
My rating: 5 of 5 stars
"He walks the walls of Bulikov, fingers grazing the surface of these mammoth constructs, and listen to the whispering miracles trapped in their depths"
FINALE CON
Ultimo capitolo della serie The Divine Cities di Robert Jackson Bennett, "City of Miracles" fa un balzo in avanti ancora più grande di quello tra i primi due libri, portandoci tredici anni dopo la conclusione di "City of Blades" in un mondo che a dispetto del tempo trascorso ancora fatica a superare il suo passato. Ed il tempo è veramente una tematica centrale in questa storia, così come la corruzione data da un potere eccessivamente centralizzato, la difficoltà ad elaborare il lutto di una persona cara e l'esistenza o meno di un destino ineluttabile, che sembra a tratti dirigere le vite dei personaggi.
Per quanto riguarda la trama di questo specifico capitolo, ho davvero le mani legate: ogni parola potrebbe risultare un gigantesco spoiler di quanto succedere qui e nei libri precedenti. Mi limito quindi a dire che la narrazione segue principalmente il personaggio di Sigrud, affiancato dai POV di una manciata di nuovi personaggi molto interessanti e con dei camei (troppo!) brevi di Shara e Mulaghesh; il focus della vicenda riguarda la comparsa di un nuovo nemico, alla ricerca di bambini dai poteri particolari e che pare poter reclutare chiunque grazie ad ingenti fortune dalla dubbia provenienza.
"City of Miracles" è davvero ricco di scene d'azione e, a differenza dei libri precedenti, lo dimostra già dall'adrenalinico incipit; nonostante non manchino le solite battute sagaci e parecchi commenti ironici, i toni sono decisamente più cupi e si percepisce in generale una maggiore serietà che ben si accosta ai temi scelti ed alla dolce-amara conclusione della serie. Ho apprezzato moltissimo anche come Bennett sia riuscito ad intrecciare tanti elementi dei primi due romanzi, andando nel mentre a spiegare alcuni eventi passati ancora oscuri, come la furia degna di un berserker che colpisce Sigrud nell'ultima parte di "City of Blades" o la ragione dietro l'improvviso interesse di Shara per i bambini rimasti orfani dopo la Battaglia di Bulikov.
Pur brillando come sempre per la costruzione di una trama complessa e piena di colpi di scena intelligenti e mai eccessivi, in questo romanzo penso che Bennett si sia distinto soprattutto nella caratterizzazione dei personaggi e nella creazione dei legami tra loro. Ad esempio, per la prima volta in questa serie sono riuscita ad apprezzare appieno un antagonista: dove gli altri cattivi mi erano sembrati un po' sottotono e poco presenti, Nokov ha spazio per mostrare delle motivazioni verosimili e condivisibili, risultando genuinamente simpatetico, anche per merito di una backstory che in parte giustifica le sue azioni per quanto atroci.
Nokov è anche importante per il rapporto genitore-figlio che instaura con Mishra; un bel parallelismo per i rapporti che vediamo anche tra altri personaggi, in particolare Sigrud e Taty, capaci di superare il dolore per le rispettive perdite e così scoprirsi ancora più uniti. Un altro elemento sicuramente degno di menzione è il sistema magico, che ottiene una notevole espansione oltre a maggiori chiarimenti su aspetti già presentati al lettore; anche in questo caso lo spoiler è in agguato, ma fidatevi se vi dico che tutto combacia alla perfezione.
Per quanto mi riguarda, la sola critica da poter fare a questo romanzo è che, pur avendo un epilogo soddisfacente, finisce troppo in fretta. Ed adesso eccomi qui a desiderare di poter cominciare subito un altro romanzo di questo talentuoso autore.
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