
My rating: 2 of 5 stars
"My mind whizzed through a carousel of untruths. A dead relative? No, too dramatic. Plus I'd have to fake going to a funeral, and that would be too far, even for me"
SEMBRA TALCO, MA NON È... CHE OMBRETTO AZZURRO
Parte del motivo per cui sono stata tanto delusa da questo libro è sicuramente da ricercarsi in una tendenza portata avanti dagli editori degli ultimi anni; i romanzi targettizzati come YA stanno diventando sempre più maturi, tanto che molti autori di questa fascia demografica finiscono ben presto per scrivere libri new adult o direttamente adult, questo comporta però che i lettori (o almeno io) si aspettano dallo young adult protagonisti quasi maggiorenni e storie dal tono prevalentemente serio. Quando ho acquistato "Oh My Gods" pensavo quindi che avrei letto di una ragazza sui diciassette anni, in un contesto magari divertente ma non pregno di umorismo infantile. Come forse avrete astutamente dedotto, mi sbagliavo.
Il romanzo è molto più vicino ad un middle grade, infatti Helen -la nostra protagonista- ha soltanto quattordici anni. Per circa metà libro mi sono aspettata comparisse una qualche trama, ma il volume si limita a raccontarci di quanto succede nella vita della ragazza una volta trasferitasi con il padre a Londra; l'unico elemento insolito, da cui si evolverà poi il pretesto per dare una svolta alla storia, è la famiglia di Helen: lei è infatti figlia di Zeus e, essendo orfana di madre, deve ora convivere con lui e gli dei che hanno scelto di rimanere sulla Terra.
So che questa premessa potrebbe far pensare ai romanzi di Percy Jackson, ma ogni elemento qui ha un tono incredibilmente più giovane, a cominciare dalle preoccupazioni che angustiano la protagonista; all'apparenza si tratta di problemi comprensibili (frequentare una nuova scuola, farsi degli amici, dividere l'abitazione con delle divinità, avere un ragazzo) che però Helen prima esaspera nella sua fantasia e poi supera senza alcuna fatica, a volte senza neppure doversi impegnare: non c'è mai un accenno a difficoltà nello studio, appena arrivata a scuola diventa amicissima con tre ragazze adorabili, gli dei spesso le sono d'aiuto e alla sua prima festa incappa in un ragazzo perfetto.
Nonostante tutto, Helen non smette un attimo di lamentarsi, spesso per cose che succedono solo nella sua fantasia, ma non basta: piange in continuazione anziché rimboccarsi le maniche e, in generale, viene presentata come un cliché, anche un po' datato. Avete presente la classica protagonista di un teendrama anni Novanta? Helen ne è una versione leggermente aggiornata: sempre insicura e timidina, con mille complessi per il suo aspetto e l'abbigliamento scelto, ma dotata di smartphone e pronta a nominare social random ogni tre righe. Adesso sì che abbiamo una storia contemporanea!
Per gli altri personaggi non spenderei neppure una riga, dal momento che sono incredibilmente monodimensionali e stereotipati, ma di uno vale la pena far menzione. Gli dei sono presentati in modo banale, esattamente come li immaginiamo dai racconti mitologici: Eros sempre interessato alle questioni di cuore, Afrodite vanesia e dispettosa, Apollo socievole e affamato di popolarità, Atena seria e pratica, Ade viscido (perché sì... ?); allora perché invece Zeus è stato completamente snaturato? l'autrice non spende mezza riga per spiegarci come mai ora sia un padre modello, appassionato di auto d'epoca e fissato con gli alimenti probiotici.
A rendere la lettura ancor più pesante ci pensano poi gli espedienti narrativi forzatissimi (vogliamo parlare della scena in cui la guardia cerca di allontanare Helen?) e le contraddizioni interne alla storia, in particolare per quanto riguarda il fantomatico processo: sembra scritto da una persona che un tribunale non l'ha mai visto neppure in TV. Anche l'epilogo veicola un messaggio non troppo positivo per il giovane pubblico, oltre a risultare alquanto insoddisfacente, dal momento che il presunto villain scompare nel nulla.
Nonostante tutto sento di dover spezzare una lancia a favore di questo titolo, soprattutto perché sono ben lontana dai miei quattordici anni e forse all'epoca l'avrei apprezzato di più. È chiaro che l'autrice si è impegnata per creare un cast ricco di etnie diverse, presentando una Londra multiculturale e aperta all'integrazione; apprezzo soprattutto come questo aspetto sia stato affrontato con positività e naturalezza, anche per quanto riguarda l'identità birazziale della protagonista. Senza dubbio il messaggio più valido che il libro può comunicare ai suoi giovani lettori.
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