
My rating: 3 of 5 stars
"Quando la mente si rivolge al terrificante e all'irrazionale, come una persona costretta a girarsi a guardare in faccia la Medusa, allora dimentica. Non può fare altro che dimenticare. E, Dio del cielo, a parte uscire da questo inferno, dimenticare è l'unica cosa che voglio al mondo"
LA RIVINCITA DI WILE E. COYOTE E ALTRE STORIE
Dopo aver letto una sola raccolta in dodici mesi per ben quattro anni, in questo 2025 ho scelto di includere come buon proposito libroso di dare maggior priorità alle antologie kinghiane. Non punto certo a mettermi in pari, ma mi piacerebbe almeno recuperare un po' di terreno, e sono ovviamente partita da "Incubi e deliri", compendio formato da ben 24 testi: ventuno racconti classici, una cronaca sportiva, una poesia (sportiva anche quella!) ed una riscrittura di una parabola induista. Le narrazioni ricadono quasi tutte nel genere horror e presentano molti riferimenti ed omaggi, indicati dall'autore stesso nelle note finali, da affrontare esclusivamente a fine lettura se non si desidera incappare in qualche spoiler. Andiamo quindi a scoprire le mie impressioni e le valutazioni individuali che ho dato ogni singola storia.
"La Cadillac di Dolan" - quattro stelline e mezza
Il primo racconto si presenta come una classica storia di vendetta personale: l'insegnante Robinson è rimasto vedovo dopo che il malavitoso Dolan ha fatto giustiziare sua moglie Elizabeth -testimone di un suo crimine-, e per questo medita per anni di rivalersi fino a quando gli si presenta la situazione ottimale. Ammetto che lo spunto è proprio di mio gusto, infatti mi ha appassionato seguire il piano di Robinson ed il crescendo nella tensione narrativa; sono promossi anche l'introspezione psicologica del protagonista ed il modo in cui si relaziona agli altri. Le miei uniche critiche sono puramente soggettive e riguardano l'espediente narrativo del fridging (per il quale non vado pazza) e l'associazione di idee tra questa narrazione ed un noto personaggio dei Looney Tunes, che mi ha reso difficile prenderlo sul serio all'inizio.
"La fine del gran casino" - quattro stelline
A differenza del primo, questo secondo racconto parte da una premessa che trovo deprimente a livello concettuale, ovvero quella di un contesto post-apocalittico causato da una precisa azione umana. La narrazione è affidata alla penna di Howard "Bow-Wow" Fornoy, scrittore e fratello dello scienziato Robert "Bobby" detto il Messia, colui che ha trovato il modo di porre fine alle guerre; dal momento che Howard esordisce informandoci di aver appena ucciso Bobby e di essere a sua volta in fin di vita, si può intuire come l'utopia sia ancora lontana. Questo intreccio tanto prevedibile è forse il principale difetto, assieme ad una generica superficialità nel chiarire i dettagli; il tutto trova comunque giustificazione nella premessa stessa, va detto. Ho apprezzato la caratterizzazione dei due protagonisti e la narrativa del loro legame, nonché la forma scelta per veicolarla.
"Bambinate" - tre stelline e mezza
Poche risposte anche per il racconto a tema scolastico sulla maestra Emily Sidley, una donna molto severa e precisa sul lavoro, che comincia ad essere spaventata dal comportamento del piccolo Robert, uno dei suoi studenti. Penso che lo scoglio maggiore qui sia lo spazio: qualche pagina in più avrebbe permesso a questa storia di dare il suo meglio, seppur la fine lasciata volutamente in sospeso sia valida ed in linea con il tipo di narrazione. In generale, ho trovato positivi anche il declino psicologico della protagonista e l'elemento horror, ma entrambi non sono esplorati a sufficienza per risultare convincenti.
"Il Volatore Notturno" - due stelline e mezza
Rispetto ai precedenti, questo racconto ha un taglio più divertente ed ironico, che mal si coniuga con la sua conclusione teoricamente spaventosa. Al centro della vicenda c'è la caccia intrapresa dall'appassionato di aviazione Richard Dees ai danni del cosiddetto Volatore Notturno; quest'ultimo è un serial killer che colpisce nottetempo in piccoli aeroporti locali, e Dees è determinato a documentare con delle fotografie il suo operato. Assieme al tono umoristico, la scrittura del protagonista è il solo aspetto gradevole della narrazione che, oltre a lasciare il lettore con una quantità di quesiti insoluti, presenta una struttura poco lineare negli avvenimenti e delle scene d'azione descritte in modo caotico.
"Popsy" - tre stelline
Diametralmente opposta alla storia che la precede, troviamo qui una narrazione cupa ed angosciante fino alle ultime righe, in cui compare un po' fuori posto un guizzo comico. La vicenda ruota attorno al sequestro di un bambino ad opera del protagonista Sheridan che, sommerso dai debiti del gioco d'azzardo, è arrivato a commettere questi rapimenti per recuperare il denaro con cui finanzia la sua dipendenza. Il racconto crea una buona tensione, delinea un protagonista spregevole ma non banale e risulta gradevole, seppur parecchio scontato a livello di trama. Come accennato, il finale rovina in parte l'atmosfera e mi convince una volta in più che il caro Stephen non dovrebbe tirare in ballo il paranormale a caso come fattore risolutivo.
"Ti prende a poco a poco" - tre stelline e mezza
Cinquantadue anni e non sentirli troppo per il racconto più vecchio dell'antologia. King ci riporta nella sua Castle Rock per parlare della casa costruita da Joe Newall sulla Bend; un edificio tanto antiestetico quanto sfortunato, che agli occhi degli avventori del locale Brownie di Harley McKissick conserva un suo fascino morboso. Questa storia aveva del potenziale -soprattutto per il trope del luogo legato al male- ma purtroppo ha finito per puntare in un'altra direzione, lasciando intendere che la fonte della malvagità non fosse tanto la casa in sé. Ho trovato comunque interessante il modo in cui è stato raccontato il passato dell'abitazione, così come il contesto da cittadina di provincia, dove gli abitanti si spalleggiano ma al contempo nascondono molti segreti.
"Denti Chiacchierini" - quattro stelline e mezza
Sulla falsariga di "Christine. La macchina infernale", questo racconto prende un elemento insolito per il genere horror e riesce a renderlo terrificante. In questo caso l'oggetto in questione è una buffa dentiera a molla che il protagonista, il rappresentante Bill Hogan, trova ad una stazione di servizio; nel medesimo luogo, l'uomo decide di caricare un autostoppista, e queste sue decisioni finiscono ben presto per collidere. Ammetto di aver avuto delle riserve sulla resa dell'idea, soprattutto dopo la lettura di "Campo di battaglia" (dalla raccolta "A volte ritornano"), che trattava un tema simile; in questo caso però non c'è proprio nulla di ridicolo: la tensione creata è ottima e non si scivola in momenti di scarsa credibilità. Approvo anche i personaggi -soprattutto i coniugi Scotter, bislacchi gestori della stazione di servizio-, mentre sui momenti più d'azione ho qualche riserva, avendoli trovati caotici e ricchi di svenimenti tattici.
"Dedica" - tre stelline e mezza
Forse il racconto che più rimanda alla seconda metà del titolo: la storia di Martha "Marty" Rosewall, capocameriera presso La Palais a New York, presenta infatti i contorni di un sogno ad occhi aperti. Alla metà degli anni Ottanta, la donna riceve una copia in anteprima del primo libro scritto dal figlio Peter "Pete", e la dedica la spinge a ricordare le insolite circostanze della sua nascita. Emotivamente, mi sono sentita coinvolta da Martha come personaggia, dalle sue difficoltà e dalla tenacia con cui persevera; il mio gradimento non si è purtroppo esteso al tipo di elemento soprannaturale scelto da King, che ho trovato alquanto stereotipato e grottesco tanto per.
"Il dito" - quattro stelline
Altro caso di racconto intrigante e ricco di tensione sciupato da una conclusione incompleta. La storia parte da un'idea molto semplice, quasi sciocca: il ragioniere Howard "Howie" Mitla scopre un dito che sbuca inspiegabilmente dallo scarico del lavello; tra ipotesi di allucinazioni o di malattie, per la sua mente razionale è l'inizio della fine. Una discesa oscura un po' affrettata ma molto avvincente e disturbante, che rende interessante capire le decisioni di Howard su un piano mentale e concreto. Dopo tanto buildup, il finale mi ha lasciato con l'amaro in bocca, ma si tratta di un'osservazione soggettiva.
"Scarpe da tennis" - quattro stelline e mezza
Rimaniamo in zona bagno con la storia di John "Johnny" Tell, riservato appassionato di musica, che nota una persona con le scarpe da tennis nel gabinetto del suo posto di lavoro; la stranezza è che le stesse scarpe rimangono ferme lì, con l'inquietante aggiunta di mosche morte. Un racconto in cui horror e mystery si mescolano bene, con un buon bilanciamento a livello di tensione ed un finale convincente, capace di incanalare al meglio l'indole del protagonista. Le mie uniche critiche riguardano la non troppo velata omofobia e l'eccessiva presenza di riferimenti musicali.
"E hanno una band dell'altro mondo" - quattro stelline
Acnora un collegamento alla storia precedente, perché si continua a parlare di musica (purtroppo per me!) nel racconto che vede protagonisti i coniugi Willinghan. Durante una gita on the road, Clark e Mary "Mariuccia" finiscono in una misteriosa città chiamata Rock and Roll Paradise, nell'Oregon; una premessa che mi ha riportato alla mente "I figli del grano", ma con dei risolvi un po' meno inquietanti. In generale, ho avuto l'impressione che non ci fosse il tempo necessario per assimilare tutto e percepirne la pericolosità, e l'ennesimo finale da interpretare non aiuta. Di questa storia ho però apprezzato lo spunto di base, il rapporto tra i protagonisti ed alcuni validi dettagli horror.
"Parto in casa" - due stelline
Secondo post-apocalittico, questo racconto è partito doppiamente svantaggiato perché combina due tropes SFF per nulla di mio gusto; e lo fa pure molto male, in un'accozzaglia di elementi in teoria paurosi e sensazionali, ma risultano solo ridicoli. In teoria, la storia segue la gravidanza Maddie Sullivan, incinta del primo figlio su Gennesault "Jenny" Island, quando un'epidemia zombie ed un'invasione aliena portano la fine del mondo. Nei fatti però l'attenzione è posta sulla crescita di Maddie -da insicura cronica a persona abbastanza stoica-, fino a quando King non decide di raccontarci come gli isolani si organizzino per sventare la minaccia dei non-morti. L'idea non sarebbe male, ma la confusione e l'eccesso di sottotrame la sviliscono.
"La stagione delle piogge" - quattro stelline e mezza
Si ritorna sulla terraferma con questo racconto all'apparenza piccolibrividoso, ma in realtà inquietante, oscuro e denso: in una manciata di pagine l'horror passa da zero a cento. I rotagonisti sono John ed Elise Graham, giovane coppia appena arrivata a Willow, villaggio del Maine; qui alcuni abitanti li mettono in guardia contro un bizzarro evento, noto appunto come stagione delle piogge, non riuscendo però a convincerli del pericolo. La narrazione è breve e procede speditamente; oltre al ritmo ho apprezzato gli elementi soprannaturali -soprattutto per come vengono illustrati nel finale- e l'atmosfera che permea il paesino. Per contro, avrei voluto qualche dettaglio in più di background ed un maggiore approfondimento dei (pochi!) personaggi.
"Il mio bel cavallino" - quattro stelline
Il caro Stephen cambia tono con la storia dell'ultimo confronto tra Clive "Clivey" Banning ed il nonno George che, sentendo la fine vicina, decide di donare al nipote un orologio ed una lezione sul tempo. Questo racconto non ha una vera trama, pur comprendendo flashback sull'intera famiglia; di conseguenza mancano anche degli elementi spaventosi o fantastici, eppure la narrazione trasmetta un senso di cupezza. La scelta di includerlo in questa raccolta mi ha impedito di apprezzarlo del tutto, perché in effetti si tratta di un racconto valido: i due protagonisti sono ottimamente tratteggiati, il legame tra loro è convincente, la prosa risulta curata e la disamina sul concetto del tempo (seppur non sorprendente) è significativa.
"Spiacente, è il numero giusto" - cinque stelline
Primo inedito della raccolta e prima storia ad avermi convinto appieno, per merito di un certo trope soprattutto. Il racconto comincia da una strana telefonata ricevuta da Katie Weiderman, moglie del popolare autore horror Bill; al telefono si sente una voce femminile terrorizzata, che la donna riconosce come familiare, senza però riuscire a comprendere il messaggio. La sola critica che posso rivolgere a questa narrazione è l'eccessiva rapidità di alcuni passaggi, ma per il resto è ineccepibile! in particolare ho apprezzato lo spunto di base, il sottotesto quasi gotico, ed ovviamente la particolare scelta formale: la vicenda è raccontata come fosse la sceneggiatura di un film, riuscendo comunque a trasmettere sensazioni credibili.
"La Gente delle Dieci" - tre stelline e mezza
Il secondo raccolto inedito ci trasporta a Boston per parlare ancora di vampiri, o comunque di creature analoghe. Il fumatore Brandon "Brand" Pearson scopre infatti l'esistenza di persone con la testa da pipistrello; si tratta di individui potenti, che stanno prendendo il controllo della società, ma solo chi fuma con moderazione li sa riconoscere, come gli spiega il collega Dudley "Duke" Rhinemann. In breve la vita di Pearson viene stravolta, eppure il ritmo incalzante rende la vicenda credibile; mi sono piaciute molto anche la scena d'apertura in medias res e il crescendo di tensione durante la riunione della Gente delle Dieci, ossia i lavoratori che escono a quell'ora per una pausa-sigaretta. Meno convincenti l'improvvisa amicizia tra Pearson e Duke, i particolari dell'elemento fantastico ed il comportamento poco verosimile del leader.
"Crouch End" - quattro stelline
Per una volta lasciamo gli U.S.A. ed atteriamo a Londra, dove gli agenti Robert "Bob" Farnham e Ted Vetter ascoltano la denuncia presentata dalla turista americana Doris Freeman; la donna ha perso il marito Leonard "Lonnie" nel quartiere di Crouch End, o meglio in una sua distorta versione. Il racconto è ricco di rimandi e citazioni, in particolare sembra che i coniugi Freeman abbiano attraversato una sottilità, come quelle presenti in The Dark Tower; da lettrice kinghiana di lunga data, ho apprezzato molto questi collegamenti, così come ho trovato gradevoli l'inquietante ambientazione e la scelta di alternare le prospettive di Farnham e Doris. Purtroppo anche qui si sente la mancanza di qualche pagina in più -durante l'esplorazione della Crouch End alternativa- e di una caratterizzazione più solida del cast.
"La casa di Maple Street" - quattro stelline
Inedito anche il testo incentrato sui fratelli Bradbury, impauriti dal violento patrigno Lewis "Lew" Evans e preoccupati dai mutamenti che sta subendo casa loro. L'abuso domestico non è un tema nuovo per il caro Stephen, ma approvo la sua decisione di raccontarlo dalla prospettiva dei bambini, che non ne risentono fisicamente ma sono comunque vittime. Sono promossi anche il rapporto affettuoso tra i bambini e la scrittura di tutti i personaggi; sul risvolto fantascientifico invece ho qualche riserva, perché mi è sembrato fin troppo funzionale. Perplessità aggiuntive per i malori della madre: sono dovuti solo agli abusi o dovrebbero rappresentare altro?
"Il quinto quarto" - tre stelline
Forse il racconto più smaccatamente bachmaniano, e proprio per questo taglio lontano dai miei gusti. La storia è narrata da un criminale ribattezzatosi Jerry Tarkanian che mette in atto una vendetta verso gli assassini dell'amico Barney; non si tratta però di un elogio ai buoni sentimenti, infatti il vero obiettivo sono i pezzi di una mappa per trovare il bottino di una rapina. Come accennato il tono noir non mi ha fatto impazzire, così come la superficialità generale e la presenza di molti stereotipi. Raggiunge la sufficienza per merito dello stile incalzante e della narrazione davvero intrattenente: sembra di vedere un film, in senso buono.
"Il caso del dottore" - tre stelline e mezza
In questo caso andiamo oltre l'omaggio ed approdiamo direttamente ad una fanfiction su Sherlock Holmes e John Watson, con un pizzico di ispettore Lestrade. In una giornata come tante al 221b di Baker Street, l'uomo di legge raggiunge il celebre duo per sottoporre un enigma della camera chiusa, con il (per nulla) amabile Lord Albert Hull trovato senza vita dentro lo studio. La voce narrante del quasi centenario Watson mi ha convinto, ed il taglio moderno risulta incisivo seppur un po' straniante. Meno bene il lato mystery, perché al lettore non vengono dati gli elementi necessari per giungere alla risoluzione, inoltre la spiegazione del delitto risulta fin troppo prolissa.
"L'ultimo caso di Umney" - quattro stelline e mezza
L'ultimo racconto inedito mi ha fatto ripensare a "La metà oscura" per il marcato piglio metaletterario. L'azione si apre nella Los Angeles degli anni Trenta, dove l'investigatore privato Clyde Umney conduce un'esistenza stereotipata finché non inizia a notare dei cambiamenti inspiegabili. L'incipit mi aveva un po' frenata, ma devo dire che l'idea di base si è rivelata ottima, oltre che eseguita in modo per nulla banale. Reputo ben pensato anche l'epilogo, mentre da brava completista avrei gradito più verosimiglianza nell'elemento sci-fi, magari ambientando la vicenda nel futuro.
"A testa bassa" - due stelline
Una lettura per me faticosa. Si tratta della cronaca di un campionato di baseball della Little League; e qual è il legame con King? ma la presenza del figlio Owen nella squadra di Bangor West! Accantonando l'imbarazzo che possono aver provato sia il pargolo sia i suoi compagni, reputo questa lettura fuori luogo per il tono della raccolta oltre che soporifera per chiunque non sia appassionato di questo sport. La narrativa dello scontro tra Davide e Golia -qui rappresentati da Bangor West e York- è piacevole, inoltre il messaggio di fondo non è malvagio seppur zuccheroso, ma non giustificano comunque 40 pagine di noia.
"Agosto a Brooklyn" - una stellina
Premessa: evito le composizioni poetiche, non nutro alcun interesse verso il baseball e penso che nelle traduzioni si perda sempre qualcosa. Questa è una poesia sul baseball tradotta.
"Il mendicante e il diamante"- n.c.
A fine volume troviamo questo raccontino dove le divinità indù Śiva e Pārvatī sono sostituite da Dio e dall'arcangelo Uriel. La morale ovviamente è positiva, ma davvero non so come valutare questa lettura -a prescindere dalla brevità- perché temo che il caro Stephen si sia limitato a biblicizzare i personaggi. Niente voto quindi, e gli va bene perché c'era il rischio che abbassasse la media generale.
Voto effettivo: tre stelline e mezza
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