
My rating: 5 of 5 stars
"Mordred si era liberato della briglia ... Era colpa nostra, immagino ... Nessuno di noi aveva capito che ai piedi del Monte Baddon il nostro re aveva scoperto il piacere della guerra, e nessuno di noi aveva previsto che il sovrano avrebbe ottenuto tanto successo in battaglia da attirare degli uomini sotto la sua bandiera"
ARTÙ RIESCE A FAR RIVALUTARE PERFINO LA SILURIA
Quando ho deciso di recuperare in un solo mese i tre libri che ancora mi mancavano per terminare The Warlord Chronicles, non sapevo se sarei riuscita a farcela e neppure se si trattasse di una buona decisione dal punto di vista del godimento della serie. Richiusa ora all'ultima pagina del capitolo conclusivo, posso rispondere positivamente e con soddisfazione ad entrambi i dilemmi; in particolare, penso che la formula della narrazione seriale affrontata in un lasso di tempo breve sia stata perfetta per farmi coinvolgere al massimo dalle vicende raccontate.
Sul piano dell'intreccio "La spada perduta" è chiamata a tirare le fila e dare un epilogo degno a protagonisti e comprimari del ciclo arturiano, motivo per cui Derfel si sofferma a più riprese per precisare la sorte dei vari personaggi. A livello di intreccio, torna ancora una volta la divisione in tre parti: la prima conclude la parentesi dell'assedio sul Monte Baddon, la seconda riporta in scena il lato più vicino al paranormale con l'ennesimo tentativo di far tornare gli dèi in Britannia (questa volta ad opera di una Nimue fin troppo motivata), mentre la terza si concentra sulla resa dei conti decisiva tra Artù e Mordred.
Prima di sperticarmi in meritate lodi per questo romanzo, trovo giusto evidenziare un paio di elementi che mi hanno fatto storcere a tratti il naso. Come già capitato più volte durante la serie, sono presenti dei momenti di calma, in cui la narrazione ristagna: da un lato li ho trovati dei piacevoli intermezzi, dall'altro avrei preferito un ritmo più serrato trattandosi dell'ultimo libro. Nell'epilogo mi sarebbe poi piaciuto ricevere qualche dettaglio in più: capisco l'intenzione di rifarsi con maggior fedeltà possibile al mito di base, ma avendo coinvolto tanti altri caratteri, qualche pagina extra la si poteva investire. Un'altra piccola lamentela personale riguarda la sovrabbondanza di scene di combattimento, sempre descritte ottimamente ma un po' ripetitive a lungo andare.
Difetti di poca importanza se messi a confronto con la forza dirompente che ha saputo generare questa lettura sul piano emotivo: al massacro ero preparata, ma all'impatto che avrebbe causato per nulla. È stato inutile sapere in anticipo che la maggior parte del cast era destinata a morire (anche soltanto per ragioni anagrafiche) o essere a conoscenza della menomazione del Derfel anziano, perché il caro Bernard è stato particolarmente brillante a distribuire decessi prevedibili e colpi di scena per niente scontati, mantenendo così sempre vitale l'attenzione del lettore. Niente male per una serie alquanto prevedibile e chiaramente ancorata al materiale di partenza!
Dopo cinque volumi, ho finito inoltre con l'affezionarmi moltissimo ai personaggi, quindi se da un lato mi è dispiaciuto lasciarli andare -in un senso o nell'altro-, sono comunque riuscita ad apprezzare l'evoluzione che ha caratterizzato i loro percorsi. Tutti i protagonisti hanno avuto lo spazio per crescere: Artù ha infine affrontato il suo rigore verso i giuramenti, Ginevra è riuscita a fare un passo indietro nelle sue ambizioni, Merlino ha compreso l'insensatezza di opporsi al cambiamento, Nimue è stata catturata in un intrigante villain arc, Ceinwyn ha imparato a priorizzare ciò che la rende felice. Derfel invece sembra aver già completato la sua evoluzione, infatti non gli resta che venire a patti con i sacrifici necessari a garantire la pace.
Tra i pregi non mancano la gradevolmente elegante scrittura di Cornwell, la grande accuratezza nei dettagli storici e gli emozionanti momenti di confronto, che già avevo elogiato negli altri capitoli. Qui in particolare troviamo dei bei dialoghi tra Derfel ed Artù, nel quali quest'ultimo rimarca la sua volontà ad allontanarsi dal trono della Dumnonia e dai vincoli che esso gli imporrebbe; ho apprezzato molto anche l'ultimo intervento di Merlino, in cui finalmente riusciamo a vedere il suo lato più affettuoso e la rilevanza del legame paterno verso Artù. Mai avrei pensato che un retelling storico ormai datato su queste leggende potesse rivelarsi così coinvolgente e ricco di sentimento.
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