Genesi di un racconto dell'orrore
Recensione a "Abbiamo sempre vissuto nel castello" di Shirley Jackson
LA SCHEDA TECNICA
TITOLO: Abbiamo sempre vissuto nel castello
AUTORE: Shirley Jackson
TITOLO ORIGINALE: We Have Always Lived in the Castle
TRADUTTORE: Monica Pareschi
EDITORE: Adelphi
COLLANA: Fabula
PAGINE: 180
TRADUTTORE: Monica Pareschi
EDITORE: Adelphi
COLLANA: Fabula
PAGINE: 180
Essere
elogiati dal maestro del thriller, Stephen King, non è da tutti. E pochi
possono dire di aver meritato la sua ammirazione come Shirley Jackson, dotata
di una straordinaria abilità nle mantenere il lettore in costante tensione, con
la sensazione che da una pagina all’altra succederà qualcosa di tragico ed
irreparabile, ma senza un solo inciampo nel banale o nella violenza gratuita.
Al centro di
questo eccellente romanzo, troviamo i Blackwood, una famiglia dal destino a dir
poco tragico: alcuni anni prima dell’inizio della storia, una cena a base di
arsenico ha decimato la famiglia, lasciando le sorelle Constance e Mary
Katherine sole con lo zio Julian, costretto sulla sedia a rotelle proprio a
causa dell’avvelenamento.
Il periodo
immediatamente successivo è molto duro per Constance, subito accusata della
strage e costretta a difendersi in un processo che, pur assolvendola
legalmente, non le risparmia l’astio e il sospetto dei suoi compaesani. Ed è
proprio questo a costringere ciò che resta della famiglia Blackwood a
trascorrere i seguente sei anni in un isolamento quasi totale.
A smuovere la
stasi temporale scesa sulla villa sarà l’arrivo improvviso del cugino Charles,
evento di cui si feliciterà solo Connie, mentre zio Julian e Merricat non fanno
mistero della loro ostilità verso l’estraneo. Questa semplice visita è la
scintilla che darà in breve cita ad un incendio devastante.
A dispetto di
molti personaggi che fanno capolino nel romanzo, la narrazione è incentrata in
modo esclusivo sui quattro protagonisti, sui quali torreggia a sua volta il duo
formato dalle sorelle Blackwood, unite da un legame fortissimo.
La vicenda
spinge inevitabilmente il lettore a provare un senso di protezione nei
confronti del debole zio Julian, che dietro l’apparente fragilità mentale
nasconde un’arguzia e un umorismo unici. Parallelamente si prova un odio quasi
istantaneo per Charles, specie perché a differenza di altri personaggi non
mostra mai un vero pentimento per i suoi errori.
Per questo
riguarda le protagoniste, ho trovato un po’ irritante Conni, con la sua aria da
svampita e la sua codardia di fronte alle difficoltà; d’atro canto ho adorato
Merricat per il modo particolare in cui guarda al mondo. Da notare come spesso
ci sia uno scambio nei ruoli delle due sorelle; infatti quando Connie è
spaventata Mary la difende, mentre è Connie a riprendere Mary quando questa
tiene dei comportamenti infantili. Ciò rende inizialmente arduo capire quale
sia la sorella maggiore, nonché “accettare” che sono entrambi giovani donne e
non delle ragazzine.
Nel romanzo
Villa Blackwood è a tutti gli effetti un personaggio, oltre che principale
sfondo delle vicende. A caratterizzare l’abitazione è certamente la presenza di
tante stanze lasciate intatte negli anni, che hanno così dato vita ad un vero
museo in onore dei defunti; in questa conservazione forzata si esprime una
delle fissazioni di Merricat.
La ragazza
ripone inoltre la sua fede nel Pensiero Magico, ovvero è convinto di poter
influenzare fisicamente la realtà soltanto con un pensiero, una parola o
perfino un talismano.
Strutturalmente,
il romanzo è composto da capitoli abbastanza lunghi, che spesso terminano con
un cliffhanger atto a mantenere viva la curiosità nel lettore.
In generale
l’autrice alterna ad una scena in cui la tensione cresce in modo lento e
costante, un altro con un improvviso picco di tranquillità normalità. Nella
parte finale invece, non ci sono simili variazioni, sostituite da un continuo
aumento della tensione che trasmette un forte senso d’ansia.
Da segnalare
la presenza diffusa di ripetizioni nelle descrizioni e soprattutto nei
dialoghi, dove questo elemento trasmette delle sensazioni diverse in base al
personaggio che parla, sempre mantenendo un chiaro intento rafforzativo.
Come lettrice, mi sono scervellata per capire
chi ci fosse dietro l’avvelenamento, ma la Jackson è stata una maestra nel
seminare indizi fuorvianti, senza però negarmi la verità.DOVE COMPRARE QUESTO LIBRO
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