sabato 27 febbraio 2021

"Supernova" di Marissa Meyer

Supernova (Renegades, #3)Supernova by Marissa Meyer
My rating: 3 of 5 stars

"What if the lines weren't so clearly drawn? What if she wasn't either a hero or a villain? What if she was both?"


BELLA GATLON CITY, MA NON CI VIVREI

Terzo ed ultimo capitolo nella serie Renegades, "Supernova" era anche il libro con cui pensavo di chiudere (magari in amicizia) i miei rapporti con Marissa Meyer, specie dopo la delusione di "Archenemies" e le recensioni non troppo positive di questo epilogo. Invece temo che finirò per cascarci di nuovo; e non solo perché il suo prossimo romanzo sarà un retelling di Tremotino!
Oggettivamente, "Supernova" ha dei difetti più che evidenti e non mi meraviglia che altri lettori siano critici nei confronti del libro. L'autrice inserisce elementi inediti per portare la trama in una determinata direzione, gli interventi fortuiti di un certo deus-ex-machina non si contano e il finale è decisamente frettoloso, aspetto che già avevo notato leggendo "Winter" un paio di anni fa. Per parlare di un altro elemento discutibile, passiamo la trama.
A differenza dei volumi precedenti, la storia mantiene quasi sempre un ritmo molto incalzante: si comincia con l'identità di Nightmare che sta per essere scoperta, nella parte centrale c'è un breve momento di pausa, mentre le ultime duecento pagine sono una corsa a perdifiato, in una serie di combattimenti onestamente epici e del tutto in linea con il tono "fumettoso" della serie. Il problema a cui accennavo è quindi questo ritmo un po' troppo incalzante, per cui i personaggi si trovano a compiere azioni molto avventate, giustificate solo dalla fretta che l'autrice ha trasmesso loro.
Le forzature non mancano neanche all'inizio: l'identità di Nightmare viene mantenuta troppo a lungo quando ormai c'erano diversi personaggi che avrebbero potuto unire i punti (o aiutare altri ad unirli); che dire poi dell'elmetto di Magneto Ace Anarchy? finora nulla lasciava intendere che potessero usarlo altri, ma qui di punto in bianco tutti lo vogliono perché potenzia ogni superpotere! Per l'intero volume ci sono poi delle rivelazioni e delle scoperte che i personaggi intuiscono a caso, oppure nei momenti meno logici; il tutto a favore di trama, ben inteso.
Altro elemento che l'autrice riesce ad inserire sempre a sproposito è il romance: non mi dispiacciono le coppie in se, ma non reputo credibile che i momenti romantici abbiano luogo sempre in luoghi (fogna infestata dai ratti, con tanto di puzza di piscio) o eventi inadatti (tra un'esecuzione pubblica ed un massacro). Capisco che l'autrice ami calcare la mano su questo lato delle sue storie, ma qui l'ho trovato quasi di cattivo gusto.
Cosa dire poi dell'origine dei prodigies? io l'ho subito etichettata come una supercazzola, anche senza tenere conto di come questo aspetto si sviluppi nel finale. Indubbiamente è parecchio cringe, come diverse carrambate nell'ultima parte. Ultima parte che ha il suo tracollo nell'epilogo: non capisco onestamente se l'intenzione era quella di puntare ad un sequel, ma posso dire che l'ultimo twist più che stupire fa sorgere un mucchio di interrogativi ai quali non avremo mai risposta.
Ora, mi rendo conto che a questo punto sembrerò una hater della Meyer, ma vi assicuro di aver apprezzato parecchi elementi di questo romanzo, non solo soggettivi! Sicuramente una parte da non sottovalutare è quella della componente emotiva, anche perché l'autrice non ha riguardi nell'uccidere i personaggi -magari secondari, ma si tratta pur sempre di un YA. Reputo molto positiva anche la descrizione delle diverse battaglie: gli scontri sono ben strutturati e riescono a risultare avvincenti per il lettore.
Il pregio maggiore è però l'aver inserito brillantemente dei parallelismi tra la nostra realtà e questo mondo ucronico: nel modo in cui vengono discriminati i prodigies che non si conformano agli standard dei Renegades, nello strapotere impiegato da chi deve mantenere l'ordine e nella condizione dei detenuti nelle carceri. Pur considerando un po' esagerata la situazione vissuta da Nova e dagli altri personaggi, non si fatica a leggere tra le righe una condanna molto forte, e per nulla fantascientifica.

Voto effettivo: tre stelline e mezza

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mercoledì 24 febbraio 2021

"La spada del destino" di Andrzej Sapkowski

 La spada del destino (The Witcher, #2)La spada del destino by Andrzej Sapkowski

My rating: 2 of 5 stars

"«La spada del destino ha due lame. Una sei tu. Ma l'altra che cos'è, Lupo Bianco?»
«Non c'è il destino. Non c'è. Non c'è. Non esiste. L'unica cosa che è destinata a tutti è la morte»"


IN CUI SI SCOPRONO LE ORIGINI DEL KINDE(R) SORPRESA

Secondo ciclo di racconti ambientati nel mondo di The Witcher, "La spada del destino" dimostra qualche miglioramento rispetto al primo capitolo della serie, ma nel complesso gli elementi negativi di questo volume sono tanti e tali da farmi dare una valutazione leggermente più bassa. In particolare perché ho iniziato la saga aspettandomi battaglie epiche, sbudellamenti di mostri e intrighi di palazzo, per poi ritrovarmi con una storia dove l'obiettivo non è affrontare una battaglia per la salvezza del mondo bensì stabilire chi si deve bombare chi.
Come al solito mancano dei chiari riferimenti temporali, ma possiamo intuire che rispetto a "Il guardiano degli innocenti" siano trascorsi cinque anni nei primi racconti e una decina nell'epilogo. In questa seconda raccolta non troviamo l'espediente dei ricordi raccontati da Geralt, ma l'impressione è che sia Ranuncolo a comporre di volta in volta delle ballate per narrare le avventure vissute dall'amico. I personaggi principali che ritroviamo sono gli stessi del primo libro, con l'aggiunta della principessa Cirilla "Ciri"; aggiunta che mi sembra sia l'unico evento degno di nota: al termine della lettura ho avuto l'impressione che, tagliando qualche pagina da "Il guardiano degli innocenti" e aggiungendogli il racconto "La spada del destino", si sarebbe ottenuta un'unica raccolta più che sufficiente ad introdurre il lettore alla serie.
Ma vi avevo anticipato dei fantomatici miglioramenti, quindi prima di passare agli aspetti deludenti, spediamo due parole su quelli. Ho apprezzato che i riferimenti fiabeschi si siano diradati, anziché appesantire ogni racconto; inoltre in questo caso si nota chiaramente come tutti siano collegati a dei racconti di Hans Christian Andersen, aspetto che contribuisce a creare un'atmosfera molto più fredda e vicina idealmente a quell'Europa baltica a cui Sapkowski si ispira. Altro elemento più riuscito è l'umorismo: le battute hanno una migliore tempistica e, conoscendo ormai i personaggi, sai anche che tipo di ironia aspettarti da ognuno.
Ciò che mi ha colpita veramente in positivo è l'inserimento di molte tematiche attuali, nonostante il libro sia ormai vicino alla trentina. Si parla di rispetto per le diverse etnie (qui rappresentate delle creature magiche senzienti), per l'ambiente e per gli animali. É crudelmente ironico poi che in questo libro dei primi anni Novanta si enunci come un dato di fatto il diritto della donna a decidere rispetto ad una gravidanza, mentre nella Polonia odierna è entrata in vigore una legge che in pratica vieta l'aborto.
Peccato gli altri elmenti della raccolta non siano altrettanto validi. I dialoghi sono forse l'aspetto peggiore, specialmente perché quasi tutti i personaggi adottano un linguaggio sofisticato, che stona con molte situazioni in cui si trovano o con i loro retroscena; a questo aggiungiamo l'inserimento forzoso del titolo del racconto in questione nelle battute (alcune così lunghe da sembrare dei monologhi innaturali) e la pretesa dell'autore che il lettore possa indovinare le azioni dei personaggi da quanto viene detto: molto spesso i dialoghi sono unicamente dei botta-e-risposta, senza alcuna descrizione di tono, pause o movimenti. Forse è un tratto stilistico di Sapkowski, ma personalmente non lo trovo di mio gusto.
L'autore si diletta a tenere nascoste anche altre informazioni ai lettori, come le conoscenze utilizzare da Geralt nella risoluzione dei singoli racconti o il funzionamento del sistema magico, che appare lacunoso e contradditorio.
Per una mia preferenza ho trovato inoltre troppo presente la componente romantica della storia, che interessa la maggior parte del volume; si arriva al punto in cui il caro Sapkowski porta un personaggio a dire esplicitamente che Geralt e Yennefer sono fatti per stare assieme. Una terribile scelta dal punto di vista narrativo, dove la regola è mostrare anziché raccontare.

Voto effettivo: due stelline e mezza

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venerdì 19 febbraio 2021

"The Undoing of Arlo Knott" di Heather Child

The Undoing of Arlo KnottThe Undoing of Arlo Knott by Heather Child
My rating: 2 of 5 stars

"I let the container fall, then regretted it back to the work surface, again and again. I lived in that instant for who knows how long, until it seemed my eyes were two thistle-shot globes of white, smashing and re-forming with the jar"


IL TRUCCO È SALVARE LA PARTITA

Che occasione sprecata! Ma la colpa è mia perché, appena vengo a sapere che un libro contiene il concept del time loop, mi ci fiondo senza informami meglio. Infatti, nonostante io continui a trovare brillante questo espediente narrativo sul piano teorico, la maggior parte di questi romanzi si sono rivelati deludenti nella pratica. "The Undoing of Arlo Knott" non fa purtroppo eccezione, infatti il lato fantascientifico della storia viene relegato in un angolino per dar spazio alla narrativa di formazione e al romance.
E dire che il romanzo partita con una buona premessa. All'inizio vediamo un Arlo ragazzino che, in un momento di distrazione, diventa in parte causa dell'incidente in cui la madre perde la vita; poco dopo, il protagonista si scopre in grado di annullare le azioni passate, in pratica cambiando il corso del tempo e creando delle realtà parallele in cui i suoi errori vengono sempre evitati. Una capacità che Arlo migliora molto nel corso degli anni e, almeno fino all'epilogo, mantiene una sua logica di fondo.
La trama si limita a questo spunto: non aspettatevi grandi svolte o un intreccio complesso, anzi! una buona parte delle sottotrame introdotte vengono poi abbandonate a se stesse, mentre nella parte finale abbiamo uno sviluppo potenzialmente interessante di cui però non vediamo l'evoluzione, dal momento che l'autrice ha optato per una conclusione molto rapida e vagamente paracula. La sensazione è quella di partecipare al gioco da tavolo ideato dal padre di Arlo, in cui non esiste uno scopo se non andare avanti sul tabellone.
Questo è solo uno degli innumerevoli riferimenti ai giochi da tavolo che troviamo disseminati nel romanzo, tra citazioni sfacciate e parallelismi interessanti. Un esempio lampante è il collegamento a Scale e serpenti, con il ripetersi degli sbagli commessi da Arlo, cosa che rende il protagonista ancor più fastidioso di quanto già non sia di suo. Da questo punto di vista, la narrazione in prima persona non aiuta sicuramente: il lettore è imprigionato nel POV di Arlo e si trova costretto ad assistere alle vicende attraverso gli occhi di un uomo egoista e -grazie al suo potere- scriteriato; anche quando gli eventi riguardano gli altri personaggi, Arlo si interessa solo a ciò che lui prova o a come lui si sentirebbe in una certa situazione. Ne consegue che il resto del cast ha una caratterizzazione molto blanda, nonostante alcuni avessero un buon potenziale; nella pratica compaiono in scena solo quando il protagonista li vuole vicino: l'esempio migliore è dato da Tim, in teoria migliore amico di Arlo, che vedremo forse quattro volte in tutta la storia.
Anche lo stile non mi ha particolarmente convinta, specie nella prima parte in cui si ha l'impressione che gli avvenimenti vengano narrati con distacco e molto frettolosamente, anziché mostrati;questo anche perché viene favorita la descrizione al dialogo tra i personaggi. Non trovo buona neppure la scelta di anticipare molti sviluppi all'inizio di un capitolo, ma i due elementi che più mi hanno delusa solo la scena del "salvataggio" di Biancaneve (e metto lo virgolette perché, se qualcuno intende suicidarsi, non stai salvando nessuno!) e la tempistica di alcune scene. Se da un lato vediamo il caro Arlo diventare esperto individuatore di mine antiuomo nell'arco di una pagina, altri sviluppi impiegano inspiegabilmente anni per concretizzarsi.

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domenica 14 febbraio 2021

"Tenera è la notte" di Francis Scott Fitzgerald

Tenera è la notteTenera è la notte by F. Scott Fitzgerald
My rating: 4 of 5 stars

"Nelle bianche ore morte di Zurigo ... pensava che voleva essere buono, voleva essere gentile, voleva essere coraggioso e saggio, ma tutto era molto difficile. Voleva anche essere amato, se poteva farci entrare anche quello"


QUELLA TENDA FINIRÀ PER ROMPERSI

Storia di un amore distruttivo, "Tenera è la notte" è tra le opere più fortemente autobiografiche di Fitzgerald, tanto che nei caratteri dei coniugi Diver è facile riconoscere i ritratti dell'autore stesso e di sua moglie Zelda. Una scelta indubbiamente coraggiosa, perché il romanzo -pur eccellente dal punto di vista stilistico- difficilmente risulta piacevole per i suoi personaggi, che vengono sempre presentati come ricchi di vizi e difetti.
La storia comincia però da una prospettiva completamente diversa, e ben più positiva. Mescolando dei personaggi molto vicini a quelli de "Il grande Gatsby" alle ambientazioni de "Il malinteso" della Némirovsky, la vicenda si apre con l'arrivo dell'avvenente Rosemary Hoyt sulla Costa Azzurra degli anni Venti; la giovane è un'attrice americana in vacanza e subito la vediamo fare la conoscenza di un gruppo molto affiatato e socievole di suoi connazionali, tra i quali spiccano per carisma Dick e Denise Diver. La ragazza si professerà da subito innamorata di Dick e, più in generale, affascinata dalla vita festaiola e sempre allegra dei suoi nuovi amici.
Come Rosemary viene illusa sulla vera natura delle persone conosciute durante la vacanza, così il lettore è portato erroneamente a pensare che lei sia la protagonista della storia. In realtà già dalla seconda delle tre parti di cui il romanzo si compone diventa chiaro come il tema centrale sia la relazione tra Dick e Denise, disfunzionale già dalle sue premesse: vediamo infatti come i due si siano incontrati nella clinica in cui lei era ricoverata per degli episodi di schizofrenia; l'amore di Dick è nato quindi principalmente dal desiderio di curare la donna, e il suo atteggiamento diventa con il tempo sempre più scontento e depresso, anche a causa della grande ricchezza della famiglia di lei che sminuisce sempre più l'importanza del suo lavoro come medico.
Se nella parte incentrata su Rosemary risulta un po' difficile seguire con chiarezza gli eventi, dal momento in cui ci vengono forniti i retroscena sulla relazione tra i Diver la narrazione diventa nettamente più comprensibile. Sono presenti anche diversi momenti molto violenti, come ferite gravi o delitti, che però non hanno alcuna ripercussione apparente sulla trama; non sapremo mai come si sia risolto l'omicidio dell'uomo nella stanza di Rosemary ad esempio, e questo può essere frustrante, ma la ragione è chiara: si tratta di scene atte solo ad innescare la ricaduta di Denise, e sarebbe inutile occuparsene come se si trattasse di un mystery.
Come già accennato, i personaggi sono molto sgradevoli con la sola eccezione (forse) di Denise. La maggior parte palesa vizi come l'abuso di alcool o la scelta di intraprendere delle relazioni extraconiugali, mentre gli altri dimostrano delle indoli maligne ed altezzose. Lo si vede chiaramente da come cambiano i rapporti tra i Diver ed i loro cosiddetti amici nel corso degli anni; o ancora dal modo in cui quando un personaggio si trova in difficoltà sia pronto a chiede aiuto, ma una volta riguadagnata la sicurezza non si dimostri grato.
Questa caratterizzazione non è un difetto, perché personaggi sono scritti come odiosi in modo consapevole. Non si può dire altrettanto della maniera in cui vengono rappresentate le donne (soprattutto le mogli), gli afrodiscendenti e gli omosessuali; capisco benissimo che si tratta di un romanzo del secolo scorso -nel mio caso doppiamente penalizzato per l'edizione degli anni Sessanta- ma alcune frasi fanno sì che questo titolo non risulti invecchiato benissimo.

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martedì 9 febbraio 2021

"Knight's Shadow" di Sebastien De Castell

Knight's Shadow (Greatcoats, #2)Knight's Shadow by Sebastien de Castell
My rating: 4 of 5 stars

"Like most stories you've heard it's probably grown substantially more heroic and noble in the retelling"


NEL DUBBIO, SFODERATE LE SPADE!

Secondo capitolo della tetralogia The Greatcoats di Sebastien De Castell, "Knight's Shadow" segna un deciso miglioramento rispetto al primo volume, del quale corregge anche un paio di problematiche che il finale lasciava in sospeso, mantenendo però la distintiva capacità di buttare tutto un po' in caciara. Quindi sì, mi è piaciuto!
La trama si sviluppa (con gran calma!) attorno ai tentativi dei protagonisti per arginare la sete di conquista di Trin da un lato e supportare la pretesa al trono di Aline dall'altro. Come nell'opera dal quale prende spunto (aka "I tre moschettieri" di Alexandre Dumas padre) ci sono però una serie di brevi episodi che vanno a spezzettare la storia; può sembrare una scelta discutibile, ma nella seconda metà del volume diventa chiaro come ogni piccola avventura abbia dato il suo contributo all'intreccio principale.
Senza scendere troppo nei dettagli, si nota come gli eventi siano abbastanza simili a "Traitor's Blade", soprattutto sul finale; in generale però si ha l'impressione che l'autore abbia pensato con più attenzione alla trama per questo seguito, almeno per scrivere dei colpi di scena che risultino un po' meno prevedibili, pur restando insufficienti per creare e mantenere la giusta tensione: visto il ruolo minore giocato dalla magia in questa serie, il focus principale è sulla parte avventurosa, ma se i personaggi stessi sono disinteressati alla loro sorte, come può preoccuparsene il lettore? Non solo perché ci saranno altri due libri con questi protagonisti, ma perché sembrano spesso dimenticarsi di essere in pericolo di vita. E passi la Saint's Fever di Kest, che è talmente stoico da sopportare ogni cosa, ma se metti nero su bianco come a Falcio manchino pochi giorni di vita, è verosimile che poi lui vada avanti come nulla fosse per settimane?
Ma nonostante questa -e diverse altre!- sviste il romanzo risulta godibile, in particolare perché il tono stesso invita a non prendere gli avvenimenti troppo sul serio: non mancano mai delle battute brillanti per alleggerire la tensione, anche quando ci sono dei combattimenti in corso, e più in generale la narrazione è farcita dalle imprecazioni e dalle spacconate dei personaggi.
E sono i personaggi a confermarsi uno degli aspetti migliori della tetralogia. Il libro concede molto più spazio all'amicizia tra i tre protagonisti, che il primo capitolo aveva un po' accantonato, ma anche ai rapporti che Falcio intreccia con gli altri personaggi principali; tramite il suo punto di vista possiamo anche vedere come lui rifletta maggiormente sulla missione affidatagli da Paelis e sui limiti che si deve porre nel tentativo di portarla a termine.
Ho apprezzato molto l'introduzione del personaggio di Darriana, anche se inizialmente sembra unirsi al gruppo in modo casuale; l'autore ci fa lentamente scoprire le motivazioni che muovono sia lei che gli altri personaggi, e li portano a volte a compiere azioni orribili ma necessarie.
Ora mi aspetto che il terzo libro compia un ulteriore passo avanti, magari dando più spazio agli antagonisti di cui sentiamo sempre parlare ma che agiscono di rado, o fornendo maggiori dettagli riguardo al sistema magico e a quello religioso, ancora troppo nebulosi per i miei gusti.

Voto effettivo: quattro stelline e mezza

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venerdì 5 febbraio 2021

"Il mare senza stelle" di Erin Morgenstern

Il mare senza stelleIl mare senza stelle by Erin Morgenstern
My rating: 3 of 5 stars

"Non tutte le storie parlano a tutti gli ascoltatori, ma ogni ascoltatore può trovare, da qualche parte, in un momento qualsiasi, una storia che gli parli. In un forma o nell'altra"


ERA MEGLIO FERMARSI A SARAH WATERS

"Il mare senza stelle" è il secondo romanzo dell'autrice de "Il circo della notte" e ne ripropone molti elementi distintivi: lo stile superbo, l'ambientazione immaginifica, la precarietà della trama, i rapporti basati sul nulla più il niente e dei personaggi se possibile ancora più dimenticabili.
La trama sembra la somma de "Il codice da Vinci" e "La soglia", con meno scene d'azione rispetto al primo e un finale più criptico rispetto al secondo. Protagonista e unico personaggio fornito di caratterizzazione è lo studente Zachary Ezra Rawlins che, mentre bazzica nella biblioteca della sua università, si imbatte casualmente nel volume "Dolci rimpianti" al cui interno legge un racconto incentrato su un episodio della sua infanzia. Mentre chiunque altro archivierebbe l'evento come una simpatica coincidenza, Zachary inizia ad interessarsi al misterioso libro e si ritrova così coinvolto in un'avventura -non troppo avventurosa- tra società segrete, realtà oniriche e tante tante tante strizzate d'occhio al mondo della letteratura.
Avevo delle aspettative abbastanza alte rispetto a questo romanzo, sia per i molti pareri a dir poco entusiasti sia perché, pur con i suoi difetti, "Il circo della notte" nel complesso mi aveva convinta. Con questo titolo invece ho fatto molta più fatica a trovare degli aspetti positivi; lo stile si conferma il maggior pregio della Morgenstern, alcuni degli spunti avevano un buon potenziale e il simbolismo è utilizzato con grande attenzione. Peccato che questi pochi elementi non riescano a portare il libro oltre una sufficienza risicata.
Come già accennato, questo romanzo pecca di una trama concreta: oltre allo spunto iniziale (la ricerca di Zachary su "Dolci rimpianti", mosso unicamente da una scelta impulsiva) c'è soltanto un avvicendarsi di eventi che diventano via via più nebulosi, soprattutto nelle ultime cento pagine in cui si intervallano in modo fastidioso momenti davvero surreali a scene che non sfigurerebbero in un film di spionaggio. Nel mentre, il povero lettore sta tentato di seguire il filo della storia ma la sua attenzione è contesa tra i molti racconti che interrompono la vicenda principale (sì, sono sempre gli stessi personaggi in situazioni diverse, ma questo si capisce solo in un secondo momento) e una moltitudine di dettagli dall'indubbia inutilità: nella narrativa se spendi tempo -o righe, in questo caso- per descrivermi il protagonista che prende un cupcake, lo avvolge in un fazzoletto, lo ripone in una borsa e se lo porta via, da lettrice mi aspetto per lo meno che quel dolcetto se lo mangi prima o poi!
E sono questi dettagli, oltre ad una buona dose di informazioni taciute perché sì e a dozzine di descrizioni degli stessi luoghi, a trasformare in un bel tomo quello che sarebbe potuto tranquillamente essere un libro molto più corto. La lunghezza sarebbe anche scusabile, se l'autrice avesse impiegato quelle pagine per spiegare il sistema magico (nessun chiarimento pervenuto), parlare delle relazioni tra i personaggi (si fa a gara tra insta-love e starcrossed lovers, ma rapporti genuini zero) o dare un briciolo di carattere a qualcuno che non sia Zachary.
Per quanto riguarda l'edizione italiana, la Fazi ha fatto indubbiamente un ottimo lavoro di grafica: il risultato è esteticamente gradevole, come un po' tutto in questo libro. Peccato ci siano un paio di sviste, come l'anno di nascita di Zachary, che non so purtroppo se siano da imputare alla traduzione o meno.

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