Liberarsi dai lacci della felicità
Recensione a "Noi" di Evgenij Zamjatin
LA SCHEDA TECNICA
TITOLO: Noi
AUTORE: Evgenij Ivanovič Zamjatin
TITOLO ORIGINALE: My
TRADUTTORE: Alessandro Niero
EDITORE: Voland
COLLANA: Sírin Classica
PAGINE: 280IL COMMENTO
Patriarca di molti romanzi distopici
novecenteschi, “Noi” è al contempo feroce satira dell’utopia comunista e lucida
anticipazione di quelle che solo anni dopo saranno le grandi dittature europee:
Zamjatin delinea con chiarezza quasi profetica uno Stato Unico governato col
pugno di ferro dal Benefattore, pronto a mettere a tacere con la forza chiunque
osi opporsi a quella che i nostri occhi di lettori contemporanei appare come
una vera e propria dittatura.
Zamjatin si allontana però decisamente dai
primi anni del ‘900 quando scegli come ambientazione per il suo romanzo un
futuro lontano in cui la razza umana si è affacciata al baratro dell’estinzione
per poi chinarsi docilmente al giogo dello Stato Unico, che imprigiona i suoi
abitanti in una felicità illusoria, dopo averli resi liberi dalla libertà
stessa.
È questo lo scenario in cui si muove D-503,
Costruttore della navicella spaziale denominata “Integrale”, prossima al suo
primo viaggio su nuovi pianeti dove portare la vera civiltà. L’esistenza
preordinata del protagonista, piccolo ingranaggio nel grande meccanismo
statale, viene radicalmente stravolta dall’incontro con I-330, di cui si
innamora e grazie alla quale riesce infine a vedere il vero volto del
Benefattore.
In D-503 la trasformazione è molto graduale,
a volte pare quasi fare dei passi indietro; la rivoluzione è però già in atto e
chi vuole sfidare il potere dello Stato Unico non attende ulteriormente per far
sentire la propria voce. Gli eventi si fanno via via più adrenalinici, con
l’approssimarsi del finale e della rivelazione circa il destino di questa Terra
tanto distante della nostra, sia sul piano temporale sia su quello culturale.
Se paragonato ai protagonisti di romanzi
distopici più moderni, D-503 si dimostra a più riprese un uomo poco coraggioso,
ed il solo motivo che lo spinge alla ribellione contro il regime è il
sentimento d’amore per I-330, in assenza della quale si ritrova spesso preda
del dubbio; per gran parte del romanzo si trova sospeso quasi tra due versioni
di se stesso: l’ubbidiente unità, parte del Noi collettivo, e l’Io selvaggio,
egoista e a tratti animalesco. Il suo comportamento può comunque trovare una
comprensibile giustificazione nell’ottica di una vita interamente allietata
dalla felicità effimera dello Stato Unico: non deve essere stato affatto facile
comprendere un’alternativa a tutto ciò.
Il ruolo dell’eroina ribelle viene quindi
delegato a I-330, tratteggiata quasi come una femme fatale capace di persuadere
ogni uomo ad aiutarla nei suoi piani. Benché il punto del protagonista porti il
lettore lontano dall’azione, I-330 si dimostra comunque una donna decisa nei
suoi propositi e pronta a tutto per essi, perfino a resistere ad una crudele
tortura.
Il Benefattore risulta invece un antagonista embrionale,
primo di una caratterizzazione; la sua figura fa pensare ad un’ombra che
incombe sui protagonisti, anziché ad una persona in carne ed ossa.
In questo romanzo è inoltre la collettività
stessa a diventare un personaggio. Le persone ci vengono presentate come del
tutto dimentiche della loro individualità: tutti indossano gli stessi vestiti,
compiono le stesse azioni nello stesso istante ed hanno perfino perduto il nome
in favore di numeri e lettere.
È curioso segnalare come il protagonista
associ la lettera di ognuno alla sua fisicità e come inserisca nel suo “diario”
molti riferimenti ai numeri, ai calcoli e alle forme, seppur ciò non stoni
affatto in un mondo dove perfino attività artistiche quali la poesia sono
schematizzate e dominate dalla matematica.
Un plauso infine allo straordinario stile di
Zamjatin, specialmente per le geniali metafore e per le riflessioni che ispira
nel lettore, ma anche all’ottima traduzione italiana di questa edizione, resa
più ricca dalle utili note a fondo volume.
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