giovedì 31 dicembre 2020

Wrap-Up - Letture di dicembre 2020

Wrap-Up - Letture di dicembre 2020


A dicembre ho avuto l'impressione di andare incredibilmente piano con la lettura, ma nel complesso mi posso dire abbastanza soddisfatta dai titoli affrontati che -curiosamente- sono tutti di autrici donne.

Il mese è iniziato decisamente con il piede giusto perché ho infine affrontato il mio primo titolo di Margaret Atwood, e sono rimasta molto colpita dal suo stile. "L'altra Grace" è praticamente un mix tra "Ladra" di Sarah Waters (QUI la recensione) e "Omicidio a Road Hill House" di Kate Summerscale (QUI la recensione) perciò mi aspettavo un nuovo preferito, invece ho dato "solo" quattro stelline e mezza a questo romanzo coinvolgente ma non privo di difetti marginali. Potete fare un salto QUI per la recensione completa.

Con il secondo libro ho continuato la trilogia Renegades di Marissa Meyer leggendo "Archenemies", volume di cui nella TBR mi ero lamentata perché non ne capivo la trama. Adesso ho compreso il motivo: non c'è alcuna trama! semplicemente si continua a seguire le storyline già avviate, con Nova che tenta di recuperare l'elmetto di Ace senza farsi sgamare dai Renegades e Adrian impegnato ancora nella ricerca di informazioni sulla morte della madre, nonché nel dimostrare le buone intenzioni di Sentinel.
Per tutto il libro si aspetta inutilmente le prevedibili rivelazioni sulle identità segrete dei due protagonisti, mentre l'autrice si prendere queste quattrocento e passa pagine per deliziarci con scene e personaggi filler: qualcuno mi deve spiegare il ruolo di Callum in tutto ciò! a tratti quasi speravo si rivelasse un villain. Non mancano inoltre degli sviluppi MOLTO fortuiti nella trama (ehm... Vitality Charm... ehm... cianografie) e delle contraddizioni con quanto successo nel primo capitolo.
E pensavate di poter leggere un libro o una serie YA senza l'imprescindibile scena del ballo? Stolti!
Devo ammettere però che questo romanzo ha anche degli aspetti positivi, primo tra tutti quello di saper intrattenere al pari di una TV series della CW. Anche se non credo si possa considerarlo proprio un complimento...
Il libro porta delle ottime riflessioni, già accennate in "Renegades" (ne parlo QUI), come la necessità di avere una propria indipendenza dagli eroi ed il valore di un giudizio ufficiale in contrapposizione alla giustizia sommaria delle squadre di Renegades; tematiche che, con qualche accortezza, si possono ben adattare alla nostra quotidianità. Anche lo sviluppo della romance tra Nova e Adrian ottiene parecchio spazio, e si riconferma uno dei punti di forza della serie; non si arriva mai a svelare le carte, ma la tensione si mantiene viva senza tediare troppo.
Inoltre, ho apprezzato che la Meyer abbia spiegato più nel dettaglio i poteri dei personaggi principali, assegnando anche dei limiti che in un primo momento non erano troppo chiari.
Il mio voto è di due stelline e mezza.

Per il classico di questo mese ho scelto di iniziare il Mammut comprendente una buona selezione dei titoli di Irène Némirovsky; ovviamente ho letto "Il malinteso", ossia il primo romanzo dell'autrice ad ottenere la pubblicazione, verso la metà degli anni Venti. Pur essendo stata molto colpita dallo stupendo stile dell'autrice, credo che la storia ed i personaggi potessero dare di più, quindi la mia valutazione si è fermata alle quattro stelline. Trovate comunque QUI la mia opinione espressa in modo più esaustivo.

La lettura successiva mi ha colpita positivamente, considerando le aspettative medio-basse con cui avevo iniziato questo libro. Certo, per apprezzare "We Rule the Night" di Claire Eliza Bartlett è necessario sospendere del tutto la propria incredulità di fronte alla storia di Linné; se lo farete, potrete leggere un'ottima storia di amicizia e lotta ai pregiudizi in un'ambientazione a dir poco inusuale. Di cuore avrei dato il massimo della valutazione, ma riconoscendo alcuni difetti mi sono limitata a quattro stelline e mezza. Per maggiori dettagli, QUI è già presente una recensione completa.

Come ultimo libro, per quanto riguarda la mia TBR mensile ma anche l'elenco dei dieci autori che volevo riscoprire nel 2020, ho letto "Il sognatore", ovvero il primo volume dell'ultima duologia scritta da Laini Taylor; di questa autrice avevo già completato la trilogia Daughter of Smoke and Bone, quindi ho notato subito il riproposti di alcune situazioni e tropi narrativi nella nuova serie, che risulta un po' meno originale della precedente (il sistema magico poi sembra preso paro paro dalla trilogia Das Silber Trilogie di Kerstin Gier) ma comunque gradevole nel complesso, specialmente per l'ottimo ritmo della narrazione.
La trama vede come protagonista il bibliotecario Lazlo Strange -ovviamente orfano e vittima di maltrattamenti infantili- che, come una novella Cenerentola, si vede offerta un'occasione irripetibile: unirsi ad un gruppo di guerrieri per raggiungere una misteriosa città chiamata Pianto da quando il suo vero nome è stato cancellato dalla memoria collettiva. Il capitoli POV di Lazlo sono però solo la metà perché abbiamo anche i punti di vista di diversi personaggi secondari e, soprattutto, quello della coprotagonista Sarai.
Lo sviluppo della storia è abbastanza prevedibile nel quadro generale, ma riesce a stupire con dei colpi di scena forse non strabilianti ma piazzati nei momenti giusti. Un ruolo molto più importante è affidato ai personaggi, anche se non tutti riescono a portare a termine in modo brillante questo compito: Lazlo è un protagonista abbastanza convenzionale che, pur volendo ispirare simpatia nel lettore, lo porta soltanto ad esasperarsi per la cecità che dimostra di fronte a rivelazioni alquanto prevedibili; promuovo invece a pieni voti Sarai, Minya, Eril-Fane e Azareen per la loro costruzione sfaccettata e ricca di contraddizioni che invogliano chi legge a riflettere sulla loro condizione. Per quanto riguarda Thyon Nero, mi aspettavo decisamente di più viste le pagine che l'autrice investe per descriverlo, ma ho comunque speranze per lui nel secondo libro.
Se da un lato abbiamo dei personaggi davvero memorabili, dall'altro sono presenti dei problemi che mi hanno impedito di dare un voto più alto ad un libro molto godibile nel suo insieme. Innanzitutto non sono riuscita a darmi piacere la valanga di soprannomi cringe dei personaggi -tra Massacratori degli Dei e Figliocci d'Oro sembra di essere a Westeros- e di nomi impronunciabili affibbiati a creature e luoghi; questa situazione è accentuata dall'assenza di un glossario e di una mappa, che sarebbe stata molto utile per avere un quadro più completo del mondo in cui si muovo i personaggi. Tra l'altro, l'ambientazione è in generale molto confusa: l'autrice mescola riferimenti al Cristianesimo e termini inglesi come "shock" o "problem solving" in un mondo in teoria completamente fittizio.
In alcuni casi, mi è perfino sorto il dubbio che il problema stesse nella traduzione perché piatti come la "cotoletta" e fenomeni naturali come il "Carsismo" non credo siano all'ordine del giorno nella lingua inglese. Ma il termine che più mi ha stupita è stato "joule", usato correttamente come unità di misura del calore... correttamente se immaginiamo che James Prescott Joule abbia visitato questo mondo fantasy per portare anche qui le sue scoperte fisiche! Come no.
Il mio voto è di quattro stelline.

L'ultima lettura del 2020 è stata purtroppo una vera delusione; tra l'altro noto che spesso conservo inconsciamente i libri peggiori per la fine del mese... coincidenze?
Pensieri random a parte, "Hunted" di Meagan Spooner è un retelling della fiaba La bella e la bestia e, nel caso i lettori dovessero dimenticarlo tra una pagina e l'altra, l'autrice è pronta a ricordarcelo chiamando i suoi protagonisti Beauty e Beast. Tra l'altro, mi trovo anche in difficoltà a definirlo un retelling, dal momento che la storia è talmente simile a quella originale da farmi chiedere se questo libro fosse davvero necessario.
Siamo in un mondo fantastico e assolutamente poco chiaro (vorrebbe essere ispirato alla Russia del tardo Medioevo, ma sembra piuttosto la brutta copia di Ravka in cui circolano tranquillamente i leopardi!?!) e seguiamo le -tediose- avventure della giovane Yeva, Beauty per i parenti stretti e i sequestratori più amabili; la ragazza è la minore di tre sorelle, figlie di un mercante che perde tutti i suoi possedimenti a causa di un investimento azzardato, costringendo la famiglia a lasciare la città e trasferirsi in un misero capanno di caccia in mezzo ai boschi. Quando il padre si allontana per un lungo periodo, dopo aver mostrato evidenti segni di squilibrio mentale, Yeva parte per cercarlo -lasciandosi dietro le sorelle e un potenziale promesso sposo- da sola, in pieno inverno, in una foresta zeppa di animali feroci.
Già da questa premessa, capirete che la protagonista non è la più sveglia in circolazione; oltre a ricalcare in pieno lo stereotipo dello SFC, Yeva dimostra un'ingenuità sconfinata, specialmente quando non capisce l'identità del suo carceriere e gli racconta vita morte e miracoli della sua famiglia. Neppure il resto del cast brilla troppo nella caratterizzazione: della Bestia non sappiamo quasi nulla, dal momento che lui stesso non può rivelare troppo di sé e i capitoli con il suo POV si riducono a piagnistei tra l'emo e il Venom; quello che più mi ha infastidita è però l'assenza di un antagonista -e quindi di un conflitto nella storia- perché l'autrice toglie questo ruolo alle sorelle, ma non lo passa a Solmir che poteva essere un valido Gaston, volendo rimanere più vicini alla versione Disney.
Anche dal punto di vista stilistico non sono troppo colpita. I dialoghi sono spesso artefatti e innaturali, così come alcune scene che l'autrice ha voluto includere solo per rimanere fedele alla fiaba di partenza: se un mercante di successo si trova in disgrazia chiederà aiuto agli amici, andrà a lavorare presso qualche collega o tenterà di ottenere un finanziamento bancario... NON mollerà tutto per ridiventare cacciatore a cinquant'anni! Forse la stupidità è di famiglia.
A far affondare le mie aspettative su questo titolo sono state però le riflessioni sulla violenza fisica e psicologica; e non ci si farebbe neanche troppo caso se l'autrice non la mettesse in evidenza nel dialogo tra Yeva e Galina verso la fine del libro. In pratica, la Bestia è il classico esempio di mascolinità tossica che, appena viene mollato dalla ragazza, diventa un animale selvaggio e privo di raziocinio. La cara Yeva è ovviamente la vittima che cerca in ogni modo di giustificare le azioni della sua -non troppo- dolce metà, nonostante lui l'abbia lasciata per settimane a marcire in una cella sotterranea.
Poi, io avrei potuto tollerare da parte di lei l'accettazione delle motivazioni di lui, la compassione per la sua condizione, perfino il perdono per l'anno di vita perso. Ma l'amore tra loro davvero non ha alcuna base, sopratutto dal punto di vista della Bella: lo odia e tenta di ucciderlo, scopre la verità e torna a casa, ripensa ai mesi di prigionia e decide di tornare da lui.
A questo punto, aveva ragione Lena a nascondere l'arco! Io le avrei pure fatto fare una visitina dallo psicologo di fiducia, per sicurezza.
Il mio voto è di una stellina e mezza.

 
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giovedì 24 dicembre 2020

Top Gun, al femminile, in Russia (e funziona!) - Recensione a "We Rule the Night" di Claire Eliza Bartlett

«The golden firebird flew on a field of red, wings outstretched, beak open to let out a war cry»

 

Top Gun, al femminile, in Russia (e funziona!)

Recensione a "We Rule the Night" di Claire Eliza Bartlett


LA SCHEDA TECNICA

TITOLO: We Rule the Night
AUTORE: Claire Eliza Bartlett
TITOLO ORIGINALE: -
TRADUTTORE: -
EDITORE: Little, Brown & Co
COLLANA: Little, Brown
PAGINE: 390
VOTO: 4 stelline e mezza

IL COMMENTO

  "We Rule the Night" è un romanzo fantasy largamente ispirato alla figura delle Streghe della Notte, donne pilota sovietiche che durante la Seconda Guerra Mondiale erano impegnate in bombardamenti notturni sul fronte tedesco. L'autrice adatta questo elemento storico ad un mondo di sua creazione, mantenendo però ben chiari i cenni storici all'URSS e alle difficoltà incontrate da questo reggimento.

  La trama è molto lineare, tanto da far risultare il libro un po' noioso a chi cerca storie più ricche di eventi; semplicemente, seguiamo l'arruolamento, l'addestramento e una parte delle missioni che devono intraprendere Revna e Linné, due ragazze agli antipodi costrette a combattere fianco a fianco. La prima è la figlia di un (presunto) traditore, da sempre trattata con condiscendenza a causa della sua disabilità e molto abile nell'usare la magia della Weave con la quale piloterà il loro velivolo chiamato Strekoza (ossia, Libellula in russo); la seconda è la figlia di un generale molto in alto nella gerarchia della Union che, scappata dalla scuola e arruolatasi nell'esercito sotto falso nome, verrà scoperta è dovrà scegliere se tornare a casa o diventare un navigatore nel primo reggimento al femminile.

  Buona parte del romanzo è focalizzata proprio sulle interazioni tra le due protagoniste, in particolare sulle enormi difficoltà che devono affrontare per poter lavorare bene assieme. Revna tenta in ogni modo di dimostrarsi risoluta per proteggere la sua famiglia e il suo posto nel 146simo Reggimento,

«She wanted to be proud, to own the truth and accept her fate with grace. But she kept talking, hoping to talk until she said something that saved her.»

che arriverà pian piano ad apprezzare perché il volo la fa sentire viva come mai prima; ho trovato molto positivo anche l'atteggiamento delle altre ragazze nei suoi confronti -gentile, ma non in modo irrealistico- perché temevo l'autrice optasse per il classico gruppo di bitches pronte a deriderla. Linné è decisamente più difficile da apprezzare, infatti anche gli altri personaggi faticano a scambiare più di due parole con lei senza arrivare agli insulti; il suo carattere rude è però il risultato di quanto ha visto succedere durante gli anni in prima linea,

«She was mean, cruel, heartless, and all the other names they flung at her. But she was honest. [...] This was would destroy them and they hated her for saying it.»

quindi pur trovandola irritante si arriva a ritenere per lo meno valide le sue motivazioni. Apprezzo che la Bartlett abbia scelto di dare alla storia una conclusione dolceamara, perché viste le tematiche trattate un finale più lieto sarebbe stato poco credibile.

  Infatti, questa storia parla principalmente di guerra, ma non è affatto per mostrarci quanto siano eroiche le protagoniste che combattono per la fazione giusta. Fin da subito, i due Paesi in guerra sono dipinti come crudeli e corrotti: l'impero di Elda -che corrisponde alla Germania nazista- afferma di combattere per riconquistare dei luoghi sacri per la loro religione, ma in realtà mira alle risorse di quei territori,

«They'd come not for the God Spaces, but for the farmland and the fatherland. They didn't want to protect; they wanted to demolish.»

mentre la Union, ovvero la versione fantasy dell'Unione Sovietica, è uno Stato dove il controllo sulle vite dei cittadini è totale, soprattutto attraverso gli Skarov che rappresentano una sorta di polizia segreta sempre alla ricerca di traditori e dissidenti. Non manca poi la presenza costante della propaganda, atta a mostrare quanto la guerra sia giustificata,

«Revna rolled past image after image of Grusha the Good Union Girl, her patriotic red uniform already spattered with grease and mud. DON'T CHAT. GOSSIP WON'T HELP BUILD WAR MACHINES, said one, showing her scowling with a finger to her lips.»

propaganda che non inganna nessuno perché, come l'autrice mette bene in chiaro, non esiste alcuna giustificazione per mandare al fronte dei tredicenni.

  Il romanzo affronta inoltre altre tematiche rilevanti, e molto facili da contestualizzare nel nostro mondo. Le ragazze protagoniste sono ovviamente oggetto di sessismo, più diretto da parte dei loro commilitoni maschi,

«There was a slogan for every girl in the regiment.
CARRY BABIES, NOT BOMBS.
YOU COOK BETTER THAT YOU FLY.

CAMP FOLLOWER WHORES.
GO HOME.»

un po' più sottile da parte delle alte sfere dell'esercito, che tentano in più occasioni di far fallire il progetto. La discriminazione non si limita al loro genere, ma anche al loro aspetto -come nel caso delle protesi che Revna deve portare alle gambe; in tal senso è emblematica una delle scene al bar, quando i soldati devono ricorrere alla mortificazione fisica per poter avere la meglio sul Madgalena: troppo spesso, soprattutto sui quotidiani, leggiamo di donne impegnate nei più diversi ambiti che vengono attaccate unicamente per l'aspetto o la vita privata, quando non si può dir loro nulla sul piano lavorativo.

  Per tutte queste ragioni, ritengo che questo romanzo sia un titolo valido ed attuale, e purtroppo sottovalutato. Il mio lato razionale non può però soprassedere su alcuni difetti che rendono la lettura ostica, specialmente nella prima parte.

  Per quanto riguarda il passato dei personaggi, abbiamo degli info dump molto evidenti,

Cover russa

«She'd run everywhere and not even Papa could keep un with her. And that was how the accident had appended.»

che tendono a spezzare il ritmo; sembrano necessari a causa della brevità del volume, ma a mio avviso aggiungono dei dettagli a volte trascurabili, come l'identità della madre di Linné che non porta ad alcuna conseguenza concreta.

  Un altro grave problema è l'assenza di una mappa, dal momento che i personaggi si muovono in un territorio davvero vasto, con dei luoghi inventati dai nomi per me impronunciabili.

  Il problema più evidente però è il sistema magico. È semplicemente TROPPO, vista la rilevanza che ha nella storia: ci sono almeno quattro tipi di magia diversi (controllare la Weave, sfruttare la propria Spark, lavorare il Living Metal e trasformarsi in un Skarov) che a loro volta hanno degli utilizzi specifici distinti. La magia viene inoltre spiegata in modo confuso e quando la trama è già avviata, di conseguenza per le prime cento pagine il lettore deve tentare di indovinare cosa stia succedendo. Per quanto riguarda l'utilizzo della Weave, viene presentata come qualcosa di veramente complesso e mistico,

«"What do you know of Elda aircraft?"
"They fly?" Revna guessed. [...] "I mean, they distort the Weave, and they use it to fly."»

mentre pian piano arriviamo a capire che si tratta di "banale" telecinesi. Che dire poi della Spark, che può accendere un fuoco, ma anche creare un pugnale, ma anche generare il ghiaccio, ma anche avviare un motore! come se non bastasse, Linné ne parla come se fosse la sua forza vitale (ossia una riserva limitata per ogni individuo), mentre scopriamo poi che può rigenerarsi.

  Normalmente apprezzerei un sistema magico così articolato, ma per questa storia è onestamente eccessivo. Peccato: la Bartlett potrebbe riciclare questo mondo per una storia più incentrata sull'avventura fantasy.


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