giovedì 31 luglio 2025

"The Cheerleaders" di Kara Thomas

The cheerleadersThe cheerleaders by Kara Thomas
My rating: 2 of 5 stars

"Come faccio a trovare il momento esatto in cui una farfalla ha battuto le ali cinque anni fa? E come posso credere a tutto quello che dice Ethan -che era amico di Jen, che non dovrei fidarmi di Tom- quando secondo il signor Ward la voleva morta?"


SONO TROPPO VECCHIA E TROPPO POCO AMERICANA

Più passano gli anni e più fatico a dare fiducia alla narrativa per ragazzi, per ovvie ragioni anagrafiche: non sono storie che si rivolgono a me, sia nella prosa scelta sia nelle tematiche affrontate. Capita però che si senta parlare molto bene di un certo romanzo o di un determinato autore, e così il mio interesse si riaccende, perché in fin dei conti mi è capitato di leggere libri YA validi anche di recente. Purtroppo non è stato il caso di "The Cheerleaders", una lettura che dimostra tutta la superficialità solitamente associata a questo target, pur affrontando sulla carta argomenti seri ed attuali.

Ad ispirare la narrazione abbiamo ad esempio delle reali vicende di cronaca, in particolare i terribili eventi che tra la fine degli anni Ottanta ed i primi anni Novanta valsero alla città di Dryden, nello Stato di New York, l'infelice appellativo di Villaggio dei Dannati. Nel medesimo Stato si colloca anche la località immaginaria di Sunnybrook, dove il ritrovamento di alcune lettere anonime spinge la sedicenne Monica "Mon" Rayburn a mettere in dubbio la versione ufficiale sul concatenarsi di tragedie che, cinque anni prima, ha portato allo scioglimento della locale squadra delle cheerleader, della quale faceva parte anche la sorella maggiore Jennifer "Jen", morta suicida proprio in quell'occasione.

Alla base abbiamo quindi uno spunto molto interessante che, pur non venendo sviluppato in modo adeguato, riesce a catturare inizialmente l'interesse di chi legge. In maniera simile, ho gradito l'espediente di mettere in scena alcune dinamiche tossiche all'interno del contesto scolastico, e non solo; senza arrivare ad una chiara denuncia di fenomeni come l'abuso di potere oppure il bullismo, l'autrice fa comunque compiere un percorso di presa di coscienza alla protagonista, cosicché capisca di doversi affrancare dalla situazione in cui si sente imprigionata. Trovo apprezzabile anche l'impegno di delineare dei caratteri grigi -che in diversi punti del volume si devono confrontare con dei quesiti morali- ed il cerchio ideale descritto dall'intreccio, nel quale il fattore scatenante si trasforma infine nella conclusione stessa.

Come accennato, questi pregi sono principalmente dei tentativi, e dagli esiti disomogenei purtroppo. A partire dalla protagonista, che non si dimostra memorabile tanto per i suoi dilemmi etici quanto per l'essere incosciente e tristemente ottusa. Ammetto di averla mal sopportata per buona parte del testo, soprattutto per come risulta fasulla nei suoi rapporti familiari ed amicali: ha un legame più profondo con il cane che con il resto della sua famiglia! e se posso capire il suo essere scostante verso il fratello minore, proprio non mi capacito delle tensioni createsi con i genitori, specie alla luce della risoluzione finale. Inoltre, non si percepisce per nulla la grande passione di Monica per la danza -tale da sopportare per anni un'insegnante che farebbe sembrare il manesco Mister Daimon un timido agnellino-, e questo ha reso ancor meno convincente la sua caratterizzazione, anche perché non pare avere altri interessi.

Le relazioni non sono l'unica cosa asettica del romanzo, perché anche l'ambientazione si rivela decisamente anonima, quando invece Thomas vorrebbe darci ad intendere che questa cittadina piena di pregiudizi e dalla mentalità retrograda (vedasi gli inconcludenti, seppur numerosi, accenni alla problematica dei disturbi alimentari) sia vitale per la sua storia. Storia che devo purtroppo evidenziare essere mossa da eventi casuali e da svolte di trama convenienti, oltre a venire raccontata tramite una prospettiva poco chiara livello di consequenzialità. E come farsi mancare una traduzione da migliorare (a voler essere generosi!), specie nell'utilizzo della consecutio temporum che è sbagliato il doppio delle volte in cui è corretto?

Un altro difetto, minore ma non trascurabile, è dovuto alla presenza di piccole incongruenze narrative, anche a poche pagine di distanza. Ad esempio, in una scena Monica arriva a casa all'ora di pranzo, fa una breve ricerca online, poi si mette a letto, e d'improvviso siamo già al mattino seguente; e tutto questo senza che la cara Kara (scusate l'involontario gioco di parole!) si sia presa la briga di rileggere e notare la svista temporale. Il testo è costellato da queste contraddizioni, che normalmente mi avrebbero al massimo fatto sorridere, ma sommate agli altri punti deboli del libro hanno contribuito a mettere per me un grosso punto di domanda sul resto della bibliografia dell'autrice.

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lunedì 28 luglio 2025

"La bambina che amava Tom Gordon" di Stephen King

La bambina che amava Tom GordonLa bambina che amava Tom Gordon by Stephen King
My rating: 5 of 5 stars

"Era come se in quel grande bosco ci fosse solo lei e, sebbene l'idea fosse ridicola, il pesciolino aveva scodinzolato un'altra volta nello spazio vuoto di quel luogo speciale. Un po' più forte di prima"


PRATICAMENTE IO AD OGNI CAMPEGGIO DEGLI SCOUT

Nonostante mi sia capitato di sentire diversi pareri positivi su "La bambina che amava Tom Gordon", ero parecchio indecisa prima di iniziarne la lettura. Questo testo nasce infatti dalla fusione tra un elemento quasi sempre ben riuscito nelle opere kinghiane ed uno che invece non penso rientri tra i suoi punti di forza; nella fattispecie, troviamo accostate una storia di sopravvivenza in condizioni estreme ad una protagonista molto giovane. In questo caso (forse perché la bambina é isolata dal resto dei personaggi?) ho però trovato la sua prospettiva abbastanza gradevole da seguire. Considerando poi che ha solo nove anni, il caro Stephen non può permettersi troppe lungaggini in commenti lascivi e fuori luogo. E vorrei ben dire!

La storia di Patricia "Trisha" McFarland si ambienta nel giugno 1998 sui monti Appalachi, dove si trova in gita con il fratello maggiore Pete e la madre Quilla Andersen. Dopo il divorzio dal marito ed il trasloco da Boston al Maine meridionale, la donna ha sviluppato una passione per le attività familiari edificanti, arrivando così ad imporre ai figli un percorso sulla Route 68 dell'Appalachian Trail, tra le altre iniziative; a Trisha andrebbe anche bene, non fosse per l'interminabile litigio tra la madre e Pete, che la spinge ad allontanarsi leggermente dal sentiero indicato. Una scelta a dir poco infelice, perché la ragazzina perde del tutto l'orientamento e si ritrova da sola, a vagare per i boschi con l'unica compagnia delle voci alla radio del suo walkman.

Raccontato così, l'intreccio potrebbe apparire un po' noioso e ripetitivo, invece la storia si sviluppa con un ottimo ritmo: non ci sono mai momenti morti in cui il lettore percepisce l'attesa di una nuova svolta narrativa, anzi la (dis)avventura di Trisha è costellata di ostacoli sempre nuovi da affrontare, ed i pochi attimi di pausa non riescono a stemperare del tutto la tensione che si va accumulando. Tensione che getta le sue basi già dalle primissime pagine, con un inizio deciso e rapido al punto giusto, cosicché la posta in gioco venga subito messa in chiaro. Si prosegue quindi con un deciso crescendo di angoscia, che va a braccetto con il deterioramento della psiche della bambina.

Trisha inizia infatti ad immaginare di essere affiancata da Tom "Flash" Gordon, il numero 36 dei Red Sox e suo idolo personale, ma anche perseguitata da un'entità malvagia che alberga nei boschi e la spia durante la notte. La fantasia della protagonista da un lato crea delle descrizioni terrificanti e potenti per gli ambienti naturali -che contribuiscono a costituire il valido fattore horror del romanzo-, e dall'altro generano una misteriosa voce fredda la quale, sussurrando al suo orecchio, dipinge scenari tragici ma plausibili; in questo modo risulta sia spaventosa per il cinico realismo, sia ingannevolmente manipolatoria. Pur avendo adorato la prospettiva determinata e carismatica di Trisha, questa sorta di suo alterego maligno mi è sembrato ancor più interessante da ascoltare.

Si è trattato quindi di una lettura perfetta? no, qualche difetto si fa notare. Parlo però di elementi per la maggior parte di contorno; ad esempio, non ho trovato appieno soddisfacenti i brevi scorci su come la famiglia di Trisha affronti la sua scomparsa: rimangono in gran parte superficiali ed inficiano a tratti sul buon ritmo narrativo. Personalmente non sono poi riuscita, non dico ad apprezzare, ma neppure a cogliere i moltissimi riferimenti al mondo del baseball, per me del tutto alieno. Per contro, mi sarebbe piaciuto vedere qualche pagina in più dedicata alla conclusione, perché il confronto finale sembra un po' troppo rapido, e lo stesso vale per il momento post-climax, che avrebbe beneficiato di maggior spazio, specie per dare una risoluzione alle dinamiche interne alla famiglia McFarland.

Al netto di queste osservazioni marginali, il romanzo rimane estremamente godibile, oltre ad essere un'ottima scelta sia per dei giovani lettori che provino della curiosità verso l'intimidente bibliografia del caro Stephen, sia per i neofiti dell'autore intenzionati a capire se possa fare al caso loro. Questo perché la storia di Trisha è dotata di una voce universale, che può suggerire delle riflessioni anche in persone molto più grandi di lei dal punto di vista anagrafico, senza però adottare una prosa respingente verso un pubblico di ragazzi. In tutta onestà, avrei preferito iniziare da qui anziché partire a bomba con i traumi brutti di "It".

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mercoledì 23 luglio 2025

"L'isola del drago" di Ursula K. Le Guin

L'isola del dragoL'isola del drago by Ursula K. Le Guin
My rating: 2 of 5 stars

"«Oh, be', cara, per una donna è tutto diverso. Chi può dire dove inizia e dove finisce una donna? Ascolta, io ho radici più profonde di quest'isola. Più profonde del mare, più antiche della creazione della terraferma. Io risalgo fino alle Tenebre ... Nessuno sa che cosa sono, nessuno lo può dire, nessuno sa che cosa sia una donna, una donna di Potere, né il Potere delle donne»"


MASSÌ, CAMBIAMO DI NUOVO IL TRADUTTORE!

Dal momento che "Il signore dei draghi" indicava una conclusione abbastanza netta, seppur come al solito non esaustiva, per le gesta dell'Arcimago Ged, mi chiedevo con quali nuovi personaggi la cara Ursula avesse deciso di continuare a raccontarci il mondo di Terramare. A quanto pare nessuno! perché seppur pubblicato a diciotto anni di distanza dal precedente, "L'isola del drago" sembra essere un midquel, collocato inizialmente tra il secondo ed il terzo volume, per poi coprire un arco temporale coincidente con il finale di quest'ultimo. Il cast quindi non subisce delle grosse variazioni, e meno male vista la superficialità con la quale l'autrice è abituata a raccontare le dinamiche tra i suoi personaggi.

Come anticipato, i primi capitoli si ambientano nel periodo di decadimento della magia, ed almeno un paio di decenni dopo gli eventi de "Le tombe di Atuan". Accantonato l'apprendimento dell'arte magica da Ogion, Tenar è diventata una donna matura: sull'isola di Gont ha messo su famiglia ed ora gestisce l'allevamento di pecore del marito defunto; in modo fortuito (che novità!), incontra e decide di adottare Therru, una bambina vittima di un'aggressione, che per questo si ritrova buona parte del corpo segnata da gravissime ustioni. Un'ellissi temporale ci porta quindi all'arrivo del drago Kalessin, il quale riporta a casa Ged -molto provato dopo la battaglia finale a Selidor-, che assieme alle due donne forma nel corso dell'anno successivo un nuovo nucleo familiare.

E davvero non so dirvi di più: in questa serie quando i protagonisti sono ragazzi ed uomini abbiamo misteri da risolvere, antagonisti da sconfiggere e minacce abnormi da sventare, mentre alle protagoniste femminili sono riservate storie quasi prive di trama. In realtà, sono presenti degli antagonisti, ma affermare che Tenar li fronteggi e sconfigga sarebbe un'enorme menzogna, perché ogni volta giungono in scena dei convenienti dei ex machina a risolvere la situazione per lei. Tra l'altro trovo buffo che, in un romanzo tanto pronto a sbandierare il tema del femminismo, la protagonista debba sempre ricevere l'aiuto di personaggi maschili; e questo aiuto non arriva neppure in virtù di un suo impegno -magari nel farsi benvolere dal prossimo- ma per pura necessità di trama.

Parlando di femminismo, devo inoltre far presente che l'argomento viene trattato in modo tragicamente infantile. Capisco che il romanzo si rivolga ad un pubblico molto giovane e non sia neppure di recente pubblicazione, ma non è necessario urlare in faccia a lettore le tue motivazioni, cara Ursula! inoltre la tematica viene inclusa in modo forzato, nei momenti più randomici, ed alla fine della storia porta ad un nulla di fatto. E questo vale per una quantità di sottotrame, del tutto inconcludenti: ad esempio, le origini di Therru, la congiura di Pioppo, l'accanimento di Faina o la ricerca del Maestro dei Venti. Prive di una qualunque risoluzione sono anche le fumose riflessioni sul significato di Potere; come succede spesso in questa saga, le osservazioni dei personaggi da un lato appaiono fin troppo banali e dall'altro eccessivamente criptiche, specie tenuto conto del target.

Aggiungiamo poi un ritmo quasi inesistente (vi sfido ad individuare una struttura narrativa degna di questo nome!), le solite relazioni interpersonali stabilite dall'alto, le utilissime descrizioni di boschi e scogliere, e l'ennesimo colpo di scena anticipato tramite una storiella ad inizio volume. Ci sono poi elementi sui quali mi trovo in ambasce, come il modo discontinuo in cui viene tratta la disabilità -con commenti discutibili da parte di personaggi teoricamente positivi, che non vengono poi smentiti-, oppure la scelta di Tenar come protagonista: personalmente sono stata contenta di ritrovare il suo personaggio, ma ritengo inadatta la prospettiva di un'adulta in una storia per ragazzini perché tocca argomenti lontani dai potenziali lettori. Sarei stata molto più interessata a leggere il POV di Therru, che avrebbe permesso di capire meglio anche la sua difficoltà nel superare il trauma vissuto.

Per assurdo, questo è stato comunque il capitolo del Ciclo di Earthsea che più mi ha convinto. Di certo uno dei motivi è la freschezza dei contenuti, dopo tre romanzi incentrati sulle missioni di Ged; ho apprezzo che qui il focus fosse invece diretto sui caratteri femminili e sulle loro difficoltà, anche nell'ambito quotidiano. Inoltre, si parla in modo adeguato di politica, razzismo e discriminazione, mentre nei volumi precedenti su questi aspetti si tendeva piuttosto a glissare. A livello narrativo, scopriamo inoltre quale fosse il vero epilogo tra i due raccontati alla fine de "Il signore dei draghi", vengono approfondite le motivazioni di Ged, e tra lui e Tenar sono presenti dei momenti di confronto validi e costruttivi. Mi sarei però evitata l'immagine di loro che bombano («così, de' botto, senza senso», cit.) sul pavimento dove poco prima giaceva un tizio infilzato da un forcone.

Voto effettivo: due stelline e mezza

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venerdì 18 luglio 2025

"I Vendicatori" di Richard Bachman

I VendicatoriI Vendicatori by Richard Bachman
My rating: 4 of 5 stars

"Ma certo, c'era il film. Quel film orribile. Erano arrivati alla loro quarta copia di I Vendicatori. La prima, l'aveva noleggiata Herb al Video Clip un mese circa prima del suicidio. E quel vecchio film ... aveva liberato Tak... o messo a fuoco, come si focalizza la luce con una lente di ingrandimento e se ne ricava una fiamma"


MA NEGLI USA NON ERANO ABITUATI ALLE SPARATORIE?

Quando ho deciso di cominciare La forza del male, sono andata contro quanto proposto nella più recente edizione nostrana, iniziando da "Desperation". Arrivata ora a completare anche la lettura de "I Vendicatori", posso dire di aver fatto quella che reputo la scelta migliore, perché questo romanzo sembra essere quasi una fanfiction del suo gemello, con tanto di personaggi OOC, citazioni ad oggetti e luoghi, e collegamenti da fare durante la lettura. Non a caso è Bachman ad essere nato dalla mente di King, non il contrario! quindi ha senso che quest'opera dia l'impressione di essere un derivato, seppur riuscitissimo.

Per raccontare la storia, l'autore ci trasporta nella patria della famiglia Carver, in particolare nella città immaginaria di Wentworth, in Ohio. Tutto inizia in un caldissimo pomeriggio del luglio 1996, quando un'ordinaria giornata in Poplar Street viene stravolta dall'arrivo di alcuni furgoni dai colori bizzarri: dal loro interno, individui mascherati in modo ancor più stravagante sparano senza ragione sui residenti. Il panico colpisce i passanti, una delle abitazioni prende fuoco, contattare le forze dell'ordine sembra impossibile, e nel mentre una calma surreale persiste nel civico 247, dove Audrey Wyler abita con il nipote Seth dopo che la famiglia di lui è rimasta vittima di una strage con fin troppe analogie a quella in corso.

Per diversi aspetti, lo spunto potrebbe sembrare parecchio infantile -e come tale si dimostra in parte con il procedere della narrazione-, ma questa è una storia horror molto valida, seppur meno incentrata sull'elemento gore rispetto ad altre opere di "Bachman". A rendere particolarmente inquietante la lettura non sono quindi i momenti in cui l'antagonista causa più o meno direttamente la morte dei personaggi, bensì le scene ambientate in casa Wyler: Tak che pian piano si insinua nelle vite di Audrey e di suo marito Herb, Tak che fa leva sul loro affetto per tenerli legati a sé, Tak che bilancia la sua violenza con la dolcezza di Seth, Tak che applica le sue abilità paranormali per portare avanti delle ripicche tanto puerili quanto crudeli. Proprio per questo reputo Seth una scelta perfino più azzeccata di Entragian, nonostante manchi di un'apparenza fisica intimidente, perché permette all'antagonista di sfruttare il fattore emotivo ed al contempo veicolare ottimamente il concetto della cattiveria nei bambini.

L'altro principale pregio del volume è il formato mixed media, ossia i documenti di varia natura (articoli, relazioni, copioni, ed altro ancora) che vengono inseriti alla fine di ogni capitolo. Non solo si tratta di una scelta narrativa molto innovativa per l'epoca di pubblicazione, ma King dimostra di averla sfruttata in maniera davvero brillante per includere tanti avvenimenti legati al passato, senza per questo appesantire o rallentare la narrazione al presente. Personalmente ho gradito molto anche il modo in cui l'autore ha rielaborato alcuni dei personaggi di "Desperation" -dando nuovi spunti alle loro storie-, l'essersi discostato dal tema religioso, la rilevanza del rapporto tra Audrey e Seth, e la conclusione adottata. Apprezzo sempre i finali un po' agrodolci, e questa vicenda non poteva che puntare ad un epilogo simile per mantenere una coerenza interna.

Passando ai lati meno riusciti del romanzo, forse il difetto più evidente si trova nella caratterizzazione, ambito nel quale solitamente il caro Stephen eccelle; qui invece si è arenato in un cast un po' troppo numeroso, dandosi (e dando ai lettori!) anche poco tempo per conoscere i personaggi nei primi capitoli. Di conseguenza, si finisce per interessarsi veramente solo a quelli già presenti in "Desperation", con la sola eccezione del piccolo Seth: gli altri finiscono per essere dimenticabili o perfino interscambiabili, come nel caso di Cammie Reed e Kim Geller. Ad accentuare la sensazione di star leggendo una fanfiction, c'è poi l'assenza di una motivazione consistente o approfondita per cui certi personaggi siano finiti a vivere in Poplar Street, Johnny Marinville in primis.

A dispetto degli eventi che danno il via alla storia, ci troviamo poi con un lato survival non particolarmente presente, nonché affrettato; lo vediamo bene nella parentesi della missione nella fascia verde: non c'è un minimo di strategia, alla prima difficoltà si fa marcia indietro e manca del tutto il concetto di fare squadra. Tracciando un confronto con quanto avveniva nel libro gemello, qui i protagonisti non arrivano mai a formare dei legami di fiducia reciproca, nonostante ci sia tra loro una conoscenza pregressa. Penso che l'esempio migliore sia la scena della spiegazione fornita da Audrey, presente in entrambi i volumi con esiti ben diversi; in questo caso, anziché coalizzarsi contro la minaccia di Tak, i personaggi nel escono ancor più in disaccordo. In questo senso, la velocità con cui si giunge al finale comporta un'impressione di raffazzonato e poco spontaneo, che un po' ne rovina l'atmosfera.

Voto effettivo: quattro stelline e mezza

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martedì 15 luglio 2025

"Delitto all'ora del tè" di Catherine Coles

Delitto All'Ora del TèDelitto All'Ora del Tè by Catherine Coles
My rating: 2 of 5 stars

"Il suo volto pareva sereno, tanto che avrei quasi potuto credere che si fosse sdraiata a fare un pisolino. Se solo non avesse avuto quel coltello dal manico nero che le spuntava dalla pancia. Perché Helen non stava dormendo; era certamente morta"


MA DOVE CASPITA CORRI, CATHERINE?

Come mi è capitato di accennare nella recensione di "Scende la notte", l'unica ragione per cui ho acquistato quel romanzo era avere un titolo da abbinare al seguito di "Un misterioso omicidio e molti segreti"; risulta quindi crudelmente ironico che il cozy romantasy di Cross mi sia piaciuto mentre il cozy mystery di Coles sia risultato parecchio inferiore rispetto al primo capitolo. Come giallo "Delitto all'ora del tè" non sarebbe malaccio, ma perde tutte le particolarità che arricchivano la serie, a vantaggio di un focus ridondante (e, spesso, fuori luogo) su elementi non proprio di mio gusto.

Questa volta l'azione compre un arco temporale molto breve: dal delitto alla risoluzione passano solo pochi giorni. L'ambientazione rimane il Berkshire del 1947, ma la cittadina di Westleham viene lasciata da parte per spostarsi nella vicina Winteringham, dove la protagonista Martha Miller è stata chiamata ad inaugurare la Sagra Campestre di Winteringham e del Distretto dall'organizzatrice Annie Raynor, in virtù della sua brillante risoluzione del primo caso. La donna arriva nel paesino scortata tra gli altri dalla sua cucciola Lizzie, ed è proprio il setter ad individuare il corpo senza vita Helen Kennedy, nipote del vicario locale Frederick "Freddie" Butler, dando così il via all'indagine principale.

L'intreccio che si dipana da questo spunto non è nulla di spettacolare o di troppo originale, soprattutto se siete ben avvezzi al genere, però risulta gradevole da seguire, anche per il buon ritmo con cui viene sviluppata la narrazione. Oltre alla mera investigazione, l'elemento che ho trovato più interessante riguarda gli accenni al passato del vicario Luke Walker, perché contribuiscono ad ampliare un poco il contesto, nonché a dare una maggior profondità alla sua caratterizzazione. L'autrice decide di non inserire troppi chiarimenti, ma si può facilmente intuire quali motivazioni spingano questo personaggio.

Un aspetto teoricamente positivo, sul quale però solo molto combattuta, è la presenza di messaggi femministi, collegati sia ai ruoli di genere che alla cultura patriarcale, causa di victim blaming e slut shaming. Di base, sono contenta di vedere inclusi temi di questo genere, tra l'altro in maniera organica e motivata all'interno del romanzo; purtroppo la prosa di Coles non risulta all'altezza, rendendo le argomentazioni dei personaggi (tanto da una parte quanto dall'altra della discussione) didascaliche e ripetitive. Inoltre, trovo le osservazioni espresse a dir poco anacronistiche, considerando che questa è un'ambientazione storica e non un contesto ucronico in cui i protagonisti si possono permettere di inneggiare ai diritti della donna come farebbero dei giovani attivisti sui social nella contemporaneità.

Passando ai difetti che ho riscontrato mettendo questo libro in confronto con il suo predecessore, si sono perse totalmente le sottotrame legate al rapporto di Martha con la sorella ed alla sua ricerca del marito; nel testo viene ricordato più volte che lei vuole bene a Ruby e che Stan è scomparso lasciandola in difficoltà, senza però dare alcuno sviluppo concreto. Per contro, la cara Catherine ha deciso di investire una quantità di spazio all'attrazione proibita tra Martha e Luke; e non ci sarebbe nulla di male, se questi accenni non fossero inseriti nei momenti meno opportuni (sì, anche quando salta fuori un cadavere!) e farciti di gelosia tossica ed insensata. Questo è proprio un esempio di romanzo giallo, fantasy, sci-fi, o altro rovinato dalla sovrabbondanza di romance: tanto valeva scrivere direttamente un cozy romance! anche perché questa parentesi non ha alcuna risoluzione a fine volume.

E per arrivare alla quella fine il lettore dovrà comunque sopportare una narrazione terribilmente affrettata -soprattutto nei primi capitoli, in cui l'autrice sembra avere l'impellente bisogno di arrivare al ritrovamento del cadavere-, un ruolo più da pagliacci del solito per i rappresentanti delle forze dell'ordine di turno, ed una struttura narrativa parecchio bislacca: Martha e Luke passano ad un interrogatorio all'altro, fanno una breve pausa per riepilogare quanto scoperto, e poi ricominciano da capo con il primo testimone, il tutto seguendo un percorso forzato e meccanico, che ricorda quasi un videogioco con delle interazioni obbligatorie per poter proseguire nell'avventura.

Il sunto della mia delusione però potrebbe essere la motivazione dietro questa storia: se nel primo libro la protagonista aveva un'ottima ragione per voler risolvere il caso, dal momento che era finita in cima alla lista dei sospettati, qui non c'è alcun motivo per cui lei venga spronata e finisca per convincersi a passare davanti alle autorità. La scusa adotta da Martha -ovvero, fare giustizia per la piccola Janet- non regge proprio, perché la polizia ha le stesse informazioni ed il medesimo obiettivo; lei diventa quindi l'esatta rappresentazione del dilettante che cerca di intralciare le forze dell'ordine perché chi scrive ha deciso che non saranno queste ultime a risolvere il caso.

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giovedì 10 luglio 2025

"Katie" di Michael McDowell

KatieKatie by Michael McDowell
My rating: 4 of 5 stars

"«No» disse Katie, che aveva ascoltato con interesse la conversazione dei genitori. Ma il suo «no» non significava che dubitasse della tesi di John. Ribadiva soltanto il rifiuto a rinunciare al martello. A lei il suo martello piaceva tantissimo"


PER NIENTE PET-FRIENDLY!

Come molti italiani, anch'io ignoravo l'esistenza di McDowell finché Neri Pozza non ha cominciato a tradurne le opere un paio di anni fa, oltre un ventennio dopo la sua scomparsa. Ne ero quindi incuriosita, ma non al punto da volermi avventurare in un'intera serie! ecco perché ho rivolto la mia attenzione ai romanzi autoconclusivi, e tra i due pubblicati ho scelto di iniziare con "Katie", principalmente perché è quello del quale avevo sentito più pareri positivi. Pareri che mi sento di poter ben capire, se non di sottoscrivere in pieno: anch'io ho trovato molto piacevole l'esperienza di lettura, ma allo stesso tempo non sono riuscita a mettere a tacere il mio lato critico e le sue lamentatio in merito all'effettivo contenuto.

Dopo un breve scorcio sull'infanzia della futura criminale Katie Slape, il romanzo si sposta interamente nel corso dell'anno 1871. La prospettiva non è fissa su un solo personaggio o luogo, ma alterna principalmente i POV della suddetta Katie e di Philomena "Philo" Drax, seguendole nelle diverse città in cui si muovono, per la maggior parte situate tra il New Jersey, la Pennsylvania e lo Stato di New York. L'antagonismo tra le due giovani comincia quando Katie e la sua famiglia tentato di impossessarsi delle ricchezze di Richard Parrock, nonno di Philo nonché unica possibilità per lei e la madre di nobilitarsi dalla misera vita che conducono nella cittadina di New Egypt. Dopo questo primo contrasto, le strade delle protagoniste continuano ad incrociarsi, tra ghiotte truffe, omicidi efferati e possibili poteri paranormali.

Questo è già un primo elemento che ho trovato affascinante: Katie pare infatti avere delle abilità di preveggenza e telepatia, mai del tutto spiegate ma sfruttate dall'autore per dare un tocco gotico all'atmosfera ed aumentare il senso di pericolo, che raggiunge il suo apice nelle numerose scene gore, non poco disturbanti anche perché spesso sono inaspettate. Almeno nei primi capitoli, quando il lettore non ha ben chiaro quanto sia pericolosa la famiglia Slape, personaggi non propriamente tridimensionali ma parecchio carismatici: di certo non li vorrei come vicini di casa e neppure come conoscenti alla lontana, ma le loro interazioni risultano spassose se si apprezza il dark humor.

Un'altra bella dinamica è quella che vede opporsi Philo e Katie; ad un primo acchito, viene da pensare ad una rivalità un po' infantile (una versione più violenta di quella tra Candy ed Iriza, ed infatti questa storia ricorda molto gli anime degli anni Ottanta con gli orfani sfortunati come protagonisti!) ma poi diventa ben più complessa. Da un lato Katie incarna il volto caotico del male, del tutto incurante del prossimo per quanto legato a lei, ma anche del suo stesso avvenire; dall'altro Philo dimostra quasi esclusivamente buone qualità, senza però essere una personaggia talmente buona e perfetta da accettare passivamente gli eventi.

Tra i pregi del romanzo troviamo poi la solida ambientazione storica -a dimostrazione delle ricerche fatte con cura dal caro Michael- e l'attenzione posta sulle tematiche della posizione sociale e del potere dato dalla ricchezza: non a caso la trama ruota per la maggior parte sull'eredità del vecchio Parrock, fino al significativo epilogo. Mi sembra giusto elogiare anche l'edizione nostrana per l'estetica e non solo (non penso di aver scovato più di un refuso!) ed il ritmo incalzante. Quest'ultimo rappresenta al contempo uno dei principali difetti del libro, perché la narrazione è talmente ben ritmata da risultare affrettata in molti aspetti.

Il primo è la struttura della storia: eventi molto significativi per le vite dei personaggi avvengono con una rapidità ed una casualità estreme. Non si ha mai il tempo per analizzare un ostacolo posto sulla strada di Philo, perché subito arriva la fortuita soluzione! il risultato è, ad esempio, quello di far sembrare la città di New York (pure una New York del 1871) un piccolo paesello di provincia, in cui tutti si conoscono e si incontrano in maniera randomica. Anche la caratterizzazione viene inficiata da questa insensata frenesia, con la sola eccezione delle due personagge principali e della linguacciuta Nedda Maitland; di conseguenza, non si può avere alcuna reazione emotiva alle disgrazie di caratteri che sono poco più di caricature per chi legge.

Oltre a riscontrare una certa difficoltà nel farmi coinvolgere da una narrazione che procede per botte di fortuna inverosimili, ho qualcosa da ridire anche sulla moralità. Per una buona fetta del volume, Philo ha enormi problemi economici, e come lei molte altre giovani donne newyorkesi; questo dà lo spunto a McDowell per parlare di prostituzione, anche in termini di accettazione ed apertura mentale. Peccato che la protagonista, dopo essersi mostrata relativamente tollerante, continui a guardare queste ragazze dall'alto in basso, affermando di non potersi proprio abbassare ad un simile comportamento. E ovviamente la trama risolve in un battibaleno i suoi problemi, permettendole di mantenere intatta la virtù e completare il percorso senza macchia alcuna.

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lunedì 7 luglio 2025

"Tokyo Express" di Matsumoto Seichō

Tokyo expressTokyo express by Seichō Matsumoto
My rating: 3 of 5 stars

"Anche quella sera in servizio c'erano Yaeko e Tomiko, e il discorso cadde di nuovo su Otoki. Ma è in un luogo sperduto che, di lì a poco, il cadavere di Otoki sarebbe stato ritrovato accanto a quello dell'uomo che avevano visto con lei"


UN PO' CAPITAN OVVIO, UN PO' SHERLOCK HOLMES

Avendo (per mia fortuna o sfortuna!) una TBR abbastanza estesa da cui attingere, cerco di scegliere con molta attenzione i titoli da includere nella mia wishlist, ed è inevitabile che alcuni finiscano per entrare ed uscire periodicamente. È successo anche con "Tokyo Express": bastava un commento vagamente positivo per incuriosirmi, oppure uno negativo per smontarmi, ma alla fin fine ho capito che l'interesse persisteva nel tempo, sintomo di un potenziale latente nel testo. Avendo apprezzato negli ultimi anni altri mystery orientali, mi sono infine decisa a dare un'occasione all'opera più nota del caro Seichō.

La storia è ambientata in Giappone alla fine degli anni Cinquanta e si collega strettamente al puntualissimo sistema ferroviario di quel Paese. Infatti una delle prime scene mostra l'impiegato ministeriale Sayama Ken'ichi e la cameriera Otoki salire sul treno Asakaze alla stazione di Tokyo; la coppia viene ritrovata poi alcuni giorni più tardi sulla spiaggia di Kashii, vittima all'apparenza di un duplice suicidio. Questa versione dei fatti non convince però l'ispettore Torigai Jūtarō prima e l'ispettore aggiunto Mihara Kiichi poi, che cominciano a mettere assieme diverse prove al fine di smascherare le incongruenze e far emergere la verità.

La vicenda si cala quindi in un contesto parecchio insolito per me, che da un lato ho trovato interessante da scoprire -specie per le enormi differenze tra i Paesi ed i momenti storici- mentre l'indagine veniva portata avanti, ma dall'altro ha portato in scena delle atmosfere noir molto lontane dal mio gusto, a riprova del fatto che leggere qualche breve opinione non prepara adeguatamente ad una nuova storia. Da parte mia mi sarei quindi dovuta informare meglio, ma anche alla CE vorrei fare qualche appunto, non sulla traduzione (una volta tanto!) bensì sui contenuti inseriti a fine volume: il glossario risulta molto utile ma lo sarebbe stato ancora di più all'inizio della lettura oppure in forma di note a piè di pagina, mentre la mappa di per sé è un'ottima trovata però non include tutte le città menzionate nel testo. E vista l'importanza degli spostamenti in treno, avrebbe potuto comprendere anche le tratte ferroviarie, per renderne meglio l'idea.

In realtà tutte queste sono lamentele superficiali e di poco conto, perché il difetto maggiore del romanzo è la sua piattezza. Nonostante si parli di crimini crudeli e più volte venga sottolineata l'urgenza di reperire al prima possibile delle prove, la prosa non ha mai dei guizzi particolari che smuovano la narrazione e trasmettano emozioni genuine al lettore. Su questa scia, la caratterizzazione si conforma al placido contesto e risulta del tutto sciapa ed uniforme, tanto che il focus passa da un investigatore all'altro senza far percepire alcuna differenza nell'approccio o nel tono dato all'indagine.

Se è vero che i personaggi sono alquanto dimenticabili, lo stesso non si può dire dell'intreccio, intrigante e capace di appassionare, e questo nonostante il tenore delle riflessioni fatte da Torigai e Mihara oscilli pericolosamente tra osservazioni tanto palesi da farli risultare tonti e colpi di genio inarrivabili, soprattutto nel momento della rivelazione finale. Vedere delineato il quadro generale risulta comunque molto soddisfacente, perché nel complesso il mistero è stato strutturato in maniera solida e coerente. Niente male anche l'idea di rendere i treni vitali sia per il piano ordito dai colpevoli, sia per le varie fasi dell'investigazione in quanto mezzo prescelto dai protagonisti. Di mystery ambientati sui treni se ne sono visti parecchi, ma uno in cui l'assassino fondasse il suo intero piano sulle coincidenze ferroviarie non l'avevo ancora incontrato.

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martedì 1 luglio 2025

"Scende la notte" di Juliette Cross

Wolf Gone Wild. Effetto Strega: Scende la NotteWolf Gone Wild. Effetto Strega: Scende la Notte by Juliette Cross
My rating: 4 of 5 stars

"Era l'ultima cosa di cui avevo bisogno. Dopo un turno di dieci ore, il membro di una confraternita che mi aveva vomitato sugli stivali e una ragazza ubriaca che si era lanciata in un versione stonata e super porca di Pour Some Sugar On Me sul bancone, adesso avevo un lupo mannaro che mi implorava di spezzare una maledizione"


SE THE ORIGINALS FOSSE STATO UN COZY ROMANCE

Io e "Scende la notte" potremmo essere i protagonisti di un romance contemporaneo: incontrati per puro caso, l'attrazione che subito scatta con le prime pagine dell'estratto online, e appena si è ritrovato in casa mia gli sono saltata addosso per divorarlo. Ma qui c'è di mezzo un cupido cartaceo, infatti ho acquistato questo libro soltanto per avere qualcosa da abbinare a "Delitto all'ora del tè", seguito di un mystery che avevo apprezzato lo scorso anno. E sembra proprio che con tutta l'esperienza maturata, ormai io abbia finalmente imparato ad azzeccare i titoli giusti nelle promozioni prendi-due-paghi-poco!

Pensare che la copertina nostrana mi avrebbe facilmente ingannata... questo però non è un paranormal dei primi anni Duemila ripubblicato, bensì un romance con elementi fantasy moderno e decisamente cozy. L'ambientazione è il quartiere francese di New Orleans dove, al fianco degli ignari esseri umani, si muovono vampiri, licantropi, tristi mietitori (che onestamente non ho ben capito cosa debbano rappresentare, ma tant'è), e soprattutto streghe; le sei sorelle Savoie regnano infatti sulla città, per merito delle portentose abilità della maggiore Juliana "Jules". L'azione prende il via proprio al Calderone, il locale gestito da questa famiglia, dove il lupo mannaro Mateo Francisco Cruz giunge in cerca di Everleen "Evie" Marielle Savoie che, con il suo talento di Frangincanto, è l'unica a poterlo liberare da una misteriosa maledizione.

Con questo pretesto comincia la storia d'amore tra i due, composta da tanti episodi teneri e qualche sporadico momento di tensione. In realtà tutti i potenziali ostacoli alla loro relazione -come la ritrosia di Jules a collaborare con i licantropi o le loro attitudini agli antipodi- vengono superati senza grandi difficoltà, portando da un lato ad una narrazione dal tono leggero e divertente, ma dall'altro a dimostrare il pochissimo impegno infuso dall'autrice nella struttura del romanzo. Accantonando la componente romance, la trama è davvero risicata e si sviluppa in modo estremamente lento; pensavo si stesse andando per le lunghe in previsione dei seguiti, invece la risoluzione finale mi ha dato conferma che la cara Juliette semplicemente non sapeva cosa inventarsi per arrivare al lieto fine d'obbligo.

Gli altri difetti che ho riscontrato sono oggettivamente marginali: gli spunti per le romance dei volumi successivi risultano un po' troppo palesi e forzate all'interno del contesto, sono presenti alcuni elementi poco credibili (dai protagonisti fino all'ultima delle comparse tutti sono bellissimi e, nonostante si muovano in una grande città, incontrano sempre qualche loro conoscente) che temo siano una fastidiosa prerogativa del genere, e la traduzione non è delle migliori. Però non saprei dire se il crimine peggiore della CE italiana sia l'utilizzo improprio degli avverbi oppure la scelta di una copertina parecchio respingente per un pubblico contemporaneo.

Un aspetto sul quale resto invece in ambasce è il sistema magico; partendo dal presupposto che lo si potrebbe definire al più abbozzato, avrei preferito si attenesse alle vaghe informazioni iniziali perché, quando Cross si sofferma invece sui dettagli paranormali, i suoi chiarimenti portano più domande in aggiunta che risposte utili. Devo comunque segnalare che ero preparata alla prosa estremamente informale -nei dialoghi com'è ovvio, ma anche nella narrazione- dell'autrice e, seppur non sia propriamente il mio stile preferito, sono riuscita ad apprezzare la consapevolezza con cui ha saputo giocare con i suoi personaggi.

Da questo punto di vista credo sia stato fatto un buon lavoro, infatti Evie e Mateo risultano del tutto credibili come singoli caratteri, e dimostrano una buona chimica tra di loro come coppia, merito anche della comune passione per l'arte che rende più verosimile il loro rapido avvicinamento. Nell'analizzare il rapporto tra i due, la cara Juliette ha saputo inoltre includere una comunicazione efficace (niente lunghe e tediose incomprensioni qui!) e dell'ottima sex positivity. Per quanto riguarda invece i comprimari, sono quasi tutti marginali ma nel complesso si possono dire abbastanza solidi. Menzione d'onore per Alfa, il lato lupesco di Mateo, e per i suoi commenti fuori luogo che incredibilmente mi hanno strappato più di una risata.

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