
My rating: 3 of 5 stars
"Voi, mia cara signora, avete fiuto per la giustizia e quindi siete un'investigatrice nata. Desidero infatti che facciate delle indagini su un omicidio ... Vi do un anno di tempo per portare a termine questo incarico. Non siete più giovane ma, se mi è consentito dirlo, avete grinta. Il compito che vi affido non dovrebbe riuscirvi sgradevole"
MISS MARPLE IN FULL MODE FINTATONTA
Negli ultimi anni sono stata molto metodica nel mio approccio alla bibliografia della cara Agatha, seguendo l'ordine di pubblicazione anche nel caso delle serie minori, come quella del Sovrintendente Battle. Ma non è sempre stato così, infatti il suo primo romanzo che ho letto è "C'è un cadavere in biblioteca", pubblicato dopo più di trenta altri volumi! e mi sono trovata a rimpiangere amaramente questa passata leggerezza quand'è stata ora di iniziare "Nemesi", dal momento che non solo presenta parecchi rimandi ad altre opere dell'autrice, ma basa in modo integrale il proprio intreccio su un personaggio introdotto in "Miss Marple nei Caraibi", del quale ammetto di ricordare ben poco.
Per fortuna ci vengono riproposte per sommi capi le circostanze dell'incontro tra Jane Marple ed il miliardario Jason B. Rafiel: i due erano alloggiati nello stesso hotel caraibico ed avevano finito con l'allearsi quando un delitto aveva turbato la loro placida vacanza. Un anno dopo il magnate muore lasciando dietro di sé un testamento bizzarro, nel quale prospetta una ghiotta eredità all'anziana conoscente a patto che lei riesca a risolvere un altro omicidio. Infatti l'uomo non solo conosce bene il talento di Miss Marple, ma ricorda che lei si era identificata con la divinità Nemesi, pronta a dispensare il giudizio divino contro i criminali impuniti.
Uno spunto che, da appassionata lettrice di Christie, ho trovato piacevolmente insolito: anziché far capitare in maniera fortuita (e un po' conveniente!) l'anziana appassionata di lavoro a maglia e di giardinaggio sulla scena del crimine, lei viene chiamata ad intervenire da qualcuno certo delle sue capacità deduttive. Inoltre, a differenza di quanto abbiamo visto succedere in più di un'occasione con il buon Poirot, Rafiel non è una potenziale vittima che chieda di essere protetta, bensì una figura esterna interessata unicamente al veder trionfare la Giustizia, con la maiuscola come nel libro.
Oltre all'incipit alternativo, ho apprezzato molto la scelta di fornire una maggiore introspezione su Miss Marple stessa, concentrandosi in particolare sul suo metodo di investigazione. Anche per questo, l'indagine viene presentata al lettore in modo abbastanza semplice da seguire; non che il mistero pecchi di complessità, ma rispetto ad altri intrecci christieani non risulta impossibile individuare il colpevole prima del finale. O magari sono io ad essere migliorata dopo tanti gialli.
A non essere migliorata nel tempo invece è la prospettiva della cara Agatha. Mi rendo conto (e nella valutazione l'ho considerato!) che questo è un testo degli anni Settanta scritto da una donna nata ai tempi della Regina Vittoria, ma è stato onestamente faticoso tollerare i continui commenti di apologia alle aggressioni sessuali e la visione davvero misogina e retrograda, espressa tra l'altro da caratteri positivi e per i quali si dovrebbe provare della simpatia. In linea di massima non ho nulla contro un romanzo che porta come tema centrale quello della violenza di genere, ma qui il messaggio ottenuto è aberrante: le ragazze sono in realtà consenzienti, e vengono spinte a denunciare da madri poco presenti perché intestardite a lavorare fuori casa.
Sorvolando su questi commenti prettamente contemporanei, non posso dire di aver gradito troppo neanche la ridondanza con cui vengono fornite un numero incalcolabile di volte le medesime informazioni, nonché la presenza di troppi personaggi piazzati appena sullo sfondo con l'intento di portare sulla strada sbagliata il lettore. Tra i demeriti troviamo un po' a sorpresa l'ambientazione: a parte rari casi, questo elemento non è così rilevante nei lavori di Christie, ma qui si fa davvero tanta confusione tra l'abbigliamento tipicamente anni Settanta, la data della morte di Rafiel -la quale porta a collocare la vicenda negli anni Sessanta- ed i molti riferimenti alla guerra, che invece farebbero pensare ad un periodo più vicino agli anni Cinquanta. Ed ancora una volta la traduzione non ci aiuta a far chiarezza, anzi si impegna a rendere ancor meno fruibile ed immediata l'esperienza di lettura con i suoi odiosi calchi dall'inglese.
Voto effettivo: tre stelline e mezza
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