Se scappi ti sposo (zoppicando)
Recensione a "La resa di Piers" di Eloisa James

TITOLO: La resa di Piers
AUTORE: Eloisa James
TITOLO ORIGINALE: When Beauty Tamed the Beast
TRADUTTORE: Bertha Smiths-Jacob
EDITORE: Mondadori
COLLANA: Oscar bestsellers - Emozioni
PAGINE: 350IL COMMENTO
Per questo scempio letterario che osa
definirsi un romanzo, la mia ira (funesta, ma non troppo) si abbatterà per
prima sull’edizione italiana della Mondadori. Si potrebbe partire dal titolo
che non solo è del tutto scollegato da quello originale, ma anticipa il
-prevedibile- finale; mi hanno ben più stupito gli errori a profusione nei
primi capitoli, certo dovuti ad una mancata revisione che non posso perdonare
ad un editore come la Mondadori.
Altra pecca è stata la scelta di pubblicizzare
in copertina la storia come una rilettura de “La Bella e la Bestia”, mentre è
l’autrice stessa nelle note a chiarire che è stata solo un’ispirazione
marginale. Pertanto, se come me leggerete il volume sperando di rivivere le
emozioni della fiaba originale, preparateci ad un’amara delusione.
La storia non è ambientata in Francia, bensì
in Gran Bretagna, prima a Londra e poi nel selvaggio (?) Galles; la “Bella”
Linnet, figlia unica di un nobiluomo, dà scandalo quando una serie di ridicoli
equivoci fanno pensare ad una sua gravidanza, ad opera niente meno che di un
principe. La trama ci porta poi rapidamente al fidanzamento riparatore con la
“Bestia”, il conte Piers, e ai prevedibili siparietti tra i due atti a mostrare
quanto siano incompatibili.
Dopo averci presentato un gruppo di
ammiratori-fantocci a cui Linnet dovrebbe preferire il conte, la James accelera
di nuovo e arriva all’innamoramento dei due piccioncini, senza spendere due
righe in un po’ di introspezione: tutto il preludio sulla supposta “bestialità”
del conte si rivela un blando stratagemma per allungare la storia, dal momento
che la “Bella” non sembra mai disgustata dal suo aspetto, e ben poco dai suoi
modi. L’autrice tenta poi una svolta tragica per farci capire quanto è forte l’amore
tra i protagonisti, ma l’intreccio narrativo è scontato al punto di poter
indovinare al volo dopo si voglia andare a parare.
I protagonisti non potrebbero essere più
lontani dalle loro controparti fiabesche. Sebbene voglia apparire determinata,
Linnet è una ragazza debole nelle sue scelte, e viene quasi sempre
tiranneggiata dagli altri, che le impongono i loro desideri: non sfida mai
apertamente chi la contrasta, ma preferisce nascondersi e delegare ad altri le
incombenze. D’altro canto, Piers è un personaggio più riuscito ed sfaccettato,
ma per nulla adatto nel ruolo della “Bestia”; sembra piuttosto un maleducato,
iroso e pieno di rancore. Tra i comprimari un paio spiccano come potenzialmente
interessanti, ad esempio Zenobia, Prufrock o Sébastien, ma vengono tutti
accantonati in favore della relazione tra il duca di Windebank e lady Bernaise,
se possibile ancor più melensa di quella dei due protagonisti.
A favore della James posso annoverare
soltanto lo stile scorrevole, che a tratti tenta qualche fiacco salto di
qualità, e gli sparuti riferimenti al mondo delle fiabe sparsi un po’ in tutto
il testo: un’idea carina seppur poco originale. L’autrice commette però un
azzardo quando sceglie un’ambientazione storica che poi non è evidentemente in
grado di gestire, e lo mettono in chiaro i dialoghi decisamente inadatti ai
primi anni dell’ottocento.
Il vero problema del romanzo è il suo non
essere un vero romanzo: per tutta la lettura ho avuto la sensazione di trovarmi
di fronte ad una fan-fiction adattata per l’editoria, pratica comune
oggigiorno, ma solo nelle note finali ho avuto conferma che l’autrice si è
ispirata -non proprio velatamente- al personaggio di Gregory House,
protagonista della serie TV “Dr. House”, per il suo Piers.
Da ultimo mi sono riservata il peggio, ossia
i messaggi sbagliati che il libro riserva al lettore: ad un romanzo
d’intrattenimento si può perdonare la frivolezza, ma non certo la ripetizione
continua di concetti quasi malati. Mi riferisco innanzitutto all’eccessiva
possessività di Piers, specie quando lui rimarca ogni due per tre i suoi
diritti su Linnet; questa è oggettificazione, non certo l’amore incondizionato
a cui ammicca la James. L’altro concetto errato riguarda la nostra
protagonista, che cade vittima della sua stessa “bellezza”, tanto da credere
che la si ami solo in virtù di quest’ultima. L’imbeccata è de principio valida,
ma si risolve in un nulla di fatto quando diventa chiaro che la “Bella” sarà
per sempre tale.DOVE COMPRARE QUESTO LIBRO
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