Oliver, io sono tuo... fratello!
Recensione a "Oliver Twist" di Charles Dickens
LA SCHEDA TECNICA
TITOLO: Oliver Twist
AUTORE: Charles Dickens
TITOLO ORIGINALE: Oliver Twist; or, the Parish Boy's Progress
TRADUTTORE: Mario Martino
EDITORE: Newton Compton
COLLANA: I Minimammut
PAGINE: 400
TRADUTTORE: Mario Martino
EDITORE: Newton Compton
COLLANA: I Minimammut
PAGINE: 400
IL COMMENTO
Fin dai primi capitoli di “Oliver Twist” ho
provato un forte senso di déjà vu, collegandolo immediatamente al capolavoro di
Elizabeth Strout, “Olive Kitteridge” (QUI la recensione).
In effetti, entrambi i romanzi hanno per
titolo il nome del protagonista (nomi molto simili, tra l’altro), ma ad
associarli idealmente non è solo questo; se da un lato è chiaro che le trame
hanno ben poco in comune, dall’altro le strutture sono quasi identiche: in
entrambi i casi i protagonisti vengono spesso messi da parte in favore dei
comprimari e delle loro vicende, rimanendo sempre il fondamentale collante tra
tutti gli eventi. Come capitava con l’anziana insegnante di Crosby, nel Maine,
anche la storia di Oliver è costellata di moltissimi personaggi, le cui
relazioni risultano nella gran parte dei casi ben più approfondite e, quindi,
interessanti rispetto a quelle del protagonista.
Con uno stile narrativo che ricorda molto una
cronaca giornalistica (e, in effetti, in quel periodo Dickens ancora lavorava
come cronista), ci viene narrata la storia del piccolo Oliver, dalla nascita in
un ospizio per indigenti fino alla scoperta delle sue vere radici, in un
viaggio che permette al lettore di addentrarsi negli anfratti più oscuri della
fumosa Londra di inizio ottocento.
La vita del nostro protagonista è
inizialmente tutt’altro che idilliaca: dopo i primi anni in cui “grava” sulle
spalle della parrocchia, lo attende infatti l’apprendistato presso un becchino;
a dispetto dell’indole docile e gentile, Oliver si vede costretto a fuggire
verso l’affollata capitale, dove incontra Dodger che lo introdurrà poi
all’infido Fagin e alla sua banda di giovanissimi ladruncoli.
Ancora molte prove attendono poi Oliver nel
suo inconsapevole cammino verso la verità; anche se tra le tante sofferenze, si
fa via via evidente un disegno più ampio e l’autore, come un fato sovrano,
guida i destini dei suoi personaggi.
A partire dal protagonista, ogni figura
presente nel romanzo è descritta in modo accurato: specialmente nei dialoghi si
evidenzia come Dickens abbia scelto di caratterizzare ogni personaggio con un
linguaggio personale e perfettamente congruo con la sua estrazione sociale e la
sua indole.
Tra tutti i personaggi spicca, quasi fosse la
vera protagonista, Londra, con i suoi sobborghi caotici che hanno da tana (non
è lecito parlare di casa, in questi casi) ai peggiori delinquenti. In buona
parte delle sue opere, Dickens pone al centro questa città e ce ne regala delle
suggestive descrizioni capaci di renderla affascinante e minacciosa al
contempo.
Con una così vasta schiera di personaggi non
è facile sceglierne uno come preferito ma posso affermare che, dopo una lunga
sfida con Dodger, è stata Nancy ad aggiudicarsi l’ambito (?) titolo. Ho trovato
particolarmente interessante la sua relazione con Sikes, sia nei risvolti più
tragici e violenti -dove l’autore tocca inconsapevolmente temi molto attuali-,
sia in quelli sentimentali come nella straziante dichiarazione che la donna fa
a Rose, personaggio al confronto pare sciapo e prevedibile.
Doveroso menzionare anche lo sfaccettato Fagin,
con il quale si empatizza a dispetto della condotta, arrivando alla pietà per
la sorte riservatagli. In generale, gli antagonisti sono meglio caratterizzati
e, anche dopo tanti crimini, diventano i favoriti del lettore.
Le tematiche trattate sono ricorrenti
nell’opera dickensiana; in particolare qui si fa luce sull’ipocrita perbenismo
delle parrocchie di campagna e sulla sommarietà della giustizia nei primi anni
del diciannovesimo secolo, mantenendo sempre un tono fortemente satirico ed
ironico, che aiuta ad alleggerire molte volte la tensione. Sono palesi anche i
riferimenti autobiografici alla difficile infanzia di Dickens stesso.
Per una volta non intendo lamentarmi
dell’edizione targata Newton Compton, anzi la scelta di affidare la traduzione
e l’introduzione alla stessa persona ha reso entrambe molto curate.LA VIGNETTA
La metamorfosi di Nancy