
My rating: 2 of 5 stars
"I let the container fall, then regretted it back to the work surface, again and again. I lived in that instant for who knows how long, until it seemed my eyes were two thistle-shot globes of white, smashing and re-forming with the jar"
IL TRUCCO È SALVARE LA PARTITA
Che occasione sprecata! Ma la colpa è mia perché, appena vengo a sapere che un libro contiene il concept del time loop, mi ci fiondo senza informami meglio. Infatti, nonostante io continui a trovare brillante questo espediente narrativo sul piano teorico, la maggior parte di questi romanzi si sono rivelati deludenti nella pratica. "The Undoing of Arlo Knott" non fa purtroppo eccezione, infatti il lato fantascientifico della storia viene relegato in un angolino per dar spazio alla narrativa di formazione e al romance.
E dire che il romanzo partita con una buona premessa. All'inizio vediamo un Arlo ragazzino che, in un momento di distrazione, diventa in parte causa dell'incidente in cui la madre perde la vita; poco dopo, il protagonista si scopre in grado di annullare le azioni passate, in pratica cambiando il corso del tempo e creando delle realtà parallele in cui i suoi errori vengono sempre evitati. Una capacità che Arlo migliora molto nel corso degli anni e, almeno fino all'epilogo, mantiene una sua logica di fondo.
La trama si limita a questo spunto: non aspettatevi grandi svolte o un intreccio complesso, anzi! una buona parte delle sottotrame introdotte vengono poi abbandonate a se stesse, mentre nella parte finale abbiamo uno sviluppo potenzialmente interessante di cui però non vediamo l'evoluzione, dal momento che l'autrice ha optato per una conclusione molto rapida e vagamente paracula. La sensazione è quella di partecipare al gioco da tavolo ideato dal padre di Arlo, in cui non esiste uno scopo se non andare avanti sul tabellone.
Questo è solo uno degli innumerevoli riferimenti ai giochi da tavolo che troviamo disseminati nel romanzo, tra citazioni sfacciate e parallelismi interessanti. Un esempio lampante è il collegamento a Scale e serpenti, con il ripetersi degli sbagli commessi da Arlo, cosa che rende il protagonista ancor più fastidioso di quanto già non sia di suo. Da questo punto di vista, la narrazione in prima persona non aiuta sicuramente: il lettore è imprigionato nel POV di Arlo e si trova costretto ad assistere alle vicende attraverso gli occhi di un uomo egoista e -grazie al suo potere- scriteriato; anche quando gli eventi riguardano gli altri personaggi, Arlo si interessa solo a ciò che lui prova o a come lui si sentirebbe in una certa situazione. Ne consegue che il resto del cast ha una caratterizzazione molto blanda, nonostante alcuni avessero un buon potenziale; nella pratica compaiono in scena solo quando il protagonista li vuole vicino: l'esempio migliore è dato da Tim, in teoria migliore amico di Arlo, che vedremo forse quattro volte in tutta la storia.
Anche lo stile non mi ha particolarmente convinta, specie nella prima parte in cui si ha l'impressione che gli avvenimenti vengano narrati con distacco e molto frettolosamente, anziché mostrati;questo anche perché viene favorita la descrizione al dialogo tra i personaggi. Non trovo buona neppure la scelta di anticipare molti sviluppi all'inizio di un capitolo, ma i due elementi che più mi hanno delusa solo la scena del "salvataggio" di Biancaneve (e metto lo virgolette perché, se qualcuno intende suicidarsi, non stai salvando nessuno!) e la tempistica di alcune scene. Se da un lato vediamo il caro Arlo diventare esperto individuatore di mine antiuomo nell'arco di una pagina, altri sviluppi impiegano inspiegabilmente anni per concretizzarsi.
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