L'Italia spiegata ai francesi
Recensione a "La Certosa di Parma" di Stendhal
TITOLO: La Certosa di Parma
AUTORE: Stendhal
AUTORE: Stendhal
TITOLO ORIGINALE: La Chartreuse de Parme
TRADUTTORE: Ferdinando Martini
TRADUTTORE: Ferdinando Martini
EDITORE: Newton Compton
COLLANA: I Minimammut
PAGINE: 350
IL COMMENTOPAGINE: 350
L’ambientazione, la splendida penisola
italiana. I temi trattati, storie d’amore, intrighi politici e noti casi
giudiziari. Tra i personaggi fanno la loro comparsa Conti e Giletti, Grillo e
Bossi. A dispetto delle apparenze, non parlo di qualche famoso talk show
televisivo, ma de “La Certosa di Parma”, forse l’opera più nota di Stendhal.
Incredibilmente scritto in meno di due mesi
(e a tratti, il testo ne risente), il romanzo narra la storia del nobile
Fabrizio del Dongo, partendo da alcuni anni prima della sua nascita, quando
l’esercito di Napoleone calò sulla Lombardia, con immenso dolore per il
marchese suo padre.
Fabrizio è guidato invece da ben alti ideali,
tanto da scappare di casa per unirsi alle truppe francesi; decisione che sarà
poi la causa scatenante della maggior parte degli eventi più importanti della
sua vita, come la spinta data ad una fila di tessere del domino.
Le conseguenze di un gesto impulsivo compiuto
in giovane età, porteranno Fabrizio a viaggiare un po’ in tutta Italia, divisa
all’epoca in principati, regni e territori sotto il controllo di potenze
straniere. Questo da un lato permette all’autore, almeno una volta per
capitolo, di soffermarsi per chiarire ai suoi conterranei qualche “bizzarria”
italica, ma dall’altro concede al lettore di ammirare le accurate descrizioni
delle superbe ambientazioni che fanno da sfondo alle vicende, in primis i
suggestivi laghi della Lombardia.
Negli anni, Fabrizio verrà perseguitato dai
suoi errori e anche da una buona dose di sfortuna, ma senza cambiare molto fino
al fatale imprigionamento nella torre Farnese, luogo in cui il suo carattere
muterà sensibilmente: da giovane impulsivo e focoso, a uomo adulto in grado di
scindere tra veri desideri e frivoli capricci.
Quello dei desideri è un punto focale in
tutto il volume, perché la maggior parte dei personaggi è guidata da essi,
spesso a discapito del prestigio materiale o del denaro.
Ad attorniare il protagonista troviamo
infatti una ricca schiera di altri personaggi, di cui solo i principali sono
attentamente caratterizzati, mentre gli altri risultano per lo più
macchiettistici. In confronto ai personaggi maschili, quelli femminili sono poi
i più interessanti, nonché quelli analizzati in modo maggiormente accurato. Tra
tutti, brillano la duchessa Sanseverina e Clelia Conti, sebbene Stendhal non
tralasci di riservare spazio per un’intrigante antagonista come la marchesa
Raversi.
La Sanseverina è di certo una vera Drama
Queen, sicura del suo potere, specie sul genere maschile, e sempre pronta a
farne uso per il suo tornaconto. Nonostante la sua frivolezza e le tante azioni
non proprio encomiabili, risulta a conti fatti il personaggio più divertente e,
a mio avviso, la si potrebbe pensare la vera protagonista.
Anche Clelia ricopre un ruolo fondamentale,
sebbene la sua assenza per buona parte del romanzo renda arduo per il lettore
affezionarsi a lei. Ho trovato abbastanza emozionante la sua relazione con
Fabrizio, specie negli ultimi capitoli: inizialmente la loro storia mi ha
portato alla mente alcuni moderni romance, con un lui bello, dannato e in
genere donnaiolo incallito, che viene “redento” da una lei ingenua, pia e
solitaria.
A discapito dell’opera, oltre la solita
edizione Newton Compton di bassa qualità (traduzione datata, errori di mancata
revisione, assenza di note esplicative), vorrei segnalare soltanto come le
parti descrittive risultino molto inferiori alle poche dialogate, fatto che
rende un po’ ostica la lettura.
Altra nota dolente, sebbene si tratti di un
mio gusto personale, è il frettoloso finale in cui viene citato, a ragione,
Shakespeare: dopo una lunga commedia, si termina con un vero dramma.
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