Quando l’eroe non è un eroe
Recensione a "Magisterium - L’Anno di Ferro" di Holly Black e Cassandra Clare
TITOLO: Magisterium - L’Anno di Ferro
AUTORE: Holly Black e Cassandra Clare
TITOLO ORIGINALE: Magisterium - The Iron Trial
TRADUTTORE: Beatrice Masini
EDITORE: Mondadori
COLLANA: I Grandi
PAGINE: 320
COMMENTO
Qual è la differenza
tra l’avere un allenatore personale e l’andare semplicemente in palestra per
proprio conto? A quanto pare tutta la differenza che c’è tra la scuola di
Hogwarts e il Magisterium: nella prima vengono insegnate formule magiche,
pozioni e un po’ di storia della magia; nel secondo sembra sufficiente
esercitarsi e ripetere allo sfinimento le stesse operazioni per migliorarsi.
Va bene, è un po’
troppo facile partire subito con un paragone tra questo romanzo e la saga
potteriana, ma non è certo mia intenzioni gridare al plagio, anzi a mio avviso
lo si può vedere come un omaggio al mondo creato da J. K. Rowling. Questo vale
solo se escludiamo l’antagonista e il suo “legale” -per usare un eufemismo- con
il protagonista che sembrano davvero una copia poco fantasiosa di Voldemort, e
di Harry in quanto Horcrux.
Inizialmente, anche la
trama pare un accozzaglia di idee già lette, ma con il proseguire degli eventi
essa si evolve in un intreccio ben più interessante e curioso, che costringe il
lettore a proseguire con la lettura dei volumi successivi per scoprire dove
andrà a parare.
Abbiamo quindi un
aspirante mago talentuoso (e questa volta orfano solo a metà), una scuola di
magia, due amici coi quali formare l’immancabile terzetto e un insegnate
preparato seppur severus severo. Ad animare questo quadro di partenza è
innanzitutto la rivelazione che il nostro protagonista una volta tanto non è
l’eroe destinato a salvare il mondo, anzi in un primo momento il giovane Callum
non desidera neppure entrare nel Magisterium; questo e molti altri dettagli lo
rendono un protagonista un po’ insoluto e interessante.
Il filo conduttore in
questo primo romanzo sembra semplicemente l’avanzamento nello studio della magia
durante il primo anno alla scuola, noto appunto come l’Anno di Ferro. Vari
colpi di scena e misteri lasciati volutamente irrisolti aiutano poi ad
arricchire la trama, che risulta comunque parecchio scarna.
Quindi abbiamo un
libro breve e dallo stile scorrevole: in teoria l’avrei dovuto leggere in un
paio d’ore, ma purtroppo ci sono dovuta fermare diverse volte per i dubbi
causati da un’ambientazione a dir poco confusa. Ad esempio, non è mai chiarito
se le persone “normali” (i Babbani, per intenderci) siano o meno a conoscenza
dell’mondo magico; anche il funzionamento della magia rimane parecchio oscuro,
perché da un lato sembra sia sufficiente pensare all’obiettivo per attivarla,
ma dall’altro non si spiega perché un Magistro non dovrebbe permettere agli
studenti di apprendere dei metodi per migliorare più velocemente.
Sul piano dei
personaggi abbiamo dei protagonisti ben caratterizzati e dei buoni comprimari,
che però sono troppo numerosi ed è molto difficoltoso ricordare tutti i Magistri
e gli apprendisti presentati.
Ho apprezzato come
sono stati strutturati gli eventi precedenti al romanzo e come poi sono stati
presentati al lettore, svelandosi a poco a poco.
Una nota dolente è
invece data dalla fretta con cui tutto viene narrato: sia arriva a condensare
mesi interi in mezza riga, mentre le autrici avrebbero potuto dare molto più
spazio agli studi di Call, così da delineare meglio sia i personaggi secondari
sia le competenze apprese.
Anche il finale
risente di questa frettolosità generale e sembra piazzato in modo casuale,
giusto per concludere il volume.
Vorrei infine segnalare
come il titolo di questo libro sia stato vittima di un adattamento opinabile,
pratica frequente nel Bel Paese. Perché la Prova di Ferro diventa l’Anno di
Ferro? Il tutto ha ancora meno senso dal momento che per i volumi
successivi si è optato per una traduzione letterale.
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