
My rating: 1 of 5 stars
"«One day soon everything here will crumble to dust. The kingdoms are dying and the throne here is vanishing. It's already begun»"
APPROVATO DA LEONARD SHELBY
Dopo il parziale fallimento di "The Falconer", avevo decisamente ridimensionato le mie aspettative prima di iniziare il secondo capitolo della trilogia di Elizabeth May, eppure come una novella Dewey nel celebre meme sono comunque delusa dal risultato. Questo perché "The Vanishing Throne", non pago di riproporre i problemi del volume precedente, aggiunge ulteriori elementi di frustrazione per la sottoscritta, a partire dalla trama.
Innanzitutto, gli eventi di questo romanzo sono mossi unicamente dagli antagonisti mentre gli eroi, potendo, si accontenterebbero di vivere nascosti ed ignorare il dettaglio insignificante dello sterminio dell'umanità ad opera delle fatine. Per fortuna ci sono i cattivi: la ricerca di un potente artefatto magico è il motore principale della (poca) azione del libro; gli altri fulcri narrativi sono la scoperta delle origini dei reami fatati e i siparietti romantici tra Aileana e il suo delizioso interesse amoroso.
Ritroviamo la nostra protagonista a Sìth-Bhrùth prigioniera delle fate cattive che, finalmente libere, stanno conquistando il pianeta, o almeno così credono i personaggi, e io voglio fidarmi. Dopo un'evasione non proprio al cardiopalma, Aileana torna nel mondo umano per scoprire che è passato molto più tempo di quanto credesse e per tediarci ad oltranza con i suoi immotivati sensi di colpa. Seguire il suo POV è stato decisamente sfiancante: non solo il lettore è chiamato a subire i suoi monologhi su come abbia fallito nel salvare da sola il mondo (un'impresa molto verosimile, in effetti), ma deve sentirsi ripetere ad oltranza una serie di frasi dette dagli altri personaggi che lei copia-incolla ogni tre righe, probabilmente per allungare un po' il testo.
Avere una protagonista così passiva rende il ritmo della narrazione estremamente lento, ad eccezione degli ultimi capitoli in cui vediamo un po' più di azione. Un altro problema è la ristrettezza del cast: si ha l'impressione che la cara Elizabeth dovesse pagare di tasca sua le comparse, e quindi ci troviamo con una storia dove in scena si vedono solo i protagonisti e qualche sporadico personaggio secondario, ovviamente di pochissima utilità ai fini della trama. Ma veniamo alla parte peggiore, ossia il romance.
Ammetto che in un primo momento Aileana e Kiaran come coppia non mi dispiacevano, poi l'autrice ha iniziato a fare delle rivelazioni allucinanti sul passato di lui, e la nostra eroina non si arrabbia minimamente alla scoperta di essere innamorata di un genocida, è solo un po' risentita perché duemila anni prima a lui piaceva un'altra! A questo punto, lei dovrebbe perdonare subito anche le altre fate cattive, ma la bussola morale di Aileana è mossa unicamente da simpatia ed attrazione, quindi Lonnrach e il suo seguito devono essere puniti in quanto spietati assassini, mentre Kiaran è un cucciolo tormentato che ha già pagato troppo.
Ancor più allucinante come l'autrice tenti di ribaltare torto e ragione anche nel caso della Cailleach, che espone un concetto forse triste ma giusto (l'equilibro nella natura tra vita e morte), e per questo viene dipinta come malvagia. Il messaggio che passa così è estremamente infantile e diseducativo: non voler accettare gli eventi negativi come imprescindibili nella vita di una persona.
Dell'intero romanzo posso salvare solo il mio caro Derrick, sempre protagonista morale della storia per quanto mi riguarda, ed i dettagli folkloristici sui fae, in particolare quando ci si sofferma sulle origini del loro mondo e sul modo in cui è direttamente collegato a quello umano.
Anche così, nel complesso siamo però ben lontani dalla sufficienza.
Voto effettivo: una stellina e mezza
View all my reviews
Nessun commento:
Posta un commento