giovedì 29 dicembre 2016

Le storie (non) finite - Recensione a "La storia infita" di Michael Ende

Le storie (non) finite

Recensione a "La storia infinita" di Michael Ende


SCHEDA TECNICA

TITOLO: La storia infinita
AUTORE: Michael Ende
TITOLO ORIGINALE: Die unendliche Geschichte
TRADUTTORE: Amina Pandolfi
EDITORE: TEA
COLLANA: I Grandi
PAGINE: 440

COMMENTO 

  Secondo Lord Acton «Il potere tende a corrompere, e il potere assoluto tende a corrompere in modo assoluto.» Potrà sembrare una citazione un po' pesante per introdurre il commento ad un libro scritto per bambini e ragazzi, ma durante la lettura mi è tornata alla mente e l'ho trovata perfetta, perché ne "La storia infinita", una delle tematiche trattate in maniera più rilevante è proprio il potere, ed il suo abuso.
  La storia inizia però da premesse ben più semplici e serene, che rendono purtroppo la prima metà del romanzo particolarmente noiosa. Tutto comincia con Bastiano Baldassarre Bucci, un ragazzino timido, impacciato e (ovviamente) vittima prediletta dei bulli a scuola; non sembra possedere rimarchevoli qualità, a suo stesso avviso, ma ha dalla sua una sconfinata fantasia, che gli permette di inventare storie incredibili.
  Proprio la fantasia gli permetterà di essere scelto come il salvatore di Fantàsia, il magico mondo che Bastiano scopre tra le pagine di un libro rubato nel negozio del signor Coriandoli; per metà romanzo noi assistiamo appunto alla lettura del libro da parte del protagonista, che ne rimane incredibilmente colpito, affezionandosi molto all'eroico Atreiu. Diversi segni ci fanno però capire che il destino di Bastiano è diventare parte attiva nel libro; si dovrà arrivare purtroppo al punto in cui l'Infanta Imperatrice, sovrana di Fantàsia, invoca il suo nome perché ciò accada.
  Trovando infine il coraggio, grande assente nella sua giovane vita, Bastiano accetta il suo compito e salva Fantàsia dal Nulla che la stava letteralmente divorando. A questo punto mi aspettavo un altro elenco noioso delle gloriose avventure del protagonista, come prima con Atreiu, ma è proprio qui che arriva l'inatteso plot-twist, una vera scossa che rimescola tutte le carte in tavola.
  Al lettore sembra infatti sbagliato che Bastiano ottenga tutto senza sforzo, semplicemente esprimendo dei desideri: infatti non è così. Il protagonista deve sacrificare di volta in volta i suoi ricordi del mondo degli uomini per vedere esaudite le sue volontà, anche quelle inconsce; si arriva così alla più inaspettata svolta: Bastiano viene ammaliato dalla strega Xayde e dalle sue lusinghe e, non ricordando più nulla della sua "vita precedente", decide si sfidare le leggi di Fantàsia, proclamandosi Imperatore.
  Così quello che prima era l'eroe acclamato dalle folle, diventa in breve il tiranno da destituire.
  È davvero un peccato che il meglio del libro sia confinato negli ultimi capitoli: ciò costringe il lettore (specie se maturo) a farsi coraggio per proseguire nella lettura. Ad appesantire la narrazione sono soprattutto la lentezza con cui si svolgono diversi eventi, la presenza di elenchi lunghi ed inutili, nonché le tante storie che l'autore inizia per poi troncare di netto, ripetendo che verranno narrate un'altra volta.
  A rendere il romanzo degno di menzione e di certo un ottimo classico per ragazzi, sono l'eccezionale fantasia di Ende nelle descrizioni, specie per la Città degli Imperatori, oltre ai dettagli con cui riesce astutamente a depistare il lettore, ingannandolo sul corso che prenderanno gli eventi.
  Vorrei infine segnalare le modalità assolutamente geniali con cui Ende riesce a creare un romanzo nel romanzo, senza che nulla risulti forzato. E nel mentre a strapparci qualche lacrimuccia.

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mercoledì 21 dicembre 2016

Le 1000 maschere di Amy - Recensione a "L'amore bugiardo" di Gillian Flynn

Le 1000 maschere di Amy

Recensione a "L'amore bugiardo" di Gillian Flynn


SCHEDA TECNICA 

TITOLO: L'amore bugiardo
AUTORE: Gillian Flynn
TITOLO ORIGINALE: Gone Girl
TRADUTTORE: Francesco Graziosi (Nick) e Isabella Zani (Amy)
EDITORE: Rizzoli
COLLANA: BestBUR
PAGINE: 460

COMMENTO 

  In questi ultimi anni in cui i cosiddetti femminicidi finiscono sempre più spesso sulle pagine dei quotidiani, le interviste ad amici e parenti delle vittime grondano frasi come "La maltrattava da anni" oppure "C'erano tutti i segnali" o ancora "Era prevedibile: primo o poi l'avrebbe uccisa". Leggendo questo romanzo mi sono venute alla mente delle frasi molto simili. Ma pensando al marito.
  "L'amore bugiardo" è una vera sorpresa in questo senso, perché capovolge i ruoli tradizionali e dimostra come gli uomini non siano i soli a commettere dei gesti estremi (ed estremamente violenti) per amore; o più semplicemente per tenere accanto a se la persona amata, anche a dispetto dei suoi sentimenti.
  La prima metà del romanzo ci presenta quello che appare a tutti come un classico caso di uxoricidio: un marito fedifrago stanco della vita coniugale, con problemi finanziari, ed una moglie con un'ingente assicurazione sulla vita che improvvisamente scompare. Tanto la polizia quanto l'opinione pubblica non tardano a puntare i loro sospetti su Nick, e la scrittura della Flynn, che abilmente svela i retroscena molto lentamente -quali centellinandoli-, porta anche il lettore a convincersi pian piano della colpevolezza del protagonista.
  Con la seconda parte, la trama viene completamente ribaltata e, se molti personaggi continuano a sospettare di Nick, almeno noi lettori possiamo scoprire in parte la verità, capendo così che la dolce e premurosa mogliettina Amy, a cui ci siamo inevitabilmente affezionati leggendone il diario, non è mai esistita.
  Con delle basi tanto inusitate la trama prospera, risultando sempre interessante ed innovativa; il finale -da molti criticato a torto per la sua frettolosità- conclude degnamente il romanzo, chiarendo le motivazioni e gli obiettivi dei protagonisti, senza snaturarli minimamente.
  In effetti, a differenza di altri autori che partono da un'idea di trama e lasciano ai personaggi il compito di svilupparla, la Flynn ha elaborato una trama intricata e complessa per poi cucirci sopra dei personaggi perfetti ad interpretarla. Ciò non toglie che questi siano caratterizzati ottimamente, sia i due protagonisti sia diversi comprimari, come l'avvocato Tanner Bolt o i genitori di Amy.
  Ho riscontrato ben pochi elementi negativi durante la lettura, ma purtroppo meritevoli di menzione: nei paragrafi descrittivi, specie della prima parte, si tende ad inserire dei fastidiosi intermezzi (solitamente flashback) che distolgono l'attenzione; anche il "diario" di Amy mi ha un po' indispettito per lo stile poco credibile e perché a tratti si rivolge direttamente ad un ipotetico lettore. Infine, sono rimasta molto delusa che l'autrice abbia scelto di dare più spazio a Nick e ai suoi pensieri, rispetto a quelli della vera Amy.
  Trovo invece geniale lo spezzettamento del personaggio di Amy che risulta composto da una serie di maschere sovrapposte: una donna che non si lascia mai andare, non mostra mai il suo vero io, tranne forse nelle scene con Greta e Jeff. E scopriamo così che la nostra protagonista è tutt'altro che mitica.
  Ho inoltre trovato estremamente congrui e realistici i pensieri della massa, di chi guarda al caso dall'esterno, e mi ci sono a più riprese riconosciuta. Ottima anche l'idea dell'editore italiano di far tradurre i capitoli POW di Nick ad un uomo e quelli di Amy ad una donna.
  Altra peculiarità del testo sono le descrizioni sempre formate da tre aggettivi, ma non solo: anche molti elenchi o elementi vengono raggruppati in terzetti.
  In conclusione, anche per chi come me ha già visto il film, è inevitabile rimanere incantati da questo brillante thriller.

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mercoledì 14 dicembre 2016

Se Charlie Swan fosse stato un lupo - Recensione a "Cappuccetto Rosso sangue" di Sarah Blakley-Cartwright

Se Charlie Swan fosse stato un lupo

Recensione a "Cappuccetto Rosso sangue" di Sarah Blakley-Cartwright



SCHEDA TECNICA

TITOLO: Cappuccetto Rosso sangue
AUTORE: Sarah Blakley-Cartwright
TITOLO ORIGINALE: Red Riding Hood
TRADUTTORE: Egle Costantino
EDITORE: Mondadori

COLLANA: Oscar bestsellers
PAGINE: 300


COMMENTO



  Se a volte da un libro può essere tratto un buon film, è parecchio difficile ricavare da un film un romanzo anche sia anche solo mediocre. E "Cappuccetto Rosso Sangue " non è un'eccezione a questa regola.
  Durante la lettura non si può fare a meno di pensare a questo romanzo come alla sceneggiatura del film, arricchita da qualche descrizione e dalle riflessioni dei personaggi. La vera natura del libro si evidenzia anche nei repentini e frequenti cambi di scena, come pure in alcune sequenze descritte in modo a dir poco frettoloso.
  Queste scelte stilistiche fanno quasi pensare che l'autrice abbia scritto di fretta per tenere il passo con il film, dimenticando però che il maggior pregio di una trasposizione cartacea sta proprio nell'avere più tempo per conferire profondità ad alcuni passaggi che un lungometraggio è obbligato a tagliare per la natura stessa dell'opera.
  Prima di addentrarci nella trama, voglio segnalare due aspetti molto positivi che ho riscontrato: innanzitutto il contesto fiabesco non rimane circoscritto alla fiaba di Cappuccetto Rosso sulla cui base è stato sviluppato il filone centrale della storia, bensì vengono sparsi come briciole di pane parecchi elementi che riconducono ad esempio alla favola dei Tre Porcellini come pure ai fratelli Grimm, noti per il loro impegno nel riunire in una sola raccolta moltissime fiabe e leggende popolari; in secondo luogo, è davvero peculiare l'uso degli odori e dei profumi nelle descrizioni, benché inizialmente questa venga segnalata come una prerogativa della sola protagonista.
  Passando alla trama, l'ho trovata abbastanza lineare ad eccezione di un paio di validi plot-twist, come l'omicidio di Lucy che la sinossi lasciava intendere sarebbe sopravissuta più a lungo, o la rivelazione della moglie di Solomon come lupo mannaro, mentre inizialmente viene da pensare che sia solo una vittima. L'identità del lupo mannaro mi ha invece lasciato l'amaro in bocca, infatti in tutti i capitoli precedenti manca anche solo un minimo indizione sulla sua identità e la soluzione del mistero lascia il lettore un po' perplesso.
  Dal momento che il romanzo (quindi il film) è nato sulla scia del successo della saga di Twilight, non potevano mancare poi alcuni fastidiosi stereotipi, come il classico triangolo amoroso oppure l'ottica secondo la quale gli uomini, anche se rivali, riescono comunque a stabilire una tregua in caso di bisogno, mentre le donne (ad eccezione della protagonista possono rientrare solo in tre categorie; amebe, oche o bitches.
  Analizzando i personaggi, mi devo dire nuovamente molto delusa dai protagonisti, sui quali l'autrice fa uno scarsissimo lavoro di analisi, rendendone così vaghe le motivazioni e frivoli i sentimenti. Ironicamente, alcuni personaggi secondari o addirittura alcune comparse ottengono più spazio, a dispetto della loro poca importanza ai fini della trama: mi viene subito alla mente il lato tenero (perché?) della vedova Lazar o l'inchiostro sprecato per parlare dei rimorsi di coscienza in Padre Auguste.
  Un personaggio secondario che ho invece apprezzato è il piccolo Claude, peccato che negli ultimi capitoli l'autrice lo perda di vista, lasciandoci nel dubbio sul suo salvataggio per merito di Roxanne.
  Una riflessione infine sui pensieri di Valerie, la nostra protagonista, che sembra scegliere con cura proprio i momenti più infelici per confidare al lettore che, proprio come Bella Swan, non sa quale ragazzo scegliere.


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lunedì 5 dicembre 2016

Cosa sto leggendo? - 5 dicembre 2016

Cosa sto leggendo?

5 dicembre 2016

Mentre si avvicina il periodo delle feste, passo il tempo in compagnia di tre libri che si stanno rivelando ben diversi da come me li ero immaginati in un primo momento. Purtroppo non sempre le sorprese si rivelano particolarmente positive.
  1. "Goddess" di Josephine Angelini, conclusione della trilogia a sfondo mitologico iniziata con "Starcrossed"; avendo letto i primi due volumi parecchi anni fa, il mio ricordo era forse eccessivamente positivo, difatti questo romanzo mi sta davvero deludendo sia in termini di stile che di trama.
  2. "Molto forte, incredibilmente vicino" di Jonathan Safran Foer, romanzo straordinariamente curato dal punto di vista grafico quando eccessivamente pretenzioso (abuso voluto di avverbi in -mente come l'autore per il titolo); qui le aspettative erano date dalle moltissime recensioni che promettevamo fiumi di lacrime, al momento in secca.
  3. "Frankenstein" di Mary Shelley, classico a cui mi sono approcciata con in mente una versione decisamente cinematografica della storia, ma per questo romanzo sono giunti in mio aiuto i ricordi della serie TV "Penny Dreadful", che riportava la vicenda in modo abbastanza fedele.

martedì 29 novembre 2016

Alla ricerca della solitudine - Recensione a "Cent'anni di solitudine" di Gabriel García Márquez

Alla ricerca della solitudine

Recensione a "Cent'anni di solitudine" di Gabriel García Márquez

SCHEDA TECNICA

TITOLO:Cent'anni di solitudine
AUTORE: Gabriel García Márquez
TITOLO ORIGINALE: Cien años de soledad
TRADUTTORE: Enrico Cicogna
EDITORE: Mondadori
COLLANA: Oscar moderni
PAGINE: 390

COMMENTO

  Folli, instancabili, passionali, coraggiosi, geniali. E soprattutto intimamente soli. Questa è la famiglia dei Buendía, protagonista indiscussa del capolavoro di García Márquez. Una famiglia in grado di creare e poi distruggere un intero villaggio, Macondo, l'intrigante scenario delle vicende verso il quale anche coloro che viaggiano lontano non possono fare a meno di essere attratti e fare ritorno.
  Le vicende sembrano un ciclo continuo, un eterno ripresentarsi degli stessi oggetti, delle stesse situazioni e anche degli stessi personaggi. Creando non poca confusione nel lettore infatti, l'autore assegna a più personaggi lo stesso nome, nonché un simile carattere o la propensione a compiere determinate azioni. Difatti, una delle maggiori abilità di García Márquez sta nel non dimenticarsi mai di nessun elemento presente nella narrazione, ma anzi facendolo ricomparire nel momento più inatteso; l'unica eccezione è data dal San Giuseppe di gesso, destinato a non tornare al suo vecchio proprietario.
  Risulta arduo collocare la vicenda in un determinato arco temporale, specie a causa del totale isolamento del villaggio nei primi anni della sua fondazione, quando solo le carovane degli zingari osavano affrontare i pericoli della foresta per portare a Macondo le loro futuristiche conoscenze.
  Alternando descrizioni dal lessico raffinato ad una estrema semplicità nei dialoghi, in perfetto accordo con il carattere dei personaggi, García Márquez ci trasporta al centro delle vicende dei Buendía, partendo dai capostipiti José Arcadio e Ursula, per poi proseguire con molti Aureliano e altri José Arcadio: un cosmo di personaggi in continua ricerca della solitudine o che, più frequentemente, si abbandonano ad essa come alla solo certezza nelle loro vite.
  Se i Buendía, bevitori di caffè senza zucchero, sono i protagonisti, è parecchio ostico individuare un chiaro antagonista: infatti anche i personaggi che presentano dei comportamenti maggiormente denigrabili si riscattano agli occhi del lettore e vengono perdonati; un'eccezione potrebbe essere presentata dalla compagnia bananiera, ma anche in questo caso non si innesca nessuna vendetta o ritorsione di sorta.
  L'universo in cui si muovono i personaggi presenta poi un'altra affascinante caratteristica, il cosiddetto "realismo magico": la semplice gente di Macondo non esita a credere ad ogni sorta di magia o superstizione, e l'elemento fantastico non rimane una mera illusione, diventando reale e tangibile in più occasioni. Sembra anzi che con l'avanzare del romanzo, la magia si palesi in forme sempre più forti e concrete. Va però precisato che certi segni, come pure gli spettri frequentatori della magione dei Buendía, non sempre sono visti e percepiti da tutti, come se scegliessero a chi vogliono rivelarsi. Magia e spiritismo sono comunque vincolati a delle leggi, e ciò contribuisce a renderli anche più reali e realistici.
  Altro espediente utilizzato dall'autore con grande maestria è l'anticipazione di un determinato evento; alcuni fatti, anche fondamentali per la trama, vengono preannunciati già prima che si gettino le basi per la loro attuazione, ma ciò non diminuisce la suspense e invoglia anzi a proseguire nella lettura per scoprire cosa porterà lì la trama.
  Interessante notare come l'autore e alcuni suoi colleghi abbiamo un piccolo cameo nel libro, come gli unici amici di Aureliano (Babilonia) Buendía. E io sono fiera di averlo notato senza l'aiuto di Wikipedia!

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giovedì 17 novembre 2016

Una famiglia di sciroccate - Recensione a "Musica per un amore proibito" di Hanni Münzer

Una famiglia di sciroccate

Recensione a "Musica per un amore proibito" di Hanni Münzer

SCHEDA TECNICA

TITOLO: Musica per un amore proibito
AUTORE: Hanni Münzer
TITOLO ORIGINALE: Honigtot
TRADUTTORE: Lucia Ferrantini
EDITORE: Giunti
COLLANA: A
PAGINE: 460

COMMENTO

  Vorrei poter chiedere alla Giunti cosa diamine avessero in testa quando hanno scelto di tradurre "Honigtot" (letteralmente, l'Ambrosia dei Morti) con "Musica per un amore proibito"; di certo si tratta di una scelta di marketing, ma credo che a tutto ci dovrebbe essere un limite, perchè io a lettura terminata non sono davvero riuscita a capire quale fosse, questo amore proibito!
  Questo romanzo (che pretende di essere sia storico sia familiare) inizia e termina nel presente, con una madre e sua figlia alla ricerca delle proprie origini. Queste parti sono però mal strutturare e risultano essere soltanto un pretesto dell'autrice per narrare la storia che realmente le interessa. Inoltre dopo aver utilizzate per tutto il volume la narrazione in terza persona, la Münzer inserisce un ultimo capitolo narrato in prima persona da Felicity, una delle protagoniste, senza un evidente ragione, dal momento che quanto viene detto non riguarda i suoi sentimenti più profondi o la spiegazione di qualcosa noto a lei soltanto.
  Un elemento di cui si sente molto la mancanza per tutto il libro è la descrizione fisica dei personaggi; difatti l'autrice ci fornisce ben poche informazioni in tal senso, dando invece ampio spazio alle ambientazioni, che risultano pertanto la parte più curata, anche perchè la nzer ha vissuto realmente nei luoghi di cui parla.
  Anche il comparto storico, in quanto a dati, è molto accurato e si nota il grande lavoro di ricerca alla base, seppur alcune parti (leggasi, interi paragrafi) sembrino copia-incollati da un libro di testo scolastico e mal si uniformano alla trama.
  Passando appunto alla trama, questa risulta ben poco originale dal momento che l'argomento trattato (nazismo-olocausto-Seconda Guerra Mondiale) è già stato completamente sviscerato in moltissimi romanzi; nonostante ciò, la Münzer riesce a mantenere una buona suspence fino al finale, in cui la maggior parte dei quesiti viene chiarita.
  Ho apprezzato molto la caratterizzazione di alcuni personaggi secondari, in primis Marlene; l'autrice ha però il "vizio" di farli comparire solo quando sono utili ai fini della trama (specie nel caso di Wolfgang), e questo mi porta ad un'altra mancanza che mi ha fatto storcere il naso: la mancanza di realismo in parecchie scene. Per citare solo alcuni esempio abbiamo personaggi che, nel bel mezzo di un dialogo concreto e/o quotidiano, attaccano con discorsi lunghissimi e infarciti di metafore ricercate; un religioso rivelatosi abile interprete proprio della lingue antica che è necessario tradurre per dare una svolta alla trama ma, anzichè fare una semplice traduzione, sforna in quattro e quattr'otto un romanzo con tanto di scene e dialoghi dei quali non dovrebbe conoscere l'esistenza; un'amica che, nel mezzo di una seria emergenza, scherza su quanto sia affascinante il fratello prete.
  Forse nel timore di annoiare i lettori, l'autrice salta volutamente alcune parti della storia, oppure le fa riassumere brevemente dai personaggi, oppure ancora descrive direttamente anni interi in poche parole; questa scelta mi ha lasciata perplessa in più punti.
  Vorrei infine parlare di ciò che ho maggiormente detestato in questo romanzo: le protagoniste. Per comodità (?) ci vendono presentante in base al grado si odio che suscitano nel lettore, e abbiamo quindi: Felicity, la pronipote, che prima vuole mollare tutto per salvare il mondo, senza sapere neppure il motivo, e poi ci ripensa, si rimette con il fidanzato-oggetto e lascia salvare il mondo agli altri (parole sue!); Martha, la nipote, che senza una valida giustificazione lascia la figlia ed il marito malato, parte per Roma, si rinchiude in una stanza d'albergo senza rispondere a nessuno e comunque non conclude nulla senza aiuto; Elizabeth, la matriarca, che nel mezzo delle conversazioni si aliena pensando alla musica e dimostra a più riprese un'incredibile ingenuità, tramandata poi a tutta la famiglia; e concludiamo con Deborah, la figlia, una sado-masochista bipolare, che sia accorge di quanto le accade attorno solo quando se lo ritrova di fronte, per poi scordarsene una volta girata la testa. 

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