venerdì 26 settembre 2025

"La coppia quasi perfetta" di John Marrs

La coppia quasi perfettaLa coppia quasi perfetta by John Marrs
My rating: 1 of 5 stars

"Poi ricordò a se stessa che non aveva più bisogno dell'approccio necessario per utilizzare i siti di appuntamenti e le app di incontri: Match Your DNA si basava su biologia, chimica e scienza ... si fidava, alla pari di milioni e milioni di persone come lei"


QUALCUNO HA DETTO RELAZIONI POLIAMOROSE?

Non mi aspettavo che la lettura de "L'acciaio sopravvive" si dimostrasse tanto impegnativa, al punto da spingermi ad iniziare un libro più leggero da affiancargli; nella fattispecie, ho optato per "La coppia quasi perfetta", un romanzo molto popolare in patria e non così tanto in Italia, forse per essere caduto vittima dell'ennesima edizione migliorabile targata Newton Compton, titolo e copertina compresi! Ma la vera rivelazione è stata realizzare che, con il procedere delle due letture, il fantasy di Morgan mi appassionava sempre di più mentre il thriller del caro John diventava più inverosimile, lacunoso e pedante ad ogni nuovo capitolo.

E dire che lo spunto iniziale si presentava talmente bene: in un futuro per nulla lontano, un'azienda inglese promette di individuare l'anima gemella di ognuno tramite un'analisi del DNA alquanto economica. Il volume alterna cinque linee di trama, che seguono altrettante persone quando queste hanno da poco ricevuto la notifica con il nome del loro vero amore: la tradizionalista Mandy secondo cui spetta all'altro fare il primo passo, il problematico Christopher con la sua doppia vita, la giovane Jade bloccata in un'esistenza insoddisfacente, il non troppo risoluto Nick che assieme alla fidanzata si sottopone al test ad un passo dalle nozze, ed Ellie una ricca e riservata donna d'affari abbinata ad un uomo del tutto comune.

Da questi primi elementi tutte le storie si sviluppano in modo notevole, ed in realtà non posso muovere critiche al fascino dell'idea alla base o alla scorrevolezza del testo, specie se chiudo un occhio sui molti refusi della traduzione nostrana. Sulla carta, sarebbero inoltre presenti una gran quantità di elementi sui quali poter intavolare delle valide riflessioni: discriminazioni di genere, pressione sociale, conflitti familiari ed elaborazione dei traumi sono le principali tematiche, assieme a numerose varianti sul tema della maternità... anche troppe! se si considera che il libro non dovrebbe essere dedicato a quello specifico argomento, ci sono almeno tre gravidanze in più del necessario tra queste pagine.

I plot twist sono un altro aspetto sul quale mi sento combattuta, perché alcuni mi hanno colpito in senso positivo, almeno ad inizio volume; purtroppo con il proseguire della narrazione, si comincia a distinguerne tre categorie: quelli noiosamente prevedibili, quelli talmente assurdi da far scoppiare a ridere, e quelli che si pongono in diretta contraddizione con le informazioni precedenti. Nell'ultimo caso, si vengono così a creare dei buchi di trama sempre più grandi che l'autore tenta anche di riparare, ma solo a tratti ed in maniera amatoriale. Cosa della quale non ci si può comunque stupire dopo aver affrontato la sua prosa farcita di frasi pseudo-fighe per qualche capitolo: un ragazzino delle medie probabilmente risulterebbe più incisivo nella scelta del lessico e convincente nel definire i personaggi.

L'approfondimento è invece tristemente assente, dal momento che l'intero cast è privo non dico di carisma ma perfino di coerenza; e ciò ha avuto con la sottoscritta un risvolto negativo duplice: mi ha reso del tutto indifferente alle vicende narrate (specie quanto i rapporti tra i protagonisti sono così chiaramente arbitrari!) e mi ha fatto innervosire per la superficialità ed il pressapochismo con cui vengono trattate questioni serie e pesanti. In particolare, è presente una forte stigmatizzazione della psicopatia, con tanto di frasi didascaliche che rendono banale uno spunto teoricamente intrigante.

Il difetto maggiore rimane però l'intreccio. Innanzitutto sono presenti una quantità eccessiva di colpi di scena degni di una soap opera (e lo dico al netto del mio affetto decennale per Beautiful!), a quanto pare consigliati a Marrs dal suo caro amico John Russell, che lui stesso descrive nei ringrziamenti come una persona estranea al mondo della letteratura! Le motivazioni dietro a queste svolte non sono da meno, tant'è che nella maggior parte dei casi la trama procede solo per pura fortuna: fortuna che un certo personaggio non si ponga mezza domanda, fortuna che nessuno noti qualcosa di fin troppo palese, fortuna che una notizia di portata planetaria passi in sordina fino al momento giusto. Proprio quest'ultimo elemento ha cementato la mia delusione sul finale, perché un evento paragonato per rilevanza al crollo delle Torri Gemelle non può avere un impatto così blando sulle altre linee di trama.

Oltre a voler scrivere (fallendo!) un thriller avvincente, l'autore vorrebbe parlare anche di scienza -per poi spiegare tutto in maniera ingenua e semplicistica- e di sentimenti; in effetti per quanto grave sia la situazione, tutti i conflitti si riducono al loro lato emotivo, ma lo fanno in modo qualunquista e con una retorica degna di un adolescente alla sua prima cotta. Non mancano delle problematicità nel ritmo, soprattutto a narrazione avviata, e non si contano i capitoli in cui non succede nulla, inclusi solo perché il caro John ha voluto rispettare a tutti i costi la struttura a rima alternata; il tutto assume contorni ancor più ridicoli se pensiamo che il POV più noioso si è rivelato essere quello del serial killer! Ed infatti non so se ridere o piangere: le storie raccontate sarebbero teoricamente tragiche, ma il risultato è quasi sempre grottesco nella sua inverosimiglianza. Tutti questi tentativi di apparire provocatorio e drammatico sono eccessivi, e finiscono per far risultare il libro soltanto patetico.

Voto effettivo: una stellina e mezza

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venerdì 19 settembre 2025

"L'acciaio sopravvive" di Richard K. Morgan

L'acciaio sopravviveL'acciaio sopravvive by Richard K. Morgan
My rating: 3 of 5 stars

"La stessa spada aveva un nome in Kiriath, come ogni altra arma di loro fabbricazione, ma si trattava di un termine elaborato che perdeva molto nella traduzione ... così Ringil aveva deciso di chiamarla l'Amica dei Corvi e basta. Non che il nome gli piacesse particolarmente, ma aveva il suono che ci si aspetta quando si parla di una spada famosa"


PIÙ WOLFE CHE ABERCROMBIE

Iniziare una nuova serie mi mette sempre un po' in difficoltà, soprattutto se si tratta di una storia ambientata in un mondo di fantasia, perché la sensazione di dover imparare da zero una geografia, una Storia ed una cultura completamente nuove mi riporta di prepotenza tra i banchi di scuola; è uno dei motivi per cui tendo a preferire le narrazioni autoconclusive, nelle quali l'autore di turno non può allestire uno sfondo troppo complesso. Allo stesso tempo, subisco in parte la fascinazione dello scoprire dei luoghi inediti, e questa curiosità mi ha portata ad iniziare Cosa Resta degli Eroi, presentata come una trilogia affine ai lavori di Abercrombie, nei quali però l'ambientazione non risulta eccessivamente complessa. In realtà, penso che il mondo delineato dal caro Richard sia molto più vicino al caos affascinante dell'Urth di Wolfe; spero quindi che apprezziate il mio sforzo per identificare la premessa.

Ci troviamo di fronte ad un mondo diviso nel presente tra le tribù pseudo-barbare Majak a nord-est, la Lega commerciale di Trelayne sulla costa occidentale e l'impero Yhelteth nel sud. Negli stessi territori si trovavano in passato altre tre popolazioni: il Popolo delle Squame (dei simil-draghi arrivati da oltreoceano), gli Aldrain dotati di abilità soprannaturali, ed i Kiriath che sembrano quasi una specie aliena; in questo universo narrativo si mescolano infatti elementi magici e fantascientifici. Gli Aldrain sembrano essere stati sterminati dai Kiriath molto tempo prima, mentre il Popolo delle Squame è stato sconfitto grazie agli sforzi congiunti di umani e Kiriath, i quali dopo quest'ultimo scontro si sono dileguati.

Arrivando all'inizio della storia, le prospettive presentate si possono ricondurre a tre linee narrative. La prima vede come protagonista Ringil "Gil" Eskiath, nobiluomo e valente guerriero, impegnato nella ricerca di una parente vittima della recentemente legalizzata tratta degli schiavi; nella seconda ci si sposta tra i nomadi Skaranak per parlare dell'antagonismo tra il capoclan Egar Rovina del Drago e lo sciamano Poltar Occhio di Lupo, mentre nell'ultima si arriva nelle regioni imperiali con Archeth Indamaninarmal, consulente del sovrano e da lui incaricata di indagare su alcuni attacchi misteriosi avvenuti in una località costiera.

Per buona parte del volume queste vicende sembrano legate tra loro soltanto a livello superficiale, perché Gil, Egar ed Archeth hanno combattuto assieme anni prima, ma nella parte finale i loro percorsi finiscono per essere convogliati in una missione principale e risolutiva; il tutto, lasciando comunque diversi spunti aperti sui quali dare corpo ai capitoli successivi. Pur avendo provato a più riprese della frustrazione verso il ritmo disomogeneo adottato da Morgan, devo ammettere che la storia ha saputo appassionarmi e spingermi ad essere sempre più coinvolta nelle dinamiche interne di questo universo narrativo, anche per merito della particolare commistione di generi diversi e del brillante epilogo.

Il maggior punto di forza del romanzo a mio avviso sono però i suoi personaggi, che si tratti dei tre protagonisti oppure dei numerosi comprimari. Il caro Richard si dimostra decisamente abile nel delineare i caratteri all'interno del cast in modo originale e sfaccettato, nonché a prestare attenzione affinché ognuno rimanga fedele alle proprie motivazioni. Personalmente, non ho provato granché simpatia per Egar -forse perché è il POV con meno spazio all'interno del testo, forse perché è un pedofilo impunito-, mentre Gil ed Archeth mi sono sembrati dei personaggi principali davvero validi e capaci di crescere nel corso della storia; inoltre permettono di includere una rappresentazione naturale dell'omosessualità, che spesso mi è sembrata un mero orpello in altre narrazioni grimdark.

Sull'altro piatto della bilancia, oltre alle già citate linee di trama che procedono in modo lento e slegato, troviamo senza dubbio la confusione. Confusione che assale l'ignaro lettore fin dalle primissime pagine, tra la persistente sensazione di aver saltato un prequel e la pioggia scrosciante di name dropping; e chiudiamo un occhio sul fatto che la maggior parte di questi millemila nomi siano a dir poco impronunciabili: un'appendice con guida alla pronuncia e riferimento ai vari soprannomi sarebbe il minimo, specie se si considera che io ho impiegato un'eternità anche solo per appurare che Aldrain e Dwenda erano la stessa cosa!

Il senso di straniamento viene acuito dalla massiccia presenza di flashback e voci interne spesso disorientanti e quasi mai indicati in maniera chiara nel volume, così come le ellissi temporali. Soprattutto nei capitoli iniziali, ciò crea una quantità di interruzioni, perché si stanno seguendo dei protagonisti ancora sconosciuti in un contesto fantastico tutto da scoprire, ed improvvisamente l'autore passa a raccontare un avvenimento di dieci anni prima, oppure il POV in questione ha un dibattito con uno (o più?) interlocutori interni. Ritengo che questa scelta narrativa porti una complicazione eccessiva all'interno di una vicenda già particolarmente intricata; e quando finalmente si ha l'impressione di star cominciando a capire qualcosa, ecco che il caro Richard scombina del tutto le carte in tavola con nuove informazioni, ancor più farraginose. E per assurdo sono comunque curiosa di leggere il seguito!

Voto effettivo: tre stelline e mezza

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