venerdì 27 giugno 2025

"Nemesi" di Agatha Christie

NemesiNemesi by Agatha Christie
My rating: 3 of 5 stars

"Voi, mia cara signora, avete fiuto per la giustizia e quindi siete un'investigatrice nata. Desidero infatti che facciate delle indagini su un omicidio ... Vi do un anno di tempo per portare a termine questo incarico. Non siete più giovane ma, se mi è consentito dirlo, avete grinta. Il compito che vi affido non dovrebbe riuscirvi sgradevole"


MISS MARPLE IN FULL MODE FINTATONTA

Negli ultimi anni sono stata molto metodica nel mio approccio alla bibliografia della cara Agatha, seguendo l'ordine di pubblicazione anche nel caso delle serie minori, come quella del Sovrintendente Battle. Ma non è sempre stato così, infatti il suo primo romanzo che ho letto è "C'è un cadavere in biblioteca", pubblicato dopo più di trenta altri volumi! e mi sono trovata a rimpiangere amaramente questa passata leggerezza quand'è stata ora di iniziare "Nemesi", dal momento che non solo presenta parecchi rimandi ad altre opere dell'autrice, ma basa in modo integrale il proprio intreccio su un personaggio introdotto in "Miss Marple nei Caraibi", del quale ammetto di ricordare ben poco.

Per fortuna ci vengono riproposte per sommi capi le circostanze dell'incontro tra Jane Marple ed il miliardario Jason B. Rafiel: i due erano alloggiati nello stesso hotel caraibico ed avevano finito con l'allearsi quando un delitto aveva turbato la loro placida vacanza. Un anno dopo il magnate muore lasciando dietro di sé un testamento bizzarro, nel quale prospetta una ghiotta eredità all'anziana conoscente a patto che lei riesca a risolvere un altro omicidio. Infatti l'uomo non solo conosce bene il talento di Miss Marple, ma ricorda che lei si era identificata con la divinità Nemesi, pronta a dispensare il giudizio divino contro i criminali impuniti.

Uno spunto che, da appassionata lettrice di Christie, ho trovato piacevolmente insolito: anziché far capitare in maniera fortuita (e un po' conveniente!) l'anziana appassionata di lavoro a maglia e di giardinaggio sulla scena del crimine, lei viene chiamata ad intervenire da qualcuno certo delle sue capacità deduttive. Inoltre, a differenza di quanto abbiamo visto succedere in più di un'occasione con il buon Poirot, Rafiel non è una potenziale vittima che chieda di essere protetta, bensì una figura esterna interessata unicamente al veder trionfare la Giustizia, con la maiuscola come nel libro.

Oltre all'incipit alternativo, ho apprezzato molto la scelta di fornire una maggiore introspezione su Miss Marple stessa, concentrandosi in particolare sul suo metodo di investigazione. Anche per questo, l'indagine viene presentata al lettore in modo abbastanza semplice da seguire; non che il mistero pecchi di complessità, ma rispetto ad altri intrecci christieani non risulta impossibile individuare il colpevole prima del finale. O magari sono io ad essere migliorata dopo tanti gialli.

A non essere migliorata nel tempo invece è la prospettiva della cara Agatha. Mi rendo conto (e nella valutazione l'ho considerato!) che questo è un testo degli anni Settanta scritto da una donna nata ai tempi della Regina Vittoria, ma è stato onestamente faticoso tollerare i continui commenti di apologia alle aggressioni sessuali e la visione davvero misogina e retrograda, espressa tra l'altro da caratteri positivi e per i quali si dovrebbe provare della simpatia. In linea di massima non ho nulla contro un romanzo che porta come tema centrale quello della violenza di genere, ma qui il messaggio ottenuto è aberrante: le ragazze sono in realtà consenzienti, e vengono spinte a denunciare da madri poco presenti perché intestardite a lavorare fuori casa.

Sorvolando su questi commenti prettamente contemporanei, non posso dire di aver gradito troppo neanche la ridondanza con cui vengono fornite un numero incalcolabile di volte le medesime informazioni, nonché la presenza di troppi personaggi piazzati appena sullo sfondo con l'intento di portare sulla strada sbagliata il lettore. Tra i demeriti troviamo un po' a sorpresa l'ambientazione: a parte rari casi, questo elemento non è così rilevante nei lavori di Christie, ma qui si fa davvero tanta confusione tra l'abbigliamento tipicamente anni Settanta, la data della morte di Rafiel -la quale porta a collocare la vicenda negli anni Sessanta- ed i molti riferimenti alla guerra, che invece farebbero pensare ad un periodo più vicino agli anni Cinquanta. Ed ancora una volta la traduzione non ci aiuta a far chiarezza, anzi si impegna a rendere ancor meno fruibile ed immediata l'esperienza di lettura con i suoi odiosi calchi dall'inglese.

Voto effettivo: tre stelline e mezza

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lunedì 23 giugno 2025

"Desperation" di Stephen King

DesperationDesperation by Stephen King
My rating: 4 of 5 stars

"La luce del giorno moriva... si andava come spegnendo troppo in fretta ... un fronte di sabbia sollevata aveva sfumato i contorni delle montagne e presto le avrebbe cancellate del tutto. Il sole era ancora al di sopra del polverone, ma forse non per molto. Era una tempesta di sabbia e si dirigeva su di loro"


BELLA LA LEZIONE DI LINGUA DEMONIACA!

Ammetto di non aver mai sentito dei pareri davvero convinti per i romanzi gemelli che compongono La forza del male, al massimo qualche tiepida approvazione. Per mio conto ero però molto curiosa di scoprire cosa si fosse inventato il caro Stephen per strutturare queste due storie, così vittima anche della bellezza delle copertine da accostare ho deciso di recuperarle nelle prime edizioni, per farmene un'idea personale. E nonostante una recente edizione italiana proponga per primo "I vendicatori", ho seguito il consiglio più frequente cominciando da "Desperation".

Questo è il nome della cittadina mineraria nel Nevada in cui si ambienta per la maggior parte la narrazione. Le vicende in realtà iniziano qualche miglio più in là, in particolare lungo la Highway 50, un'arteria che attraversa orizzontalmente gli Stati Uniti centrali; qui stanno viaggiando diversi personaggi -la coppia formata da Peter e Mary "Mare" Jackson, la famiglia Carver sul loro spazioso camper ed il premiato scrittore John "Johnny" Edward Marinville- prima di essere tutti fermati con le motivazioni più disparate dal titanico poliziotto locale Collier "Collie" Entragian. Scoprono così che l'uomo ha preso il controllo dell'intera località, massacrando indiscriminatamente i suoi concittadini nell'arco di pochi giorni, ed ha in serbo un trattamento per nulla ospitale anche per i protagonisti.

In pochi capitoli ci troviamo quindi di fronte a parecchi tropes ricorrenti nei testi di King, e molto apprezzati dalla sottoscritta: una cittadina maledetta con un passato tragico, delle persone comuni impegnate a sopravvivere in una situazione estrema, un'entità antica e malvagia che minaccia di scatenare il suo potere sul Mondo. Avendo già fatto esperienza con questi elementi, l'autore li manovra con grande sapienza, andando così a strutturare una narrazione che da un lato risulta di conforto per i suoi Fedeli Lettori e dall'altro include una'adeguata quantità di svolte di trama per niente banali, nonché cadenzate con un buon tempismo: non si ha mai la sensazione che un'informazione sia superflua o inserita troppo presto nella storia.

E questo nonostante la linea temporale non venga sempre presentata in modo ordinato. Sono anzi inclusi diversi flashback del passato dei protagonisti, momenti pseudo-onirici e racconti su eventi avvenuti molti decenni prima, tutti elementi che ho trovato davvero interessati da leggere, ma anche analizzare perché nascondono una quantità di dettagli sottintesi, oltre a molti rimandi ad altre opere kinghiane. Posso tranquillamente dire che sono state tra le mie parti preferite dell'intero volume, in particolare quando si arriva al racconto sulle origini del cosiddetto China Pit; tra i pregi finisce poi la caratterizzazione dei protagonisti, che come sempre si dimostra uno degli aspetti in cui il caro Stephen eccelle, senza alcuno sforzo apparente. In questo caso è riuscito perfino nell'arduo compito di rendermi simpatico il piccolo saccente di turno, un tipo di carattere che in altri contesti (un esempio su tutti, il giovane Mark de "Le notti di Salem") avrei trovato detestabile.

La prospettiva più interessante ed insolita penso sia però quella dell'antagonista: i capitoli nel POV di Entragian e dei vari accoliti sono estremamente inquietanti e veicolano al meglio la tensione crescente del romanzo. Purtroppo l'elemento paranormale rappresenta al contempo una debolezza di questa lettura, perché non è sempre coerente e chiaro nei suoi poteri e limiti, cosa che porta il lettore (per quanto Fedele!) a chiedersi perché certi piani non vengano attuati prima o con più forza. Ciò rende da un lato la missione fin troppo agevolata per i protagonisti, e dall'altro dipinge i loro nemici come degli sprovveduti in più di una scena.

Gli altri demeriti del libro sono per la maggior parte soggettivi. Infatti, per mio gusto ho trovato irritante la presenza di commenti fuori luogo ed inutile la sessualizzazione dei personaggi nella prima metà, così come non ho gradito più di tanto la scelta di focalizzarsi sull'aspetto religioso: chiaramente non è la mia tazza di tè, ma mi è risultata ancor più indigesta dopo essermene beccata già una bella dose nella mia ultima lettura "Protocollo Uchronia". Avrei poi adottato uno sviluppo della storia meno frettoloso dal punto di vista temporale, anche per giustificare meglio le dinamiche tra i personaggi o per dare più spazio a caratteri poco sfruttati, come nel caso di Ralph per il quale davvero mi aspettavo un approfondimento più incisivo.

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giovedì 19 giugno 2025

"Protocollo Uchronia" di Nikolas Dau Bennasib

Protocollo UchroniaProtocollo Uchronia by Nikolas Dau Bennasib
My rating: 3 of 5 stars

"Il casco era già stato testato e approvato. Avrebbe funzionato anche su di lui. Doveva funzionare ... Il logo dell'albero e le venature dell'intero casco si illuminarono di rosso cremisi. Sullo schermo apparve un selciato che si inoltrava tra antichi templi romani"


IL PROSSIMO PASSO DELL'EVOLUZIONE SARÀ... GOKU?!?

Nell'ultimo anno sono incappata in modo più o meno accidentale in diversi testi SFF italiani che hanno catturato la mia curiosità. E quindi, dopo essere stata per decenni ingannevolmente convinta che Troisi e Randall fossero (ahinoi!) le uniche esponenti del fantasy nostrano, ho deciso di fare un tentativo con Lumien, una CE poco più che neonata ed estremamente attraente sul versante estetico. Tra le loro pubblicazioni ho selezionato un paio di serie, ed eccomi ora a parlare di "Protocollo Uchronia", una lettura un po' lontana dal mio palato poco avvezzo alla fantascienza ma fornita di uno spunto speculativo intrigante.

Spiegare nel dettaglio la trama comporta un altissimo rischio di spoiler, quindi mi limito a far presente che vengono alternate tre narrazioni collocate in diversi punti del tempo e dello spazio, ma accomunate ed influenzate dall'invenzione di una avveniristica console chiamata Zoe. Questo dispositivo compie dei veri prodigi tecnologici, trasportando i videogiocatori all'interno di una realtà virtuale che ha ben poco da invidiare a quella concreta. Gli sviluppatori della Zoe sembrano però coinvolti anche in esperimenti discutibili, e potenzialmente in una catastrofe digitale che ha portato al tracollo della società civile sul finire del nostro secolo.

Se questo sunto vi pare confuso e ricco di elementi disarmonici, chiaramente non avete ancora letto il libro! a tutto questo si sommano infatti moltissime diatribe religiose, complotti internazionali, vicende private e sale q.b. Da un lato questo pastiche permette al lettore di scoprire la storia un poco alla volta, individuando pian piano i collegamenti tra personaggi che in un primo momento sembrerebbero del tutto estranei gli uni agli altri; dal lato opposto questo accumulo di idee risulta eccessivo, soprattutto tenendo in considerazione la brevità del testo. È questa la causa dietro il principale difetto del romanzo.

Troppe nozioni da fornire al lettore e poco spazio a disposizione portano infatti l'autore a ricorre ad una quantità esagerata di spiegoni, e non uso il termine in senso iperbolico: ci sono letteralmente dei dialoghi in cui i personaggi si scambiano informazioni che già possiedono a solo beneficio di chi legge, oltre ad altre in cui qualcuno mima ignoranza o ingenuità inverosimili per forzare un altro carattere a raccontare avvenimenti passati oppure determinate regole. La limitatezza della narrazione incide logicamente anche sulla definizione delle personalità, tanto che i personaggi secondari sembrano quasi delle comparse impersonali.

Per quanto riguarda i protagonisti invece un minimo di approfondimento è presente, specialmente in relazione alle loro motivazioni. In questo caso entrano però in gioco delle antipatie personali: la dottoressa Rebecca du Puit mi è sembrata odiosa (e forse proprio così doveva essere) e per nulla coerente nel suo percorso -anche a causa delle enormi ellissi temporali-, mentre il comandante Klaus Röist è stato ben presto screditato ai miei occhi dall'archetipo del fridging, che mi è venuto a noia qualche centinaio di libri fa. Tra l'altro questo trope non sono viene dipinto in una chiave manipolatoria, ma in generale è trattato con una terrificante indelicatezza; e me ne stupisco poco dal momento che l'autore ha scelto solo beta reader maschi.

Rispetto alle vicende di Rebecca e Klaus, ho trovato molto più interessante seguire Adam ed Eve; neppure loro dimostrano un acume degno di nota, però la particolarità della loro missione rende maggiormente stimolante la lettura, oltre a portare su carta un focus affascinante sulla guerra civile romana del 306, e la conclusione migliore delle diverse linee di trama. Oltre a quelli già menzionati, mi sento di includere tra i pregi anche le riflessioni che il testo intende ispirare (sul piano della morale personale, dell'etica aziendale e della responsabilità religiosa) e l'originalità dell'idea alla base, sommata ad uno sviluppo affatto banale che, in un periodo di letture grossomodo prevedibili, è stata una piacevole ventata d'aria fresca.

Lo stesso non posso dire della prosa di Dau Bennasib, che presenta una quantità importante di ingenuità stilistiche. In primo luogo è presente un ricorso eccessivo e fastidioso al telling, sia per spiegare il passato dei personaggi che per colmare i tanti salti temporali; sono poi presenti parecchie descrizioni di azioni fuori luogo o semplicemente illogiche, in particolare durante i dialoghi, nei quali i protagonisti compiono movimenti innaturali giusto per dare l'illusione di una scena complessa. Il testo è inoltre appesantito da manierismi anacronistici e da precisazioni non sempre necessarie, il tutto per evidenziare che il caro Nikolas ha studiato e ci tiene a farcelo notare... Peccato che risulti ben più facile notare i numerosi refusi! Un ulteriore demerito riguarda la componente sci-fi, che a tratti dà un senso di confusione e perfino di contraddizione, però molto probabilmente si tratta di un problema mio: preferirei sempre ottenere delle spiegazioni esaustive al massimo.

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giovedì 12 giugno 2025

"Obsidio" di Amie Kaufman e Jay Kristoff

Obsidio (The Illuminae Files, #3)Obsidio by Amie Kaufman
My rating: 1 of 5 stars

"Tutto ciò che ho visto. Tutte le navi che sono stato. Mi hanno portato qui. Mi distendo nel sistema, mi allungo nei suoi circuiti mentre mi risveglio, una sensazione fin troppo familiare e fin troppo terrificante ... questa nave sembra un sudario. Un sudario di nome Churchill"


IL NAZISTA SCESO DALL'ASTRONAVE DEL SAPONE

Continua il mio rapporto conflittuale con il target YA, o forse sarebbe più corretto dire peggiora! perché se all'inizio la serie The Illuminae Files mi aveva incantato con la sua favolosa estetica -sommata alla mia poca familiarità con il genere sci-fi e ad alcuni spunti interessanti nell'intreccio-, durante la lettura di "Obsidio" ogni velo di illusione è tragicamente crollato. Tanto che nella mia memoria questa trilogia rimarrà impressa come un terribile caso di occasione sprecata, con ogni probabilità.

Mentre il processo alla corporation Beitech Industries continua, conosciamo l'ultima coppia protagonista: l'aspirante farmacista reinventatasi forzatamente infermiera Asha "Ash" Grant e lo Specialista Rhys Lindstrom, dipendente proprio del famigerato ramo acquisizioni della Beitech. I due si trovano sul pianeta Kerenza IV ma su fronti opposti, perché lei è affiliata alla resistenza composta dai civili superstiti mentre lui è al fianco degli invasori. La coppia deve però cedere una buona metà del volume ai protagonisti dei capitoli precedenti, con i quali collaborano per smascherare le malefatte della multiplanetaria più crudele e stupida di sempre.

Il fatto che io non sia riuscita a rimanere seria neppure il tempo di riassumere la trama la dice lunga! purtroppo questo libro ha riproposto tutti i difetti dei suoi predecessori, ampliandoli ed aggiungendone di nuovi. Tra questi c'è appunto la scelta di dare davvero poco spazio ai nuovi personaggi, creando uno sbilanciamento dalle spiacevoli conseguenze; ad esempio la difficoltà di apprezzare la romance tra i due -comunque fondata su delle basi molto traballanti- o di ispirare un minimo di empatia. Sfido qualunque lettore a commuoversi per delle vicende che, per quanto tragiche appaiano su carta, riguardano sempre e soltanto caratteri secondari nella migliore delle ipotesi o molto più spesso comparse mai menzionate prima. E già il formato in cui viene veicolata la storia crea un distacco emotivo non indifferente...

Sorvolando sulle mie solite lamentele (sì, l'umorismo rimane quello di un ragazzino delle medie, ma ormai non me ne stupisco più!), il difetto principale di quest'ultimo libro si trova nell'intreccio. Per quanto riguarda i vecchi protagonisti, la loro storyline pare composta unicamente da tediosi contrattempi volti a ritardare lo scontatissimo finale; nel frattempo con Asha e Rhys rivediamo delle dinamiche già sfruttate nei primi volumi: in generale sono presenti diverse ripetizioni, specialmente legate ai per nulla stupefacenti voltafaccia dei personaggi, e questo rende ancora più noiosa una lettura già di per sé prevedibile. Un altro elemento che mi ha dato noia è l'idiozia degli adulti, in precedenza utilizzata per depotenziare gli antagonisti ma qui applicata senza criterio su chiunque abbia più di vent'anni; il tutto per far sembrare brillanti gli adolescenti più edgy dell'universo.

Ora il mio lato critico mi spingerebbe a trattare anche gli aspetti positivi -a parte la sempre lodevole componente visiva-, ma ho notato che ognuno di essi presentava un risvolto spiacevole. Ad esempio, mi piaceva l'idea di una protagonista meno esagerata come Asha, peccato per la sua storia d'amore sconclusionata e per la piattezza del suo carattere. È stato carino anche ritrovare AIDAN, ma la svolta data al suo rapporto con Kady è parecchio inquietante, specie perché è il solo personaggio che non si esprime come un bambinetto e sembra pertanto l'unico vero adulto della serie: in quest'ottica, la sua ossessione verso la ragazza risulta decisamente creepy.

Ci sarebbero poi stati degli spunti niente male sui quali lavorare, se gli autori non avessero lo sghiribizzo di voler far (una patetica) ironia su tutto. La storia di Ben Garver aveva del potenziale finché non hanno stravolto la sua caratterizzazione off-page, l'accenno sulla moralità poteva fornire riflessioni interessanti non fosse stato relegato ad un misero paragrafo, e la spiegazione del formato multimediatico sarebbe stata convincente non avessero deciso di includere delle informazioni -vedasi la backstory del militare malvagio amante degli animali?!?- impossibili da provare. Ma ovviamente al processo tutto si risolve a tarallucci e vino! e gli unici a pagare davvero siamo noi lettori.

Voto effettivo: una stellina e mezza

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venerdì 30 maggio 2025

"Tutti nella mia famiglia hanno ucciso qualcuno" di Benjamin Stevenson

Tutti nella mia famiglia hanno ucciso qualcunoTutti nella mia famiglia hanno ucciso qualcuno by Benjamin Stevenson
My rating: 4 of 5 stars

"Tutto questo rispetta l'ottavo e il nono comandamento di Knox, perché in questo libro io sarò Watson e il Detective, il narratore e l'investigatore, quindi sarò tenuto sia a scovare gli indizi sia a rivelarvi i miei pensieri più reconditi. In breve, a giocare pulito"


GIALLO CLASSICO, NARRATORE CONTEMPORANEO

Trovarmi di fronte ad una lettura polarizzante -se fornita di uno spunto iniziale di mio gusto, per lo meno- mi spinge sempre a voler andare più a fondo per capire se alla fine mi schiererò con i sostenitori o con i detrattori di un dato libro. A volte mi capita poi di trovarmi esattamente nel mezzo, com'è successo con il chiacchieratissimo "Una di famiglia", che ho letto l'anno scorso non capendo per nulla il clamore scatenato da un romanzo per lo più nella media. Comunque, ecco spiegata per sommi capi la mia curiosità verso "Tutti nella mia famiglia hanno ucciso qualcuno", titolo insolito (e qui ha catturato il mio interesse!) che sembra aver diviso parecchio i lettori; avendolo recuperato di recente grazie ad una promozione di Feltrinelli, non mi restava quindi che scoprire dove avrei finito per posizionarmi.

Dopo una premessa ed un prologo, nei quali il protagonista e narratore Ernest James Cunningham spiega rispettivamente quale metodo seguirà per raccontare l'indagine e perché suo fratello Michael si trovi in carcere, la scena si sposta al presente. La famiglia Cunningham-Garcia ha organizzato una rimpatriata nel rifugio d'alta quota Sky Lodge per festeggiare la scarcerazione di Michael ma, durante la prima notte, il cadavere di un uomo misterioso viene ritrovato tra la neve. I sospetti ricadono subito sulla famiglia protagonista, ed in particolare sull'ex galeotto; Ernest però è determinato a far chiarezza sul delitto, illustrando nel mentre dinamiche famigliari e trascorsi criminosi dei suoi parenti più prossimi.

Questo è proprio l'elemento che per primo mi ha attirato verso il libro, e devo ammettere che Stevenson l'ha saputo gestire molto bene. Personalmente adoro i drammoni famigliari, e qui ce n'è davvero per tutti i gusti: ogni protagonista porta con sé un bel bagaglio di traumi e difficoltà personali; inoltre, viene data molta importanza ai diversi legami che uniscono questa insoluta famiglia, scelta che si rivela azzeccata sia sul piano dell'intreccio narrativo sia per dare uno sfogo emozionale e più profondo alle vicende raccontate. In generale, il tono del romanzo si mantiene infatti parecchio comico, e questi passaggi introspettivi permettono un più corretto bilanciamento tra umorismo e sentimento.

Eppure la voce narrante rientra -e, forse, primeggia- tra i punti di forza: i commenti di Ernest sono ricchi di ironia, soprattutto nei tanti passaggi in cui si rivolge in modo diretto al lettore, per commentare il comportamento di un altro personaggio oppure per anticipare un avvenimento futuro. Questo libro presenta infatti uno dei migliori utilizzi del foreshadowing che abbia mai letto, una tecnica spesso a doppio taglio ma qui valorizzata dall'astuzia con cui si presenta il protagonista, affermando da un lato di essere del tutto onesto ma ponendo in maniera deliberata l'attenzione su elementi che traggono in inganno; e ciò è reso possibile grazie al POV in retrospettiva, una scelta molto oculata. Tra i pregi farei rientrare poi l'accostamento tra un contesto estremamente classico (soprattutto nel genere mystery) e dei caratteri contemporanei, che forniscono un approccio agli eventi più vicino e comprensibile al lettore.

Seppur valida a livello concettuale, l'ambientazione risulta invece un po' povera perché tutte le descrizioni dei luoghi si concentrano su pochi elementi che nel complesso non riescono a dare uno sfondo chiaro; con la scusa della tempesta di neve, anche gli spostamenti (sempre inspiegabilmente frettolosi ed ambigui) vengono raccontati in modo confuso, e lo stesso vale per le scene d'azione, ma in questo caso non trovo alcuna motivazione che ne giustifichi la caoticità. Poca attenzione è stata riservata anche ai personaggi di contorno, probabilmente per concentrare il focus sulla famiglia protagonista, ma a questo punto che bisogno c'era di riempire l'intero albergo di turisti con cui non si interagisce mai?

Lungi da me includere la risoluzione finale tra gli aspetti negativi, perché nel complesso l'ho trovata interessante e convincente; purtroppo non posso dire che mi abbia soddisfatta appieno: l'autore mette in scena così tanti elementi da tralasciarne qualcuno, oppure finire per spiegarlo in modo troppo macchinoso. Per quanto riguarda l'identità del colpevole, non ho trovato eccessivamente prevedibile lo smascheramento, però come colpo di scena è ben lontano dal risultare sbalorditivo. Per questi néi, nella diatriba tra lettori, mi piazzo con i sostenitori con qualche riserva minore, che non escludo possa essere già stata sciolta nei volumi successivi.

Voto effettivo: quattro stelline e mezza

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