Il coraggio di ricordare
Recensione a "Il gigante sepolto" di Kazuo Ishiguro

LA SCHEDA TECNICA
TITOLO: Il gigante sepolto
AUTORE: Kazuo Ishiguro
TITOLO ORIGINALE: The Buried Giant
TRADUTTORE: Susanna Basso
EDITORE: Einaudi
COLLANA: Super ET
PAGINE: 320
TRADUTTORE: Susanna Basso
EDITORE: Einaudi
COLLANA: Super ET
PAGINE: 320
IL COMMENTO
È legittimo
sacrificare verità e giustizia in nome della pace? Nella graphic novel
capolavoro di Alan Moore “Watchmen”, il geniale Adrian Veidt -aka il supereroe
Ozymandias- decide di tenere il mondo intero all’oscuro delle sue trame per
evitare un conflitto nucleare, e al contempo il suo collega Rorschach viene
messo a tacere perché incapace di rinunciare ai suoi valori.
Ne “Il gigante
sepolto”, è descritta invece una situazione completamente ribaltata, in cui chi
tenta di proteggere la falsa pace tra britanni e sassoni va incontro alla
morte, mentre a trionfare è una verità portatrice di guerra e violenza.
A differenza
di “Non lasciarmi” (QUI la recensione), per il quale Ishiguro aveva ideato
un’ambientazione del tutto originale, in questo romanzo ci troviamo nella
mitica Inghilterra del Ciclo Arturiano, tanto che fa la sua apparizione il
cavaliere Galvano e vengono più volte nominati sia Artù che Merlino.
In questo scenario
fantastico si muovono i nostri protagonisti in due coppie distinte, seppur
chiaramente destinate ad incontrarsi: da un lato abbiamo Axl e Beatrice, due
anziani coniugi in marcia verso il villaggio dell’amato figlio, mentre
dall’altro troviamo il guerriero Wistan ed il suo giovane apprendista Edwin, la
cui missione è portare soccorso ai loro compatrioti sassoni oppressi dal
malvagio Lord Brenno.
A queste
figure si aggiunge poi Ser Galvano, cavaliere e nipote del grande Artù, che
erra pre quelle stesse terre assieme al fedele cavallo Orazio che il fine di
adempiere alla sua antica missione, ossia uccidere la terribile draghessa
Querrig.
Tutti i
personaggi sono però gravati da un crudele sortilegio chiamato “nebbia” che
ruba i loro ricordi, facendo scordare eventi lontani e recenti. Se da un lato
questo è certamente problematico, come nel caso dei soldati che scordano il
compito affidatogli dal loro signore, da un altro Ishiguro vuole far riflettere
il lettore sulle situazioni in cui dimenticare il passato può aiutare a vivere
in modo più sereno il presente.
Seppur
procedendo con lentezza, appesantita da alcune scene superflue, la trama
riserva degli eccellenti colpi di scena che riescono a tenere viva l’attenzione
del lettore. La parte che soggettivamente ho trovato più debole nel romanzo è
senza dubbio il finale, in cui l’autore accantona le rivelazioni
sensazionalistiche attese (da me) in favore di riflessioni ben più profonde
sulla memoria e sul perdono.
Tra i
personaggi spiccano per il loro carisma Axl e Wistan, mentre i loro rispettivi
compagni di viaggio non riescono proprio ad accattivarsi il favore del lettore
e risultano spesso i “pesi morti” della compagnia degli eroi; infatti, la
maggior parte dei personaggi è chiaramente una riproposizione di figure
classiche in miti e leggende.
Lo schema
strutturale del romanzo è abbastanza particolare: innanzitutto, l’autore opta
per la narrazione in terza persona così da poter alternare più POV possibile, e
solo nel finale rivela (forse) l’identità del vero narratore; la maggior parte
dei capitoli inizia poi anticipando un evento per ripercorrere in un secondo
momento la storia utilizzando dei brevi flashback. Infine un dettaglio che a
tratti può risultare fastidioso è il continuo ripetersi di nomi o ruoli dei
personaggi, seppur ciò renda più chiaro il collegamento alle figure
leggendarie.
È stato
rassicurante ritrovare il tono pacato ed attento di Ishiguro, capace di
coinvolgere ed incantare il lettore anche se non si ritrova direttamente nei
personaggi. Il suo stile risulta inoltre molto affine all’ambientazione
medioevale ed ai personaggi stessi -specialmente ai nobili cavalieri-, mentre
stona nelle scene d’azione.
Da nota come
spesso l’autore interrompa una descrizione o tronchi un dialogo per rivolgersi
in modo diretto ed un po’ informale al lettore e fornirgli dei chiarimenti.
Infine, il misterioso maleficio che affligge
i personaggi -e che assomiglia molto alla malattia dell’insonnia in “Cent’anni
di solitudine” (QUI la recensione)- sembra colpire a tratti anche lo stesso
Ishiguro, quando si interrompe poco prima di rivelare preziose informazioni,
facendo sospirare i suoi lettori.DOVE COMPRARE QUESTO LIBRO
LA VIGNETTA
Povera Beatrice! Sarà l'età?
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