato di recuperare anche questo romanzo prima dell'uscita del nuovo film, così da non rovinarmi la lettura di una storia di cui avrei già saputo l'epilogo; sì, sembra un ragionamento senza senso, ma personalmente preferisco scoprire una narrazione su carta e poi vedere l'adattamento più in relax: non dovendo seguire troppo lo sviluppo del mistero, posso concentrare la mia attenzione sui personaggi e sull'ambientazione. A lettura ultimata posso dire che, pur essendo ancora convintissima di voler vedere il film, non reputo "Poirot sul Nilo" uno tra i migliori titoli di Agatha Christie.
L'intreccio del romanzo è un classico della produzione christiana: un gruppo di benestanti sconosciuti si ritrova confinato in un luogo isolato dove si svolge un delitto all'apparenza impossibile, ma non per il brillante detective di turno. A cambiare un po' le carte in tavola è l'ambientazione (un nave da crociera sul Nilo, al posto della tipica magione inglese); una scelta che vorrebbe dare un tocco esotico alla storia senza però riuscirci del tutto, specialmente a causa del cast composto unicamente da europei ed americani e delle poche scene in locali esterni alla nave. Una variatio più interessante e positiva è invece quella di eliminare il classico elenco dei personaggi -con rispettivi ruoli- ad inizio volume, presentandoli invece nel primo capitolo, durante il quale vediamo anche in quali circostanze hanno deciso di partire per l'Egitto.
Questa lettura mi ha intrattenuta e divertita: il mistero è presentato bene e risolto in modo brillante e verosimile, gli indizi sono accessibili al lettore anche se non proprio facili da accostare perché oltre all'indagine principale sono presenti diversi altri intrecci secondari che ingarbugliano la vicenda, inoltre vediamo in scena parecchi personaggi molto sopra le righe, scritti appositamente per suscitare una risata. Riuscendoci perfettamente.
Pur avendo un cast di personaggi abbastanza stereotipati, per la maggior parte caratterizzati in modo superficiale, le relazioni tra loro sono solide e credibili, sia nel caso di quelle familiari che delle (molte!) romantiche. C'è infatti parecchio romance in un libro che di base è un mystery, ma non si tratta di un elemento casuale seppur potrebbe lasciare un po' stupiti coloro che si aspettato una narrazione indirizzata totalmente all'indagine sul delitto.
Purtroppo questo romanzo soffre di alcuni difetti, di contenuto ed edizione, che non mi permettono di collocarlo tra i miei preferiti dell'autrice. Il ritmo della narrazione è disomogeneo, con una prima metà molto lenta, in cui l'omicidio tarda ad avvenire nonostante sia palese chi sarà la vittima, ed una seconda parte decisamente troppo frenetica, al punto che un personaggio passa dal piangere il lutto di una persona cara al fidanzarsi con un semi-sconosciuto nell'arco di una mezza giornata. La risoluzione del crimine in sé poi mi ha ricordato molto un titolo precedente di Christie, lasciandomi in parte delusa per questo deficit di originalità.
Per quanto riguarda l'edizione, la mia risale solamente allo scorso anno ma a parte il cambio di cover e l'aumento di prezzo non penso di possa usare l'aggettivo "nuova": la traduzione è da rivedere, soprattutto per l'inserimento di alcuni termini utilizzati forse negli anni Trenta ma assolutamente fuori luogo ai giorni nostri, mentre prefazione e postfazione non invogliano per nulla all'acquisto e sono parimenti datate nei contenuti.

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mercoledì 22 settembre 2021

"God of Broken Things" di Cameron Johnston

God of Broken Things (Age of Tyranny, #2)God of Broken Things by Cameron Johnston
My rating: 4 of 5 stars

"Cillian was sat alone and waiting for me when I returned to the auditorium. «I suspected you would not be gone for long.»
I thumped down next to her. «You've more faith in me than I do»"


HO VISTO MORTI PIÙ PERMANENTI IN GOTHAM

Ammetto che terminata la lettura di "The Traitor God" non mi sentivo troppo incentivata a leggere il seguito, e forse non l'avrei neppure fatto non avessi già avuto in libreria "God of Broken Things"; la motivazione principale era la parziale delusione di quel romanzo, e c'è da considerare anche l'epilogo, che concludeva le storyline principali in modo soddisfacente, non lasciandomi la minima curiosità sul secondo volume. In effetti si tratta di due romanzi apprezzabili anche come stand-alone, perché nel sequel le informazioni principali vengono ribadite e le avventure al centro delle due narrazioni sono abbastanza scollegate tra loro.
La storia riprende tre mesi dopo la battaglia che ha distrutto buona parte di Setharis, causando non solo gravi danni alla città ma inasprendo anche il conflitto contro gli Skallgrim; infatti dopo un breve inizio focalizzato sulle indagini del magus Edrin Walker, la trama vira decisamente per concentrarsi su una battaglia campale in mezzo alle montagne nella quale il nostro (per nulla) eroe guida un gruppo a dir poco scapestrato, mettendo fianco a fianco magi alteri e criminali appena usciti di galera. Ovviamente con il procedere della narrazione vediamo una continua escalation, sia per quanto riguarda la forza d'attacco dei nemici che la brutalità della violenza descritta.
Pur portandosi dietro alcuni dei problemi evidenziati nel primo libro, come un world building già denso ed in continua espansione o la tendenza ad introdurre personaggi secondari molto promettenti per poi sfruttarli troppo poco, "God of Broken Things" segna un netto miglioramento dato da una narrazione più lineare, svolte di trama maggiormente concrete e delle spiegazioni comprensibili sulle origini del mondo fantasy in cui si muovono i personaggi, nonostante manchino ancora mappa e glossario.
In questo secondo capitolo ho apprezzato ancora di più il personaggio di Walker, in particolare per come l'autore ha saputo costruire la sua crescita senza dimenticarne i difetti caratteriali o le debolezze fisiche, andando a creare un protagonista molto realistico e perfetto per una storia di questo tono. Inizialmente avevo delle riserve sull'inserimento di una sua relazione romantica ma devo ammettere che, pur avendo trovato un po' noioso i suoi continui pensieri in relazione al suo interesse amoroso, la relazione risulta essere ben bilanciata e decisamente consigliata per chi come me apprezza gli slow burn.
Oltre ai difetti già segnalati, per la maggior parte riconducibili ad un world building confuso, questo romanzo presenta due soli problemi che mi hanno infastidita: il primo è la scelta di introdurre dei personaggi queer -o presunti tali- che Johnston delinea in base a stereotipi stantii e, purtroppo, in linea con quanto fanno tanti suoi colleghi autori di grimdark; e poi c'è il testo non giustificato. In nome di tutti gli dei di Setharis, perché il testo non è stato giustificato?

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venerdì 17 settembre 2021

"L'alba del mondo" di Rhidian Brook

L'alba del mondoL'alba del mondo by Rhidian Brook
My rating: 3 of 5 stars

"Distruggere era davvero molto più facile che costruire: una città che si era sviluppata nel corso dei millenni poteva essere rasa al suolo in un giorno; la vita di un uomo cancellata in una frazione di secondo"


MACERIE EMOTIVE

Pubblicato per la prima volta nel 2013 con il titolo "L'alba del mondo", in occasione dell'uscita dell'adattamento cinematografico "La conseguenza" nel 2019, questo romanzo di Rhidian Brook ha ottenuto una nuova edizione per la quale la Sperling & Kupfer a optato per il medesimo titolo del film, traduzione letterale dell'originale "The Aftermath". L'aspetto più ironico di questo teatrino del titoli è che difficilmente troverete un libro in cui si senta meno il peso delle conseguenze, in particolare quelle legate alle azioni dei personaggi; perché se è vero che il testo si sofferma spesso sugli effetti della guerra, non lo fa quasi mai su quelli degli eventi narrati, dimenticando all'apparenza alcuni errori o decolpevolizzando completamente i personaggi per i loro sbagli in favore di un epilogo bucolico e strabordante buoni sentimenti.
La vicenda è ambientata ad Amburgo nel 1946, città che vediamo devastata dalle bombe alleate e i cui abitanti faticano non poco ad adattarsi all'occupazione degli inglesi. La trama prende il via quando il colonnello Lewis Morgan si vede assegnata un'enorme villa in cui abitare con la famiglia durante il suo periodo come supervisore della zona; anziché requisire l'abitazione all'architetto Stefan Lubert e a sua figlia Frieda, l'ufficiale inglese propone di divide la casa, in cui gli spazi non mancano di certo. Questa situazione andrà a creare alcuni problemi in particolare a Rachael, moglie di Lewis ancora in lutto per la morte del figlio maggiore durante un bombardamento tedesco.
Dalla premessa, mi aspettavo una storia incentrata sul superamento dell'odio originato dal conflitto mondiale e dalla propaganda, per giungere ad una comprensione reciproca e perfino ad un sentimento di fratellanza, ma questi non sono propriamente i temi toccati da Brook. "L'alba del mondo" si focalizza invece sul lutto e su come persone con caratteri molto diversi lo affrontino a loro modo; e questo è indubbiamente uno degli elementi di forza del romanzo, pur avendo una risoluzione un po' troppo rapida nel finale.
Mi sono piaciuti molto anche l'ambientazione storica, che ritengo ben resa sia negli elementi sociali ed economici sia nell'atteggiamento dei personaggi, e la caratterizzazione di alcuni tra i protagonisti. Se è vero che il cast presenta dei personaggi abbastanza stereotipati, devo però ammettere di aver apprezzato l'ingenua gentilezza di Edmund e il contegno dignitoso di Stefan. Peccato non poter dire altrettanto per quello che -in un primo momento- sembra essere il protagonista (nonostante si tratti chiaramente di un romanzo corale).
La bontà di Lewis è tanto esasperata da risultare inverosimile in un uomo che per anni ha combattuto contro i tedeschi e, a causa loro, ha perso un figlio. Nei ringraziamenti veniamo a sapere che Brook si è ispirato alla figura del nonno paterno per tratteggiare questo personaggio; ora, io capisco il voler porre il proprio avo in una luce positiva, ma qui si è davvero esagerato: chi mai si comporterebbe in modo tanto generoso ed altruista al suo posto? secondo me, neppure il nonno di Brook!
Gli altri difetti di questo titolo sono forse da imputare dalla poca esperienza dell'autore. In particolare, abbiamo una trama dallo sviluppo molto facile da intuire (con dei dettagli che urlano letteralmente in faccia al lettore quali svolte lo attendono), dei dialoghi che mancano di logica oppure sembrano troppo artificiosi ed alcune scene in cui un personaggio viene sessualizzato senza un valido motivo, e ammetto che quest'ultimo elemento mi ha fatta innervosire non poco.
Per fortuna (?) è presente anche un problema che ho trovato esilarante: nonostante la storia si ambienti in una grande città, abbiamo un continuo ripetersi degli stessi luoghi e di incontri tra gli stessi personaggi, tra l'altro imparentati fra loro. Così la metropoli di Amburgo finisce per assomigliare ad un paesello di campagna.

Voto effettivo: tre stelline e mezza

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mercoledì 15 settembre 2021

"The Armored Saint" di Myke Cole

The Armored Saint (The Sacred Throne, #1)The Armored Saint by Myke Cole
My rating: 2 of 5 stars

"The room was dominated by two engines shaped liked men … they were like suits of armor, giant metal frames articulated with brass rondels to give the rough shape of a man's limbs"


COVER INGANNEVOLE, PER DUE TERZI

Durante la lettura di "The Armored Saint" mi sono posta più volte un quesito: io e Tommy Arnold avremmo letto lo stesso libro? Perché vedendo la meravigliosa copertina che ha realizzato mi aspettavo di leggere la storia di una guerriera determinata e coraggiosa, pronta a salvare il mondo (o forse a lasciarlo bruciare), ma la realtà si è rivelata un pochino diversa. La protagonista indossa un'armatura gigante? sì, per poche pagine a fine libro. Ci sono abitazioni date alle fiamme? di nuovo sì, però fuori scena. Non saprei a chi sia da attribuire la colpa, se all'illustratore che ha pescato due elementi a casaccio per fare una cover bella ma fuorviante, oppure alla CE che ritrovandosi tra le mani la sua proposta da deciso di utilizzarla pubblicizzando il libro in modo errato; l'unica certezza è che la sottoscritta ha comprato quello che pensava essere un dark fantasy per adulti e si è ritrovata con la storia di una sedicenne davvero infantile, ambientata in un vaghissimo mondo fantasy medievale, con elementi grimdark a giorni alterni.
La vicenda si svolge principalmente nell'umile villaggio della protagonista, Heloise Factor, luogo del quale non sappiamo nulla se non che l'amministrazione è affidata ad un sindaco eletto dai villici e dove tutti venerano la figura dell'Emperor, una sorta di divinità che eoni prima ha cacciato i demoni oltre un velo salvando il mondo umano. La trama ha il via quando in zona arriva un gruppo di Paladins, aka i classici inquisitori fanatici religiosi, impegnati a dare la caccia agli stregoni, che tramite la magia potrebbero squarciare il velo e richiamare i demoni; Heloise rimane molto turbata dai loro metodi brutali e questo sarà l'innesco di una sorta di ribellione da parte dei popolani.
La particolarità di questo volume è data dal rovesciamento di diversi cliché, una scelta decisamente originale che vede il suo limite nel momento in cui diventa chiaro perché quei tropes funzionino in tutti gli altri libri: ad esempio, la protagonista non è un'orfana, ma i suoi genitori sono inutili nel migliore dei casi, e fastidiosamente ottusi nel peggiore. Un caso ancor più spiazzante -e non in senso positivo- è la rivelazione che gli invasati cacciatori di streghe hanno ragione; in qualunque altro libro si sarebbe dimostrato come la magia non sia qualcosa di inevitabilmente malvagio, mentre qui nonostante siano chiaramente gli antagonisti i Paladins sono perfettamente nel giusto volendo sterminare gli stregoni. Capisco il tentativo di essere originali, ma così l'autore sembra voler dare ragione ai cattivi, e non solo: nell'epilogo non si fa il minimo accenno a questa cosa, e tutti sembrano dimentichi di ciò che hanno appresso sulla magia.
Un altro aspetto non troppo convincente è la brevità del volume, che causa diversi problemi nel world building e nella timeline delle vicende narrate. L'autore ha scelto un mondo fantasy riciclatissimo per non dover dare troppi dettagli, lasciando al lettore il compito di immaginare ciò che non gli viene detto; non che quando fornisce chiaramente le informazioni vada meglio, perché si creano dei dialoghi davvero cringe in cui i personaggi pongono domande fuori contesto ad unico benefico del lettore. È uno di quei casi in cui avrei voluto leggere di più, non perché il romanzo mi abbia affascinata, ma perché penso che l'autore avrebbe avuto bisogno oggettivamente di più pagine per sviluppare meglio la storia.
I personaggi sono un ulteriore tasto dolente, soprattutto perché anche di loro sappiamo ben poco e per il resto ci dobbiamo fidare di quanto ci viene detto (se due personaggi dicono di conoscersi fin da piccoli, diamo per certo che siano amici) o riusciamo ad intuire grazie ad anni di lettura di romanzi fantasy simili. La protagonista è l'unica sulla quale Cole si sofferma un po' di più, per nostra sfortuna; Heloise passa metà del libro a piangere (ora capite perché la cover mi fa tanto arrabbiare?) e quando agisce lo fa letteralmente senza pensare, dicendoci in svariate occasioni che il suo corpo si è mosso di sua iniziativa. E per fortuna che il corpo della protagonista ha più volontà di lei, perché altrimenti questo romanzo non avrebbe una trama. Tra l'altro queste sue azioni avventate non hanno mai delle conseguenze per lei, che trova sempre qualcuno pronto a darle rifugio e consolarla, motivo per cui Heloise non sembra davvero una sedicenne bensì quasi una bambina... addirittura si dispera perché è lontana dal padre da mezza giornata!
Ma voi invece non diperate, perché comunque ho trovato qualcosa da salvare in questa lettura, nonostante non fosse affatto quello che mi aspettavo di apprezzare. Sebbene sia a tratti un deux ex machina, il personaggio di Clodio mi è piaciuto, in particolare per le sue riflessioni sull'amore e per aver portato in scena Twitch, un topolino ammaestrano che è di gran lunga il personaggio più sveglio del libro. Nella parte centrale c'è poi una bella fetta di romance che mi è davvero piaciuta, perché mi è sembrata molto dolce e genuina.
Visto l'epilogo, le mie aspettative per i seguiti sono decisamente basse, ma non si può mai dire. Magari questa serie riuscirà a riscattarsi.


AVVISO IMPORTANTE!
Durante la polemica scoppiata lo scorso anno, in merito ai comportamenti molesti di alcuni autori fantasy e sci-fi nei confronti delle colleghe, è spuntato tra gli altri il nome di Myke Cole. In realtà le accuse a cui si faceva riferimento erano già state rese pubbliche nel 2018, e l'autore aveva risposto scusandosi tramite il suo sito, ma questa situazione ha fatto sì che due CE abbiano abbandonato i progetti di pubblicazione dei suoi libri.
Personalmente ho saputo di questa vicenda dopo aver acquistato i primi due libri della serie; ho quindi considerato i diversi fattori, decidendo di leggere e parlare comunque di questi romanzi, includendo un avviso per chi non fosse al corrente della vicenda. Per il futuro invece eviterò di acquistare altri suoi titoli, così come ho fatto nel caso di Mark Lawrence.

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venerdì 10 settembre 2021

"22.11.63" di Stephen King

22.11.6322.11.63 by Stephen King
My rating: 5 of 5 stars

"La mia parte vigliacca si aspettava di essere aggredita, come la prima, malaccorta vittima in uno di quei film-con-pazzo-a-piede-libero, quelli che hanno sempre un numero nel titolo"


SALVA KENNEDY, SALVA IL MONDO

Questo romanzo ha atteso con pazienza sui miei scaffali per un intero lustro; tanto mi ci è voluto per decidermi finalmente ad affrontare "22.11.63", e non soltanto per la mole imponente ma soprattutto perché ero certa al novantotto percento che sarebbe diventato il mio nuovo romanzo preferito di King, scalzando "Il miglio verde" dal gradino più alto del podio. Come ci insegna questa lettura, una percentuale alta non è però garanzia di successo, e temevo di affrontare la lettura con delle aspettative troppo alte per rimanere poi delusa: fortunatamente non è successo, ed anzi questo titolo ha confermato King tra i miei scrittori preferiti... una bella rassicurazione dopo il mezzo disastro de "Gli occhi del drago".
Al centro di questa vicenda c'è il professore di letteratura Jacob "Jake" Epping, un uomo molto capace nel suo lavoro ma dalla vita privata un po' vuota, in particolare dopo il divorzio dalla moglie Christy; quando l'amico e ristoratore di fiducia Al Templeton gli svela di aver scoperto un portale che conduce nel passato, Jake si lascia coinvolgere nel suo piano per cambiare la Storia, impedendo a Lee Harvey Oswald di uccidere JFK. Da questa premessa la trama potrebbe trarre un parte in inganno, così come il titolo e la copertina; tutto sembra infatti ruotare attorno all'omicidio Kennedy, mentre ritengo importante segnalare come la narrazione includa e si soffermi su molte altre storie, che riguardano gli anni trascorsi dal protagonista nel passato ed i suoi tentativi di migliorare il presente.
A fare da antagonista alle buone intenzioni di Jake c'è però il Tempo stesso, che si oppone con ogni mezzo al cambiamento, e per un valido motivo! Il libro vuole infatti farci capire, attraverso le parole e l'esperienza del protagonista, come anche gli eventi più tragici possano avere delle conseguenze positive, allo stesso modo in cui un cambiamento scaturito da un intento altruista vada a volte ad innescare delle risonanze catastrofiche su scala planetaria. Questi concetti spingono a riflessioni forse puramente teoriche ma non per questo di minor valore: avendo la possibilità di alterare il passato, in quanti saprebbero resistere alla tentazione di diventare degli eroi? in quanti rinuncerebbero ad una felicità idilliaca per il bene della collettività?
Come si può intuire, il romanzo punta molto sull'aspetto emotivo, risultando davvero coinvolgente specialmente per come vengono ben caratterizzati i personaggi, sui quali si basa buona parte della narrazione. King è insuperabile nel tratteggiare con poche righe delle figure memorabili, come Miss Mimi o Charles "Chaz" Frati, e anche nel caso di personaggi che non mi hanno colpita da subito -ad esempio, Sadie Dunhill- riesce a renderli accattivanti con il proseguire della storia: nel caso di Sadie, ho apprezzato molto il suo ruolo una volta introdotta la parte più romance del libro, forse un pochino troppo presente ma davvero ben scritta.
Altri punti a favore di questo titolo sono la logica alla base dei viaggi nel tempo, che ho trovato spiegata in maniera convincente pur lasciando alcune parti all'interpretazione del lettore, e l'ambientazione a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta. A differenza di altri autori, che descrivono il passato con una nostalgia cieca ai suoi difetti (e sì, Cline, sto pensando a te e al tuo "Ready Player One"), King è capace di creare un'atmosfera intrigante e talmente ricca di dettagli da far pensare ad un vero romanzo storico anziché di fantascienza, eppure non tralascia neppure uno degli aspetti negativi dell'epoca, come un razzismo normalizzato o la tendenza al victim blaming, in un'ottica critica e consapevole.
Trovare difetti in questo testo non è facile, quindi vi cito giusto qualche piccolezza degna di nota (a margine). Il testo comprende molti passaggi di foreshadowing che potrebbero risultare fastidiosi con il proseguire della lettura, perché anticipano un po' troppo della trama; inoltre sono presenti diversi riferimenti ad altre opere dell'autore, per la maggior parte trascurabili, ma se non avete letto "It" tutta la parentesi sul ballo tra Richie e Bev vi risulterà un po' fine a se stessa. Altrettanto complicato è cogliere alcune dinamiche per chi non vive negli Stati Uniti, la cui storia gioca un ruolo centrale nella trama; per quanto la morte di JFK sia un evento noto a chiunque, l'impatto che ha avuto è difficile da percepire per un lettore italiano dei giorni nostri.
Ma alla fine, "22.11.63" si è conquistato il trono a discapito de "Il miglio verde"? Penso sia ancora presto per stabilirlo: voglio vedere se supererà una nuova prova del tempo.

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lunedì 6 settembre 2021

"A Good Girl's Guide to Murder" di Holly Jackson

A Good Girl's Guide to Murder (A Good Girl's Guide to Murder, #1)A Good Girl's Guide to Murder by Holly Jackson
My rating: 4 of 5 stars

"From the drawers in her desk she pulled out a pot of coloured drawing pins and a fresh bundle of red string.
«And you just happen to have red string ready to go?»"


HOLY PEPPERONI, BATMAN!

Primo capitolo di una trilogia e al contempo estremamente piacevole anche se letto singolarmente, "A Good Girl's Guide to Murder" è un mystery per ragazzi che riesce nel difficile compito di far coesistere momenti allegri e quotidiani con un intreccio ricco di intrighi e tematiche non troppo leggere. Un buon equilibrio che si sintetizza in una lettura gradevole e divertente anche per chi, come me, ormai è ben lontano dal target YA.
La storia ha come sfondo la cittadina inglese di Little Kilton dove cinque anni prima la liceale Andrea "Andie" Bell è scomparsa ed il suo fidanzato Salil "Sal" Singh si è suicidato dopo averne confessato l'omicidio; all'apparenza un caso chiuso, ma non per l'aspirante giornalista investigativa Pippa "Pip" Fitz-Amobi che inizierà a scavare nelle vite dei due ragazzi e di tutte le persone coinvolte nel caso per far finalmente luce sulla verità, a suo avviso insabbiata anche a causa del modo in cui i mezzi d'informazione hanno trattato la vicenda.
Per raccontare questa storia, l'autrice ha scelto di adottare un formato mixed media, molto adatto al genere e ben sfruttato all'interno della narrazione: oltre ai normali capitoli abbiamo quindi le trascrizioni delle interviste fatte da Pip e degli interrogatori della Polizia, le copie delle mail e dei messaggi, oltre ad una sorta di diario che la protagonista va ad aggiornare dopo ogni nuova scoperta. L'unico difetto di questo formato è la poca leggibilità nella copia in flessibile: in alcune parti la stampa monocromatica rende davvero difficile la comprensione, come forse non sarebbe successo nel caso del formato digitale.
L'altro grande punto di forza di questo romanzo è la sua protagonista. Pip non è di certo perfetta, e lo dimostra nelle parecchie scene in cui compie azioni avventate e perfino criminose senza troppi rimorsi, ma è un personaggio brillante e risoluto: fermamente decisa a raggiungere i suoi obiettivi e svelta nel cogliere i collegamenti tra le informazioni in suo possesso. A suo credito va anche il fatto che riesca a sfruttare al massimo i mezzi a sua disposizione e cerchi di comunicare un messaggio sul giusto modo di recepire le notizie dai media; bel messaggio che l'autrice contraddice in parte nell'epilogo, ma bel messaggio non di meno.
Sull'altro piatto della bilancia abbiamo diversi elementi che si potrebbero riassumere come ingenuità narrative, date in parte dal target di riferimento. Alcuni esempi sono il tono forzatamente leggero che viene inserito in situazioni serie -a volte perfino pericolose- oppure l'aspetto romance, davvero fuori luogo e del tutto evitabile a mio avviso. Non ho apprezzato neppure come Jackson abbia trascurato il rapporto di Pip con la sua famiglia ed i suoi amici, presentato come idilliaco all'inizio, ma del tutto assente nei momenti cruciali. E che dire delle azioni dell'antagonista Unknown? per me sono degne di un episodio di Scooby Doo!

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