Il castello tra le nuvole by Kerstin Gier
My rating: 3 of 5 stars
"Il Castello tra le nuvole era pieno zeppo di passaggi segreti e scale nascoste ... Si tramandava tenacemente la leggenda che l'hotel fosse incantato e io ero più che pronta a crederci"
LA PERFETTA LETTURA DICEMBRINA
Dopo le quintalate di violenza scritte da Abercrombie, sentivo la necessità fisica di rifugiarmi in una lettura di tutt'altro tono, e la cara Kerstin mi sembrava una buona scelta perché i suoi romanzi hanno sempre il potere di stamparmi un sorriso sciocco sulla faccia. In questo senso, "Il castello tra le nuvole" non mi ha affatto delusa, sebbene io non sapessi praticamente nulla della storia a causa della vaghissima sinossi, e non avessi neppure ben chiaro che genere di libro mi stessi apprestando a leggere.
La trama di certo si dispiega con grande calma, andando a costruire pian piano un quadro composto da una moltitudine di personaggi bizzarri, e svelando solo nel finale quale fosse tra i tanti il filo da seguire effettivamente. A compensare un cast tanto vasto abbiamo un'ambientazione per contro decisamente limitata: tutti gli avvenimenti si concentrano nello Château Janvier, un castello sulle Alpi svizzere adattato ad albergo di lusso dalla famiglia Montfort; qui lavora come praticante la diciassettenne Fanny Funke, che si troverà nel corso della storia a svolgere mansioni di ogni tipo, e perfino a dover sventare delle inaspettate azioni criminali.
Purtroppo sull'intreccio non mi posso sbilanciare più di tanto, perché davvero fino alle ultime cinquanta pagine non si hanno avvisaglie di alcun tipo, il che rende difficile anche capire quale dei tanti spunti presenti sia quello a cui il lettore dovrebbe porre principalmente attenzione. Nella storia non manca infatti una componente romance, oltre ad elementi riconducibili al genere mystery ed anche quale accenno di paranormale, vista la fama sinistra di cui gode il castello.
Oltre all'oggettiva difficoltà ad interpretare la storia dentro questo romanzo, i difetti sono circoscritti alla parte finale del volume, in cui abbiamo una (delle poche) scena d'azione troncata tristemente a metà e delle rivelazioni un po' troppo inverosimili per non far alzare gli occhi al cielo. Anche il cast composto da un'infinità di personaggi -alcuni con nomi veramente difficili da memorizzare- mi ha messa in difficoltà; in questo la traduzione non ha aiutato affatto, con parecchi refusi proprio nei nomi che mi hanno reso ancora più ostico distinguerli.
Il romanzo compensa però queste mancanze con una prosa scanzonata, che non solo evita di prendersi sul serio, ma spesso arriva all'autoironia; ad esempio, citando i libri gialli in cui il mistero si districa in poche pagine, per poi risolvere a sua volta una sparizione nell'arco di un capitolo. L'essere sopra le righe in maniera voluta diventa anche la cifra stilistica della narratrice: Fanny è risoluta senza essere per forza incosciente, spiritosa senza arrivare alle offese gratuite nei confronti degli altri. La considero insomma un valido punto di vista in una simpatica storia per ragazzi.
Tra i tantissimi comprimari ovviamente devo segnalare un paio di preferenze, perché ho trovato decisamente divertenti il piccolo tiranno Don Burkhardt junior, l'improbabile addetto alla lavanderia Pavel e Ben Montfort, ovvio interesse amoroso che però si distingue da tanti suoi colleghi dei romanzi YA non essendo per nulla il classico bel tenebroso dal passato tormentato. A mio avviso, risulta una piacevole variatio.
Per concludere, devo dirmi fortunata ad aver optato per leggere questo libro proprio nel periodo natalizio, perché non solo la storia è ambientata a dicembre ma descrive dei luoghi che sono l'essenza stessa delle feste invernali. Consigliatissimo per chi sceglie le sue letture in base alle vibes stagionali.
Voto effettivo: tre stelline e mezza
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venerdì 30 dicembre 2022
venerdì 23 dicembre 2022
"Il sapore della vendetta" di Joe Abercrombie
Il sapore della vendetta by Joe Abercrombie
My rating: 5 of 5 stars
"Lasciò che la mano guantata cercasse tra le lame sulla rastrelliera, per poi arrestarsi e tornare indietro. Una lunga spada d'acciaio grigio a regola d'arte ... Il buon acciaio si piega, ma non si spezza. Il buon acciaio resta sempre pronto e affilato. Il buon acciaio non sente alcun dolore, nessuna pietà e, soprattutto, nessun rimorso"
BENVENUTI IN STYRIA: TERRA DI SICARI SCARSI E MERCENARI PIGRI
Quasi due anni dopo aver completato la trilogia La Prima Legge, mi sono finalmente decisa a tornare nel mondo fantastico creato da Abercrombie con "Il sapore della vendetta", prima storia companion in una sorta di serie composta da romanzi autoconclusivi e racconti che fanno da ponte tra le due trilogie principali.
L'azione questa volta si concentra sulla Styria, isola ad est dell'Unione divisa tra tanti staterelli in perenne contrasto tra loro, non a caso qui assassini prezzolati e compagnie mercenarie sono molto richiesti. Da "L'ultima ragione dei re" sono trascorsi pochi anni, ma nel Mondo Circolare è già tempo per nuove guerre; a mettere in moto gli eventi è infatti la sete di potere del Granduca Orso di Talins: ad un passo dal diventare sovrano, il nobile si persuade che i fratelli Monzcarro "Monza" e Benna Murcatto, generali delle Mille Spade al suo servizio, mirino a loro volta al trono e per questo li fa uccidere. Sopravvissuta miracolosamente alla trappola, Monza giura vendetta verso l'uomo che le ha portato via tutto e chi lo ha aiutato.
Pur essendo il motore dell'azione, quello di Monza non è l'unico punto di vista all'interno del romanzo, ma è solo il primo in un ricco cast di personaggi vecchi e nuovi. Tra i grandi ritorni abbiamo Caul il Brivido, Nicomo Cosca e Shylo Vitari, che qui giocheranno un ruolo decisamente più rilevante rispetto a La Prima Legge; rivediamo anche alcune figure importanti per le sorti del conflitto che continua imperituro nell'intero Mondo Circolare, come Ishri e Zolfo. I POV inediti riguardano invece l'avvelenatore Castor Morveer, l'ex carcerato Ghigno e, più avanti nella storia, il misterioso sicario Casimir "Cas" dan Shenkt.
Come nella serie madre, questi personaggi sono il grande punto di forza della prosa del caro Joe; pur non essendo in nessun caso delle belle persone, riescono in poche scene ad entrare nel cuore. L'alta qualità dei loro ritratti psicologici permette inoltre all'autore di strutturare delle ottime relazioni, che vanno dall'attrazione romantica, al legame familiare, al disprezzo più genuino; quanto se non più che nei volumi precedenti, si parla anche delle dinamiche interne ai giochi di potere, in questo caso tra i vari nobili a capo delle regioni styriane, inizialmente non così rilevanti per la trama ma via via sempre più importanti per la risoluzione finale.
Nel romanzo non mancano poi battaglie di ogni tipo e violenza decisamente sopra le righe, entrambi elementi che personalmente ho apprezzato, seppur mi renda conto che da un lato potrebbero turbare un lettore più sensibile e dall'altro non sempre risultano verosimili: in diverse occasioni i personaggi vengono feriti gravemente, ma basta lasciar trascorrere qualche giorno e, alla scena successiva, li si ritrova in perfetta salute.
Tra i pregi voglio infine includere i colpi di scena -soprattutto nella parte finale- per nulla banali e capaci di dare quel quid che sembrava mancare alla trama, ed il modo in cui si affronta il tema della vendetta. Quella di Monza non è infatti l'unica della quale si parla in questa storia, anzi: tutti i personaggi sono mossi da un desiderio di rivalsa gli uni verso gli altri, tanto che i più fedeli alleati si trasformano nei peggiori nemici e viceversa; trovo che Abercrombie sia stato bravo nel veicolare un messaggio di base paternalistico, senza per questo risultare affatto pedante.
Nonostante i miei elogi, il romanzo ha diversi difetti, primo tra tutti l'edizione italiana: ad oggi quasi introvabile (e forse è un bene) è decisamente scarsa, sia nella qualità dei materiali che nella svogliatezza della traduzione, palesemente priva di un minimo di revisione. Non mi ha poi fatta impazzire la fretta con cui si passa da una scena all'altra, come se mancasse qualche pagina a fare da ponte, e la scelta di non approfondire più di tanto alcuni personaggi decisamente interessanti come l'apprendista avvelenatrice Day, alla quale mi aspettavo fosse dato più spazio.
Ci tendo a sottolineare questa valutazione è molto più personale del solito: in genere cerco di analizzare i libri in modo distaccato, tenendo conto dei problemi anche in quelli che mi colpiscono in positivo, ma questa volta riconosco di essermi lasciata guidare dal cuore, e anche un po' dalla nostalgia per il Mondo Circolare che mi mancava più di quanto pensassi.
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My rating: 5 of 5 stars
"Lasciò che la mano guantata cercasse tra le lame sulla rastrelliera, per poi arrestarsi e tornare indietro. Una lunga spada d'acciaio grigio a regola d'arte ... Il buon acciaio si piega, ma non si spezza. Il buon acciaio resta sempre pronto e affilato. Il buon acciaio non sente alcun dolore, nessuna pietà e, soprattutto, nessun rimorso"
BENVENUTI IN STYRIA: TERRA DI SICARI SCARSI E MERCENARI PIGRI
Quasi due anni dopo aver completato la trilogia La Prima Legge, mi sono finalmente decisa a tornare nel mondo fantastico creato da Abercrombie con "Il sapore della vendetta", prima storia companion in una sorta di serie composta da romanzi autoconclusivi e racconti che fanno da ponte tra le due trilogie principali.
L'azione questa volta si concentra sulla Styria, isola ad est dell'Unione divisa tra tanti staterelli in perenne contrasto tra loro, non a caso qui assassini prezzolati e compagnie mercenarie sono molto richiesti. Da "L'ultima ragione dei re" sono trascorsi pochi anni, ma nel Mondo Circolare è già tempo per nuove guerre; a mettere in moto gli eventi è infatti la sete di potere del Granduca Orso di Talins: ad un passo dal diventare sovrano, il nobile si persuade che i fratelli Monzcarro "Monza" e Benna Murcatto, generali delle Mille Spade al suo servizio, mirino a loro volta al trono e per questo li fa uccidere. Sopravvissuta miracolosamente alla trappola, Monza giura vendetta verso l'uomo che le ha portato via tutto e chi lo ha aiutato.
Pur essendo il motore dell'azione, quello di Monza non è l'unico punto di vista all'interno del romanzo, ma è solo il primo in un ricco cast di personaggi vecchi e nuovi. Tra i grandi ritorni abbiamo Caul il Brivido, Nicomo Cosca e Shylo Vitari, che qui giocheranno un ruolo decisamente più rilevante rispetto a La Prima Legge; rivediamo anche alcune figure importanti per le sorti del conflitto che continua imperituro nell'intero Mondo Circolare, come Ishri e Zolfo. I POV inediti riguardano invece l'avvelenatore Castor Morveer, l'ex carcerato Ghigno e, più avanti nella storia, il misterioso sicario Casimir "Cas" dan Shenkt.
Come nella serie madre, questi personaggi sono il grande punto di forza della prosa del caro Joe; pur non essendo in nessun caso delle belle persone, riescono in poche scene ad entrare nel cuore. L'alta qualità dei loro ritratti psicologici permette inoltre all'autore di strutturare delle ottime relazioni, che vanno dall'attrazione romantica, al legame familiare, al disprezzo più genuino; quanto se non più che nei volumi precedenti, si parla anche delle dinamiche interne ai giochi di potere, in questo caso tra i vari nobili a capo delle regioni styriane, inizialmente non così rilevanti per la trama ma via via sempre più importanti per la risoluzione finale.
Nel romanzo non mancano poi battaglie di ogni tipo e violenza decisamente sopra le righe, entrambi elementi che personalmente ho apprezzato, seppur mi renda conto che da un lato potrebbero turbare un lettore più sensibile e dall'altro non sempre risultano verosimili: in diverse occasioni i personaggi vengono feriti gravemente, ma basta lasciar trascorrere qualche giorno e, alla scena successiva, li si ritrova in perfetta salute.
Tra i pregi voglio infine includere i colpi di scena -soprattutto nella parte finale- per nulla banali e capaci di dare quel quid che sembrava mancare alla trama, ed il modo in cui si affronta il tema della vendetta. Quella di Monza non è infatti l'unica della quale si parla in questa storia, anzi: tutti i personaggi sono mossi da un desiderio di rivalsa gli uni verso gli altri, tanto che i più fedeli alleati si trasformano nei peggiori nemici e viceversa; trovo che Abercrombie sia stato bravo nel veicolare un messaggio di base paternalistico, senza per questo risultare affatto pedante.
Nonostante i miei elogi, il romanzo ha diversi difetti, primo tra tutti l'edizione italiana: ad oggi quasi introvabile (e forse è un bene) è decisamente scarsa, sia nella qualità dei materiali che nella svogliatezza della traduzione, palesemente priva di un minimo di revisione. Non mi ha poi fatta impazzire la fretta con cui si passa da una scena all'altra, come se mancasse qualche pagina a fare da ponte, e la scelta di non approfondire più di tanto alcuni personaggi decisamente interessanti come l'apprendista avvelenatrice Day, alla quale mi aspettavo fosse dato più spazio.
Ci tendo a sottolineare questa valutazione è molto più personale del solito: in genere cerco di analizzare i libri in modo distaccato, tenendo conto dei problemi anche in quelli che mi colpiscono in positivo, ma questa volta riconosco di essermi lasciata guidare dal cuore, e anche un po' dalla nostalgia per il Mondo Circolare che mi mancava più di quanto pensassi.
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lunedì 19 dicembre 2022
"L'uomo vestito di marrone" di Agatha Christie
L'uomo vestito di marrone by Agatha Christie
My rating: 2 of 5 stars
"Poiché nessuno c'era più entrato fino al giorno dopo, oltre al giovanotto in questione, era logico concludere che l'assassino della signora De Castrine fosse l'uomo vestito di marrone ... Questi, i particolare pubblicati dal Daily News, e Trovate l'uomo vestito di marrone divenne il grido di guerra del giornale"
UNA STORIA DEL POIROT-VERSO, SENZA POIROT
Questa lettura mi ha confermato che non riesco ad apprezzare davvero le storie in cui Christie mescola al mystery degli elementi di spionaggio; infatti, "L'uomo vestito di marrone" presenta tutte le debolezze soggettive che già mi avevano fatto storcere il naso nel precedente "Avversario segreto" (con protagonista la coppia di avventurieri Tommy e Tuppence), con in più nuovi difetti decisamente oggettivi che lo fanno slittare in fondo alla mia classifica di gradimento dei romanzi della cara Agatha letti finora.
Non nego che la trama ad un primo acchito possa risultare interessante: si parte dalla Londra degli anni Venti, dove la protagonista Ann Beddingfeld assiste casualmente ad un incidente mortale nella metropolitana e decide di impegnarsi affinché la verità su questo caso venga svelata. La giovane non tarda a collegare la disgrazia ad un delitto per il quale è ricercato il cosiddetto "uomo vestito di marrone" e, seguendo una pista, finisce per imbarcarsi su un piroscafo in partenza da Southampton e diretto in Sud Africa. A bordo, Ann capisce di essere ormai coinvolta in una storia molto più grande di lei: non si parla più di un singolo omicidio, ma di una vera e propria rete criminale intessuta dal misterioso "Colonnello". Ad affiancare la narrazione in prima persona dal punto di vista della nostra avventuriera ci sono gli estratti dal diario personale di un altro passeggero, tale Sir Eustace Pedler, che chiariscono alcuni retroscena facendo spesso qualche passo indietro sulla linea temporale.
La scelta di portare due POV dalle voci tanto diverse da un tocco di particolarità alla storia ed è uno dei punti di forza del romanzo; peccato ce ne siano pochi altri. Mi sono piaciuti i confronti tra Sir Pedle ed il segretario Pagett, ma ho trovato spassosi anche i dialoghi tra i passeggeri del piroscafo durante le serate o tra Ann e la sua nuova amica Susan Blair. In un paio di scene, ho apprezzato poi il piglio deciso di Ann, inoltre ritengo che l'intreccio ed i personaggi secondari vengano gestiti abbastanza bene.
Accantonati i pochi elogi passiamo ai difetti, oltre al fatto che si tratta in fondo di una spy story, genere per nulla di mio gusto. Innanzitutto, il romanzo inizia con una serie di scene velocissime: assistiamo ad un gran numero di eventi senza avere neppure un attimo per metabolizzarli, e con noi la protagonista che in effetti non sembra turbata più di tanto dalle disgrazie in cui è coinvolta. Per quanto riguarda il lato mystery, molte delle intuizioni di Ann derivano in realtà da indizi che le cadono letteralmente addosso, e come farsi poi mancare il prolisso spiegone del villain nell'epilogo?
Esclusi i rari momenti di risolutezza menzionati prima, Ann si dimostra poi un personaggio terribile: è talmente decisa a voler fare da sé che non contatta mai le autorità, neppure quando la sua stessa vita è in pericolo, e dimentica tra una pagina e l'altra tutte le sue velleità di giornalista e di paleontologa. Ma la miglior dimostrazione della sua stupidità riguarda la parte romance, che non solo si basa sul più istantaneo dei instalove, ma poggia su presupposti tossici e disfunzionali visti dalla rintronata Ann come terribilmente romantici.
Ci sarebbe poi di che parlare in relazione al colonialismo e le sue conseguenze, per i quali manca un qualunque pensiero critico, ma visto il contesto storico direi che era inevitabile; ciò non toglie che potrebbe risultare fastidioso per i lettori contemporanei. Farà invece piacere a molti rivedere il colonnello Race, se come me già l'avevate incrociato in altri titoli dell'autrice (nel mio caso, è stato con "Poirot sul Nilo").
Per quanto riguarda le mie prossime incursioni nella bibliografia di Christie, credo che mi limiterò ai miei cari Poirot e Miss Marple, perché con i suoi altri protagonisti non sto avendo granché fortuna. Meglio rimanere sul mystery classico, lasciando da parte spy story e romance!
Voto effettivo: due stelline e mezza
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My rating: 2 of 5 stars
"Poiché nessuno c'era più entrato fino al giorno dopo, oltre al giovanotto in questione, era logico concludere che l'assassino della signora De Castrine fosse l'uomo vestito di marrone ... Questi, i particolare pubblicati dal Daily News, e Trovate l'uomo vestito di marrone divenne il grido di guerra del giornale"
UNA STORIA DEL POIROT-VERSO, SENZA POIROT
Questa lettura mi ha confermato che non riesco ad apprezzare davvero le storie in cui Christie mescola al mystery degli elementi di spionaggio; infatti, "L'uomo vestito di marrone" presenta tutte le debolezze soggettive che già mi avevano fatto storcere il naso nel precedente "Avversario segreto" (con protagonista la coppia di avventurieri Tommy e Tuppence), con in più nuovi difetti decisamente oggettivi che lo fanno slittare in fondo alla mia classifica di gradimento dei romanzi della cara Agatha letti finora.
Non nego che la trama ad un primo acchito possa risultare interessante: si parte dalla Londra degli anni Venti, dove la protagonista Ann Beddingfeld assiste casualmente ad un incidente mortale nella metropolitana e decide di impegnarsi affinché la verità su questo caso venga svelata. La giovane non tarda a collegare la disgrazia ad un delitto per il quale è ricercato il cosiddetto "uomo vestito di marrone" e, seguendo una pista, finisce per imbarcarsi su un piroscafo in partenza da Southampton e diretto in Sud Africa. A bordo, Ann capisce di essere ormai coinvolta in una storia molto più grande di lei: non si parla più di un singolo omicidio, ma di una vera e propria rete criminale intessuta dal misterioso "Colonnello". Ad affiancare la narrazione in prima persona dal punto di vista della nostra avventuriera ci sono gli estratti dal diario personale di un altro passeggero, tale Sir Eustace Pedler, che chiariscono alcuni retroscena facendo spesso qualche passo indietro sulla linea temporale.
La scelta di portare due POV dalle voci tanto diverse da un tocco di particolarità alla storia ed è uno dei punti di forza del romanzo; peccato ce ne siano pochi altri. Mi sono piaciuti i confronti tra Sir Pedle ed il segretario Pagett, ma ho trovato spassosi anche i dialoghi tra i passeggeri del piroscafo durante le serate o tra Ann e la sua nuova amica Susan Blair. In un paio di scene, ho apprezzato poi il piglio deciso di Ann, inoltre ritengo che l'intreccio ed i personaggi secondari vengano gestiti abbastanza bene.
Accantonati i pochi elogi passiamo ai difetti, oltre al fatto che si tratta in fondo di una spy story, genere per nulla di mio gusto. Innanzitutto, il romanzo inizia con una serie di scene velocissime: assistiamo ad un gran numero di eventi senza avere neppure un attimo per metabolizzarli, e con noi la protagonista che in effetti non sembra turbata più di tanto dalle disgrazie in cui è coinvolta. Per quanto riguarda il lato mystery, molte delle intuizioni di Ann derivano in realtà da indizi che le cadono letteralmente addosso, e come farsi poi mancare il prolisso spiegone del villain nell'epilogo?
Esclusi i rari momenti di risolutezza menzionati prima, Ann si dimostra poi un personaggio terribile: è talmente decisa a voler fare da sé che non contatta mai le autorità, neppure quando la sua stessa vita è in pericolo, e dimentica tra una pagina e l'altra tutte le sue velleità di giornalista e di paleontologa. Ma la miglior dimostrazione della sua stupidità riguarda la parte romance, che non solo si basa sul più istantaneo dei instalove, ma poggia su presupposti tossici e disfunzionali visti dalla rintronata Ann come terribilmente romantici.
Ci sarebbe poi di che parlare in relazione al colonialismo e le sue conseguenze, per i quali manca un qualunque pensiero critico, ma visto il contesto storico direi che era inevitabile; ciò non toglie che potrebbe risultare fastidioso per i lettori contemporanei. Farà invece piacere a molti rivedere il colonnello Race, se come me già l'avevate incrociato in altri titoli dell'autrice (nel mio caso, è stato con "Poirot sul Nilo").
Per quanto riguarda le mie prossime incursioni nella bibliografia di Christie, credo che mi limiterò ai miei cari Poirot e Miss Marple, perché con i suoi altri protagonisti non sto avendo granché fortuna. Meglio rimanere sul mystery classico, lasciando da parte spy story e romance!
Voto effettivo: due stelline e mezza
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venerdì 16 dicembre 2022
"La memoria di Babel" di Christelle Dabos
La memoria di Babel by Christelle Dabos
My rating: 4 of 5 stars
"Tra il cielo infinito e il mare di nuvole un'immensa torre a spirale culminante in una cupola di vetro svettava su un isolotto a stento abbastanza grande da ospitarlo. Un intero versante dell'edificio sconfinava sul vuoto, ma l'equilibrio architettonico era talmente perfetto che l'insieme si teneva in piedi contro tutto e tutti"
CROLLO SCONGIURATO (PER ORA...)
Giro di boa della serie, "La memoria di Babel" si discosta parecchio dai due volumi precedenti, e non solo per il cambio della location principale. Vediamo infatti l'introduzione di un buon numero di nuovi caratteri, che contribuiscono a dare più movimento alla narrazione; ma soprattutto abbiamo una trama che si focalizza quasi esclusivamente sul mistero di fondo della serie, accantonando i giochi di potere di Polo o le sottotrame legate agli abitanti di Amina.
Il volume mette una distanza anche temporale da "Gli scomparsi di Chiardiluna", infatti parte con un sostanzioso salto in avanti di quasi tre anni. Ritroviamo Ofelia nuovamente su Anina, sotto stretta sorveglianza da parte delle Decane; la giovane trova ben presto un modo per allontanarsi, e decide di dirigersi verso la multietnica Babel, in cui spera di poter individuare tracce di Thorn ma anche alcuni indizi sul passato del loro misterioso antagonista. Nel libro sono presenti inoltre dei capitoli con un punto di vista alternativo, che permettono all'autrice di mostrarci gli sviluppi della situazione a Polo ed i passi in avanti compiuti dagli altri protagonisti, in particolare Archibald.
Inizialmente questo secondo POV mi sembrava un po' superfluo, invece verso il finale di dimostra più utile, e diventa chiaro che si rivelerà perfino fondamentale per la risoluzione della tetralogia. I difetti effettivi di questo terzo capitolo sono in realtà ben pochi: un inizio debole a livello narrativo, dei colpi di scena incapaci di sorprendere realmente il lettore e l'introduzione di nuovi poteri in pratica copiati da altri già presenti nella serie. Anche la conclusione non mi ha fatta impazzire, perché si vanno a creare diversi nuovi enigmi da risolvere mentre le risposte ottenute sono ben poche.
Nel complesso queste mancanze non riescono a sminuire un romanzo più che solido, capace di regalare nuove descrizioni immaginifiche per Babel -in particolare per lo stupendo Memoriale- e per i suoi bizzarri abitanti, ma anche di introdurre una valida critica ad una società forzatamente perbenista, in cui i problemi vengono nascosti anziché affrontati. Ho apprezzato anche i tentativi della cara Christelle di inserire della diversità, prima quasi del tutto assente, con risultati abbastanza soddisfacenti: non sono troppo convinta di come ha scelto di rappresentare la disabilità, ma mi fa comunque piacere che si sia resa conto di poter rendere meno omogeneo il suo cast.
Cast che qui viene notevolmente ampliato, e devo ammettere che ho trovato molto interessanti tutti i nuovi personaggi; quelli che più mi hanno colpita sono sicuramente Elizabeth, Octavio e Blasius. Approvo in pieno anche lo sviluppo caratteriale di Ofelia, in particolar modo perché si dimostra più risoluta e perspicace: in poche parole, diventa una protagonista per cui vale la pena fare il tifo!
Per tutti questi aspetti, mi sento abbastanza convinta di poterlo definire il capitolo migliore della serie, nonostante ci fornisca molte meno risposte di quante avrei voluto. Sono molto combattuta invece per quanto riguarda l'ultimo volume: da un lato non posso fare a meno di avere alte aspettative in base a quanto letto finora, dall'altro so bene che dovrei ridimensionarle perché la maggior parte dei lettori hanno trovato la conclusione non all'altezza. Spero quindi di ricadere nella minoranza.
Voto effettivo: quattro stelline e mezza
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My rating: 4 of 5 stars
"Tra il cielo infinito e il mare di nuvole un'immensa torre a spirale culminante in una cupola di vetro svettava su un isolotto a stento abbastanza grande da ospitarlo. Un intero versante dell'edificio sconfinava sul vuoto, ma l'equilibrio architettonico era talmente perfetto che l'insieme si teneva in piedi contro tutto e tutti"
CROLLO SCONGIURATO (PER ORA...)
Giro di boa della serie, "La memoria di Babel" si discosta parecchio dai due volumi precedenti, e non solo per il cambio della location principale. Vediamo infatti l'introduzione di un buon numero di nuovi caratteri, che contribuiscono a dare più movimento alla narrazione; ma soprattutto abbiamo una trama che si focalizza quasi esclusivamente sul mistero di fondo della serie, accantonando i giochi di potere di Polo o le sottotrame legate agli abitanti di Amina.
Il volume mette una distanza anche temporale da "Gli scomparsi di Chiardiluna", infatti parte con un sostanzioso salto in avanti di quasi tre anni. Ritroviamo Ofelia nuovamente su Anina, sotto stretta sorveglianza da parte delle Decane; la giovane trova ben presto un modo per allontanarsi, e decide di dirigersi verso la multietnica Babel, in cui spera di poter individuare tracce di Thorn ma anche alcuni indizi sul passato del loro misterioso antagonista. Nel libro sono presenti inoltre dei capitoli con un punto di vista alternativo, che permettono all'autrice di mostrarci gli sviluppi della situazione a Polo ed i passi in avanti compiuti dagli altri protagonisti, in particolare Archibald.
Inizialmente questo secondo POV mi sembrava un po' superfluo, invece verso il finale di dimostra più utile, e diventa chiaro che si rivelerà perfino fondamentale per la risoluzione della tetralogia. I difetti effettivi di questo terzo capitolo sono in realtà ben pochi: un inizio debole a livello narrativo, dei colpi di scena incapaci di sorprendere realmente il lettore e l'introduzione di nuovi poteri in pratica copiati da altri già presenti nella serie. Anche la conclusione non mi ha fatta impazzire, perché si vanno a creare diversi nuovi enigmi da risolvere mentre le risposte ottenute sono ben poche.
Nel complesso queste mancanze non riescono a sminuire un romanzo più che solido, capace di regalare nuove descrizioni immaginifiche per Babel -in particolare per lo stupendo Memoriale- e per i suoi bizzarri abitanti, ma anche di introdurre una valida critica ad una società forzatamente perbenista, in cui i problemi vengono nascosti anziché affrontati. Ho apprezzato anche i tentativi della cara Christelle di inserire della diversità, prima quasi del tutto assente, con risultati abbastanza soddisfacenti: non sono troppo convinta di come ha scelto di rappresentare la disabilità, ma mi fa comunque piacere che si sia resa conto di poter rendere meno omogeneo il suo cast.
Cast che qui viene notevolmente ampliato, e devo ammettere che ho trovato molto interessanti tutti i nuovi personaggi; quelli che più mi hanno colpita sono sicuramente Elizabeth, Octavio e Blasius. Approvo in pieno anche lo sviluppo caratteriale di Ofelia, in particolar modo perché si dimostra più risoluta e perspicace: in poche parole, diventa una protagonista per cui vale la pena fare il tifo!
Per tutti questi aspetti, mi sento abbastanza convinta di poterlo definire il capitolo migliore della serie, nonostante ci fornisca molte meno risposte di quante avrei voluto. Sono molto combattuta invece per quanto riguarda l'ultimo volume: da un lato non posso fare a meno di avere alte aspettative in base a quanto letto finora, dall'altro so bene che dovrei ridimensionarle perché la maggior parte dei lettori hanno trovato la conclusione non all'altezza. Spero quindi di ricadere nella minoranza.
Voto effettivo: quattro stelline e mezza
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lunedì 12 dicembre 2022
"La guerra dei papaveri" di R.F. Kuang
La guerra dei papaveri by R.F. Kuang
My rating: 4 of 5 stars
"I bambini smettono di essere bambini quando si dà loro in mano una spada. Quando si insegna loro a combattere una guerra, li si arma e li si butta in prima linea, allora non sono più bambini. Sono soldati"
NIHAL, TI PRESENTO GOKU
Primo capitolo in una serie molto chiacchierata negli ultimi anni, anche per merito di un'edizione italiana esteticamente meravigliosa, "La guerra dei papaveri" è stata per certi versi una lettura inaspettata. Della trama in realtà sapevo ben poco, e forse questo mi ha permesso di godermi di più la lettura perché la storia presenta uno sviluppo molto più ampio di quanto la premessa lasci intendere.
Il mondo creato da Kuang è fortemente ispirato a quello reale per quanto riguarda la definizione delle nazioni presenti, ma anche per gli eventi alla base della narrazione: la guerra del titolo fa riferimento alle Guerre dell'oppio, seppur privata dell'effettiva contesa commerciale. Qui troviamo contrapposti l'impero Nikan -governato dall'Imperatrice Su Daji- e la Federazione di Mugen, che ingaggia battaglia per delle mire espansionistiche, sobillata dal suo nuovo Imperatore Ryohai.
In questo scenario si muove la protagonista (e nostro quasi esclusivo POV) Fang Runin "Rin". All'inizio della narrazione viene presentata come giovane orfana della precedente guerra che la famiglia Fang cerca di costringere ad un matrimonio combinato; per non dover sottostare a quest'imposizione, la ragazza si impegna a studiare per l'esame del kējǔ, che le permetterebbe di iscriversi alla prestigiosa Accademia militare di Sinegard. In realtà, la parte un po' adolescenziale e formativa del romanzo serve soltanto a gettare le basi per quello che succede da metà volume in poi.
Non che la trama compia delle svolte imprevedibili, anzi: nessun colpo di scena in questa storia riesce effettivamente a stupire; però la premessa legata al mondo dell'Accademia potrebbe far immaginare un tipo di storia diverso da quello che poi la cara Rebecca intreccia. C'è infatti un'enorme differenza di tono tra le scene ambientate nella scuola e quelle legate alla guerra, e immagino che a livello emotivo possa essere stata una scelta intenzionale per colpire il lettore, ma l'impressione finale è di aver letto due libri completamente diversi per contesto e linguaggio uniti assieme a forza.
Questa disomogeneità riguarda anche il sistema magico immaginato dall'autrice, che presenta un Pantheon di divinità elementari da poter evocare per ottenere delle abilità; in particolare, si passa da un ambiente totalmente estraneo al sovrannaturale, che ritiene la magia una mera superstizione, ad uno in cui si fa ricorso ai proprio poteri anche per attività quotidiane (come accendere un fuoco da campo) e senza alcun tipo di segretezza. Questa dissonanza non mi ha comunque impedito di trovare molto interessante il world building, che spero venga approfondito nei seguiti.
Gli altri punti di forza del romanzo sono tutti collegati ai personaggi, ed in particolare alla protagonista. All'apparenza Rin potrebbe ricadere nel cliché dello SFC, invece si rivela nient'affatto perfetta, ed ho apprezzato il suo percorso di crescita proprio per come sa riconoscere e farsi forza degli errori commessi. Ci sono anche alcuni comprimari degni di nota, come Che Kitay ed il lǎoshī Jiang Ziya, ma anche Yin Nezha che inizialmente sembra ricalcare a sua volta un tropo fastidioso, e invece... Menzione d'onore per il lǎoshī Jun Loran, un serio lavoratore ingiustamente bistrattato da un collega sfaticato.
Il principale problema del romanzo sta nelle esagerazioni, nel suo voler essere sopra le righe ad ogni costo, tanto da ricordare molto alcuni celebri manga shōnen da cui trae anche elementi narrativi. Ho trovato eccessivi tanti aspetti: i termini e le espressioni incongruenti con il contesto (quelle in inglese o troppo moderne, nonché parole come "marziale" che in questo mondo non dovrebbero esistere), le volgarità e la violenza così sovrabbondanti da ottenere il risultato opposto, l'aspetto e le capacità di personaggi come Altan Trengsin che nulla hanno da spartire con la verosimiglianza.
L'effetto nel complesso è comunque molto divertente, sicuramente capace di intrattenere i lettori. E questo vale anche per me, infatti ora sono estremamente curiosa di continuare la trilogia, che tra l'altro vedrei perfetta come serie TV.
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My rating: 4 of 5 stars
"I bambini smettono di essere bambini quando si dà loro in mano una spada. Quando si insegna loro a combattere una guerra, li si arma e li si butta in prima linea, allora non sono più bambini. Sono soldati"
NIHAL, TI PRESENTO GOKU
Primo capitolo in una serie molto chiacchierata negli ultimi anni, anche per merito di un'edizione italiana esteticamente meravigliosa, "La guerra dei papaveri" è stata per certi versi una lettura inaspettata. Della trama in realtà sapevo ben poco, e forse questo mi ha permesso di godermi di più la lettura perché la storia presenta uno sviluppo molto più ampio di quanto la premessa lasci intendere.
Il mondo creato da Kuang è fortemente ispirato a quello reale per quanto riguarda la definizione delle nazioni presenti, ma anche per gli eventi alla base della narrazione: la guerra del titolo fa riferimento alle Guerre dell'oppio, seppur privata dell'effettiva contesa commerciale. Qui troviamo contrapposti l'impero Nikan -governato dall'Imperatrice Su Daji- e la Federazione di Mugen, che ingaggia battaglia per delle mire espansionistiche, sobillata dal suo nuovo Imperatore Ryohai.
In questo scenario si muove la protagonista (e nostro quasi esclusivo POV) Fang Runin "Rin". All'inizio della narrazione viene presentata come giovane orfana della precedente guerra che la famiglia Fang cerca di costringere ad un matrimonio combinato; per non dover sottostare a quest'imposizione, la ragazza si impegna a studiare per l'esame del kējǔ, che le permetterebbe di iscriversi alla prestigiosa Accademia militare di Sinegard. In realtà, la parte un po' adolescenziale e formativa del romanzo serve soltanto a gettare le basi per quello che succede da metà volume in poi.
Non che la trama compia delle svolte imprevedibili, anzi: nessun colpo di scena in questa storia riesce effettivamente a stupire; però la premessa legata al mondo dell'Accademia potrebbe far immaginare un tipo di storia diverso da quello che poi la cara Rebecca intreccia. C'è infatti un'enorme differenza di tono tra le scene ambientate nella scuola e quelle legate alla guerra, e immagino che a livello emotivo possa essere stata una scelta intenzionale per colpire il lettore, ma l'impressione finale è di aver letto due libri completamente diversi per contesto e linguaggio uniti assieme a forza.
Questa disomogeneità riguarda anche il sistema magico immaginato dall'autrice, che presenta un Pantheon di divinità elementari da poter evocare per ottenere delle abilità; in particolare, si passa da un ambiente totalmente estraneo al sovrannaturale, che ritiene la magia una mera superstizione, ad uno in cui si fa ricorso ai proprio poteri anche per attività quotidiane (come accendere un fuoco da campo) e senza alcun tipo di segretezza. Questa dissonanza non mi ha comunque impedito di trovare molto interessante il world building, che spero venga approfondito nei seguiti.
Gli altri punti di forza del romanzo sono tutti collegati ai personaggi, ed in particolare alla protagonista. All'apparenza Rin potrebbe ricadere nel cliché dello SFC, invece si rivela nient'affatto perfetta, ed ho apprezzato il suo percorso di crescita proprio per come sa riconoscere e farsi forza degli errori commessi. Ci sono anche alcuni comprimari degni di nota, come Che Kitay ed il lǎoshī Jiang Ziya, ma anche Yin Nezha che inizialmente sembra ricalcare a sua volta un tropo fastidioso, e invece... Menzione d'onore per il lǎoshī Jun Loran, un serio lavoratore ingiustamente bistrattato da un collega sfaticato.
Il principale problema del romanzo sta nelle esagerazioni, nel suo voler essere sopra le righe ad ogni costo, tanto da ricordare molto alcuni celebri manga shōnen da cui trae anche elementi narrativi. Ho trovato eccessivi tanti aspetti: i termini e le espressioni incongruenti con il contesto (quelle in inglese o troppo moderne, nonché parole come "marziale" che in questo mondo non dovrebbero esistere), le volgarità e la violenza così sovrabbondanti da ottenere il risultato opposto, l'aspetto e le capacità di personaggi come Altan Trengsin che nulla hanno da spartire con la verosimiglianza.
L'effetto nel complesso è comunque molto divertente, sicuramente capace di intrattenere i lettori. E questo vale anche per me, infatti ora sono estremamente curiosa di continuare la trilogia, che tra l'altro vedrei perfetta come serie TV.
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lunedì 5 dicembre 2022
"Ragazze elettriche" di Naomi Alderman
Ragazze elettriche by Naomi Alderman
My rating: 3 of 5 stars
"«Adesso lo capiranno,» urla una donna nella videocamera di Tunde, «che sono loro quelli che non dovranno uscire di casa da soli la notte. Sono loro quelli che dovranno avere paura»"
A.A.A. SINONIMI DI "DIRE" CERCASI
"Ragazze elettriche" è un altro esempio di titolo che mi ha incuriosita principalmente per il suo spunto, dal grande potenziale sulla carta. Da parecchio lo volevo recuperare, e scoprire che l'anno prossimo diventerà una serie TV per Prime Video mi ha dato la spinta necessaria a metterlo finalmente nei primi posti della mia TBR. Peccato che, come spesso accade, l'esecuzione non renda giustizia all'idea di base; ma partiamo dall'insolita premessa.
Il libro inizia con uno scambio di lettere tra una certa Naomi (forse, l'alter ego dell'autrice?) e lo scrittore Neil Adam Armon; l'uomo le chiede di leggere una bozza del suo romanzo storico intitolato proprio "Ragazze elettriche", ed è così che prende il via la narrazione principale. In questo meta-romanzo ci troviamo in un ipotetico futuro prossimo, che vediamo attraverso parecchi POV: i principali sono quelli della sindaca statunitense Margot Cleary, dell'aspirante giornalista nigeriano Olatunde "Tunde" Edo, della criminale inglese Roxanne "Roxy" Monke e di Alison "Allie" Montgomery-Taylor, che diventerà ben presto nota come la guida religiosa Madre Eve. Tutte queste figure si muovono in una società sconvolta dalla rivelazione che le donne hanno sviluppato un potere elettrico con il quale ferire o manipolare le persone; la narrazione ripercorre per macro eventi i dieci anni successivi alla prima manifestazione pubblica di questa abilità.
La premessa sembra davvero intrigante, e lo è in un primo momento, ma credo che lo sviluppo effettivo l'abbia in parte sprecata. Alcuni passaggi della narrazione sono confusi, altri decisamente semplicistici vista la complessità del world building creato; inoltre la scelta di far progredire la storia molto velocemente -con frequenti balzi temporali di mesi o anni- rende difficile entrare in sintonia con i personaggi, perfino con gli stessi protagonisti. Inoltre la trama compie dei capitomboli logici per raggiungere un determinato obiettivo; la poca verosimiglianza caratterizza anche l'introduzione meta-narrativa, ma in quel caso si tratta di un dettaglio marginale.
Ci sono poi alcuni personaggi che non ho minimamente apprezzato -Roxy in primis- perché penso non fossero così vitali per la trama in sé. Più in generale, trovo che i protagonisti non abbiano avuto degli archi narrativi soddisfacenti: la delusione peggiore per me è stata Allie, che fino all'epilogo era il mio personaggio preferito. E la parte finale rappresenta un altro tasto dolente perché è farcita di fin troppe scene di violenza gratuita ed introduce un romance a dir poco fuori luogo con il resto della storia.
Messa così, sembra che io abbia detestato questo romanzo. In realtà trovo ci siano diversi lati positivi, oltre all'ottima idea di fondo: mi è piaciuto lo stile, a volte quasi telegrafico, ma sicuramente fluido; per quanto riguarda il mondo immaginato da Alderman, penso che il concept sia stato sviluppato in modo abbastanza coerente, seppur non ci vengano mostrate le conseguenze della cosiddetta Giornata delle Ragazze in tutto il mondo.
Di fondo, credo che questo sia un libro difficile da apprezzare: agli uomini non andrà a genio vedersi rappresentare esclusivamente da caratteri ripugnati, ma anche alla donne non farà piacere l'idea che una società in cui i ruoli sono invertiti presenti gli stessi identici difetti di quella attuale. Nonostante tutto rimango molto curiosa di vedere la serie TV quando finalmente uscirà, perché a mio avviso questa storia potrebbe rendere meglio in quel formato. Chissà che il carisma degli attori non contribuisca a migliorare un po' anche i personaggi!
Voto effettivo: tre stelline e mezza
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My rating: 3 of 5 stars
"«Adesso lo capiranno,» urla una donna nella videocamera di Tunde, «che sono loro quelli che non dovranno uscire di casa da soli la notte. Sono loro quelli che dovranno avere paura»"
A.A.A. SINONIMI DI "DIRE" CERCASI
"Ragazze elettriche" è un altro esempio di titolo che mi ha incuriosita principalmente per il suo spunto, dal grande potenziale sulla carta. Da parecchio lo volevo recuperare, e scoprire che l'anno prossimo diventerà una serie TV per Prime Video mi ha dato la spinta necessaria a metterlo finalmente nei primi posti della mia TBR. Peccato che, come spesso accade, l'esecuzione non renda giustizia all'idea di base; ma partiamo dall'insolita premessa.
Il libro inizia con uno scambio di lettere tra una certa Naomi (forse, l'alter ego dell'autrice?) e lo scrittore Neil Adam Armon; l'uomo le chiede di leggere una bozza del suo romanzo storico intitolato proprio "Ragazze elettriche", ed è così che prende il via la narrazione principale. In questo meta-romanzo ci troviamo in un ipotetico futuro prossimo, che vediamo attraverso parecchi POV: i principali sono quelli della sindaca statunitense Margot Cleary, dell'aspirante giornalista nigeriano Olatunde "Tunde" Edo, della criminale inglese Roxanne "Roxy" Monke e di Alison "Allie" Montgomery-Taylor, che diventerà ben presto nota come la guida religiosa Madre Eve. Tutte queste figure si muovono in una società sconvolta dalla rivelazione che le donne hanno sviluppato un potere elettrico con il quale ferire o manipolare le persone; la narrazione ripercorre per macro eventi i dieci anni successivi alla prima manifestazione pubblica di questa abilità.
La premessa sembra davvero intrigante, e lo è in un primo momento, ma credo che lo sviluppo effettivo l'abbia in parte sprecata. Alcuni passaggi della narrazione sono confusi, altri decisamente semplicistici vista la complessità del world building creato; inoltre la scelta di far progredire la storia molto velocemente -con frequenti balzi temporali di mesi o anni- rende difficile entrare in sintonia con i personaggi, perfino con gli stessi protagonisti. Inoltre la trama compie dei capitomboli logici per raggiungere un determinato obiettivo; la poca verosimiglianza caratterizza anche l'introduzione meta-narrativa, ma in quel caso si tratta di un dettaglio marginale.
Ci sono poi alcuni personaggi che non ho minimamente apprezzato -Roxy in primis- perché penso non fossero così vitali per la trama in sé. Più in generale, trovo che i protagonisti non abbiano avuto degli archi narrativi soddisfacenti: la delusione peggiore per me è stata Allie, che fino all'epilogo era il mio personaggio preferito. E la parte finale rappresenta un altro tasto dolente perché è farcita di fin troppe scene di violenza gratuita ed introduce un romance a dir poco fuori luogo con il resto della storia.
Messa così, sembra che io abbia detestato questo romanzo. In realtà trovo ci siano diversi lati positivi, oltre all'ottima idea di fondo: mi è piaciuto lo stile, a volte quasi telegrafico, ma sicuramente fluido; per quanto riguarda il mondo immaginato da Alderman, penso che il concept sia stato sviluppato in modo abbastanza coerente, seppur non ci vengano mostrate le conseguenze della cosiddetta Giornata delle Ragazze in tutto il mondo.
Di fondo, credo che questo sia un libro difficile da apprezzare: agli uomini non andrà a genio vedersi rappresentare esclusivamente da caratteri ripugnati, ma anche alla donne non farà piacere l'idea che una società in cui i ruoli sono invertiti presenti gli stessi identici difetti di quella attuale. Nonostante tutto rimango molto curiosa di vedere la serie TV quando finalmente uscirà, perché a mio avviso questa storia potrebbe rendere meglio in quel formato. Chissà che il carisma degli attori non contribuisca a migliorare un po' anche i personaggi!
Voto effettivo: tre stelline e mezza
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venerdì 2 dicembre 2022
"La scatola dei bottoni di Gwendy" di Stephen King e Richard Chizmar
La scatola dei bottoni di Gwendy by Stephen King
My rating: 3 of 5 stars
"Estrae una stupenda scatola di mogano, il legno a brillare di un marrone talmente intenso che Gwendy nota minuscole scintille rosse nella laccatura ... la vuole subito e non soltanto perché è magnifica. La vuole perché è sua"
DA GRANDI POTERI...
Da quando ho iniziato ad appassionarmi alla prosa e alle idee di Stephen King, ammetto che mi piacerebbe recuperare pian piano un po' tutta la sua bibliografia. In realtà, "La scatola dei bottoni di Gwendy" non era tra i titoli più interessanti a mio avviso, però la CE ne ha proposto l'edizione economica in una promozione che non potevo lasciarmi scappare; come la maggior parte delle promozioni librose di cui cado puntualmente vittima, tra l'altro. Questo per dire che ho cominciato la lettura senza troppe aspettative, mantenendo però qualche speranza visto lo spunto interessante alla base della storia.
Il libro si domanda infatti cosa farebbe una persona qualunque se avesse il potere di distruggere un luogo nel mondo a suo piacere. È quando succede alla dodicenne Gwendy Peterson quando, durante la sua corsetta quotidiana sulla cosiddetta Scala dei Suicidi, viene avvicinata dal misterioso Richard Farris; l'uomo le consegna una scatola magica che le cambierà la vita, realizzando ogni suo segreto desiderio, ma dandole anche la possibilità di far scomparire un continente o perfino l'intero pianeta.
Come in ogni storia nella quale il protagonista diventa custode di un potere immenso, questo spinge Gwendy a sentirsi in qualche modo responsabile per ogni evento tragico colpisca le persone a lei vicine, oltre a comportare degli svantaggi: la scatola sembra infatti esercitare un magnetismo malato e diventa in poco tempo fonte di incubi ricorrenti. A mio parere però il potenziale di quest'idea non viene sfruttato appieno, sia nel corso della storia (perché non si raggiungono mai i picchi horror che mi aspettavo) sia nella sua conclusione, che svincola la ragazza da ogni responsabilità senza una vera presa di consapevolezza da parte sua.
Per questo Gwendy risulta una protagonista non troppo convincente: mi sarebbe piaciuto molto vedere una sua progressiva involuzione, a causa della tentazione generata dalla scatola, invece rimane sempre un personaggio quasi totalmente positivo. Anche il resto del cast non spicca particolarmente, con la sola eccezione di Farris, un personaggio già noto ai fan di King che qui penso abbia resto meglio a livello caratteriale rispetto al ruolo da lui giocato in un romanzo precedente.
Oltre ad un concept di base davvero intrigante, tra gli elementi positivi di questa novella devo citare le bellissime illustrazioni che la arricchiscono e i collegamenti a diverse opere del caro Stephen: ad esempio, Gwendy abita a Castle Rock e questo ci permette di sentir menzionare un certo sceriffo Bannerman. Tra gli aspetti meno riusciti devo invece aggiunge il formato scelto per questo libro, perché si ha l'impressione che un racconto anche incisivo sia stato diluito forzatamente, aggiungendo personaggi inutili e battute fini a se stesse. Viceversa, sfruttando la stessa idea in una trama più articolata, si sarebbe potuto ottenere un valido romanzo.
Alla fin fine ho trovato carina la storia di Gwendy ma ripensando a com'è stata gestita la narrazione, in particolare nell'epilogo, non mi sento granché invogliata a recuperare i seguiti, almeno per ora. Anche perché dalle loro sinossi non mi sembra portino contenuti inediti rispetto a quanto già visto in questo volume.
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My rating: 3 of 5 stars
"Estrae una stupenda scatola di mogano, il legno a brillare di un marrone talmente intenso che Gwendy nota minuscole scintille rosse nella laccatura ... la vuole subito e non soltanto perché è magnifica. La vuole perché è sua"
DA GRANDI POTERI...
Da quando ho iniziato ad appassionarmi alla prosa e alle idee di Stephen King, ammetto che mi piacerebbe recuperare pian piano un po' tutta la sua bibliografia. In realtà, "La scatola dei bottoni di Gwendy" non era tra i titoli più interessanti a mio avviso, però la CE ne ha proposto l'edizione economica in una promozione che non potevo lasciarmi scappare; come la maggior parte delle promozioni librose di cui cado puntualmente vittima, tra l'altro. Questo per dire che ho cominciato la lettura senza troppe aspettative, mantenendo però qualche speranza visto lo spunto interessante alla base della storia.
Il libro si domanda infatti cosa farebbe una persona qualunque se avesse il potere di distruggere un luogo nel mondo a suo piacere. È quando succede alla dodicenne Gwendy Peterson quando, durante la sua corsetta quotidiana sulla cosiddetta Scala dei Suicidi, viene avvicinata dal misterioso Richard Farris; l'uomo le consegna una scatola magica che le cambierà la vita, realizzando ogni suo segreto desiderio, ma dandole anche la possibilità di far scomparire un continente o perfino l'intero pianeta.
Come in ogni storia nella quale il protagonista diventa custode di un potere immenso, questo spinge Gwendy a sentirsi in qualche modo responsabile per ogni evento tragico colpisca le persone a lei vicine, oltre a comportare degli svantaggi: la scatola sembra infatti esercitare un magnetismo malato e diventa in poco tempo fonte di incubi ricorrenti. A mio parere però il potenziale di quest'idea non viene sfruttato appieno, sia nel corso della storia (perché non si raggiungono mai i picchi horror che mi aspettavo) sia nella sua conclusione, che svincola la ragazza da ogni responsabilità senza una vera presa di consapevolezza da parte sua.
Per questo Gwendy risulta una protagonista non troppo convincente: mi sarebbe piaciuto molto vedere una sua progressiva involuzione, a causa della tentazione generata dalla scatola, invece rimane sempre un personaggio quasi totalmente positivo. Anche il resto del cast non spicca particolarmente, con la sola eccezione di Farris, un personaggio già noto ai fan di King che qui penso abbia resto meglio a livello caratteriale rispetto al ruolo da lui giocato in un romanzo precedente.
Oltre ad un concept di base davvero intrigante, tra gli elementi positivi di questa novella devo citare le bellissime illustrazioni che la arricchiscono e i collegamenti a diverse opere del caro Stephen: ad esempio, Gwendy abita a Castle Rock e questo ci permette di sentir menzionare un certo sceriffo Bannerman. Tra gli aspetti meno riusciti devo invece aggiunge il formato scelto per questo libro, perché si ha l'impressione che un racconto anche incisivo sia stato diluito forzatamente, aggiungendo personaggi inutili e battute fini a se stesse. Viceversa, sfruttando la stessa idea in una trama più articolata, si sarebbe potuto ottenere un valido romanzo.
Alla fin fine ho trovato carina la storia di Gwendy ma ripensando a com'è stata gestita la narrazione, in particolare nell'epilogo, non mi sento granché invogliata a recuperare i seguiti, almeno per ora. Anche perché dalle loro sinossi non mi sembra portino contenuti inediti rispetto a quanto già visto in questo volume.
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lunedì 28 novembre 2022
"Half Wild" di Sally Green
Half Wild by Sally Green
My rating: 4 of 5 stars
"«È come se ci fosse qualcun altro, qualcos'altro dentro di me, che prende il controllo quando esce. Ma so che sono sempre io, che è una parte di me. Una parte selvaggia e del tutto insensibile»"
PIÙ ROMANCE, MENO FANTASY. ED È UN BENE!
Mentre leggevo "Half Bad", scoprii che Netflix stava lavorando ad una serie TV basata sull'opera di Sally Green, e per questo mi sentivo molto invogliata a recuperare i romanzi prima dell'uscita, ma senza troppa fretta visto che non sembrava esserci una data certa. Verso la fine di ottobre, e decisamente in sordina, è uscito però "The Bastard Son & The Devil Himself"; e cosa sarebbe? si tratta del titolo tanto lungo quanto inspiegabile del suddetto adattamento. Fatta la necessaria associazione e resami conto di non essere neppure a metà trilogia, eccomi qui a parlare di "Half Wild", così da avvicinarmi al momento in cui potrò guardare la serie TV.
La narrazione riprende poco dopo l'epilogo del primo romanzo: il Mezzo Codice Nathan Byrn vaga per i boschi della Svizzera nella speranza di ritrovare l'amico Gabriel "Gabby"; il ragazzo in realtà mira a salvare l'amata Annalise O'Brien, ma viene ben presto coinvolto nell'Alleanza formata da Incanti e Mezzo Sangue per fermare lo strapotere dei Cacciatori. Assieme a due nuovi personaggi, Nesbitt e Victoria van Dal, il protagonista viaggia molto in tutta Europa -visitando tra le altre Spagna e Norvegia- ma nonostante i molti spostamenti la trama procede in modo decisamente lento, accelerando un po' soltanto verso il finale.
Come nel primo capitolo, abbiamo quindi una prosa caratterizzata da un scarso ritmo ma un ottimo sviluppo sia delle relazioni interpersonali che della crescita individuale del protagonista. L'autrice si focalizza in particolare sul rapporto di Nathan con il padre e sul percorso che lo porta a prendere consapevolezza del suo Dono, però molto spazio viene dato anche al lato romance: ammetto che non mi aspettavo fosse una tematica centrale ma credo sia stata trattata bene, risultando emozionante e connessa al pregiudizio, ossia il contrasto alla base dell'intera serie.
Ho apprezzato molto anche la scelta di mostrare diversi nuovi Doni e come questi vengano sfruttati con creatività, nonché l'approfondimento sui personaggi secondari, sia quelli già presenti in "Half Bad" che quelli introdotti qui, con la sola eccezione di Annalise: nonostante sia una dei protagonisti l'ho trovata decisamente sottotono, quasi priva di una vera personalità, e capace di agire soltanto in funzione della trama.
Oltre alle debolezze già presenti nel primo volume, come il misero intreccio e gli antagonisti solo abbozzati, il difetto principale di questo libro è forse l'estrema facilità con cui Nathan riesce ad avere la meglio in qualsiasi scontro: con il procedere della lettura risulta impossibile preoccuparsi per la sua salvezza, visto quanto sembra essere potente. Non mi ha fatta impazzire neppure la scelta di lasciare off-page o limitare di molto le morti di diversi personaggi, anche importanti.
Nel complesso, continuo ad apprezzare questa trilogia e spero di completarla a breve, sia per non dimenticare qualche dettaglio fondamentale della trama che per poter finalmente recuperare anche la serie TV.
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My rating: 4 of 5 stars
"«È come se ci fosse qualcun altro, qualcos'altro dentro di me, che prende il controllo quando esce. Ma so che sono sempre io, che è una parte di me. Una parte selvaggia e del tutto insensibile»"
PIÙ ROMANCE, MENO FANTASY. ED È UN BENE!
Mentre leggevo "Half Bad", scoprii che Netflix stava lavorando ad una serie TV basata sull'opera di Sally Green, e per questo mi sentivo molto invogliata a recuperare i romanzi prima dell'uscita, ma senza troppa fretta visto che non sembrava esserci una data certa. Verso la fine di ottobre, e decisamente in sordina, è uscito però "The Bastard Son & The Devil Himself"; e cosa sarebbe? si tratta del titolo tanto lungo quanto inspiegabile del suddetto adattamento. Fatta la necessaria associazione e resami conto di non essere neppure a metà trilogia, eccomi qui a parlare di "Half Wild", così da avvicinarmi al momento in cui potrò guardare la serie TV.
La narrazione riprende poco dopo l'epilogo del primo romanzo: il Mezzo Codice Nathan Byrn vaga per i boschi della Svizzera nella speranza di ritrovare l'amico Gabriel "Gabby"; il ragazzo in realtà mira a salvare l'amata Annalise O'Brien, ma viene ben presto coinvolto nell'Alleanza formata da Incanti e Mezzo Sangue per fermare lo strapotere dei Cacciatori. Assieme a due nuovi personaggi, Nesbitt e Victoria van Dal, il protagonista viaggia molto in tutta Europa -visitando tra le altre Spagna e Norvegia- ma nonostante i molti spostamenti la trama procede in modo decisamente lento, accelerando un po' soltanto verso il finale.
Come nel primo capitolo, abbiamo quindi una prosa caratterizzata da un scarso ritmo ma un ottimo sviluppo sia delle relazioni interpersonali che della crescita individuale del protagonista. L'autrice si focalizza in particolare sul rapporto di Nathan con il padre e sul percorso che lo porta a prendere consapevolezza del suo Dono, però molto spazio viene dato anche al lato romance: ammetto che non mi aspettavo fosse una tematica centrale ma credo sia stata trattata bene, risultando emozionante e connessa al pregiudizio, ossia il contrasto alla base dell'intera serie.
Ho apprezzato molto anche la scelta di mostrare diversi nuovi Doni e come questi vengano sfruttati con creatività, nonché l'approfondimento sui personaggi secondari, sia quelli già presenti in "Half Bad" che quelli introdotti qui, con la sola eccezione di Annalise: nonostante sia una dei protagonisti l'ho trovata decisamente sottotono, quasi priva di una vera personalità, e capace di agire soltanto in funzione della trama.
Oltre alle debolezze già presenti nel primo volume, come il misero intreccio e gli antagonisti solo abbozzati, il difetto principale di questo libro è forse l'estrema facilità con cui Nathan riesce ad avere la meglio in qualsiasi scontro: con il procedere della lettura risulta impossibile preoccuparsi per la sua salvezza, visto quanto sembra essere potente. Non mi ha fatta impazzire neppure la scelta di lasciare off-page o limitare di molto le morti di diversi personaggi, anche importanti.
Nel complesso, continuo ad apprezzare questa trilogia e spero di completarla a breve, sia per non dimenticare qualche dettaglio fondamentale della trama che per poter finalmente recuperare anche la serie TV.
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venerdì 25 novembre 2022
"Affinità" di Sarah Waters
Affinità by Sarah Waters
My rating: 5 of 5 stars
"Ho cercato di immaginare il mondo di cui parlava ... No, ho detto. Ciò che diceva non significava nulla. Non poteva essere vero. Come poteva esserlo? Sarebbe il caos!
«Sarebbe la libertà»"
WATERS NON (MI) DELUDE MAI
Eccomi arrivata al mio appuntamento annuale con la fantastica Sarah Waters, che purtroppo pubblicata poco e mi costringe a centellinare i suoi romanzi. Quest'anno ho fatto un altro recupero nei suoi titoli meno recenti con "Affinità", un libro caratterizzato da atmosfere gotiche ed elementi paranormali decisamente inquietanti, che mi ha ricordato parecchio la prosa di Shirley Jackson.
La trama in sé è molto scarna: ci troviamo a Londra negli anni Settanta dell'800 e la narrazione ruota attorno alla gentildonna Margaret "Aurora" Prior che, per superare un periodo buio a seguito della morte del padre, inizia a frequentare la sezione femminile della prigione di Millbank in qualità di visitatrice. Già nella sua prima giornata nel carcere, la donna rimane colpita da Selina Ann Dawes, una medium imprigionata per aver causato involontariamente il decesso della sua mecenate durante una seduta spiritica.
Il volume è scritto in forma di diario, seguendo i POV delle due protagoniste: i capitoli di Selina raccontano lo sviluppo della sua carriera come sensitiva fino al momento dell'arresto; quelli di Margaret partono poco più di un anno dopo, e portano avanti la vicenda principale nel presente. Come detto, gli avvenimenti degni di nota sono pochi, però l'alternanza tra i due punti di vista riesce a creare un senso di angoscia e mistero, perché fino all'ultimo ci si chiede se Selina abbia realmente dei poteri paranormali oppure sia soltanto una abile truffatrice. Oltre al lato mystery, c'è una buona componente romance, che a sua volta gioca molto sulla tensione romantica e su un'attrazione quasi morbosa.
Mi sembra superfluo dire che la staticità della trama è l'unica critica concreta verso questo titolo: non c'è praticamente azione, però si tratta di una scelta motivata. Se proprio devo trovare un difetto, potrei menzionare il poco spazio che viene dato ai personaggi secondari, ma anche in questo caso è la narrazione stessa a non permettere di approfondire le loro storie. Ed è un peccato, perché avrei letto volentieri qualche pagina in più per esempio sul personaggio di Agnes Nash, la falsaria impenitente che difende a spada tratta il suo stile di vita.
Seppur messe in secondo piano, le figure delle detenute risultano interessanti e permettono di inserire la tematica della condizione di vita nelle carceri; ovviamente il contesto storico influisce su questo aspetto, però non mancano spunti di riflessione ben adattabili alla realtà contemporanea, perché in fondo la natura umana non cambia nell'arco di 150 anni. Il romanzo va inoltre ad analizzare altri temi abbastanza pesante, come l'elaborazione del lutto e la difficoltà di trovare il proprio posto in una società che non ci accetta per come siamo.
Tra i punti di forza devo ovviamente menzionare la caratterizzazione delle protagoniste, approfondita e tridimensionale, e la prosa di Waters che si conferma ancora una volta essere davvero curata, tant'è che nonostante l'assenza di una trama sostanziosa, il ritmo risulta estremamente scorrevole. La ricostruzione storica è ottima, e la si apprezza soprattutto nei dettagli relativi alla vita nella prigione di Millbank, che la cara Sarah ha descritto in ogni aspetto con grande attenzione.
E poi questa è la lettura autunnale per eccellenza: gli elementi gotici e l'aura soprannaturale che accompagnano il lettore per l'intera lettura si intonano perfettamente a questo periodo dell'anno, e fanno rimanere con il fiato in sospeso fino all'inaspettato -e incredibilmente brillante- finale.
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My rating: 5 of 5 stars
"Ho cercato di immaginare il mondo di cui parlava ... No, ho detto. Ciò che diceva non significava nulla. Non poteva essere vero. Come poteva esserlo? Sarebbe il caos!
«Sarebbe la libertà»"
WATERS NON (MI) DELUDE MAI
Eccomi arrivata al mio appuntamento annuale con la fantastica Sarah Waters, che purtroppo pubblicata poco e mi costringe a centellinare i suoi romanzi. Quest'anno ho fatto un altro recupero nei suoi titoli meno recenti con "Affinità", un libro caratterizzato da atmosfere gotiche ed elementi paranormali decisamente inquietanti, che mi ha ricordato parecchio la prosa di Shirley Jackson.
La trama in sé è molto scarna: ci troviamo a Londra negli anni Settanta dell'800 e la narrazione ruota attorno alla gentildonna Margaret "Aurora" Prior che, per superare un periodo buio a seguito della morte del padre, inizia a frequentare la sezione femminile della prigione di Millbank in qualità di visitatrice. Già nella sua prima giornata nel carcere, la donna rimane colpita da Selina Ann Dawes, una medium imprigionata per aver causato involontariamente il decesso della sua mecenate durante una seduta spiritica.
Il volume è scritto in forma di diario, seguendo i POV delle due protagoniste: i capitoli di Selina raccontano lo sviluppo della sua carriera come sensitiva fino al momento dell'arresto; quelli di Margaret partono poco più di un anno dopo, e portano avanti la vicenda principale nel presente. Come detto, gli avvenimenti degni di nota sono pochi, però l'alternanza tra i due punti di vista riesce a creare un senso di angoscia e mistero, perché fino all'ultimo ci si chiede se Selina abbia realmente dei poteri paranormali oppure sia soltanto una abile truffatrice. Oltre al lato mystery, c'è una buona componente romance, che a sua volta gioca molto sulla tensione romantica e su un'attrazione quasi morbosa.
Mi sembra superfluo dire che la staticità della trama è l'unica critica concreta verso questo titolo: non c'è praticamente azione, però si tratta di una scelta motivata. Se proprio devo trovare un difetto, potrei menzionare il poco spazio che viene dato ai personaggi secondari, ma anche in questo caso è la narrazione stessa a non permettere di approfondire le loro storie. Ed è un peccato, perché avrei letto volentieri qualche pagina in più per esempio sul personaggio di Agnes Nash, la falsaria impenitente che difende a spada tratta il suo stile di vita.
Seppur messe in secondo piano, le figure delle detenute risultano interessanti e permettono di inserire la tematica della condizione di vita nelle carceri; ovviamente il contesto storico influisce su questo aspetto, però non mancano spunti di riflessione ben adattabili alla realtà contemporanea, perché in fondo la natura umana non cambia nell'arco di 150 anni. Il romanzo va inoltre ad analizzare altri temi abbastanza pesante, come l'elaborazione del lutto e la difficoltà di trovare il proprio posto in una società che non ci accetta per come siamo.
Tra i punti di forza devo ovviamente menzionare la caratterizzazione delle protagoniste, approfondita e tridimensionale, e la prosa di Waters che si conferma ancora una volta essere davvero curata, tant'è che nonostante l'assenza di una trama sostanziosa, il ritmo risulta estremamente scorrevole. La ricostruzione storica è ottima, e la si apprezza soprattutto nei dettagli relativi alla vita nella prigione di Millbank, che la cara Sarah ha descritto in ogni aspetto con grande attenzione.
E poi questa è la lettura autunnale per eccellenza: gli elementi gotici e l'aura soprannaturale che accompagnano il lettore per l'intera lettura si intonano perfettamente a questo periodo dell'anno, e fanno rimanere con il fiato in sospeso fino all'inaspettato -e incredibilmente brillante- finale.
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lunedì 21 novembre 2022
"Città del fuoco celeste" di Cassandra Clare
Città del fuoco celeste by Cassandra Clare
My rating: 3 of 5 stars
"«Comunque, vi sembra questo il momento di fare pettegolezzi? Non capisco come le relazioni sentimentali di chiunque possano c'entrare con questa situazione»
«Le relazioni sentimentali c'entrano sempre»"
ENTRATA PER L'INFERNO
Con "Città del fuoco celeste" termina la mia epopea (quasi) annuale nell'universo narrativo Shadowhunters creato da Cassandra Clare, che ancor oggi sta sfornando nuovi libri e nuove serie sui Cacciatori di demoni. Per quanto mi riguarda non provo un particolare interesse verso sequel o spin-off assortiti -almeno per il momento-, ma la consapevolezza di avere una dozzina abbonante di potenziali letture a mia disposizione mi conforta un po'.
L'ultimo volume della saga ci porta alla resa dei conti tra gli Shadohunters con i loro alleati (almeno sulla carta) e Sebastian, supportato invece dagli Ottenebrati ossia i Cacciatori che sono stati spinti a bere dalla Coppa Infernale ed ora sono completamente ai suoi ordini. Mentre si arriva pian piano allo scontro decisivo, l'autrice ne approfitta per chiudere gran parte delle sottotrame introdotte negli scorsi libri, ma non solo: presenta anche personaggi e dinamiche atte a preparare il terreno per un paio di volumi spin-off e soprattutto per la trilogia sequel, con protagonisti Emma Carstairs e Julian Blackthorn.
Questo è uno dei tasti dolenti della lettura: Clare è talmente impegnata nell'introdurre questi nuovi personaggi che concede loro molto più spazio del dovuto, infatti il contributo che danno alla storia poteva tranquillamente ricadere su altri caratteri, specialmente in un cast già molto ricco di suo. Da questo punto di vista si è guardato forse un po' troppo al lato economico, cercando di capitalizzare sull'interesse dei lettori per i progetti futuri. Gli altri aspetti che mi hanno fatto storcere il naso sono la gestione della sottotrama di Maureen -totalmente sacrificata, a dispetto della buona base- e il finale interminabile: dal momento del climax all'ultima pagina ci sono fin troppe scene di riempitivo, tra strizzare d'occhio ai fan dell'universo narrativo e momenti di autopromozione.
Nel complesso però penso che il romanzo svolga bene il suo compito, in quanto conclusione della serie, soprattutto perché mette in scena dei combattimenti in grado di far temere per le sorti dei personaggi, almeno quelli secondari. Ho apprezzato poi l'inserimento di diversi confronti più seri del solito, in cui si affrontato tematiche mature con i giusti toni ed i protagonisti fanno dei passi in avanti sia come singoli individui che come coppie.
Però, dal momento che questo è l'ultimo capitolo della saga, volevo inserire un breve commento su come la cara Cassandra ha saputo concludere gli archi narrativi dei personaggi principali; ovviamente omettendo i cognomi per evitare spoiler casuali.
Clarissa "Clary", non l'ho mai apprezzata particolarmente, e non è un segreto: detesto che faccia sempre delle scelte avventate senza mai risponderne solo perché è la specialissima protagonista; la sola nota positiva è che con il procedere della serie al suo POV se ne aggiungono di ben più interessanti. Il suo arco narrativo comunque ha un paio di bei momenti, e uno di questi è proprio in "Città del fuoco celeste".
Jonathan Christopher "Jace", chi si somiglia si piglia, e infatti lui è un altro personaggio che ho mal tollerato fin da subito; semplicemente, non sopporto il cliché del ragazzo tenebroso e tormentato (e direi che è una costante, in famiglia…) che riesce in qualunque cosa dalla lotta all'arte, però le sue interazioni con Simon sono davvero divertenti: urge una bromance su loro due!
Simon, che nella cosiddetta "prima trilogia" non mi diceva molto, mentre da "Città degli angeli caduti" in poi è diventato uno dei miei personaggi preferiti, e sicuramente il mio protagonista preferito. Il suo epilogo è fin troppo positivo per i miei gusti, però continuo ad apprezzare l'evoluzione del suo carattere.
Isabelle "Izzy", altro personaggio che ho molto rivalutato durante la serie, quando finalmente ha avuto spazio per mostrare il suo vero io, oltre lo stereotipo della femme fatale. Mi è piaciuta sia nelle interazioni familiari che in quelle romantiche; sarò impopolare, ma io la preferisco ad Alec.
Alexander "Alec", la sua parabola è l'opposto della sorella, perché in un primo momento mi piaceva parecchio, ma l'evoluzione scelta per lui dall'autrice dal quarto libro non mi ha fatta impazzire; in parte si redime, ma secondo me senza un vero impegno da parte sua. Nell'epilogo però mi ha commosso, anche se mi rendo conto che l'intera scena fosse volta a pubblicizzare "Le cronache di Magnus Bane".
Magnus, in questo caso mi accodo con piacere allo stuolo dei suoi fan, perché al suo carisma è impossibile resistere. Non ho nulla da obiettare sul suo percorso, anche se forse avrei visto bene una conclusione meno blanda e qualche momento in cui mostrasse maggior decisione nelle sue scelte.
Sebastian, aka l'ennesimo antagonista deludente nell'universo narrativo Shadowhunters, che passa dall'essere onnipotente al perdere tutto nell'arco di mezza pagina. Mi sarei aspettata anche in questo caso qualcosa in più, visto quanto spazio l'autrice gli aveva dedicato nel quinto libro, e invece...
Maia, che mi è piaciuta fin da subito; nel corso della serie c'è stato solo un momento in cui il suo comportamento non mi ha convinta particolarmente, ma anche quello è stato sviluppato al meglio. Non posso che essere soddisfatta per il suo epilogo, che definirei meritatissimo senza dubbi.
Raphael, un tasto dolente, perché anche lui mi ha intrigato dall'inizio e quindi avevo delle aspettative piuttosto alte; si intuirà facilmente che la conclusione della sua storia non mi è piaciuta affatto, soprattutto per l'assenza di un minimo di introspezione. Stesso si può dire tra l'altro per la maggior parte dei vampiri presenti nella saga.
Le fatine, che rimangono quasi sempre marginali, anche se intuisco saranno importanti in The Dark Artifices. Non mi hanno mai incuriosito più di tanto, ma per lo meno mantengono un certo fascino dovuto agli elementi folkloristici che le caratterizzano.
Angeli e demoni assortiti, dai quali ci si potrebbe aspettare grandi gesta e battaglie epiche, ma no. Soprattutto i secondi sono una vera tristezza e oscillano tra l'inutilità (vedasi il dispensabile Azazel) ed il disonore di farsi sconfiggere con facilità da un gruppetto di adolescenti male in arnese; fossero rimasti in disparte, avrebbero fatto miglior figura.
Gli adulti, ossia i grandi assenti, cosa abbastanza frequente nelle serie per ragazzi quindi in linea di massima non lo reputo un problema, anzi ci si potrebbe leggere una sottile critica ad una società fossilizzata in rituali desueti e inutili, che inoltre mettono in pericolo la comunità. La maggior parte di loro porta a casa la pagnotta (letteraria), però Jocelyn non la digerisco proprio: per quanto piagnucoli rimane la causa del 90% dei problemi di questa storia e, senza particolare impegno, si becca pure un bel finale. Non c'è giustizia.
Voto effettivo: tre stelline e mezza
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My rating: 3 of 5 stars
"«Comunque, vi sembra questo il momento di fare pettegolezzi? Non capisco come le relazioni sentimentali di chiunque possano c'entrare con questa situazione»
«Le relazioni sentimentali c'entrano sempre»"
ENTRATA PER L'INFERNO
Con "Città del fuoco celeste" termina la mia epopea (quasi) annuale nell'universo narrativo Shadowhunters creato da Cassandra Clare, che ancor oggi sta sfornando nuovi libri e nuove serie sui Cacciatori di demoni. Per quanto mi riguarda non provo un particolare interesse verso sequel o spin-off assortiti -almeno per il momento-, ma la consapevolezza di avere una dozzina abbonante di potenziali letture a mia disposizione mi conforta un po'.
L'ultimo volume della saga ci porta alla resa dei conti tra gli Shadohunters con i loro alleati (almeno sulla carta) e Sebastian, supportato invece dagli Ottenebrati ossia i Cacciatori che sono stati spinti a bere dalla Coppa Infernale ed ora sono completamente ai suoi ordini. Mentre si arriva pian piano allo scontro decisivo, l'autrice ne approfitta per chiudere gran parte delle sottotrame introdotte negli scorsi libri, ma non solo: presenta anche personaggi e dinamiche atte a preparare il terreno per un paio di volumi spin-off e soprattutto per la trilogia sequel, con protagonisti Emma Carstairs e Julian Blackthorn.
Questo è uno dei tasti dolenti della lettura: Clare è talmente impegnata nell'introdurre questi nuovi personaggi che concede loro molto più spazio del dovuto, infatti il contributo che danno alla storia poteva tranquillamente ricadere su altri caratteri, specialmente in un cast già molto ricco di suo. Da questo punto di vista si è guardato forse un po' troppo al lato economico, cercando di capitalizzare sull'interesse dei lettori per i progetti futuri. Gli altri aspetti che mi hanno fatto storcere il naso sono la gestione della sottotrama di Maureen -totalmente sacrificata, a dispetto della buona base- e il finale interminabile: dal momento del climax all'ultima pagina ci sono fin troppe scene di riempitivo, tra strizzare d'occhio ai fan dell'universo narrativo e momenti di autopromozione.
Nel complesso però penso che il romanzo svolga bene il suo compito, in quanto conclusione della serie, soprattutto perché mette in scena dei combattimenti in grado di far temere per le sorti dei personaggi, almeno quelli secondari. Ho apprezzato poi l'inserimento di diversi confronti più seri del solito, in cui si affrontato tematiche mature con i giusti toni ed i protagonisti fanno dei passi in avanti sia come singoli individui che come coppie.
Però, dal momento che questo è l'ultimo capitolo della saga, volevo inserire un breve commento su come la cara Cassandra ha saputo concludere gli archi narrativi dei personaggi principali; ovviamente omettendo i cognomi per evitare spoiler casuali.
Clarissa "Clary", non l'ho mai apprezzata particolarmente, e non è un segreto: detesto che faccia sempre delle scelte avventate senza mai risponderne solo perché è la specialissima protagonista; la sola nota positiva è che con il procedere della serie al suo POV se ne aggiungono di ben più interessanti. Il suo arco narrativo comunque ha un paio di bei momenti, e uno di questi è proprio in "Città del fuoco celeste".
Jonathan Christopher "Jace", chi si somiglia si piglia, e infatti lui è un altro personaggio che ho mal tollerato fin da subito; semplicemente, non sopporto il cliché del ragazzo tenebroso e tormentato (e direi che è una costante, in famiglia…) che riesce in qualunque cosa dalla lotta all'arte, però le sue interazioni con Simon sono davvero divertenti: urge una bromance su loro due!
Simon, che nella cosiddetta "prima trilogia" non mi diceva molto, mentre da "Città degli angeli caduti" in poi è diventato uno dei miei personaggi preferiti, e sicuramente il mio protagonista preferito. Il suo epilogo è fin troppo positivo per i miei gusti, però continuo ad apprezzare l'evoluzione del suo carattere.
Isabelle "Izzy", altro personaggio che ho molto rivalutato durante la serie, quando finalmente ha avuto spazio per mostrare il suo vero io, oltre lo stereotipo della femme fatale. Mi è piaciuta sia nelle interazioni familiari che in quelle romantiche; sarò impopolare, ma io la preferisco ad Alec.
Alexander "Alec", la sua parabola è l'opposto della sorella, perché in un primo momento mi piaceva parecchio, ma l'evoluzione scelta per lui dall'autrice dal quarto libro non mi ha fatta impazzire; in parte si redime, ma secondo me senza un vero impegno da parte sua. Nell'epilogo però mi ha commosso, anche se mi rendo conto che l'intera scena fosse volta a pubblicizzare "Le cronache di Magnus Bane".
Magnus, in questo caso mi accodo con piacere allo stuolo dei suoi fan, perché al suo carisma è impossibile resistere. Non ho nulla da obiettare sul suo percorso, anche se forse avrei visto bene una conclusione meno blanda e qualche momento in cui mostrasse maggior decisione nelle sue scelte.
Sebastian, aka l'ennesimo antagonista deludente nell'universo narrativo Shadowhunters, che passa dall'essere onnipotente al perdere tutto nell'arco di mezza pagina. Mi sarei aspettata anche in questo caso qualcosa in più, visto quanto spazio l'autrice gli aveva dedicato nel quinto libro, e invece...
Maia, che mi è piaciuta fin da subito; nel corso della serie c'è stato solo un momento in cui il suo comportamento non mi ha convinta particolarmente, ma anche quello è stato sviluppato al meglio. Non posso che essere soddisfatta per il suo epilogo, che definirei meritatissimo senza dubbi.
Raphael, un tasto dolente, perché anche lui mi ha intrigato dall'inizio e quindi avevo delle aspettative piuttosto alte; si intuirà facilmente che la conclusione della sua storia non mi è piaciuta affatto, soprattutto per l'assenza di un minimo di introspezione. Stesso si può dire tra l'altro per la maggior parte dei vampiri presenti nella saga.
Le fatine, che rimangono quasi sempre marginali, anche se intuisco saranno importanti in The Dark Artifices. Non mi hanno mai incuriosito più di tanto, ma per lo meno mantengono un certo fascino dovuto agli elementi folkloristici che le caratterizzano.
Angeli e demoni assortiti, dai quali ci si potrebbe aspettare grandi gesta e battaglie epiche, ma no. Soprattutto i secondi sono una vera tristezza e oscillano tra l'inutilità (vedasi il dispensabile Azazel) ed il disonore di farsi sconfiggere con facilità da un gruppetto di adolescenti male in arnese; fossero rimasti in disparte, avrebbero fatto miglior figura.
Gli adulti, ossia i grandi assenti, cosa abbastanza frequente nelle serie per ragazzi quindi in linea di massima non lo reputo un problema, anzi ci si potrebbe leggere una sottile critica ad una società fossilizzata in rituali desueti e inutili, che inoltre mettono in pericolo la comunità. La maggior parte di loro porta a casa la pagnotta (letteraria), però Jocelyn non la digerisco proprio: per quanto piagnucoli rimane la causa del 90% dei problemi di questa storia e, senza particolare impegno, si becca pure un bel finale. Non c'è giustizia.
Voto effettivo: tre stelline e mezza
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mercoledì 16 novembre 2022
"Arsène Lupin, ladro gentiluomo" di Maurice Leblanc
Arsène Lupin, ladro gentiluomo by Maurice Leblanc
My rating: 3 of 5 stars
"Arsène Lupin, l'uomo dai mille travestimenti, di volta in volta autista, tenore, bookmaker, viziato cocco di mamma e figlio di papà, adolescente, decrepito vegliardo, commesso viaggiatore marsigliese, medico russo, torero spagnolo!"
ARSÈNE LUPIN, BORSAIOLO SIMP
Dopo il grande successo della serie TV Netflix in cui la figura del celebre ladro viene trasposta nel mondo contemporaneo, poteva l'editoria italiana non sfruttare il rinnovato successo della creatura di Leblanc per sfornare copie su copie dei suoi libri? ovviamente no, e tra queste c’è la nuova edizione di Feltrinelli, proposta in acquisto combinato ad un ottimo prezzo. Da buona vittima del marketing, la sottoscritta non si è lasciata scappare l'occasione; ed ecco come sono approdata alla lettura di "Arsène Lupin, ladro gentiluomo".
Il volume si presenta come una raccolta composta dai primi nove racconti scritti dal caro Maurice, e inizialmente pubblicati singolarmente sulla rivista Je sais tout. Nonostante venga rispettato l'ordine di pubblicazione, le storie non seguono alcuna cronologia, tanto che nella prima narrazione Lupin viene già menzionato come una figura ben nota alle autorità francesi; solo più avanti nella lettura vengono forniti al lettore dettagli sulle sue origini ed i primi colpi, nonché su come l'anonimo narratore sia entrato tanto in confidenza con il noto ladro da trasformarsi nel suo biografo ufficiale. Logicamente, non troviamo neppure un epilogo, perché i volumi dedicati alla figura di Lupin -ad opera di Leblanc, ma non solo- sono moltissimi.
E posso ben capirne il motivo: Lupin è un personaggio estremamente carismatico, che riesce con poche battute ad accattivarsi l'affetto del lettore a dispetto della sua professione, o forse proprio per merito di questa. La sua caratterizzazione è senza dubbio l'aspetto di questa lettura che più mi ha colpita in positivo; ho adorato leggere le sue sbruffonate, la passione che mette nelle sue imprese e l'astuzia con cui riesce ad avere la meglio sia ottenendo un buon bottino sia dando prova della sua grande dialettica.
L'altro indubbio punto di forza del titolo sono le risoluzioni dei diversi misteri, ad opera delle forze dell'ordine ma più spesso dello stesso Lupin, che non può proprio resistere all'idea di far sfoggio una volta in più del suo acume. Personalmente continuo a ritenere più soddisfacenti le spiegazioni date da Poirot o Miss Marple, ma anche gli intrecci creati da Leblanc sono affascinanti. Come non citare poi l'atmosfera della Belle Époche che permea tutti i racconti, trasportando i lettori in un mondo diviso tra due realtà: dove ancora ci si sposta a cavallo, ma già la tecnologia permette ad un ladro intraprendente di mettere a segno furti impossibili sulla carta.
Purtroppo questa lettura non è stata tutta vaccini contro la rabbia e turbine a vapore. Per quanto il caro Arsène mi abbia convinto, non posso dire lo stesso per il resto del cast che in gran parte è composto da caratteri appena abbozzati; neppure Justin Ganimard ed Herlock Sholmes, che sulla carta dovrebbero rappresentare le nemesi del celebre ladro, hanno dei tratti particolarmente memorabili. Rimanendo in tema personaggi, non ho apprezzato per nulla la figura di miss Nelly Underdown: trovo incomprensibile la sua azione alla fine de "L'arresto di Arsène Lupin" e inconcludente il suo contributo in uno dei racconti successivi.
Per quanto poi la sospensione dell'incredulità sia d'obbligo in una storia di fantasia, la risoluzione presentata ne "La Collana della regina" è dir poco inverosimile; l'ho trovata fastidiosa soprattutto perché vorrebbe portare un messaggio di denuncia sociale, che però si perde del tutto di fronte all'assurdità della vicenda raccontata.
Nonostante questi difetti, rimane un titolo molto godibile e divertente, inoltre questa edizione di Feltrinelli ha una valida traduzione e diversi appendici in cui vengono forniti un buon quadro sulla vita di Leblanc e sulla genesi del geniale ladro che lo rese famoso.
Voto effettivo: tre stelline e mezza
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My rating: 3 of 5 stars
"Arsène Lupin, l'uomo dai mille travestimenti, di volta in volta autista, tenore, bookmaker, viziato cocco di mamma e figlio di papà, adolescente, decrepito vegliardo, commesso viaggiatore marsigliese, medico russo, torero spagnolo!"
ARSÈNE LUPIN, BORSAIOLO SIMP
Dopo il grande successo della serie TV Netflix in cui la figura del celebre ladro viene trasposta nel mondo contemporaneo, poteva l'editoria italiana non sfruttare il rinnovato successo della creatura di Leblanc per sfornare copie su copie dei suoi libri? ovviamente no, e tra queste c’è la nuova edizione di Feltrinelli, proposta in acquisto combinato ad un ottimo prezzo. Da buona vittima del marketing, la sottoscritta non si è lasciata scappare l'occasione; ed ecco come sono approdata alla lettura di "Arsène Lupin, ladro gentiluomo".
Il volume si presenta come una raccolta composta dai primi nove racconti scritti dal caro Maurice, e inizialmente pubblicati singolarmente sulla rivista Je sais tout. Nonostante venga rispettato l'ordine di pubblicazione, le storie non seguono alcuna cronologia, tanto che nella prima narrazione Lupin viene già menzionato come una figura ben nota alle autorità francesi; solo più avanti nella lettura vengono forniti al lettore dettagli sulle sue origini ed i primi colpi, nonché su come l'anonimo narratore sia entrato tanto in confidenza con il noto ladro da trasformarsi nel suo biografo ufficiale. Logicamente, non troviamo neppure un epilogo, perché i volumi dedicati alla figura di Lupin -ad opera di Leblanc, ma non solo- sono moltissimi.
E posso ben capirne il motivo: Lupin è un personaggio estremamente carismatico, che riesce con poche battute ad accattivarsi l'affetto del lettore a dispetto della sua professione, o forse proprio per merito di questa. La sua caratterizzazione è senza dubbio l'aspetto di questa lettura che più mi ha colpita in positivo; ho adorato leggere le sue sbruffonate, la passione che mette nelle sue imprese e l'astuzia con cui riesce ad avere la meglio sia ottenendo un buon bottino sia dando prova della sua grande dialettica.
L'altro indubbio punto di forza del titolo sono le risoluzioni dei diversi misteri, ad opera delle forze dell'ordine ma più spesso dello stesso Lupin, che non può proprio resistere all'idea di far sfoggio una volta in più del suo acume. Personalmente continuo a ritenere più soddisfacenti le spiegazioni date da Poirot o Miss Marple, ma anche gli intrecci creati da Leblanc sono affascinanti. Come non citare poi l'atmosfera della Belle Époche che permea tutti i racconti, trasportando i lettori in un mondo diviso tra due realtà: dove ancora ci si sposta a cavallo, ma già la tecnologia permette ad un ladro intraprendente di mettere a segno furti impossibili sulla carta.
Purtroppo questa lettura non è stata tutta vaccini contro la rabbia e turbine a vapore. Per quanto il caro Arsène mi abbia convinto, non posso dire lo stesso per il resto del cast che in gran parte è composto da caratteri appena abbozzati; neppure Justin Ganimard ed Herlock Sholmes, che sulla carta dovrebbero rappresentare le nemesi del celebre ladro, hanno dei tratti particolarmente memorabili. Rimanendo in tema personaggi, non ho apprezzato per nulla la figura di miss Nelly Underdown: trovo incomprensibile la sua azione alla fine de "L'arresto di Arsène Lupin" e inconcludente il suo contributo in uno dei racconti successivi.
Per quanto poi la sospensione dell'incredulità sia d'obbligo in una storia di fantasia, la risoluzione presentata ne "La Collana della regina" è dir poco inverosimile; l'ho trovata fastidiosa soprattutto perché vorrebbe portare un messaggio di denuncia sociale, che però si perde del tutto di fronte all'assurdità della vicenda raccontata.
Nonostante questi difetti, rimane un titolo molto godibile e divertente, inoltre questa edizione di Feltrinelli ha una valida traduzione e diversi appendici in cui vengono forniti un buon quadro sulla vita di Leblanc e sulla genesi del geniale ladro che lo rese famoso.
Voto effettivo: tre stelline e mezza
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lunedì 14 novembre 2022
"Basta un caffè per essere felici" di Toshikazu Kawaguchi
Basta un caffè per essere felici by Toshikazu Kawaguchi
My rating: 4 of 5 stars
"Quello era il caffè diventato protagonista di una leggenda metropolitana una decina d'anni prima. Di solito le leggende metropolitane sono inventate di sana pianta, e invece si diceva che in quel caffè si potesse davvero tornare nel passato"
QUATTRO FUNERALI E UN MATRIMONIO
Dopo la lettura di "Finché il caffè è caldo" non ero troppo convinta di voler continuare la serie, specialmente perché non riuscivo neanche ad immaginare cosa potesse essersi inventato di nuovo l'autore per i volumi successivi; nel frattempo però mi è stato regalato "Basta un caffè per essere felici", quindi mi sono sentita spronata a proseguire. Ma metto già le mani avanti: salvo altri (sempre graditi!) doni, non ho in programma di leggere il terzo libro a breve.
Anche in questo seguito, il volume è diviso in quattro novelle, in alcuni casi con il titolo in comune con le precedenti. Torniamo quindi al misterioso caffè edochiano in cui, seguendo un rigido decalogo di regole e raccomandazioni, è possibile viaggiare nel tempo e rivivere quindi un momento del passato oppure dare una sbirciata al futuro. I personaggi che fruiscono di questo particolare servizio sono dei volti nuovi, ma dietro al bancone tornato Kazu e Nagare Tokita, questa volta affiancati da Miki, la figlioletta settenne di lui.
Forse perché già sapevo che tipo di narrazione aspettarmi, questo libro mi ha convinta un po' di più del primo capitolo. Sono di nuovo promossi l'atmosfera sognante, quasi magica, che si respira nel caffè ed il concetto ben ragionato dietro ai viaggi nel tempo. Mi sono piaciuti anche il parziale senso di evoluzione che si percepisce nelle vicende -nonostante le storie rimangano scollegate tra loro- e la scelta di creare una narrazione più ampia e corposa, andando pian piano a fornire maggiori informazioni sui personaggi ricorrenti.
Ho apprezzato la possibilità di vedere qualche scorcio di una realtà molto diversa da quella occidentale, in cui si vive secondo altri valori e ci si relaziona in maniera più formale. Ad avermi colpita principalmente però sono state le intenzioni dei viaggiatori: l'autore dimostra sicuramente una maggiore inventiva in questo senso, soprattutto perché deve tener conto della regola per cui non si può in alcun modo influenzare il corso della Storia.
Purtroppo per alcuni aspetti questa serie non riesce ancora a conquistarmi: trovo lo stile di Kawaguchi abbastanza povero, a tratti quasi asettico, con una prosa che si perde in tediose ripetizioni (specialmente delle regole per viaggiare nel tempo, ribadite in ogni singola novella!) rendendo il ritmo a dir poco indolente. Per mio gusto personale poi non vado matta per le storie in cui si tenta palesemente di arruffianarsi il lettore con vicende tragiche in modo estremo; un difetto oggettivo è invece la presenza di informazioni di cui un dato personaggio non dispone nel suo POV, seppur in terza persona.
Devo infine bocciare per la seconda volta l'edizione di Garzanti che, oltre ad avere un rapporto qualità/prezzo discutibile, non propone nessun contenuto utile a far comprendere al lettore la cultura giapponese, e in alcuni casi non riporta neppure la traduzione dei termini lasciati in originale! A questo punto temodi non potermiaspettare nulla di più da parte loro per il terzo capitolo della serie.
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My rating: 4 of 5 stars
"Quello era il caffè diventato protagonista di una leggenda metropolitana una decina d'anni prima. Di solito le leggende metropolitane sono inventate di sana pianta, e invece si diceva che in quel caffè si potesse davvero tornare nel passato"
QUATTRO FUNERALI E UN MATRIMONIO
Dopo la lettura di "Finché il caffè è caldo" non ero troppo convinta di voler continuare la serie, specialmente perché non riuscivo neanche ad immaginare cosa potesse essersi inventato di nuovo l'autore per i volumi successivi; nel frattempo però mi è stato regalato "Basta un caffè per essere felici", quindi mi sono sentita spronata a proseguire. Ma metto già le mani avanti: salvo altri (sempre graditi!) doni, non ho in programma di leggere il terzo libro a breve.
Anche in questo seguito, il volume è diviso in quattro novelle, in alcuni casi con il titolo in comune con le precedenti. Torniamo quindi al misterioso caffè edochiano in cui, seguendo un rigido decalogo di regole e raccomandazioni, è possibile viaggiare nel tempo e rivivere quindi un momento del passato oppure dare una sbirciata al futuro. I personaggi che fruiscono di questo particolare servizio sono dei volti nuovi, ma dietro al bancone tornato Kazu e Nagare Tokita, questa volta affiancati da Miki, la figlioletta settenne di lui.
Forse perché già sapevo che tipo di narrazione aspettarmi, questo libro mi ha convinta un po' di più del primo capitolo. Sono di nuovo promossi l'atmosfera sognante, quasi magica, che si respira nel caffè ed il concetto ben ragionato dietro ai viaggi nel tempo. Mi sono piaciuti anche il parziale senso di evoluzione che si percepisce nelle vicende -nonostante le storie rimangano scollegate tra loro- e la scelta di creare una narrazione più ampia e corposa, andando pian piano a fornire maggiori informazioni sui personaggi ricorrenti.
Ho apprezzato la possibilità di vedere qualche scorcio di una realtà molto diversa da quella occidentale, in cui si vive secondo altri valori e ci si relaziona in maniera più formale. Ad avermi colpita principalmente però sono state le intenzioni dei viaggiatori: l'autore dimostra sicuramente una maggiore inventiva in questo senso, soprattutto perché deve tener conto della regola per cui non si può in alcun modo influenzare il corso della Storia.
Purtroppo per alcuni aspetti questa serie non riesce ancora a conquistarmi: trovo lo stile di Kawaguchi abbastanza povero, a tratti quasi asettico, con una prosa che si perde in tediose ripetizioni (specialmente delle regole per viaggiare nel tempo, ribadite in ogni singola novella!) rendendo il ritmo a dir poco indolente. Per mio gusto personale poi non vado matta per le storie in cui si tenta palesemente di arruffianarsi il lettore con vicende tragiche in modo estremo; un difetto oggettivo è invece la presenza di informazioni di cui un dato personaggio non dispone nel suo POV, seppur in terza persona.
Devo infine bocciare per la seconda volta l'edizione di Garzanti che, oltre ad avere un rapporto qualità/prezzo discutibile, non propone nessun contenuto utile a far comprendere al lettore la cultura giapponese, e in alcuni casi non riporta neppure la traduzione dei termini lasciati in originale! A questo punto temodi non potermiaspettare nulla di più da parte loro per il terzo capitolo della serie.
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mercoledì 9 novembre 2022
"The Quick. Misteri, vampiri e sale da tè" di Lauren Owen
The Quick: Misteri, vampiri e sale da tè by Lauren Owen
My rating: 4 of 5 stars
"Eppure l'aveva ferita, aveva avuto sulle labbra il gusto del suo sangue e sentito per un istante fluire dentro di sé la sua vita, la sua forza ... Aveva desiderato la sua morte"
SE COLLINS AVESSE SCRITTO DI UOMINI GAY
"The Quick. Misteri, vampiri e sale da tè" è un libro che mi ha incuriosito per anni, specialmente per merito della bella cover realizzata per l'edizione italiana; però finivo sempre per rimandare questa lettura perché non ne ho mai sentito parlare troppo, o in toni particolarmente lusinghieri. E ammetto che inizialmente la media delle valutazioni su Goodreads mi ha frenato un po', ma con il procedere della narrazione mi sono appassionata sempre più alla storia, che si è rivelata alla fine una piacevolissima sorpresa.
Il romanzo segue un gran numero di personaggi e gruppi spesso in contrasto tra loro nell'Inghilterra di fine Ottocento, ma il focus principale è riservato a Charlotte e James Norbury, sorella e fratello di buona famiglia originari dello Yorkshire. Dopo un rapido excursus sulla loro infanzia, la storia inizia effettivamente con l'arrivo di James a Londra dopo gli studi ad Oxford; il giovane spera di fare strada come scrittore, ma si trova suo malgrado coinvolto nei misteriosi affari dell' Ægolius, un club per gentiluomini a dir poco esclusivo.
Come già accennato, il cast dei personaggi è estremamente ampio: questo spunto è solo una minima parte della trama complessiva. A tal proposito, voglio subito menzionare quelli che ritengo essere i due soli difetti del romanzo: la fiacchezza del ritmo nella prima parte e l'eccesso di materiale narrativo; a mio parere, l'autrice aveva abbastanza idee e personaggi interessanti da ricavare per lo meno una trilogia! mi è sinceramente dispiaciuto che figure brillanti e non scontate come Augustus "Gus" Mould, Adeline Swift o Lucy Price venissero relegati a ruoli secondari.
Ad onor del vero c'è un'altra piccola problematica, ma riguarda unicamente questa edizione. Ritengo che la copertina ed il sottotitolo -per quanto carini e in linea con la storia raccontata- potrebbero far pensare ad un libro per ragazzi, mentre l'età dei protagonisti, il tono della prosa e le tematiche affrontate fanno da subito capire quale sia il target in realtà.
Ma passiamo ora ai (tanti) motivi per cui mi sento di consigliare questo titolo, andando in controtendenza rispetto alla maggioranza dei lettori. Il primo elemento ad avermi colpito è lo stile: la prosa di Owen è perfettamente in linea con il contesto storico scelto, ed adegua anche il lessico ai diversi POV presenti. Di conseguenza, un altro aspetto ben riuscito e da subito evidente è l'ambientazione, tratteggiata con grande cura per i dettagli, specialmente quelli legati alla vita quotidiana dei londinesi di bassa estrazione, umani o vampiri che siano.
Ho apprezzato molto anche l'attinenza ad alcuni autori classici, in particolare diversi passaggi mi hanno fatto pensare a "La donna in bianco" di Collins per l'atmosfera e la presenza di documenti nel testo, altri a Dickens: una scena specialmente sembra proprio uscita da "Oliver Twist", ma con dei piccoli vampiri al posto dei ragazzini di Fagin. Ovviamente ho gradito il formato mixed media, che rende sempre più intrigante una lettura, e in questo caso contribuisce in egual modo a creare maggior mistero e a far intuire ai lettori più attenti diversi sottotesti.
Il vero punto di forza di questo libro si scopre solo dopo un po', ed è rappresentato dai suoi personaggi. La cara Lauren è stata molto brava nel capovolgere un sacco di stereotipi e nel creare delle backstory ai protagonisti che permettono di comprendere al meglio gli avvenimenti del presente. A fine lettura mi sono veramente affezionata a tutto il cast, e proprio per questo avrei voluto che ognuno di loro avesse il giusto spazio.
Ma veniamo alla parte spooky: questo romanzo riesce a dare i brividi? Non particolarmente, devo dire: non è il primo elemento che viene in mente se ripenso all'esperienza di lettura; in compenso non mancano dei momenti un po' creepy legati al vampirismo, inoltre il clima gotico e decadente si percepisce molto bene e lo rende comunque un titolo adatto al periodo halloweeniano.
Voto effettivo: quattro stelline e mezza
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My rating: 4 of 5 stars
"Eppure l'aveva ferita, aveva avuto sulle labbra il gusto del suo sangue e sentito per un istante fluire dentro di sé la sua vita, la sua forza ... Aveva desiderato la sua morte"
SE COLLINS AVESSE SCRITTO DI UOMINI GAY
"The Quick. Misteri, vampiri e sale da tè" è un libro che mi ha incuriosito per anni, specialmente per merito della bella cover realizzata per l'edizione italiana; però finivo sempre per rimandare questa lettura perché non ne ho mai sentito parlare troppo, o in toni particolarmente lusinghieri. E ammetto che inizialmente la media delle valutazioni su Goodreads mi ha frenato un po', ma con il procedere della narrazione mi sono appassionata sempre più alla storia, che si è rivelata alla fine una piacevolissima sorpresa.
Il romanzo segue un gran numero di personaggi e gruppi spesso in contrasto tra loro nell'Inghilterra di fine Ottocento, ma il focus principale è riservato a Charlotte e James Norbury, sorella e fratello di buona famiglia originari dello Yorkshire. Dopo un rapido excursus sulla loro infanzia, la storia inizia effettivamente con l'arrivo di James a Londra dopo gli studi ad Oxford; il giovane spera di fare strada come scrittore, ma si trova suo malgrado coinvolto nei misteriosi affari dell' Ægolius, un club per gentiluomini a dir poco esclusivo.
Come già accennato, il cast dei personaggi è estremamente ampio: questo spunto è solo una minima parte della trama complessiva. A tal proposito, voglio subito menzionare quelli che ritengo essere i due soli difetti del romanzo: la fiacchezza del ritmo nella prima parte e l'eccesso di materiale narrativo; a mio parere, l'autrice aveva abbastanza idee e personaggi interessanti da ricavare per lo meno una trilogia! mi è sinceramente dispiaciuto che figure brillanti e non scontate come Augustus "Gus" Mould, Adeline Swift o Lucy Price venissero relegati a ruoli secondari.
Ad onor del vero c'è un'altra piccola problematica, ma riguarda unicamente questa edizione. Ritengo che la copertina ed il sottotitolo -per quanto carini e in linea con la storia raccontata- potrebbero far pensare ad un libro per ragazzi, mentre l'età dei protagonisti, il tono della prosa e le tematiche affrontate fanno da subito capire quale sia il target in realtà.
Ma passiamo ora ai (tanti) motivi per cui mi sento di consigliare questo titolo, andando in controtendenza rispetto alla maggioranza dei lettori. Il primo elemento ad avermi colpito è lo stile: la prosa di Owen è perfettamente in linea con il contesto storico scelto, ed adegua anche il lessico ai diversi POV presenti. Di conseguenza, un altro aspetto ben riuscito e da subito evidente è l'ambientazione, tratteggiata con grande cura per i dettagli, specialmente quelli legati alla vita quotidiana dei londinesi di bassa estrazione, umani o vampiri che siano.
Ho apprezzato molto anche l'attinenza ad alcuni autori classici, in particolare diversi passaggi mi hanno fatto pensare a "La donna in bianco" di Collins per l'atmosfera e la presenza di documenti nel testo, altri a Dickens: una scena specialmente sembra proprio uscita da "Oliver Twist", ma con dei piccoli vampiri al posto dei ragazzini di Fagin. Ovviamente ho gradito il formato mixed media, che rende sempre più intrigante una lettura, e in questo caso contribuisce in egual modo a creare maggior mistero e a far intuire ai lettori più attenti diversi sottotesti.
Il vero punto di forza di questo libro si scopre solo dopo un po', ed è rappresentato dai suoi personaggi. La cara Lauren è stata molto brava nel capovolgere un sacco di stereotipi e nel creare delle backstory ai protagonisti che permettono di comprendere al meglio gli avvenimenti del presente. A fine lettura mi sono veramente affezionata a tutto il cast, e proprio per questo avrei voluto che ognuno di loro avesse il giusto spazio.
Ma veniamo alla parte spooky: questo romanzo riesce a dare i brividi? Non particolarmente, devo dire: non è il primo elemento che viene in mente se ripenso all'esperienza di lettura; in compenso non mancano dei momenti un po' creepy legati al vampirismo, inoltre il clima gotico e decadente si percepisce molto bene e lo rende comunque un titolo adatto al periodo halloweeniano.
Voto effettivo: quattro stelline e mezza
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lunedì 7 novembre 2022
"Io sono leggenda" di Richard Matheson
Io sono leggenda by Richard Matheson
My rating: 4 of 5 stars
"Non c'erano più psichiatri che potessero diagnosticare nevrosi infondate e allucinazioni uditive. L'ultimo uomo al mondo era inesorabilmente costretto a subire le proprie illusioni"
OLLIO E... THOR (PIÙ UN SACCO DI VAMPIRI)
Prima di iniziarne la lettura, di "Io sono leggenda" avevo soltanto una vaghissima idea, nata principalmente dal materiale promozionale dell'ultimo adattamento con Will Smith. Mi aspettavo quindi una storia d'azione, con il protagonista che lotta per la sopravvivenza in un mondo ormai dominato dai vampiri; e la trama del romanzo in effetti non si allontana troppo da questo spunto, ma sceglie di focalizzarsi sulla parte psicologica, accantonando quasi completamente il lato più adrenalinico.
Come accennato, la narrazione si apre su una realtà distopica in cui un'epidemia ha portato ad un passo dall'estinzione la specie umana, trasformando i contagiati in creature assetate di sangue. In questo scenario si muove Robert "Bob" Neville, unica persona non infetta nel raggio di svariati chilometri; dopo aver visto morire tutti i cari, l'uomo decide di convertire in una fortezza notturna la sua casa, mentre passa le giornate a dare la caccia ai vampiri bloccati nel loro sonno comatoso.
Così descritta la trama potrebbe apparire un po' scarna, e in effetti è proprio così: gli eventi realmente impattanti si possono contare sulle dita di una mano, e questo non è dato dalla brevità del testo quanto da una precisa intenzione dell'autore, che ha preferito mostrare il processo di deterioramento in atto nella mente di Neville, costretto a vivere del tutto isolato e in costante stato di allerta a causa degli attacchi notturni. Oltre allo sterminio dei succhiasangue, il nostro eroe è impegnato anche nella ricerca scientifica: tenta infatti di capire come si sia diffusa l'epidemia e quali siano i modi più efficaci per uccidere i vampiri.
La limitatezza della trama e il volersi focalizzare un po' troppo sull'aspetto scientifico del vampirismo sono forse i due elementi che meno mi hanno convinta di questa lettura. Non posso dire di aver apprezzato del tutto neppure il modo forzato con cui Matheson inserisce diversi flashback nella narrazione ed il finale decisamente affrettato: si tratta di certo di una risoluzione inaspettata, che stupisce il lettore, ma non avrebbe guastato qualche pagina in più per arrivarci in modo graduale.
Per contro, mi sono piaciuti molto lo stile ed il tono della narrazione: nulla lascia intuire che si tratti di un classico (seppur moderno) perché la prosa è praticamente contemporanea. Promuovo anche l'idea alla base ed il tentativo di modernizzare in parte la figura del vampiro perché, seppur possano sembrare concetti alquanto banali nel 2022, sono stati senza dubbio davvero innovativi per gli anni Cinquanta.
Il maggior punto di forza del romanzo si ha però nel ritratto psicologico del protagonista. Matheson ribalta i ruoli presenti nelle narrazioni gotiche classiche per mostrarci i pensieri di un uomo rimasto solo in un mondo di mostri; il risultato è un protagonista allo stesso tempo brillante nelle sue ricerche quanto folle per le paranoie che lo guidano. E forse proprio questo è l'aspetto più inquietante della storia: i brividi qui non riguardano la violenza bestiale dei vampiri, ma i fondi limacciosi della psiche umana posta in una situazione estrema.
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My rating: 4 of 5 stars
"Non c'erano più psichiatri che potessero diagnosticare nevrosi infondate e allucinazioni uditive. L'ultimo uomo al mondo era inesorabilmente costretto a subire le proprie illusioni"
OLLIO E... THOR (PIÙ UN SACCO DI VAMPIRI)
Prima di iniziarne la lettura, di "Io sono leggenda" avevo soltanto una vaghissima idea, nata principalmente dal materiale promozionale dell'ultimo adattamento con Will Smith. Mi aspettavo quindi una storia d'azione, con il protagonista che lotta per la sopravvivenza in un mondo ormai dominato dai vampiri; e la trama del romanzo in effetti non si allontana troppo da questo spunto, ma sceglie di focalizzarsi sulla parte psicologica, accantonando quasi completamente il lato più adrenalinico.
Come accennato, la narrazione si apre su una realtà distopica in cui un'epidemia ha portato ad un passo dall'estinzione la specie umana, trasformando i contagiati in creature assetate di sangue. In questo scenario si muove Robert "Bob" Neville, unica persona non infetta nel raggio di svariati chilometri; dopo aver visto morire tutti i cari, l'uomo decide di convertire in una fortezza notturna la sua casa, mentre passa le giornate a dare la caccia ai vampiri bloccati nel loro sonno comatoso.
Così descritta la trama potrebbe apparire un po' scarna, e in effetti è proprio così: gli eventi realmente impattanti si possono contare sulle dita di una mano, e questo non è dato dalla brevità del testo quanto da una precisa intenzione dell'autore, che ha preferito mostrare il processo di deterioramento in atto nella mente di Neville, costretto a vivere del tutto isolato e in costante stato di allerta a causa degli attacchi notturni. Oltre allo sterminio dei succhiasangue, il nostro eroe è impegnato anche nella ricerca scientifica: tenta infatti di capire come si sia diffusa l'epidemia e quali siano i modi più efficaci per uccidere i vampiri.
La limitatezza della trama e il volersi focalizzare un po' troppo sull'aspetto scientifico del vampirismo sono forse i due elementi che meno mi hanno convinta di questa lettura. Non posso dire di aver apprezzato del tutto neppure il modo forzato con cui Matheson inserisce diversi flashback nella narrazione ed il finale decisamente affrettato: si tratta di certo di una risoluzione inaspettata, che stupisce il lettore, ma non avrebbe guastato qualche pagina in più per arrivarci in modo graduale.
Per contro, mi sono piaciuti molto lo stile ed il tono della narrazione: nulla lascia intuire che si tratti di un classico (seppur moderno) perché la prosa è praticamente contemporanea. Promuovo anche l'idea alla base ed il tentativo di modernizzare in parte la figura del vampiro perché, seppur possano sembrare concetti alquanto banali nel 2022, sono stati senza dubbio davvero innovativi per gli anni Cinquanta.
Il maggior punto di forza del romanzo si ha però nel ritratto psicologico del protagonista. Matheson ribalta i ruoli presenti nelle narrazioni gotiche classiche per mostrarci i pensieri di un uomo rimasto solo in un mondo di mostri; il risultato è un protagonista allo stesso tempo brillante nelle sue ricerche quanto folle per le paranoie che lo guidano. E forse proprio questo è l'aspetto più inquietante della storia: i brividi qui non riguardano la violenza bestiale dei vampiri, ma i fondi limacciosi della psiche umana posta in una situazione estrema.
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mercoledì 2 novembre 2022
"Dark Shadows. La maledizione di Angelique" di Lara Parker
Dark Shadows. La maledizione di Angelique by Lara Parker
My rating: 3 of 5 stars
"«Cos'è stato a renderlo così?» ... «Una maledizione. Un nemico ha pronunciato una maledizione, la vendetta consumata. Ci vuole un enorme potere per lanciare una maledizione simile. Un enorme potere e un enorme odio insieme»"
HOW TO CREARE ASPETTATIVE FASULLE
Libro acquistato all'uscita del film con l'idea di leggerlo per poi confrontarlo con l'adattamento; in pochi saranno stupiti di scoprire che, oltre a non aver letto il romanzo fino ad'ora, non ho mai recuperato neanche il film. Ma forse in questo c'è qualcosa di positivo, infatti "Dark Shadows. La maledizione di Angelique" non è l'ispirazione alla base del quasi omonimo lungometraggio di Tim Burton: entrambe le opere sono invece figlie della soap opera a tema sovrannaturale trasmessa tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio dei Settanta, infatti Parker era l'interprete della strega Angelique prima che quest'ultima assumesse i connotati di Eva Green nel 2012.
Il romanzo si potrebbe considerare un prequel rispetto alla soap perché la narrazione principale ruota attorno alle origini di Angelique Bouchard, figlia di una guaritrice discendente da schiavi, che nel corso della sua vita si avvicina sempre più al mondo dell'occulto. La ragazza diventa così una strega, e sono proprio le sue abilità a salvarla in diverse occasioni, oltre a permetterle di attuare una vendetta nei confronti dell'amato Barnabas Collins quando lui le preferisce una ricca ereditiera. Questi avvenimenti e molti altri sono raccontati tramite lunghi flashback opposti alle brevi parentesi ambientate nel 1971: qui troviamo un Barnabas guarito dalla maledizione ma ancora prigioniero del suo passato e delle azioni che l'hanno portato a perdere i suoi cari.
Premetto che a mio avviso questa storyline avrebbe potuto essere molto ridimensionata, se non direttamente eliminata; risulta infatti meno interessante e si basa su personaggi e premesse per nulla chiari, probabilmente perché già ben noti allo spettatore della soap, ma non ad un lettore neofita purtroppo. Per fortuna la maggior parte del volume è dedicata alla storia di Angelique, partendo dall'infanzia spensierata sull'isola della Martinica per poi snodarsi in vicende sempre più tragiche ed oscure.
Si sarà intuito che ho trovato estremamente affascinate questa protagonista, oltre a ritenere molto solida e ben motivata la lenta costruzione della sua discesa nella malvagità, un tipo di sviluppo caratteriale sulla carta vincente ma spesso difficile da rendere bene. Penso che l'autrice abbia gestito correttamente anche gli elementi di foreshadowing: forse i colpi di scena non saranno sbalorditivi, ma la cara Lara riesce comunque a creare una sana curiosità attorno all'intreccio del romanzo.
Un altro elemento che ho apprezzato sono i personaggi secondari (tra i quali devo per lo meno menzionare il mio preferito, aka Césaire), ai quali l'autrice ha cercato evidentemente di dare una caratterizzazione oltre agli stereotipi. Ben resa anche l'atmosfera gotica ed enigmatica, che da il suo meglio nelle scene un po' oniriche in cui Angelique ricorre ai suoi poteri.
Purtroppo questo titolo ha anche parecchi difetti, oltre alla già menzionata debolezza della parte ambientata nel presente. Lo stile non è sempre all'altezza della storia raccontata, e lo si nota specialmente in alcuni dialoghi estremamente artificiosi e retorici, mentre la descrizione delle creature sovrannaturali è degna dell'immaginazione di un bambino: streghe votate al Maligno e vampiri che si trasformano in pipistrelli stonano parecchio con l'ambientazione cupa e angosciante creata da Parker.
Ma la pecca maggiore è da attribuire in toto alla CE italiana che, per cavalcare l'onda pubblicitaria del film, ha realizzato un'edizione in cui tutto (sottotitolo, cover, sinossi) rimanda al personaggio di Barnabas; e per quanto io mi sia poi affezionata alla strega Angelique, non sarà difficile immaginare come le mie aspettative iniziali siano state deluse allo scoprire come questa non fosse la storia del vampiro.
Avevo perfino inserito il titolo in una TBR a tema vampirismo! Per lo meno lo spirito halloweeniano è stato rispettato: i vampiri non si sono quasi visti, però le atmosfere della storia e il fascino oscuro della magia la rendono una ottima lettura spooky.
Voto effettivo: tre stelline e mezza
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My rating: 3 of 5 stars
"«Cos'è stato a renderlo così?» ... «Una maledizione. Un nemico ha pronunciato una maledizione, la vendetta consumata. Ci vuole un enorme potere per lanciare una maledizione simile. Un enorme potere e un enorme odio insieme»"
HOW TO CREARE ASPETTATIVE FASULLE
Libro acquistato all'uscita del film con l'idea di leggerlo per poi confrontarlo con l'adattamento; in pochi saranno stupiti di scoprire che, oltre a non aver letto il romanzo fino ad'ora, non ho mai recuperato neanche il film. Ma forse in questo c'è qualcosa di positivo, infatti "Dark Shadows. La maledizione di Angelique" non è l'ispirazione alla base del quasi omonimo lungometraggio di Tim Burton: entrambe le opere sono invece figlie della soap opera a tema sovrannaturale trasmessa tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio dei Settanta, infatti Parker era l'interprete della strega Angelique prima che quest'ultima assumesse i connotati di Eva Green nel 2012.
Il romanzo si potrebbe considerare un prequel rispetto alla soap perché la narrazione principale ruota attorno alle origini di Angelique Bouchard, figlia di una guaritrice discendente da schiavi, che nel corso della sua vita si avvicina sempre più al mondo dell'occulto. La ragazza diventa così una strega, e sono proprio le sue abilità a salvarla in diverse occasioni, oltre a permetterle di attuare una vendetta nei confronti dell'amato Barnabas Collins quando lui le preferisce una ricca ereditiera. Questi avvenimenti e molti altri sono raccontati tramite lunghi flashback opposti alle brevi parentesi ambientate nel 1971: qui troviamo un Barnabas guarito dalla maledizione ma ancora prigioniero del suo passato e delle azioni che l'hanno portato a perdere i suoi cari.
Premetto che a mio avviso questa storyline avrebbe potuto essere molto ridimensionata, se non direttamente eliminata; risulta infatti meno interessante e si basa su personaggi e premesse per nulla chiari, probabilmente perché già ben noti allo spettatore della soap, ma non ad un lettore neofita purtroppo. Per fortuna la maggior parte del volume è dedicata alla storia di Angelique, partendo dall'infanzia spensierata sull'isola della Martinica per poi snodarsi in vicende sempre più tragiche ed oscure.
Si sarà intuito che ho trovato estremamente affascinate questa protagonista, oltre a ritenere molto solida e ben motivata la lenta costruzione della sua discesa nella malvagità, un tipo di sviluppo caratteriale sulla carta vincente ma spesso difficile da rendere bene. Penso che l'autrice abbia gestito correttamente anche gli elementi di foreshadowing: forse i colpi di scena non saranno sbalorditivi, ma la cara Lara riesce comunque a creare una sana curiosità attorno all'intreccio del romanzo.
Un altro elemento che ho apprezzato sono i personaggi secondari (tra i quali devo per lo meno menzionare il mio preferito, aka Césaire), ai quali l'autrice ha cercato evidentemente di dare una caratterizzazione oltre agli stereotipi. Ben resa anche l'atmosfera gotica ed enigmatica, che da il suo meglio nelle scene un po' oniriche in cui Angelique ricorre ai suoi poteri.
Purtroppo questo titolo ha anche parecchi difetti, oltre alla già menzionata debolezza della parte ambientata nel presente. Lo stile non è sempre all'altezza della storia raccontata, e lo si nota specialmente in alcuni dialoghi estremamente artificiosi e retorici, mentre la descrizione delle creature sovrannaturali è degna dell'immaginazione di un bambino: streghe votate al Maligno e vampiri che si trasformano in pipistrelli stonano parecchio con l'ambientazione cupa e angosciante creata da Parker.
Ma la pecca maggiore è da attribuire in toto alla CE italiana che, per cavalcare l'onda pubblicitaria del film, ha realizzato un'edizione in cui tutto (sottotitolo, cover, sinossi) rimanda al personaggio di Barnabas; e per quanto io mi sia poi affezionata alla strega Angelique, non sarà difficile immaginare come le mie aspettative iniziali siano state deluse allo scoprire come questa non fosse la storia del vampiro.
Avevo perfino inserito il titolo in una TBR a tema vampirismo! Per lo meno lo spirito halloweeniano è stato rispettato: i vampiri non si sono quasi visti, però le atmosfere della storia e il fascino oscuro della magia la rendono una ottima lettura spooky.
Voto effettivo: tre stelline e mezza
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venerdì 28 ottobre 2022
"I segreti di Coldtown" di Holly Black
I segreti di Coldtown by Holly Black
My rating: 2 of 5 stars
"Sulle pagine di gossip quasi tutto lo spazio era occupato dai vampiri, che ormai venivano trattati come celebrità; a mano a mano che aumentavano gli omicidi, cresceva anche l'interesse del pubblico"
TREMATE, TREMATE, GLI EMO SON TORNATI
Black non è propriamente un'autrice nuova per me, dal momento che un paio di anni fa ho letto la pentalogia Magisterium, pubblicata in collaborazione con Clare. "I segreti di Coldtown" è però il primo romanzo che leggo scritto esclusivamente da lei, e basandomi su questa narrazione la vedrei bene a collaborare con A.G. Howard piuttosto che con la cara Cassandra: entrambe soffrono palesemente di una feroce nostalgia per i primi anni duemila, infatti tutti i loro personaggi sono abbigliati e si atteggiano come dei perfetti emo goth. In questa storia non si parla però di fatine arrivate dal Paese delle Meraviglie bensì di vampiri, in una versione decisamente aggiornata.
L'ambientazione fa infatti pensare ad una realtà quasi distopica, ma la premessa è puramente fantastica: i vampiri da sempre popolano il mondo in gran segreto, ma alcuni anni prima il neo vampiro Caspar Morales ha dato il via ad un infezione di massa che ha portato in poco tempo alla diffusione del vampirismo su tutto il pianeta. Ogni Paese reagisce come può a questa pandemia, e gli Stati Uniti in particolare istituiscono delle enormi zone di quarantena chiamate Coldtown, in cui rinchiudere vampiri, persone infette e qualunque cittadino abbia la sfortuna di trovarsi all'interno dei confini. Le reazioni dell'umanità alla scoperta del vampirismo sono estremamente varie: c'è chi vede i vampiri come una minaccia da distruggere e chi li venera neanche fossero delle celebrità, arrivando ad entrare spontaneamente nelle Coldtown per farsi mordere.
La diciassettenne Tara Bach invece cerca di ignorare il fenomeno che ha causato la morte di sua madre, ma non può più farlo quando una festa alla quale partecipa durante l'estate si trasforma nel ricco banchetto di un gruppo di vampiri. Convinta di essere infetta, la ragazza parte alla volta della Coldtown di Springfield assieme ad Aidan Marinos -amico da sempre, ex da poco e vampiro a breve- e al misterioso vampiro Gavriil "Gavriel". Durante il viaggio verso questa quarantena volontaria, al trio si uniscono i gemelli Jennifer "Midnight" e Jack "Winter", blogger e aspiranti vampiri; in scena entreranno poi molti altri personaggi sopra le righe tra cui l'antico vampiro Lucien Moreau, ora divenuto una sorta di star grazie al suo reality online.
Oltre alla scorrevolezza della narrazione, aiutata dalla brevità dei periodi, questo titolo ha pochi punti di forza che abbiano superato indenni la prova del tempo. Personalmente ho apprezzato come l'autrice abbia aggiornato la figura del vampiro, qui trasformato in celebrità del mondo contemporaneo; per chi ha letto i romanzi di Anne Rice non sarà nulla di inedito, ma nel target YA è sicuramente un elemento insolito. Molto ben scritte le descrizioni dei personaggi, con tanti dettagli e particolari che li rendono facili da identificare; mi sento di promuovere anche il tentativo di dare un background ai protagonisti tramite brevi capitoli di flashback.
Sull'altro piatto della bilancia troviamo però una narrazione resa confusa dal comportamento casuale dei protagonisti, soprattutto nelle prime scene che avranno dei chiarimenti poco convincenti solo molto più avanti; la stessa confusione caratterizza il world building, che pur essendo affascinante nella sua estetica decadente presenta parecchie incongruenze.
Per quanto riguarda la trama, sono presenti diverse svolte decisamente deboli e nessun colpo di scena degno di questo nome. Anche le relazioni interpersonali non mi hanno fatta impazzire: ad esclusione dell'amicizia pregressa con Aidan, tutti gli altri rapporti instaurati dalla protagonista sono molto forzati perché manca il tempo materiale per svilupparli degnamente.
Ma come anticipato il più grande difetto di questo romanzo è il suo rientrare in una tipologia di libri per ragazzi ormai superata: leggere di bellocci tenebrosi che si innamorano delle protagoniste senza motivo, personaggi che agiscono senza mai riflettere un attimo sulle conseguenze e ragazze che indossano abiti favolosi per andare ad inutili balli, penso abbia stufato un po' tutti.
Ovviamente anche questo titolo rientrava nella mia TBR halloweeniana, e su questo fronte devo purtroppo segnalare che non ci sono stati molti brividi, ma sicuramente tante risate.
Voto effettivo: due stelline e mezza
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My rating: 2 of 5 stars
"Sulle pagine di gossip quasi tutto lo spazio era occupato dai vampiri, che ormai venivano trattati come celebrità; a mano a mano che aumentavano gli omicidi, cresceva anche l'interesse del pubblico"
TREMATE, TREMATE, GLI EMO SON TORNATI
Black non è propriamente un'autrice nuova per me, dal momento che un paio di anni fa ho letto la pentalogia Magisterium, pubblicata in collaborazione con Clare. "I segreti di Coldtown" è però il primo romanzo che leggo scritto esclusivamente da lei, e basandomi su questa narrazione la vedrei bene a collaborare con A.G. Howard piuttosto che con la cara Cassandra: entrambe soffrono palesemente di una feroce nostalgia per i primi anni duemila, infatti tutti i loro personaggi sono abbigliati e si atteggiano come dei perfetti emo goth. In questa storia non si parla però di fatine arrivate dal Paese delle Meraviglie bensì di vampiri, in una versione decisamente aggiornata.
L'ambientazione fa infatti pensare ad una realtà quasi distopica, ma la premessa è puramente fantastica: i vampiri da sempre popolano il mondo in gran segreto, ma alcuni anni prima il neo vampiro Caspar Morales ha dato il via ad un infezione di massa che ha portato in poco tempo alla diffusione del vampirismo su tutto il pianeta. Ogni Paese reagisce come può a questa pandemia, e gli Stati Uniti in particolare istituiscono delle enormi zone di quarantena chiamate Coldtown, in cui rinchiudere vampiri, persone infette e qualunque cittadino abbia la sfortuna di trovarsi all'interno dei confini. Le reazioni dell'umanità alla scoperta del vampirismo sono estremamente varie: c'è chi vede i vampiri come una minaccia da distruggere e chi li venera neanche fossero delle celebrità, arrivando ad entrare spontaneamente nelle Coldtown per farsi mordere.
La diciassettenne Tara Bach invece cerca di ignorare il fenomeno che ha causato la morte di sua madre, ma non può più farlo quando una festa alla quale partecipa durante l'estate si trasforma nel ricco banchetto di un gruppo di vampiri. Convinta di essere infetta, la ragazza parte alla volta della Coldtown di Springfield assieme ad Aidan Marinos -amico da sempre, ex da poco e vampiro a breve- e al misterioso vampiro Gavriil "Gavriel". Durante il viaggio verso questa quarantena volontaria, al trio si uniscono i gemelli Jennifer "Midnight" e Jack "Winter", blogger e aspiranti vampiri; in scena entreranno poi molti altri personaggi sopra le righe tra cui l'antico vampiro Lucien Moreau, ora divenuto una sorta di star grazie al suo reality online.
Oltre alla scorrevolezza della narrazione, aiutata dalla brevità dei periodi, questo titolo ha pochi punti di forza che abbiano superato indenni la prova del tempo. Personalmente ho apprezzato come l'autrice abbia aggiornato la figura del vampiro, qui trasformato in celebrità del mondo contemporaneo; per chi ha letto i romanzi di Anne Rice non sarà nulla di inedito, ma nel target YA è sicuramente un elemento insolito. Molto ben scritte le descrizioni dei personaggi, con tanti dettagli e particolari che li rendono facili da identificare; mi sento di promuovere anche il tentativo di dare un background ai protagonisti tramite brevi capitoli di flashback.
Sull'altro piatto della bilancia troviamo però una narrazione resa confusa dal comportamento casuale dei protagonisti, soprattutto nelle prime scene che avranno dei chiarimenti poco convincenti solo molto più avanti; la stessa confusione caratterizza il world building, che pur essendo affascinante nella sua estetica decadente presenta parecchie incongruenze.
Per quanto riguarda la trama, sono presenti diverse svolte decisamente deboli e nessun colpo di scena degno di questo nome. Anche le relazioni interpersonali non mi hanno fatta impazzire: ad esclusione dell'amicizia pregressa con Aidan, tutti gli altri rapporti instaurati dalla protagonista sono molto forzati perché manca il tempo materiale per svilupparli degnamente.
Ma come anticipato il più grande difetto di questo romanzo è il suo rientrare in una tipologia di libri per ragazzi ormai superata: leggere di bellocci tenebrosi che si innamorano delle protagoniste senza motivo, personaggi che agiscono senza mai riflettere un attimo sulle conseguenze e ragazze che indossano abiti favolosi per andare ad inutili balli, penso abbia stufato un po' tutti.
Ovviamente anche questo titolo rientrava nella mia TBR halloweeniana, e su questo fronte devo purtroppo segnalare che non ci sono stati molti brividi, ma sicuramente tante risate.
Voto effettivo: due stelline e mezza
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venerdì 21 ottobre 2022
"Aiuto, Poirot!" di Agatha Christie
Aiuto, Poirot! by Agatha Christie
My rating: 4 of 5 stars
"Sotto la firma, a mano, erano state vergate in fretta alcune parole: “Per l'amor di Dio, venite!”.
Restituii la lettera a Poirot col cuore che batteva più in fretta.
«Finalmente!», dissi. «Ecco qualcosa di straordinario!»"
POIROT 1 : GIRAUD 0 (HASTINGS ZERISSIMO)
Durante il mese di ottobre mi ero ripromessa di concentrarmi sui libri a tema vampirismo, in vista di Halloween, quindi ci si potrebbe chiedere cosa ci faccia qui in mezzo un romanzo della cara Agatha. Purtroppo il mio primo tentativo di lettura vampiresca (aka "I dodici" di Jasper Kent) non è stato propriamente un successo, e quando mi sento un po' arenata con gli altri romanzi i suoi mystery brevi e sempre intelligenti mi sembrano il perfetto toccasana per motivarmi anche con le letture successive. E ancora una volta la prosa di Christie sembra essere riuscita a riattizzare la mia voglia di leggere, per merito di "Aiuto, Poirot!".
Il secondo romanzo con protagonista il detective belga ci presenta un mistero d'oltremanica: Poirot viene convocato a Villa Geneviève, nella località di villeggiatura Merlinville-sur-Mer, dove il padrone di casa Paul Renauld si sente minacciato a causa di un presunto segreto del quale è depositario. Allettato dal primo caso degno di nota dopo settimane passate a ritrovare cagnolini di danarose nobildonne, Hercule Poirot parte subito per l'Alta Francia con il capitano Arthur Hastings, che anche in questo libro sarà la nostra voce narrante; purtroppo però sembra essere ormai tardi per salvare il loro committente.
Come al solito, mi sono genuinamente sforzata di indovinare l'identità del colpevole, ma fino all'ultimo la cara Agatha è riuscita a tenermi con il fiato sospeso, cambiando le carte in tavola finché il quadro non è stato perfetto in ogni minimo indizio. Raramente mi sono imbattuta in un mystery così ricco di prove contraddittorie e potenziali sospetti: ricostruire la verità penso sia praticamente impossibile, e forse proprio per questo la conclusione risulta così verosimile e soddisfacente.
Oltre alla bellezza dell'intreccio in sé, questo romanzo riesce anche a divertire, sia per il continuo atteggiamento da donnaiolo di Hastings -sempre pronto a fare il cascamorto con ogni bella donna compaia in scena, e altrettanto pronto ad essere smontato nelle sue avances- sia per la faida tra Poirot e Giraud: Christie sfrutta i loro atteggiamenti opposti nei confronti del metodo d'indagine per creare dei simpatici siparietti, mettendo puntualmente in ridicolo la sbruffonaggine del detective della Sûreté di Parigi.
Il solo neo in un romanzo più che godibile è l'assenza di un livello di lettura più profondo, perché oltre alla bellezza del giallo da dipanare non c'è molto da analizzare; anche per quanto riguarda le motivazioni dietro al delitto (senza fare spoiler!) non abbiamo nulla di particolarmente originale o complesso sul piano emotivo. Per quanto riguarda la mia copia, purtroppo mi trovo con una vecchia edizione nella quale mancano tanti segni grafici nei dialoghi, ma spero che nelle recenti ristampe questo problema sia stato risolto senza troppe difficoltà.
Da ultimo, voglio darvi un consiglio: se volete leggere questo romanzo vi suggerisco di recuperare prima "Poirot a Styles Court", nel caso vi interessi anche quel titolo, perché potreste incappare in un paio di spoiler minori.
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My rating: 4 of 5 stars
"Sotto la firma, a mano, erano state vergate in fretta alcune parole: “Per l'amor di Dio, venite!”.
Restituii la lettera a Poirot col cuore che batteva più in fretta.
«Finalmente!», dissi. «Ecco qualcosa di straordinario!»"
POIROT 1 : GIRAUD 0 (HASTINGS ZERISSIMO)
Durante il mese di ottobre mi ero ripromessa di concentrarmi sui libri a tema vampirismo, in vista di Halloween, quindi ci si potrebbe chiedere cosa ci faccia qui in mezzo un romanzo della cara Agatha. Purtroppo il mio primo tentativo di lettura vampiresca (aka "I dodici" di Jasper Kent) non è stato propriamente un successo, e quando mi sento un po' arenata con gli altri romanzi i suoi mystery brevi e sempre intelligenti mi sembrano il perfetto toccasana per motivarmi anche con le letture successive. E ancora una volta la prosa di Christie sembra essere riuscita a riattizzare la mia voglia di leggere, per merito di "Aiuto, Poirot!".
Il secondo romanzo con protagonista il detective belga ci presenta un mistero d'oltremanica: Poirot viene convocato a Villa Geneviève, nella località di villeggiatura Merlinville-sur-Mer, dove il padrone di casa Paul Renauld si sente minacciato a causa di un presunto segreto del quale è depositario. Allettato dal primo caso degno di nota dopo settimane passate a ritrovare cagnolini di danarose nobildonne, Hercule Poirot parte subito per l'Alta Francia con il capitano Arthur Hastings, che anche in questo libro sarà la nostra voce narrante; purtroppo però sembra essere ormai tardi per salvare il loro committente.
Come al solito, mi sono genuinamente sforzata di indovinare l'identità del colpevole, ma fino all'ultimo la cara Agatha è riuscita a tenermi con il fiato sospeso, cambiando le carte in tavola finché il quadro non è stato perfetto in ogni minimo indizio. Raramente mi sono imbattuta in un mystery così ricco di prove contraddittorie e potenziali sospetti: ricostruire la verità penso sia praticamente impossibile, e forse proprio per questo la conclusione risulta così verosimile e soddisfacente.
Oltre alla bellezza dell'intreccio in sé, questo romanzo riesce anche a divertire, sia per il continuo atteggiamento da donnaiolo di Hastings -sempre pronto a fare il cascamorto con ogni bella donna compaia in scena, e altrettanto pronto ad essere smontato nelle sue avances- sia per la faida tra Poirot e Giraud: Christie sfrutta i loro atteggiamenti opposti nei confronti del metodo d'indagine per creare dei simpatici siparietti, mettendo puntualmente in ridicolo la sbruffonaggine del detective della Sûreté di Parigi.
Il solo neo in un romanzo più che godibile è l'assenza di un livello di lettura più profondo, perché oltre alla bellezza del giallo da dipanare non c'è molto da analizzare; anche per quanto riguarda le motivazioni dietro al delitto (senza fare spoiler!) non abbiamo nulla di particolarmente originale o complesso sul piano emotivo. Per quanto riguarda la mia copia, purtroppo mi trovo con una vecchia edizione nella quale mancano tanti segni grafici nei dialoghi, ma spero che nelle recenti ristampe questo problema sia stato risolto senza troppe difficoltà.
Da ultimo, voglio darvi un consiglio: se volete leggere questo romanzo vi suggerisco di recuperare prima "Poirot a Styles Court", nel caso vi interessi anche quel titolo, perché potreste incappare in un paio di spoiler minori.
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mercoledì 19 ottobre 2022
"I dodici" di Jasper Kent
I Dodici by Jasper Kent
My rating: 3 of 5 stars
"I ricordi che mi invasero la mente non erano normali scene di battaglia, bensì qualcosa che mi era sembrato (e sembrato è la parola giusta, perché non rammentavo di aver visto nulla) un branco di lupo che sbranava la presa, anziché uno scontro fra soldati. E poi il sangue. Tanto sangue"
PIÙ VALIDO COME ROMANZO STORICO CHE COME HORROR
"I dodici" è un libro che ammetto di aver recuperato unicamente per averlo trovato scontatissimo in qualche store online; come al mio solito l'ho abbandonato parecchio tempo in libreria, per poi ripescarlo in occasione di una TBR interamente a tema vampiri. Non che la narrazione sia da subito chiara in questo senso, però almeno la sinossi risulta meno misteriosa e fa capire che queste creature della notte giocano un ruolo fondamentale nella storia.
La trama si snoda nel corso della seconda metà del 1812 ed è fortemente collegata agli eventi della Campagna di Russia; a raccontarci la vicenda è un ufficiale dell'esercito russo, il capitano Aleksej "Ljoša" Ivanovič Danilov, membro di una squadra di spie e sabotatori. La scena d'apertura vede il suo amico Dmitrij Fetjukovič consigliare di assoldare un gruppo di mercenari -che ribattezzano Opričniki- per rendere più efficaci i loro sforzi di indebolire la Grande Armée; mentre il nostro Aleksej impiega dozzine di pagine prima di iniziare a nutrire dei sospetti nei confronti dei suoi nuovi, sadici alleati, i lettori non faticheranno ad intuire la natura vampirica di questi sicari.
Questo è il primo, e forse il più grave, difetto del romanzo: l'intreccio è estremamente prevedibile, e questo unito ad un ritmo molto lento rende la lettura decisamente ostica, soprattutto nei primi due terzi del testo. Sempre nella prima parte della storia, il protagonista non ha una vera motivazione che lo spinga ad agire, ed è chiaro che questa fiacchezza narrativa non è spontanea ma viene imposta dall'autore, forse in un inutile tentativo di rendere profondo questo personaggio.
Ciò rende se possibile ancor più fastidioso Aleksej, che già di suo non brilla per simpatia; raramente ho dovuto seguire un POV così detestabile: Ljoša oscilla tra l'ottusità più frustante e l'incapacità di autocritica, infatti non appena arriva a sfiorare delle riflessioni decisive il suo pensiero va altrove. Alcuni dei suoi pensieri, in particolare nei confronti dell'amata Domnikiia "Dominique" Semënovna, sono offensivi senza ragione perché non portano il suo carattere ad evolvere in alcun modo.
Per nostra fortuna nel resto del cast abbiamo delle figure più simpatetiche o per lo meno affascinanti, e tra queste ammetto di aver apprezzato specialmente Maksim "Maks" Sergeevič e Iuda; quest'ultimo ha anche il merito di aver risollevato un po' il romanzo, con le trovate che mette in campo nell'ultima parte della storia. In generale poi, il modo in cui vengono rappresentati gli Opričniki mi è piaciuto: in un mondo editoriale ormai abituato ad una versione più moderna e romantica dei vampiri, trovare delle creature che non avrebbero sfigurato nel "Dracula" di Stoker è stata una sorpresa carina.
Altri aspetti sicuramente positivi sono gli elementi gore -legati sia al terrore ispirato dal sovrannaturale che agli orrori della guerra reale- e l'accuratezza dell'ambientazione storica, peccato solo che i protagonisti non interagiscono con figure realmente esistite in modo diretto: vista la premessa mi aspettavo quasi uno scenario ucronico, in cui magari gli Opričniki aiutassero i russi in una missione per uccidere Napoleone.
Per completezza, voglio segnalare che questo romanzo ha diversi seguiti incentrati sulla famiglia di Aleksej, però la vicenda narrata qui ha una sua conclusione abbastanza soddisfacente a mio avviso; e per fortuna direi, visto che la CE non ha continuato la pubblicazione della serie in Italia. Per quanto riguarda il fattore spooky, da me ovviamente ricercato nel mese di Halloween, questa lettura mi ha dato i brividi principalmente per le gelide location, ma anche per alcune scene legate alla guerra abbastanza esplicite. Difetti a parte, mi sembra quindi un buon romanzo da recuperare in questo periodo.
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My rating: 3 of 5 stars
"I ricordi che mi invasero la mente non erano normali scene di battaglia, bensì qualcosa che mi era sembrato (e sembrato è la parola giusta, perché non rammentavo di aver visto nulla) un branco di lupo che sbranava la presa, anziché uno scontro fra soldati. E poi il sangue. Tanto sangue"
PIÙ VALIDO COME ROMANZO STORICO CHE COME HORROR
"I dodici" è un libro che ammetto di aver recuperato unicamente per averlo trovato scontatissimo in qualche store online; come al mio solito l'ho abbandonato parecchio tempo in libreria, per poi ripescarlo in occasione di una TBR interamente a tema vampiri. Non che la narrazione sia da subito chiara in questo senso, però almeno la sinossi risulta meno misteriosa e fa capire che queste creature della notte giocano un ruolo fondamentale nella storia.
La trama si snoda nel corso della seconda metà del 1812 ed è fortemente collegata agli eventi della Campagna di Russia; a raccontarci la vicenda è un ufficiale dell'esercito russo, il capitano Aleksej "Ljoša" Ivanovič Danilov, membro di una squadra di spie e sabotatori. La scena d'apertura vede il suo amico Dmitrij Fetjukovič consigliare di assoldare un gruppo di mercenari -che ribattezzano Opričniki- per rendere più efficaci i loro sforzi di indebolire la Grande Armée; mentre il nostro Aleksej impiega dozzine di pagine prima di iniziare a nutrire dei sospetti nei confronti dei suoi nuovi, sadici alleati, i lettori non faticheranno ad intuire la natura vampirica di questi sicari.
Questo è il primo, e forse il più grave, difetto del romanzo: l'intreccio è estremamente prevedibile, e questo unito ad un ritmo molto lento rende la lettura decisamente ostica, soprattutto nei primi due terzi del testo. Sempre nella prima parte della storia, il protagonista non ha una vera motivazione che lo spinga ad agire, ed è chiaro che questa fiacchezza narrativa non è spontanea ma viene imposta dall'autore, forse in un inutile tentativo di rendere profondo questo personaggio.
Ciò rende se possibile ancor più fastidioso Aleksej, che già di suo non brilla per simpatia; raramente ho dovuto seguire un POV così detestabile: Ljoša oscilla tra l'ottusità più frustante e l'incapacità di autocritica, infatti non appena arriva a sfiorare delle riflessioni decisive il suo pensiero va altrove. Alcuni dei suoi pensieri, in particolare nei confronti dell'amata Domnikiia "Dominique" Semënovna, sono offensivi senza ragione perché non portano il suo carattere ad evolvere in alcun modo.
Per nostra fortuna nel resto del cast abbiamo delle figure più simpatetiche o per lo meno affascinanti, e tra queste ammetto di aver apprezzato specialmente Maksim "Maks" Sergeevič e Iuda; quest'ultimo ha anche il merito di aver risollevato un po' il romanzo, con le trovate che mette in campo nell'ultima parte della storia. In generale poi, il modo in cui vengono rappresentati gli Opričniki mi è piaciuto: in un mondo editoriale ormai abituato ad una versione più moderna e romantica dei vampiri, trovare delle creature che non avrebbero sfigurato nel "Dracula" di Stoker è stata una sorpresa carina.
Altri aspetti sicuramente positivi sono gli elementi gore -legati sia al terrore ispirato dal sovrannaturale che agli orrori della guerra reale- e l'accuratezza dell'ambientazione storica, peccato solo che i protagonisti non interagiscono con figure realmente esistite in modo diretto: vista la premessa mi aspettavo quasi uno scenario ucronico, in cui magari gli Opričniki aiutassero i russi in una missione per uccidere Napoleone.
Per completezza, voglio segnalare che questo romanzo ha diversi seguiti incentrati sulla famiglia di Aleksej, però la vicenda narrata qui ha una sua conclusione abbastanza soddisfacente a mio avviso; e per fortuna direi, visto che la CE non ha continuato la pubblicazione della serie in Italia. Per quanto riguarda il fattore spooky, da me ovviamente ricercato nel mese di Halloween, questa lettura mi ha dato i brividi principalmente per le gelide location, ma anche per alcune scene legate alla guerra abbastanza esplicite. Difetti a parte, mi sembra quindi un buon romanzo da recuperare in questo periodo.
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venerdì 14 ottobre 2022
"La principessa" di Cassandra Clare
La principessa by Cassandra Clare
My rating: 3 of 5 stars
"Sul pavimento di pietra, schierati in file, c'erano centinaia di automi … I Congegni Infernali. La grande creazione di Mortmain… un esercito nato per essere inarrestabile, per massacrare i Cacciatori e andare avanti senza rimorso"
NONOSTANTE TUTTO, È UNA SPANNA SOPRA TMI
Tra piani malvagi campati per aria e paraculate degne di nota per risolvere triangoli amorosi, "La principessa" conclude la trilogia dedicata agli antenati degli Shadowhunters che abbiamo incontrato in TMI. Una conclusione più che discreta, che riesce a chiarire un po' tutti i misteri presentati nel corso della serie; penso che la mia preferenza vada ancora al secondo capitolo, però quest'ultimo libro ha saputo divertirmi quanto i precedenti, e anche stupirmi in un paio di occasioni.
La narrazione riprendere inspiegabilmente due mesi dopo la fine de "Il principe", con il ripresentarsi della minaccia del Magister, questa volta determinato a prendersi Tessa per portare a termine la sua missione e distruggere tutti i Cacciatori. Dico inspiegabilmente perché non sono riuscita a capire cosa gli abbia impedito di agire prima, consentendo così ai protagonisti di riorganizzarsi ed addestrarsi di più. Forse voleva permettere a Cecily di ambientarsi all'interno dell'Istituto, o alle varie coppiette di dichiararsi reciprocamente eterno amore. Comunque sia, la trama sembra preparare il terreno ad una battaglia epica, che epica proprio non è: il punto di forza di questa storia infatti non è tanto nelle descrizioni dei combattimenti o nell'ideazione di piani complessi, quanto nei dialoghi in cui i protagonisti di confrontano.
Questi momenti permettono di comprendere meglio le relazioni già esistenti tra i personaggi o di farne nascere di nuove; a parte qualche battuta un po' ridondante, i confronti sono scritti in modo estremamente emozionante. Così si arriva ad esempio alla consolidazione del legame familiare tra i protagonisti, qui più uniti che mai: includendo figure di diverse età, questo gruppo da l'idea di essere una vera famiglia.
Altri aspetti che mi sento di promuovere sono il senso dell'umorismo -in particolare da parte di Henry, ma anche da un inaspettato Gideon-, la caratterizzazione ben riuscita di alcuni personaggi secondari ed i dettagli storici, che forse risultano un po' chiassosi ma dimostrano per lo meno quanto impegno l'autrice abbia investito nella ricerca di informazioni su abiti, cibi e consuetudini. Carine poi le molte strizzare d'occhio a TMI: se avete letto anche la serie madre, vi gusterete di più questa lettura.
In compenso non sono riuscita ad apprezzare le descrizioni ripetitive dell'aspetto dei personaggi (dopo tre libri so bene che Jem ha le ossa fragili, non c'è bisogno di ribadirlo ogni tre pagine!), le rivelazioni eccessivamente contorte del villain principale e la poca coerenza a livello temporale, soprattutto se si riflette sulle tempistiche degli spostamenti da metà libro in poi.
Per quanto riguarda la risoluzione del triangolo amoroso tra i protagonisti, sono combattuta: non mi sento del tutto convinta, però almeno è una trovata originale; e a questo punto bisogna ammettere che A.G. Howard non si era inventata nulla di nuovo.
Voto effettivo: tre stelline e mezza
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My rating: 3 of 5 stars
"Sul pavimento di pietra, schierati in file, c'erano centinaia di automi … I Congegni Infernali. La grande creazione di Mortmain… un esercito nato per essere inarrestabile, per massacrare i Cacciatori e andare avanti senza rimorso"
NONOSTANTE TUTTO, È UNA SPANNA SOPRA TMI
Tra piani malvagi campati per aria e paraculate degne di nota per risolvere triangoli amorosi, "La principessa" conclude la trilogia dedicata agli antenati degli Shadowhunters che abbiamo incontrato in TMI. Una conclusione più che discreta, che riesce a chiarire un po' tutti i misteri presentati nel corso della serie; penso che la mia preferenza vada ancora al secondo capitolo, però quest'ultimo libro ha saputo divertirmi quanto i precedenti, e anche stupirmi in un paio di occasioni.
La narrazione riprendere inspiegabilmente due mesi dopo la fine de "Il principe", con il ripresentarsi della minaccia del Magister, questa volta determinato a prendersi Tessa per portare a termine la sua missione e distruggere tutti i Cacciatori. Dico inspiegabilmente perché non sono riuscita a capire cosa gli abbia impedito di agire prima, consentendo così ai protagonisti di riorganizzarsi ed addestrarsi di più. Forse voleva permettere a Cecily di ambientarsi all'interno dell'Istituto, o alle varie coppiette di dichiararsi reciprocamente eterno amore. Comunque sia, la trama sembra preparare il terreno ad una battaglia epica, che epica proprio non è: il punto di forza di questa storia infatti non è tanto nelle descrizioni dei combattimenti o nell'ideazione di piani complessi, quanto nei dialoghi in cui i protagonisti di confrontano.
Questi momenti permettono di comprendere meglio le relazioni già esistenti tra i personaggi o di farne nascere di nuove; a parte qualche battuta un po' ridondante, i confronti sono scritti in modo estremamente emozionante. Così si arriva ad esempio alla consolidazione del legame familiare tra i protagonisti, qui più uniti che mai: includendo figure di diverse età, questo gruppo da l'idea di essere una vera famiglia.
Altri aspetti che mi sento di promuovere sono il senso dell'umorismo -in particolare da parte di Henry, ma anche da un inaspettato Gideon-, la caratterizzazione ben riuscita di alcuni personaggi secondari ed i dettagli storici, che forse risultano un po' chiassosi ma dimostrano per lo meno quanto impegno l'autrice abbia investito nella ricerca di informazioni su abiti, cibi e consuetudini. Carine poi le molte strizzare d'occhio a TMI: se avete letto anche la serie madre, vi gusterete di più questa lettura.
In compenso non sono riuscita ad apprezzare le descrizioni ripetitive dell'aspetto dei personaggi (dopo tre libri so bene che Jem ha le ossa fragili, non c'è bisogno di ribadirlo ogni tre pagine!), le rivelazioni eccessivamente contorte del villain principale e la poca coerenza a livello temporale, soprattutto se si riflette sulle tempistiche degli spostamenti da metà libro in poi.
Per quanto riguarda la risoluzione del triangolo amoroso tra i protagonisti, sono combattuta: non mi sento del tutto convinta, però almeno è una trovata originale; e a questo punto bisogna ammettere che A.G. Howard non si era inventata nulla di nuovo.
Voto effettivo: tre stelline e mezza
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lunedì 10 ottobre 2022
"Le ombre" di Alex North
Le ombre by Alex North
My rating: 4 of 5 stars
"Charlie sosteneva che Le Ombre fossero infestate, che un fantasma vivesse lì, ma ... la cosa che temevo di più era perdermi. Quei boschi mi erano sempre sembrati vivi e pericolosi"
BASTA PARAGONI ESAGERATI!
Qualche mese fa ho letto ed apprezzato l'esordio di North, ed avendo poi trovato il suo secondo romanzo ad un ottimo prezzo su Amazon ho pensato fosse l'occasione giusta per approfondire la sua bibliografia senza lasciar passare troppo tempo, come solitamente faccio con tanti autori. La lettura ravvicinata dei due libri mi ha permesso anche di notare parecchie somiglianze, sia nella prosa del caro Alex che nel tipo di storia raccontata: ci troviamo nuovamente nella provincia inglese dove un delitto avvenuto anni prima sembra avere ripercussioni tragiche sul presente.
La narrazione parte a Featherbank dal brutale omicidio di un ragazzino ad opera di due coetanei, che apparentemente hanno agito per portare a compimento una sorta di rituale: venticinque anni prima a Gritten una cerimonia analoga sembra aver permesso ad uno degli assassini di scomparire nel nulla dopo aver commesso il crimine, evento che ha dato il via a numerose speculazioni sulla vicenda. Ci troviamo quindi a seguire due punti di vista, uno in terza persona e l'altro in prima. Il primo è quello della detective Amanda Beck, incaricata di indagare sul delitto avvenuto a Featherbank, che bel presto arriverà a collegare le due storie. Il secondo è affidato al docente Paul Adams, da poco tornato a Gritten per occuparsi dell'anziana madre, che da adolescente è stato fortemente coinvolto nel piano ideato da Charles "Charlie" Crabtree e William "Billy" Roberts; attraverso questo POV vediamo infatti diversi capitoli ambientati nel passato.
Se anche voi avete già letto "L'uomo dei sussurri", un paio di questi nomi non vi suoneranno nuovi: Amanda e la per nulla bucolica Featherbank erano infatti al centro della narrazione in quel romanzo. Non mi aspettavo affatto che North collegare in modo così evidente i suoi libri: è stata sicuramente una sorpresa carina, anche se avrei preferito venisse specificato nella sinossi. Sinossi in cui la CE ha ben pensato di includere invece un altro tipo di informazione, in particolare paragonando questo scrittore a Stephen King; capisco che sia un'associazione facile visto il genere di narrazioni create da entrambi, ma si tratta di autori su livelli abbastanza distanti. A mio avviso, il caro Alex scrive molto bene, ma confrontarlo con King è un azzardo infelice che lo svilisce senza motivo.
A parte una sinossi da rivedere, questo romanzo ha un altro paio di difetti riconducibili all'eccessiva semplicità delle descrizioni, sia delle ambientazioni decisamente anonime, sia dei caratteri dei personaggi non troppo memorabili. Non aiuta la scelta di optare sempre per nomi molto comuni, nonostante ciò li renda di certo verosimili.
A rendere però questo titolo un valido thriller abbiamo un ritmo incredibilmente incalzante ed un buon intreccio della parte mystery, che soprattutto nel finale regala degli ottimi colpi di scena, imprevedibili seppur penalizzanti in parte dalla traduzione non sempre perfetta. Promuovo a pieni voti anche la prosa di North, dallo stile scorrevole ma non per questo superficiale, in grado di gestire senza difficoltà i due POV, rendendo entrambi interessanti.
Ora non mi resta che incrociare le dita perché Mondadori porti in Italia anche "The Angel Maker", la prossima pubblicazione dell'autore, nonostante lo scarso riscontro ottenuto da "Le ombre" nel nostro Paese.
Voto effettivo: quattro stelline e mezza
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My rating: 4 of 5 stars
"Charlie sosteneva che Le Ombre fossero infestate, che un fantasma vivesse lì, ma ... la cosa che temevo di più era perdermi. Quei boschi mi erano sempre sembrati vivi e pericolosi"
BASTA PARAGONI ESAGERATI!
Qualche mese fa ho letto ed apprezzato l'esordio di North, ed avendo poi trovato il suo secondo romanzo ad un ottimo prezzo su Amazon ho pensato fosse l'occasione giusta per approfondire la sua bibliografia senza lasciar passare troppo tempo, come solitamente faccio con tanti autori. La lettura ravvicinata dei due libri mi ha permesso anche di notare parecchie somiglianze, sia nella prosa del caro Alex che nel tipo di storia raccontata: ci troviamo nuovamente nella provincia inglese dove un delitto avvenuto anni prima sembra avere ripercussioni tragiche sul presente.
La narrazione parte a Featherbank dal brutale omicidio di un ragazzino ad opera di due coetanei, che apparentemente hanno agito per portare a compimento una sorta di rituale: venticinque anni prima a Gritten una cerimonia analoga sembra aver permesso ad uno degli assassini di scomparire nel nulla dopo aver commesso il crimine, evento che ha dato il via a numerose speculazioni sulla vicenda. Ci troviamo quindi a seguire due punti di vista, uno in terza persona e l'altro in prima. Il primo è quello della detective Amanda Beck, incaricata di indagare sul delitto avvenuto a Featherbank, che bel presto arriverà a collegare le due storie. Il secondo è affidato al docente Paul Adams, da poco tornato a Gritten per occuparsi dell'anziana madre, che da adolescente è stato fortemente coinvolto nel piano ideato da Charles "Charlie" Crabtree e William "Billy" Roberts; attraverso questo POV vediamo infatti diversi capitoli ambientati nel passato.
Se anche voi avete già letto "L'uomo dei sussurri", un paio di questi nomi non vi suoneranno nuovi: Amanda e la per nulla bucolica Featherbank erano infatti al centro della narrazione in quel romanzo. Non mi aspettavo affatto che North collegare in modo così evidente i suoi libri: è stata sicuramente una sorpresa carina, anche se avrei preferito venisse specificato nella sinossi. Sinossi in cui la CE ha ben pensato di includere invece un altro tipo di informazione, in particolare paragonando questo scrittore a Stephen King; capisco che sia un'associazione facile visto il genere di narrazioni create da entrambi, ma si tratta di autori su livelli abbastanza distanti. A mio avviso, il caro Alex scrive molto bene, ma confrontarlo con King è un azzardo infelice che lo svilisce senza motivo.
A parte una sinossi da rivedere, questo romanzo ha un altro paio di difetti riconducibili all'eccessiva semplicità delle descrizioni, sia delle ambientazioni decisamente anonime, sia dei caratteri dei personaggi non troppo memorabili. Non aiuta la scelta di optare sempre per nomi molto comuni, nonostante ciò li renda di certo verosimili.
A rendere però questo titolo un valido thriller abbiamo un ritmo incredibilmente incalzante ed un buon intreccio della parte mystery, che soprattutto nel finale regala degli ottimi colpi di scena, imprevedibili seppur penalizzanti in parte dalla traduzione non sempre perfetta. Promuovo a pieni voti anche la prosa di North, dallo stile scorrevole ma non per questo superficiale, in grado di gestire senza difficoltà i due POV, rendendo entrambi interessanti.
Ora non mi resta che incrociare le dita perché Mondadori porti in Italia anche "The Angel Maker", la prossima pubblicazione dell'autore, nonostante lo scarso riscontro ottenuto da "Le ombre" nel nostro Paese.
Voto effettivo: quattro stelline e mezza
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mercoledì 5 ottobre 2022
"Realm of Ash" di Tash Suri
Realm of Ash by Tasha Suri
My rating: 4 of 5 stars
"Arwa shook her head. She did not allow herself to think of an alternative. To consider fear, when adventure lay before her"
PIÙ SPIN-OFF CHE SEQUEL
Cerco sempre di leggere i volumi all'interno di una serie abbastanza ravvicinati, così da non dover fare riletture o cercare (inutilmente) dei riassunti online, ma nel caso di "Realm of Ash" avrei potuto lasciar passare tranquillamente altro tempo dal momento che gli elementi in comune con il primo capitolo di The Books of Ambha sono pochi e vengono ribaditi in modo estremamente chiaro. Questo volume si presenta infatti come uno spin-off di "Empire of Sand" e vuole raccontare la storia di Arwa, la sorella minore di Mehr, che lì avevamo incrociato solo fugacemente da ragazzina.
La narrazione si ambienta circa dodici anni dopo la conclusione del primo capitolo: ritroviamo Awra nelle vesti di giovane vedova di un ufficiale, morto in un misterioso attacco al Darez Fort del quale la donna è l'unica superstite. Convinta che il suo sangue amrithi metterà in pericolo la sua famiglia, Arwa decide di passare il resto della vita in un eremo; qui incontra l'anziana Gulshera, tramite la quale capisce di poter contribuire alla salvezza dell'impero ambhan, ormai in decadenza.
Avrete forse notato che questa non è proprio la sinossi in quarta di copertina, ma sembra sia una costante dei romanzi di Suri: quanto la CE ci promette non si concretizza prima di un centinaio di pagine. Quindi sì, ad affiancare Arwa abbiamo un coprotagonista di nome Zahir, ma non aspettatevi di incontrarlo da subito; in generale la prima parte del volume procede molto lentamente e si arriva per gradi a quello che sarà il conflitto al cuore della narrazione.
Questo ritmo placido potrebbe scoraggiare alcuni lettori, ma permette all'autrice di esplorare con i giusti tempi il carattere dei suoi protagonisti, e se in un primo momento li ritenevo meno convincenti rispetto a Mehr ed Amun, con il procedere della storia ho trovato sempre più interessante la loro evoluzione individuale e lo sviluppo romantico. Anche in questo libro abbiamo infatti una sottotrama sentimentale, forse un po' marginale ma decisamente ben scritta.
Ad differenza del primo volume qui troviamo degli elementi di fantapolitica, grazie alla presentazione della famiglia regnante e del palazzo imperiale, tra le altre ambientazioni. Nel corso della narrazione vengono poi introdotte anche altre location, molto apprezzate specialmente perché la cara Tasha ha un grande talento nell'arricchire le descrizioni dei luoghi con tanti elementi affascinanti ed esotici. L'edizione si guadagna un punto in più per aver aggiornato la mappa, cosa che raramente succede nelle serie.
Un altro aspetto che ho molto apprezzato è la scelta di affrontare delle tematiche decisamente mature, in particolare viene trattata l'elaborazione del lutto e del trauma in relazione alla strage di Darez Fort, evento che ha colpito profondamente Arwa nelle sue certezze. Mi sono piaciute anche le riflessioni sui sacrifici necessari per salvare un popolo, senza doverne condannare per forza un altro nel processo.
Oltre alla lentezza iniziale, mi hanno lasciata tiepida i personaggi secondari e gli antagonisti: vicino ad Arwa e Zahir si nota chiaramente come siano meno caratterizzati. Ho trovato poi un po' noioso dover aspettare che la protagonista arrivasse a determinate realizzazioni, che noi lettori avevamo già analizzato ampliamente in "Empire of Sand".
Alla fin fine, ho assegnato la stessa valutazione del primo libro, ma forse questo mi è piaciuto leggermente di più, soprattutto per lo sviluppo dei protagonisti e per i temi analizzati. Peccato non siano collegati in modo più netto: una giustificazione a questo viene fornita, ma l'ho trovata non del tutto convincente, soprattutto pensando al tanto tempo passato.
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My rating: 4 of 5 stars
"Arwa shook her head. She did not allow herself to think of an alternative. To consider fear, when adventure lay before her"
PIÙ SPIN-OFF CHE SEQUEL
Cerco sempre di leggere i volumi all'interno di una serie abbastanza ravvicinati, così da non dover fare riletture o cercare (inutilmente) dei riassunti online, ma nel caso di "Realm of Ash" avrei potuto lasciar passare tranquillamente altro tempo dal momento che gli elementi in comune con il primo capitolo di The Books of Ambha sono pochi e vengono ribaditi in modo estremamente chiaro. Questo volume si presenta infatti come uno spin-off di "Empire of Sand" e vuole raccontare la storia di Arwa, la sorella minore di Mehr, che lì avevamo incrociato solo fugacemente da ragazzina.
La narrazione si ambienta circa dodici anni dopo la conclusione del primo capitolo: ritroviamo Awra nelle vesti di giovane vedova di un ufficiale, morto in un misterioso attacco al Darez Fort del quale la donna è l'unica superstite. Convinta che il suo sangue amrithi metterà in pericolo la sua famiglia, Arwa decide di passare il resto della vita in un eremo; qui incontra l'anziana Gulshera, tramite la quale capisce di poter contribuire alla salvezza dell'impero ambhan, ormai in decadenza.
Avrete forse notato che questa non è proprio la sinossi in quarta di copertina, ma sembra sia una costante dei romanzi di Suri: quanto la CE ci promette non si concretizza prima di un centinaio di pagine. Quindi sì, ad affiancare Arwa abbiamo un coprotagonista di nome Zahir, ma non aspettatevi di incontrarlo da subito; in generale la prima parte del volume procede molto lentamente e si arriva per gradi a quello che sarà il conflitto al cuore della narrazione.
Questo ritmo placido potrebbe scoraggiare alcuni lettori, ma permette all'autrice di esplorare con i giusti tempi il carattere dei suoi protagonisti, e se in un primo momento li ritenevo meno convincenti rispetto a Mehr ed Amun, con il procedere della storia ho trovato sempre più interessante la loro evoluzione individuale e lo sviluppo romantico. Anche in questo libro abbiamo infatti una sottotrama sentimentale, forse un po' marginale ma decisamente ben scritta.
Ad differenza del primo volume qui troviamo degli elementi di fantapolitica, grazie alla presentazione della famiglia regnante e del palazzo imperiale, tra le altre ambientazioni. Nel corso della narrazione vengono poi introdotte anche altre location, molto apprezzate specialmente perché la cara Tasha ha un grande talento nell'arricchire le descrizioni dei luoghi con tanti elementi affascinanti ed esotici. L'edizione si guadagna un punto in più per aver aggiornato la mappa, cosa che raramente succede nelle serie.
Un altro aspetto che ho molto apprezzato è la scelta di affrontare delle tematiche decisamente mature, in particolare viene trattata l'elaborazione del lutto e del trauma in relazione alla strage di Darez Fort, evento che ha colpito profondamente Arwa nelle sue certezze. Mi sono piaciute anche le riflessioni sui sacrifici necessari per salvare un popolo, senza doverne condannare per forza un altro nel processo.
Oltre alla lentezza iniziale, mi hanno lasciata tiepida i personaggi secondari e gli antagonisti: vicino ad Arwa e Zahir si nota chiaramente come siano meno caratterizzati. Ho trovato poi un po' noioso dover aspettare che la protagonista arrivasse a determinate realizzazioni, che noi lettori avevamo già analizzato ampliamente in "Empire of Sand".
Alla fin fine, ho assegnato la stessa valutazione del primo libro, ma forse questo mi è piaciuto leggermente di più, soprattutto per lo sviluppo dei protagonisti e per i temi analizzati. Peccato non siano collegati in modo più netto: una giustificazione a questo viene fornita, ma l'ho trovata non del tutto convincente, soprattutto pensando al tanto tempo passato.
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venerdì 30 settembre 2022
"Dalla parte di Bailey" di W. Bruce Cameron
Dalla parte di Bailey by W. Bruce Cameron
My rating: 4 of 5 stars
"Adesso sapevo perché quelle creature, gli esseri umani, mi avevano tanto affascinato dal primo momento in cui li avevo visti. La mia vita era indissolubilmente legata a loro"
GRAZIE AI FAZZOLETTI TEMPO PER AVER RESO POSSIBILE QUESTA RECENSIONE
Ultimo libro nella mia Random TBR estiva, "Dalla parte di Bailey" è una lettura che ho procrastinato al più possibile; questo perché qualche giorno dopo averlo sorteggiato casualmente la cagnolina che avevamo in famiglia da undici anni si è ammalata ed è venuta a mancare nel giro di pochi giorni. Di conseguenza non ero dell'umore adatto per leggere un romanzo su un cane, ancor meno uno su un cane che muore svariate volte, come la sinossi stessa anticipa. Ho preferito aspettare un paio di mesi: l'attesa non mi ha evitato di piangere a dirotto per oltre metà della lettura, ma almeno sono riuscita anche a sorridere in alcune scene, cosa che fino a qualche settimana fa non pensavo proprio sarei stata in grado di fare.
La narrazione poggia su un concetto che personalmente trovo sempre molto interessante, anche quando viene proposto in chiave alternativa, ossia un protagonista in grado di ricordare le sue vite precedenti. Seguiamo quindi il cane Bailey -che ha parecchi altri nomi, ma per praticità utilizzerò questo- mentre impara a conoscere il mondo umano e, una vita dopo l'altra, acquisisce sempre maggiori capacità per raggiungere infine quello che vede come lo scopo della sua esistenza. Questa diventa quindi una storia di formazione decisamente insolita: Bailey incontra diversi padroni, rinasce in diverse razze canine e cambia perfino genere; il suo rapporto più importante però è quello con Ethan Montgomery, che lui identificherà sempre come il suo bambino.
Non ci sono però solo momenti gioiosi nell'esistenza di Bailey, che spesso si trova anzi a dover soccorrere ed aiutare i suoi padroni e non solo. In questo senso il romanzo accenna anche a dei temi delicati, che però il punto di vista ed il ritmo incalzante rendono impossibili da approfondire. Lo stesso vale per i personaggi secondari, forse con la sola eccezione di Ethan: tutti presentano una caratterizzazione abbastanza superficiale e priva di ambiguità, per cui è palese fin da subito chi sia buono o meno.
Un altro aspetto che mi lascia combattuta è il modo in cui Bailey percepisce la realtà, perché da un lato è molto divertente leggere le strane descrizioni di oggetti o luoghi normalissimi ma resi bizzarri dal suo punto di vista, dall'altro verso l'epilogo questa visione quasi ingenua del mondo umano sembra venire meno quando Cameron gli fa enunciare riflessioni fin troppo complesse (e parecchio pedanti, a mio avviso) su cosa renda la vita completa.
Tolto questo dettaglio, la narrazione attraverso gli occhi di Bailey riesce ad intrattenere e trasmettere l'impegno dell'autore per rendere credibile i comportamenti e le azioni del cane. Questa verosimiglianza è uno dei aspetti più riusciti del romanzo, assieme ad una grande inventiva che trasforma anche la situazione più semplice in un'avventura ricca di emozioni ed interesse per un cane.
In generale, ritengo sia una lettura molto piacevole, che sicuramente presenta una forte componente emotiva anche per chi non ha mai avuto un animale domestico; bilancia bene momenti tristi e divertenti, e veicola un messaggio forse semplice ma non per questo meno importante. Unica controindicazione, l'eccessivo utilizzo di fazzoletti: questo romanzo ha fatto la fortuna di Tempo, Kleenex e Scottex!
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My rating: 4 of 5 stars
"Adesso sapevo perché quelle creature, gli esseri umani, mi avevano tanto affascinato dal primo momento in cui li avevo visti. La mia vita era indissolubilmente legata a loro"
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Ultimo libro nella mia Random TBR estiva, "Dalla parte di Bailey" è una lettura che ho procrastinato al più possibile; questo perché qualche giorno dopo averlo sorteggiato casualmente la cagnolina che avevamo in famiglia da undici anni si è ammalata ed è venuta a mancare nel giro di pochi giorni. Di conseguenza non ero dell'umore adatto per leggere un romanzo su un cane, ancor meno uno su un cane che muore svariate volte, come la sinossi stessa anticipa. Ho preferito aspettare un paio di mesi: l'attesa non mi ha evitato di piangere a dirotto per oltre metà della lettura, ma almeno sono riuscita anche a sorridere in alcune scene, cosa che fino a qualche settimana fa non pensavo proprio sarei stata in grado di fare.
La narrazione poggia su un concetto che personalmente trovo sempre molto interessante, anche quando viene proposto in chiave alternativa, ossia un protagonista in grado di ricordare le sue vite precedenti. Seguiamo quindi il cane Bailey -che ha parecchi altri nomi, ma per praticità utilizzerò questo- mentre impara a conoscere il mondo umano e, una vita dopo l'altra, acquisisce sempre maggiori capacità per raggiungere infine quello che vede come lo scopo della sua esistenza. Questa diventa quindi una storia di formazione decisamente insolita: Bailey incontra diversi padroni, rinasce in diverse razze canine e cambia perfino genere; il suo rapporto più importante però è quello con Ethan Montgomery, che lui identificherà sempre come il suo bambino.
Non ci sono però solo momenti gioiosi nell'esistenza di Bailey, che spesso si trova anzi a dover soccorrere ed aiutare i suoi padroni e non solo. In questo senso il romanzo accenna anche a dei temi delicati, che però il punto di vista ed il ritmo incalzante rendono impossibili da approfondire. Lo stesso vale per i personaggi secondari, forse con la sola eccezione di Ethan: tutti presentano una caratterizzazione abbastanza superficiale e priva di ambiguità, per cui è palese fin da subito chi sia buono o meno.
Un altro aspetto che mi lascia combattuta è il modo in cui Bailey percepisce la realtà, perché da un lato è molto divertente leggere le strane descrizioni di oggetti o luoghi normalissimi ma resi bizzarri dal suo punto di vista, dall'altro verso l'epilogo questa visione quasi ingenua del mondo umano sembra venire meno quando Cameron gli fa enunciare riflessioni fin troppo complesse (e parecchio pedanti, a mio avviso) su cosa renda la vita completa.
Tolto questo dettaglio, la narrazione attraverso gli occhi di Bailey riesce ad intrattenere e trasmettere l'impegno dell'autore per rendere credibile i comportamenti e le azioni del cane. Questa verosimiglianza è uno dei aspetti più riusciti del romanzo, assieme ad una grande inventiva che trasforma anche la situazione più semplice in un'avventura ricca di emozioni ed interesse per un cane.
In generale, ritengo sia una lettura molto piacevole, che sicuramente presenta una forte componente emotiva anche per chi non ha mai avuto un animale domestico; bilancia bene momenti tristi e divertenti, e veicola un messaggio forse semplice ma non per questo meno importante. Unica controindicazione, l'eccessivo utilizzo di fazzoletti: questo romanzo ha fatto la fortuna di Tempo, Kleenex e Scottex!
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