A.A.A. Veri cattivi cercasi
Recensione a "The Queen of the Tearling" di Erika Johansen

TITOLO: The Queen of the Tearling
AUTORE: Erika Johansen
TITOLO ORIGINALE: The Queen of the Tearling
TRADUTTORE: Marco Piva
EDITORE: Multiplayer
COLLANA: Multipop
PAGINE: 380
TRADUTTORE: Marco Piva
EDITORE: Multiplayer
COLLANA: Multipop
PAGINE: 380
Come spiega
l’avvenente Marguerite alla regina Kelsea, la bellezza ha anche i suoi aspetti
negativi. Ed è quasi poetico come questa affermazioni si ritorca contro lo
stesso libro dal quale è tratta.
La bellezza
estetica del volume infatti attira facilmente il lettore verso di esso; peccato
che il contenuto sia destinato poi a deluderlo, perché al di sotto
dell’aspettativa creata. Non intendo però bocciare in toto questa lettura,
fornita sicuramente di molti spunti interessanti che potrebbero essere molto
ben sviluppati nel continuo della serie. Proseguirò di certo questa trilogia,
anche per conoscere l’esito delle tante questioni lasciate irrisolte e per lo
stile dell’autrice, piacevole seppur non scevro da difetti: diciamo che sarà il
mio nuovo guilty pleasure.
Passando alla
trama di questo primo capitolo, non si può dire strabordi di eventi, ma tiene
fede al suo titolo e ci presenta l’ascesa al trono della regina Kelsea,
piazzando anche le basi per i futuri sviluppi della storia. Inoltre, sebbene la
parte iniziale si prenda il suo tempo per ingranare, ad essa segue un crescendo
che culmina in un finale adrenalinico ed emozionante, nonché un po’ frettoloso.
Ma per parlare
del romanzo è necessario premettere la paraculata (perdonatemi il francesismo)
di partenza che l’autrice sfrutta per poter utilizzare termini ed oggetti
moderni in quella che è un’ambientazione di stampo quasi medioevale: il mondo
in cui si trova l’immaginario regno del Tearling è infatti il risultato di una
migrazione di massa chiamata Passaggio che ha portato l’umanità a perdere buona
parte delle sue conoscenze scientifiche. Questa premessa è spiegata in modo
molto nebuloso e frammentario, infatti se è chiaro come i Tear siano partiti
dagli Stati Uniti, meno chiaro è dove siano arrivati -il continente del
Tearling era forse un’isola sconosciuta, è comparso dal nulla o fa parte di
un’altra dimensione?-, ma tranquillizziamoci perché la stessa Kelsea non ne sa
più di noi poveri lettori, quindi spero ancora in future spiegazioni.
Il meglio ed
il peggio del libro si concentrano nei suoi personaggi. La protagonista Kelsea
subisce una notevole evoluzione in questo volume e se inizialmente sembra una
ragazzina testarda e parecchio incosciente per le decisione avventate prese a
cuor leggero -tipo chiedersi se il cibo sia avvelenato DOPO averlo mangiato!-,
grazie alle prove che è chiamata ad affrontare maturerà in lei un forte senso
di giustizia e capirà cosa ci si aspetta da una sovrana degna di questo nome.
Ho valutato in
modo positivo anche la decisione della Johansen di non dare troppo rilievo agli
interessi amorosi di Kelsea e concentrare il personaggio sui suoi compiti in
quanto regina. Non ho gradito invece il troppo spazio dedicato alle riflessioni
sull’aspetto fisico della giovane, la quale spesso si paragona ad altre donne
in momenti poco opportuni e (ben più grave!) afferma che nulla è peggiore di
essere brutte ma sentirsi belle.
Tra i personaggi
secondari, alcuni spiccano per il loro carisma, come Mazza Chiodata e Fetch,
altri per l’intensità delle loro storie personali, come Javel e Mhurn. A
controbilanciare questi personaggi ben riusciti ne troviamo altri decisamente
insoddisfacenti, in particolare gli antagonisti: Thorne è sprovvisto di
motivazioni chiare e più volte compie scelte azzardate, mentre la regina rossa
non ha avuto abbastanza spazio per poter essere valutata, ma già qui dimostra
meno fermezza di quanto mi aspettassi. La vera delusione è stato però il
reggente Thomas (“Io lo chiamo Rudy!” cit.) che viene inizialmente presentato
come un essere crudele e spietato, tanto da sottrarre il regno alla nipote e
tenere le schiave al guinzaglio, ma dalla sua prima entrata in scena si rivela
un codardo e un inetto.
Come già
detto, reputo lo stile dell’autrice gradevole, abbastanza da perdonarle qualche
ingenuità narrativa, ma non ricordo quasi randomico a parolacce, specie da
parte di personaggi che fino ad un attimo prima si esprimevano in modo pomposo.
L’edizione
targata Multiplayer è stata forse la più grande delusione: pur essendo davvero
curata nel comparto grafico, presenta infatti una traduzione un po’ carente con
dei passaggi da tu al Voi senza motivo nei dialoghi, nonché parecchi errori di
mancata revisione, nonostante la presenza di ben due revisori.
LA VIGNETTA
Chi vincerà questo dibattito?
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