Il mostro di cui hai bisogno
Recensione a "Sette minuti dopo la mezzanotte" di Patrick Ness

TITOLO: Sette minuti dopo la mezzanotte
AUTORE: Patrick Ness (idea di Siobhan Dowd)
TITOLO ORIGINALE: A Monster Calls
TRADUTTORE: Giuseppe Iacobaci
EDITORE: Mondadori
COLLANA: Oscar junior
PAGINE: 230
TRADUTTORE: Giuseppe Iacobaci
EDITORE: Mondadori
COLLANA: Oscar junior
PAGINE: 230
IL COMMENTO
Se il mio
cuore di pietra non era stato scalfito dalla lettura di “Molto forte,
incredibilmente vicino” (QUI la recensione), con la storia di Conr non c’è diga
(emotiva) che tenga. Praticamente mi sono ritrovata con il fazzoletto inzuppato
già dall’introduzione, e ne avevo ben donde: infatti questo racconto si può
considerare autobiografico per la sua ideatrice, Siobhan Dowd, nonché una sorta
di suo lascito, poi ripreso e completato da Patrick Ness.
La trama di
profila semplice e lineare, ed è forse per questa ragiona che il romanzo viene
spesso etichettato come una lettura per bambini e ragazzi. Conor O’Malley è un
ragazzino che ogni notte, alle 12:07 in punto, riceve la visita di un mostro
gigantesco; ma Cono non no ha paura, perché sa bene che al mondo esistono
essere ben peggiori: ci sono l’indifferenza e la compassione degli insegnanti e
dei compagni, c’è la malattia della madre che sembra troppo forte per lei ed
infine c’è lo stesso Conor.
Il mostro non
mira però a spaventare il ragazzo, infatti dopo anni di immobile attesa sotto
forma di un enorme tasso, la creatura si è messa in cammino per narrare tre
storie e, soprattutto, per sentire alla fine la storia di Conor stesso, o
meglio la sua inconfessabile verità.
Anche contando
le storie del mostro, i personaggi di questo romanzo sono davvero pochi, e
forse anche per questo il lettore riesce ad affezionarsi ad ognuno in modo
speciale, e ad entrare in sintonia con i suoi sentimenti e le sue motivazioni.
Ovviamente, su tutti, quello per cui si prova istintivamente empatia è Conor,
sebbene sia la contempo l’ultimo a rivelarsi con sincerità.
In generale ho
apprezzato un po’ tutti i personaggi, in particolare la nonna di Conor per la
sua capacità di cambiare e migliorarsi e Lily per la dolcezza e l’onestà con
cui esprime la sua amicizia. Mi è risultato invece difficile empatizzare con il
bulletto Harry, perché le sue ragioni rimangono in parte lacunose, ma anche con
il padre di Conor che, seppur sia evidentemente combattuto tra le sue due
famiglie, avrebbe dovuto sapere come in alcuni casi non si possa usare una
stessa misura per tutto.
La complessità
e l’ambiguità presenti in tutti i personaggi (con la sola eccezione della
madre, forse), ben introducono a quello che è il tema di tutti i racconti e del
romanzo in generale: l’impossibilità di distinguere e di scindere il bene dal
male, il giusto dallo sbagliato. Ciò diventa evidente soprattutto quando il
mostro inizia i suoi tre racconti, che sono per l’appunto divisi in due
capitoli: nel primo vengono illustrate delle premesse che sembrerebbero portare
verso un finale abbastanza scontato, ma poi nel secondo la venuta del mostro
porta a galla la verità, per quanto dura possa essere, e tutto viene stravolto.
E questo vale anche per il racconto di Conor che, seppur ampiamente anticipato
nei capitoli precedenti, rivela con forza una verità struggente.
Sia per i
lettori più giovani e (mi auguro) ingenui, sia per chi è maturo e ben
consapevole, è molto importante capire che altre alla più ovvia paura di
perdere la persona più cara il maggior timore di Conor -e di chiunque si trovi
nella sua situazione, a prescindere dall’età- è essere trattato in modo
diverso; perché in alcuni momenti persino la gentilezza può ferire.
Lo stile di
Ness è abbastanza lineare ed estremamente scorrevole. L’elemento che ho
maggiormente apprezzato è stato l’alternarsi tra una dimensione quotidiana,
reale e cruda, e un’altra onirica e fantastica, ma ugualmente impervia; tra
questi due mondi troviamo Conor, sospeso e al contempo capace di trarre proprio
dagli incubi degli insegnamenti utili nella realtà.
Dalla copertina all’ultima pagina, l’intero
volume è arricchito dalle insolite illustrazioni di Jim Kay, in cui si nota da
subito un’evidente predominanza del nero, quasi l’artista avesse applicato una
tempera bianca su una tela scusa, servendosi di un pennello usurato. Perché in
questa opera neanche le illustrazioni sono clementi, ma selvagge.DOVE COMPRARE QUESTO LIBRO
LA VIGNETTA
Alcuni mostri sono amati. Altri... meno!
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