L'usignolo by Kristin Hannah
My rating: 2 of 5 stars
"Nel loro appartamento, Isabelle andò subito alla finestra e scrutò dietro la tenda in cerca della torre Eiffel. Era ancora là, svettante sopra un muro di fumo nero e denso"
MEH (DOVE MEH STA PER MEDIOCRE)
Prima di iniziale la lettura de "L'usignolo" avevo veramente delle grandi aspettative, viste le opinioni entusiaste di chiunque su questo titolo, tanto da farlo diventare il libro con la media di valutazioni più alta nella mia TBR. Ero quindi prontissima a trovare un nuovo preferito, il che ha reso ancor più cocente la mia delusione quando -già dalle prime pagine- ho capito di avere di fronte un romanzo estremamente mediocre, che per motivi mistici ha conquistato migliaia di lettori tanto da ottenere un prossimo adattamento cinematografico. Ci tengo a precisare che la mia critica non è dovuta alla tematica strabusata su cui si basa il libro, ma al modo blando e prevedibile con cui viene trattata.
La storia copre l'intero periodo della Seconda Guerra Mondiale ed è ambientata nella Francia occupata dai nazisti; qui incontriamo le sorelle Rossignol, l'amorevole Vianne e l'impulsiva Isabelle, impegnate ognuna a modo proprio nella Resistenza. A questa narrazione al passato si alternano brevi scene negli anni Novanta che mostrano come la vicenda si sia poi conclusa. E se questo riassunto vi sembra avaro di informazioni, sappiate che la sinossi proposta dalla CE in quarta di copertina è ancora più stringata; il motivo di questa scelta editoriale è la banalità della storia: già con questa manciata di elementi vi garantisco che riuscirete ad indovinare ogni singola svolta di questo libro con capitoli e capitoli di anticipo.
Oltre alla prevedibilità della storia, uguale a quelle di tanti altri romanzi, sono presenti anche parecchie forzature -soprattutto nella parte finale- che portano i personaggi a fare cose innaturali o addirittura impossibili soltanto per arrivare alla conclusione stabilita dalla cara Kristin. C'è da dire che neppure nel resto del volume la verosimiglianza risulta essere un aspetto essenziale, in particolare mi ha divertito come l'autrice abbia trasformato la Valle della Loira, rinomata per il suo clima mite e temperato, in un paesaggio artico, ma solo per gli abitanti del luogo: mentre Vianne è congelata sotto quattro trapunte, i nazisti cattivi (vi giuro che vengono definiti con queste esatte parole!) girano praticamente in maglietta e crocs.
Sul fronte dei personaggi, abbiamo un cast scontato al pari della trama, in cui ognuno ricopre il ruolo stereotipato che potreste immaginare e, nonostante il gran parlare di evoluzione personale, non vediamo una crescita effettiva in nessuno: non basta far avere qualche rimorso in punto di morte ad un personaggio per affermare che sia cambiato. L'unico con un minimo di complessità è il capitano Beck, infatti Hannah è costretta a liberarsi di lui quando capisce di non sapere come concludere coerentemente la sua storia. Per quanto riguarda Vianne e Isabelle ed il loro rapporto come sorelle, che pensavo a torto sarebbe stato il focus centrale del romanzo, sono riuscita ad apprezzare in parte soltanto la maggiore: a dispetto della mole quasi ridicola di disgrazie che la colpiscono, Vianne dimostra buon senso e delle reazioni comprensibili; all'estremo opposto troviamo Isabelle, baciata dalla fortuna per gran parte della storia, tanto da non dover mai fare davvero i conti con le conseguenze della sua stupidità.
Lo stile di Hannah non è nulla di eclatante, e ci regala anche qualche risata quando i suoi tentativi di rendere la prosa colorita si traducono in strafalcioni o contraddizioni atmosferiche. Non mi ha convinto neppure l'atmosfera di tensione e disagio che prova a tratteggiare, perché se è vero che in una pagina Vianne si lamenta di non poter acquistare cibo a sufficienza per la sua famiglia, in quella successiva vediamo l'allevamento di animali da cortile che riesce a mantenere per l'intero conflitto, nonché un enorme orto così ben fornito da poterci dedicare una puntata di Melaverde.
Sarcasmo a parte, capisco che l'autrice volesse parlare di tematiche importanti (non solo della guerra e della Resistenza, ma anche di emancipazione femminile), però lo fa utilizzando un tono talmente semplicistico da rendere questo libro adatto soltanto ad un pubblico di ragazzini: lo vedrei bene come lettura scolastica alle scuole medie. Un lettore adulto invece potrebbe sentirsi offeso dalla banalità della storia e dalla superficialità dei temi, nonché per l'importanza eccessiva data alle sottotrame romantiche basate su grandi amori nati in mezza giornata.
Voto effettivo: due stelline e mezza
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venerdì 29 aprile 2022
venerdì 22 aprile 2022
"Questo oscuro duetto" di Victoria Schwab
Our dark duet. Questo oscuro duetto by Victoria Schwab
My rating: 3 of 5 stars
"Non lo aveva mai fatto, non aveva mai suonato per calmare un'anima invece che per raccoglierla.
Nella cella, però, il soldato smise di lottare. Curvò le spalle, come pervaso dal sollievo, e il buio che aveva dentro fu tenuto a bada dalla canzone"
EPILOGO ANTICLIMATICO
Dal momento che i miei ricordi sul primo capitolo della serie Monsters of Verity si stavano già facendo nebulosi, ho pensato fosse meglio non aspettare troppo tempo per leggere "Questo oscuro duetto", seguito di "Questo canto selvaggio" nonché ultimo libro della duologia, che purtroppo non risulta convincente né come sequel né come capitolo conclusivo. Gli spunti che muovevano l'azione del primo volume erano stati in gran parte risolti, di conseguenza Schwab passa una buona (e lentissima) metà del libro a creare nuove dinamiche ed introdurre nuovi personaggi, per poi accelerare fin troppo nell'epilogo, con antagonisti sconfitti in un batter d'occhio e più di una questione dimenticata tra un capitolo e l'altro.
Come accennato, la trama ha un avvio molto lento dovuto alla necessità di creare una nuova storia ma anche al fatto che i due protagonisti sono separati. La narrazione ci porta sei mesi dopo la partenza di Kate da V-City, e la ragazza è ora impegnata ad eliminare i mostri che hanno cominciato ad apparire anche nel territorio di Prosperity, assieme ad un gruppo di nerd random: ovviamente non viene esplicato se il problema dei mostri sia ormai esteso a tutte le regioni e come verrà affrontato dopo la conclusione del romanzo; anche August si dedica giorno e notte allo sterminio di corsai e malchai assistito da Soro, un nuovo sunai, e la comune lotta è per l'appunto l'unico impulso a muovere l'azione.
La parte centrale del romanzo è quella più riuscita: i personaggi si riuniscono e nascono dei bei confronti tra loro che aiutano a capire meglio anche alcuni dei comprimari un po' accantonati nel primo libro, come Henry Flynn. La conclusione invece è raffazzonata e parecchio deludente, in particolare per come vengono gestiti i villain; questo è dovuto soprattutto al POV di Sloan che mostra fin troppo di quanto sta facendo, rendendo così scontate le poche svolte della trama.
Se gli antagonisti sono un grosso no, possiamo almeno consolarci con i nostri eroi: Kate rimane la mia preferita, nonostante qui faccia alcune scelte fuori dal personaggio, ma mi sento di rivalutare in parte anche August, che per fortuna ha accantonato almeno un po' il suo lato piagnucoloso. Per quanto riguarda i nuovi personaggi, abbiamo un improvviso boom di rappresentazione, e questo mi porta a pensare che forse qualcuno ha fatto notare alla cara Victoria che il suo cast era composto solo da personaggi bianchi, etero e cisgender. Il problema di questi nuovi arrivati è che non hanno un ruolo incisivo nella storia, e in alcuni casi vengono messi da parte dalla stessa autrice.
Il world building viene ampliato mostrandoci due nuovi mostri e parecchie scene a P-City, ma queste anziché arricchire la narrazione rendono solo più insensato il comportamento di umani e mostri a Verity, che rimangono in città a massacrarsi a vicenda quando potrebbero andarsene tranquilli e beati. Tra l'altro, se ci fosse un minimo di verosimiglianza, l'intero territorio sarebbe già stato a raso al suolo a suon di bombe atomiche. Anche l'edizione non mi fa impazzire, tra una traduzione costellata da scivoloni e materiali e stampa scadenti.
Dal punto di vista delle tematiche mi sento invece soddisfatta: ho apprezzato come viene approfondita la riflessione sul dualismo tra umani e mostri, ma ancor di più il focus sul tema della colpa, che speravo venisse trattato già nel primo libro.
In conclusione, Schwab aveva due opzioni: aggiungere altre cento pagine e dare una conclusione degna di questo nome alla duologia, oppure eliminare i nuovi personaggi e le scene a Prosperity per ottenere un romanzo autoconclusivo decente. Invece ha optato per un'insoddisfacente via di mezzo, riuscendo comunque a commuovere i suoi (altri) lettori... complimenti!
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My rating: 3 of 5 stars
"Non lo aveva mai fatto, non aveva mai suonato per calmare un'anima invece che per raccoglierla.
Nella cella, però, il soldato smise di lottare. Curvò le spalle, come pervaso dal sollievo, e il buio che aveva dentro fu tenuto a bada dalla canzone"
EPILOGO ANTICLIMATICO
Dal momento che i miei ricordi sul primo capitolo della serie Monsters of Verity si stavano già facendo nebulosi, ho pensato fosse meglio non aspettare troppo tempo per leggere "Questo oscuro duetto", seguito di "Questo canto selvaggio" nonché ultimo libro della duologia, che purtroppo non risulta convincente né come sequel né come capitolo conclusivo. Gli spunti che muovevano l'azione del primo volume erano stati in gran parte risolti, di conseguenza Schwab passa una buona (e lentissima) metà del libro a creare nuove dinamiche ed introdurre nuovi personaggi, per poi accelerare fin troppo nell'epilogo, con antagonisti sconfitti in un batter d'occhio e più di una questione dimenticata tra un capitolo e l'altro.
Come accennato, la trama ha un avvio molto lento dovuto alla necessità di creare una nuova storia ma anche al fatto che i due protagonisti sono separati. La narrazione ci porta sei mesi dopo la partenza di Kate da V-City, e la ragazza è ora impegnata ad eliminare i mostri che hanno cominciato ad apparire anche nel territorio di Prosperity, assieme ad un gruppo di nerd random: ovviamente non viene esplicato se il problema dei mostri sia ormai esteso a tutte le regioni e come verrà affrontato dopo la conclusione del romanzo; anche August si dedica giorno e notte allo sterminio di corsai e malchai assistito da Soro, un nuovo sunai, e la comune lotta è per l'appunto l'unico impulso a muovere l'azione.
La parte centrale del romanzo è quella più riuscita: i personaggi si riuniscono e nascono dei bei confronti tra loro che aiutano a capire meglio anche alcuni dei comprimari un po' accantonati nel primo libro, come Henry Flynn. La conclusione invece è raffazzonata e parecchio deludente, in particolare per come vengono gestiti i villain; questo è dovuto soprattutto al POV di Sloan che mostra fin troppo di quanto sta facendo, rendendo così scontate le poche svolte della trama.
Se gli antagonisti sono un grosso no, possiamo almeno consolarci con i nostri eroi: Kate rimane la mia preferita, nonostante qui faccia alcune scelte fuori dal personaggio, ma mi sento di rivalutare in parte anche August, che per fortuna ha accantonato almeno un po' il suo lato piagnucoloso. Per quanto riguarda i nuovi personaggi, abbiamo un improvviso boom di rappresentazione, e questo mi porta a pensare che forse qualcuno ha fatto notare alla cara Victoria che il suo cast era composto solo da personaggi bianchi, etero e cisgender. Il problema di questi nuovi arrivati è che non hanno un ruolo incisivo nella storia, e in alcuni casi vengono messi da parte dalla stessa autrice.
Il world building viene ampliato mostrandoci due nuovi mostri e parecchie scene a P-City, ma queste anziché arricchire la narrazione rendono solo più insensato il comportamento di umani e mostri a Verity, che rimangono in città a massacrarsi a vicenda quando potrebbero andarsene tranquilli e beati. Tra l'altro, se ci fosse un minimo di verosimiglianza, l'intero territorio sarebbe già stato a raso al suolo a suon di bombe atomiche. Anche l'edizione non mi fa impazzire, tra una traduzione costellata da scivoloni e materiali e stampa scadenti.
Dal punto di vista delle tematiche mi sento invece soddisfatta: ho apprezzato come viene approfondita la riflessione sul dualismo tra umani e mostri, ma ancor di più il focus sul tema della colpa, che speravo venisse trattato già nel primo libro.
In conclusione, Schwab aveva due opzioni: aggiungere altre cento pagine e dare una conclusione degna di questo nome alla duologia, oppure eliminare i nuovi personaggi e le scene a Prosperity per ottenere un romanzo autoconclusivo decente. Invece ha optato per un'insoddisfacente via di mezzo, riuscendo comunque a commuovere i suoi (altri) lettori... complimenti!
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mercoledì 20 aprile 2022
"Avversario segreto" di Agatha Christie
Avversario segreto by Agatha Christie
My rating: 3 of 5 stars
"«Le rare volte che siamo capitati nella sua orbita, lui figurava sempre come personaggio di secondo piano. Altri interpretavano la parte principale. Ci si accorgeva solo dopo, e sempre troppo tardi, che un'entità trascurabile, come un cameriere o un impiegato, era rimasto inosservato nell'ombra, e che l'elusivo signor Brown ci era sfuggito una volta di più»"
CLIMA DA GUERRA FREDDA… NEGLI ANNI 20!
L’idea di iniziare un nuovo libro di Christie mi mette sempre di buon umore, principalmente perché so cosa aspettarmi in quanto a struttura narrativa ed il suo stile mi è ormai familiare; con "Avversario segreto" la cara Agatha è però riuscita a stupirmi, perché si tratta di un genere di storia molto lontano dai suoi classici romanzi investigativi con Poirot o Miss Marple come protagonisti. Il romanzo ha un tono più affine alla spy story e per molti aspetti mi ha fatto pensare ai racconti con protagonista Sherlock Holmes.
La trama è fortemente ancorata al periodo storico in cui la storia viene scritta ed ambientata: la Grande Guerra è appena finita e Prudence "Tuppence" Cowley e Thomas "Tommy" Beresford, diventati amici proprio durante il conflitto, si incontrano a Londra per una chiacchierata; entrambi hanno problemi finanziari, non potendo più svolgere gli impieghi che li sostentavano in tempo di guerra, quindi decidono di diventare degli avventurieri ed offrire il loro ingegno al miglior offerente. I due giovani si trovano ben presto invischiati in un caso di spionaggio da cui potrebbero dipendere le sorti della nazione.
Per quanto ben studiata a livello di svolte narrative e supportata da un ottimo ritmo, la narrazione poggia troppo su degli eventi completamente fortuiti, che vengono fatti notare più volte dagli stessi personaggi come grosse coincidenze; pur apprezzando questo tipo di autoironia, non trovo corretto affidarsi in modo così palese alle fatalità. Un altro elemento di poca verosimiglianza è l'indagine portata avanti da Tuppence e Tommy, non perché quello che fanno pecchi di credibilità, ma soprattutto per il tono adottato: non ho avuto l'impressione di seguire degli adulti impegnati in un lavoro serio, quanto due ragazzini che cercano di risolvere il mistero della sparizione delle bottiglie di latte nel quartiere.
Anche lo stile risulta molto young e un po' acerbo, ed è comprensibile visto che si tratta solo del secondo romanzo pubblicato da Christie, però questo non da alla storia il clima di tensione e sospetto che ci si potrebbe aspettare. Per contro i dialoghi sono molo validi, in particolare nei momenti in cui Tuppence e Tommy si scambiano qualche frecciatina.
In generale, i due protagonisti mi sono piaciuti e ho trovato ottima la dinamica tra loro nonostante spesso lavorino singolarmente in questo romanzo. Tra i due preferisco Tuppence a mani bassissime, sia per il piglio deciso che per le sue idee anticonvenzionali, come rifiutare la mentalità vittoriana del padre o voler svolgere un lavoro, anche se considerato maschile: per i primi anni Venti è un personaggio decisamente all'avanguardia!
La mia edizione antiquata presenta qualche refuso e un paio di termini desueti, nonché una cover sempre imbarazzante che ovviamente non poteva essere cambiata per magia da quando ho letto “Poirot a Styles Court” ad adesso. Nonostante un finale abbastanza prevedibile e farcito dei soliti momenti di romanticismo forzato tipici di Christie, nel complesso è stata una lettura carina che mi ha intrattenuto, però non credo recupererò altri libri con questa coppia come protagonista.
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My rating: 3 of 5 stars
"«Le rare volte che siamo capitati nella sua orbita, lui figurava sempre come personaggio di secondo piano. Altri interpretavano la parte principale. Ci si accorgeva solo dopo, e sempre troppo tardi, che un'entità trascurabile, come un cameriere o un impiegato, era rimasto inosservato nell'ombra, e che l'elusivo signor Brown ci era sfuggito una volta di più»"
CLIMA DA GUERRA FREDDA… NEGLI ANNI 20!
L’idea di iniziare un nuovo libro di Christie mi mette sempre di buon umore, principalmente perché so cosa aspettarmi in quanto a struttura narrativa ed il suo stile mi è ormai familiare; con "Avversario segreto" la cara Agatha è però riuscita a stupirmi, perché si tratta di un genere di storia molto lontano dai suoi classici romanzi investigativi con Poirot o Miss Marple come protagonisti. Il romanzo ha un tono più affine alla spy story e per molti aspetti mi ha fatto pensare ai racconti con protagonista Sherlock Holmes.
La trama è fortemente ancorata al periodo storico in cui la storia viene scritta ed ambientata: la Grande Guerra è appena finita e Prudence "Tuppence" Cowley e Thomas "Tommy" Beresford, diventati amici proprio durante il conflitto, si incontrano a Londra per una chiacchierata; entrambi hanno problemi finanziari, non potendo più svolgere gli impieghi che li sostentavano in tempo di guerra, quindi decidono di diventare degli avventurieri ed offrire il loro ingegno al miglior offerente. I due giovani si trovano ben presto invischiati in un caso di spionaggio da cui potrebbero dipendere le sorti della nazione.
Per quanto ben studiata a livello di svolte narrative e supportata da un ottimo ritmo, la narrazione poggia troppo su degli eventi completamente fortuiti, che vengono fatti notare più volte dagli stessi personaggi come grosse coincidenze; pur apprezzando questo tipo di autoironia, non trovo corretto affidarsi in modo così palese alle fatalità. Un altro elemento di poca verosimiglianza è l'indagine portata avanti da Tuppence e Tommy, non perché quello che fanno pecchi di credibilità, ma soprattutto per il tono adottato: non ho avuto l'impressione di seguire degli adulti impegnati in un lavoro serio, quanto due ragazzini che cercano di risolvere il mistero della sparizione delle bottiglie di latte nel quartiere.
Anche lo stile risulta molto young e un po' acerbo, ed è comprensibile visto che si tratta solo del secondo romanzo pubblicato da Christie, però questo non da alla storia il clima di tensione e sospetto che ci si potrebbe aspettare. Per contro i dialoghi sono molo validi, in particolare nei momenti in cui Tuppence e Tommy si scambiano qualche frecciatina.
In generale, i due protagonisti mi sono piaciuti e ho trovato ottima la dinamica tra loro nonostante spesso lavorino singolarmente in questo romanzo. Tra i due preferisco Tuppence a mani bassissime, sia per il piglio deciso che per le sue idee anticonvenzionali, come rifiutare la mentalità vittoriana del padre o voler svolgere un lavoro, anche se considerato maschile: per i primi anni Venti è un personaggio decisamente all'avanguardia!
La mia edizione antiquata presenta qualche refuso e un paio di termini desueti, nonché una cover sempre imbarazzante che ovviamente non poteva essere cambiata per magia da quando ho letto “Poirot a Styles Court” ad adesso. Nonostante un finale abbastanza prevedibile e farcito dei soliti momenti di romanticismo forzato tipici di Christie, nel complesso è stata una lettura carina che mi ha intrattenuto, però non credo recupererò altri libri con questa coppia come protagonista.
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venerdì 15 aprile 2022
"Il portale degli obelischi" di N.K. Jemisin
Il portale degli obelischi by N.K. Jemisin
My rating: 3 of 5 stars
"Non c'è bisogno di immaginare il pianeta come una forza malevola in cerca di vendetta. È roccia. Ed è così che si suppone sia la vita: breve, terribile e - se si è fortunati - con un finale nell'oblio"
QUINDI È TUTTA COLPA DEL GENIO DELLE TARTARUGHE?
Dopo averne sentito tessere le lodi da chiunque, ammetto di aver avuto delle aspettative importanti al momento di iniziare la trilogia La terra spezzata, anche perché già conoscevo lo stile di Jemisin e avevo apprezzato la sua originalità ne "I centomila regni"; non c'è stato però un vero colpo di fulmine con "La quinta stagione", libro ben scritto e ricco di spunti ma non del tutto convincente a mio avviso. Arrivata al secondo capitolo ero certa che la serie mi avrebbe finalmente conquistata, eppure ancora non ci siamo: pur migliorando alcuni aspetti del primo volume, "Il portale degli obelischi" va ad aumentare le problematiche già esistenti, e crearne di nuove.
La trama è il principale tasto dolente di questo libro, ma iniziamo con un dato oggettivo: i POV diventano tre, tra i quali il principale rimane quello di Essun, a cui si aggiungono le storie della figlia Nassun e di un altro personaggio già conosciuto nel primo volume. Questi ultimi sono fortemente collegati e vanno purtroppo a generare una serie di quesiti senza risposta, che portano inevitabilmente ad una voragine di trama; ve ne elenco alcuni, cercando di non fare spoiler: perché Jija non porta via entrambi i figli se è convinto della sua destinazione? chi l'ha messo al corrente del luogo in cui è diretto? da dove parte la voce sulla "cura" visto che nessuno è mai stato curato? perché in dieci anni il Fulcro non è mai intervenuto in alcun modo? E anche accantonando tutte queste domande, nei capitoli POV di Nassun si procede con una lentezza incredibile, soprattutto se consideriamo che la sua svolta finale era intuibile già dall'inizio.
Con Essun le cose non vanno meglio, purtroppo. Lei porta avanti la storia in modo più concreto, ma viene continuamente rallentata da personaggi che non le forniscono le informazioni necessarie o scene di dubbissima utilità (come quella sull'uomo attaccato dagli insetti bollitori) protratte per interi capitoli. La sua epifania nell'ultima parte può risultare interessante all'apparenza, ma ragionandoci sopra si può capire facilmente come non sia nulla di più di quanto aveva già ottenuto Alabaster, e con un climax perfino meno incisivo per quanto riguarda la serie nel suo insieme.
La scelta di ricorrere nuovamente a dei time jump non aiuta certo a migliorare la fluidità della trama, ma per lo meno le relazioni tra i personaggi principali non ne risentono troppo, come accadeva ne "La quinta stagione". In realtà le varie dinamiche mi sono sembrate più genuine e trattate con grande cura: sicuramente sono tra i punti forza del libro.
Anche i singoli personaggi vengono analizzati approfonditamente, con un deciso focus sulle loro emozioni e desideri, e questo nonostante il cast diventi molto più numeroso. Ovviamente qualcuno ottiene meno spazio, e per quanto mi riguarda avrei voluto leggere più scene con Tonkee e Hoa, oltre che con i vari mangiapietra dei quali sappiamo ancora troppo poco.
Queste creature sono poi alla base della gran parte delle rivelazioni di questo secondo capitolo, in particolare relativamente al world building, ampliato solo in teoria purtroppo. Allo stesso modo, il sistema magico si arricchisce di nuove informazioni che devo però ammettere di non aver compreso del tutto; questo perché le stesse scoperte vengono fatte da più personaggi, però ognuno descrive ciò che riesce a fare con termini diversi.
Dal punto di vista dello stile invece la cara Nora non mi ha deluso: apprezzo molto la sua capacità di alleggerire un'atmosfera tanto pesante grazie ad un paio di battute piazzate al momento giusto. È riuscita inoltre ad inserire con più decisione il tema dell'ambientalismo, pur rimanendo principalmente focalizzata su quello della xenofobia in ogni sua forma. La sua bravura come scrittrice è anche uno dei principali motivi per cui rimango fiduciosa che l'ultimo libro sappia concludere degnamente una serie con delle basi decisamente solide, dando magari un'accelleratina alla trama.
Voto effettivo: tre stelline e mezza
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My rating: 3 of 5 stars
"Non c'è bisogno di immaginare il pianeta come una forza malevola in cerca di vendetta. È roccia. Ed è così che si suppone sia la vita: breve, terribile e - se si è fortunati - con un finale nell'oblio"
QUINDI È TUTTA COLPA DEL GENIO DELLE TARTARUGHE?
Dopo averne sentito tessere le lodi da chiunque, ammetto di aver avuto delle aspettative importanti al momento di iniziare la trilogia La terra spezzata, anche perché già conoscevo lo stile di Jemisin e avevo apprezzato la sua originalità ne "I centomila regni"; non c'è stato però un vero colpo di fulmine con "La quinta stagione", libro ben scritto e ricco di spunti ma non del tutto convincente a mio avviso. Arrivata al secondo capitolo ero certa che la serie mi avrebbe finalmente conquistata, eppure ancora non ci siamo: pur migliorando alcuni aspetti del primo volume, "Il portale degli obelischi" va ad aumentare le problematiche già esistenti, e crearne di nuove.
La trama è il principale tasto dolente di questo libro, ma iniziamo con un dato oggettivo: i POV diventano tre, tra i quali il principale rimane quello di Essun, a cui si aggiungono le storie della figlia Nassun e di un altro personaggio già conosciuto nel primo volume. Questi ultimi sono fortemente collegati e vanno purtroppo a generare una serie di quesiti senza risposta, che portano inevitabilmente ad una voragine di trama; ve ne elenco alcuni, cercando di non fare spoiler: perché Jija non porta via entrambi i figli se è convinto della sua destinazione? chi l'ha messo al corrente del luogo in cui è diretto? da dove parte la voce sulla "cura" visto che nessuno è mai stato curato? perché in dieci anni il Fulcro non è mai intervenuto in alcun modo? E anche accantonando tutte queste domande, nei capitoli POV di Nassun si procede con una lentezza incredibile, soprattutto se consideriamo che la sua svolta finale era intuibile già dall'inizio.
Con Essun le cose non vanno meglio, purtroppo. Lei porta avanti la storia in modo più concreto, ma viene continuamente rallentata da personaggi che non le forniscono le informazioni necessarie o scene di dubbissima utilità (come quella sull'uomo attaccato dagli insetti bollitori) protratte per interi capitoli. La sua epifania nell'ultima parte può risultare interessante all'apparenza, ma ragionandoci sopra si può capire facilmente come non sia nulla di più di quanto aveva già ottenuto Alabaster, e con un climax perfino meno incisivo per quanto riguarda la serie nel suo insieme.
La scelta di ricorrere nuovamente a dei time jump non aiuta certo a migliorare la fluidità della trama, ma per lo meno le relazioni tra i personaggi principali non ne risentono troppo, come accadeva ne "La quinta stagione". In realtà le varie dinamiche mi sono sembrate più genuine e trattate con grande cura: sicuramente sono tra i punti forza del libro.
Anche i singoli personaggi vengono analizzati approfonditamente, con un deciso focus sulle loro emozioni e desideri, e questo nonostante il cast diventi molto più numeroso. Ovviamente qualcuno ottiene meno spazio, e per quanto mi riguarda avrei voluto leggere più scene con Tonkee e Hoa, oltre che con i vari mangiapietra dei quali sappiamo ancora troppo poco.
Queste creature sono poi alla base della gran parte delle rivelazioni di questo secondo capitolo, in particolare relativamente al world building, ampliato solo in teoria purtroppo. Allo stesso modo, il sistema magico si arricchisce di nuove informazioni che devo però ammettere di non aver compreso del tutto; questo perché le stesse scoperte vengono fatte da più personaggi, però ognuno descrive ciò che riesce a fare con termini diversi.
Dal punto di vista dello stile invece la cara Nora non mi ha deluso: apprezzo molto la sua capacità di alleggerire un'atmosfera tanto pesante grazie ad un paio di battute piazzate al momento giusto. È riuscita inoltre ad inserire con più decisione il tema dell'ambientalismo, pur rimanendo principalmente focalizzata su quello della xenofobia in ogni sua forma. La sua bravura come scrittrice è anche uno dei principali motivi per cui rimango fiduciosa che l'ultimo libro sappia concludere degnamente una serie con delle basi decisamente solide, dando magari un'accelleratina alla trama.
Voto effettivo: tre stelline e mezza
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lunedì 11 aprile 2022
"The Remaking" di Clay McLeod Chapman
The Remaking by Clay McLeod Chapman
My rating: 4 of 5 stars
"A good ghost story gets told… and retold. It's in the telling where the tale takes on a life of its own ... This one will live beyond me. And you. It'll live beyond all of us. This whole town. As long as there's someone around to tell it"
LA SIGNORA PENDLETON CANDIDATA AL PREMIO "MAMMA DELL'ANNO"
Il mio hype verso questo libro si è fatto una bella corsa sulle montagne russe. Inizialmente me ne sono interessata convinta trattasse di loop temporali, e quando ho scoperto che nell'effettivo non era così mi sono un po' abbattuta; la particolarità della trama però continuava ad intrigarmi, peccato che la media alquanto bassina delle valutazioni non facesse ben sperare; infine a risollevare il mio desiderio di leggere "The Remaking" ha giocato un ruolo chiave la copertina. E se già all'inizio mi piaceva dal punto di vista estetico, a lettura ultimata la trovo perfino brillante per come riassume in un'unica immagine l'intero volume.
Il libro presenta una struttura decisamente peculiare, divisa in quattro parti affidate ad altrettanti narratori e separate da un paio di decenni l'una dall'altra. Per contro, la trama di base è un grande classico nelle storie horror: a Pilot's Creek, cittadina della Virginia, una donna e sua figlia vengono additate come streghe e -ritenute colpevoli di un omicidio- bruciate vive dai superstiziosi compaesani. Con il passare degli anni, la tragica fine di Ella Louise e Jessica Ford diventa una leggenda da raccontare attorno al fuoco, poi lo spunto per realizzare un film slasher ed infine una storia degna di un podcast sui fenomeni paranormali.
In un miscuglio mai del tutto chiarito tra semplice suggestione e veri eventi sovrannaturali, la vicenda sembra destinata non solo ad essere narrata ancora e ancora con mezzi sempre diversi, ma anche a ripetersi: più persone si sentono predestinate a diventare testimoni e attori in questa tragedia. Ad essere più influenzata di tutti è l'attrice Amber Pendleton, interprete della piccola Jessica prima e di Ella Louise poi, ruoli che la porteranno a pregiudicare la sua carriera e perfino la salute psicologica. Questo tema della ripetizione, ben rappresentato dall'uroboro in copertina, è continuamente ripetuto -spesso dagli stessi personaggi; in questo modo, un concetto dal grande potenziale diventa soltanto ridondante.
Oltre a questo focus, l'autore cerca di portare l'attenzione sull'atmosfera della storia, che si impegna veramente per rendere angosciante, a tratti quasi soffocante, specie quando la narrazione segue il punto di vista di Amber. Inoltre, pur ispirandosi chiaramente ad un certo filone cinematografico, non scade mai nello splatter e nel gore, e riesce comunque a creare un clima di tensione crescente attorno ai personaggi.
Questi ultimi sono ben presentati ma nell’effettivo poco approfonditi, a causa della rapidità con cui si sviluppa la storia: non si fa praticamente in tempo ad affezionarsi a loro. L'unica a sapersi ritagliare il gusto spazio è forse Amber, che risulta una protagonista non convenzionale e decisamente spiacevole, quindi perfetta per una storia dalle tinte horror; il suo POV è quello più confuso, eppure Chapman riesce a far capire sempre cosa la spinga ad agire. Tramite la sua vicenda, l'autore tenta di affrontare la tematica del rapporto madre/figlia, che viene però accantonata in favore degli elementi paranormali; si parla anche della ricerca della propria strada e del sentirsi imbrigliati dai ruoli sociali, inoltre è presente una chiara critica al mondo dell'intrattenimento sia sul piano della mancanza di contenuti originali che della vita malsana condotta dagli attori, spesso giovanissimi.
Per quanto riguarda lo stile di Chapman, l'ho trovato molto buono considerato che quella dello scrittore non è la sua attività principale; ho apprezzato soprattutto come ha saputo dar voce ai diversi narratori, cambiando di volta in volta il lessico ed il tono. Meno bene la scelta di sfruttare troppo i jumpscare ad inizio capitolo; è la mia sola critica al romanzo, assieme alla già citata ripetitività ed ad una confusione narrativa che a tratti impedisce di capire i collegamenti tra le varie scene.
Questa volta devo fare invece una critica a me stessa: sono davvero dispiaciuta di non aver tenuto da parte questa lettura per Halloween! Voi invece prendete nota e recuperatela ad ottobre.
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My rating: 4 of 5 stars
"A good ghost story gets told… and retold. It's in the telling where the tale takes on a life of its own ... This one will live beyond me. And you. It'll live beyond all of us. This whole town. As long as there's someone around to tell it"
LA SIGNORA PENDLETON CANDIDATA AL PREMIO "MAMMA DELL'ANNO"
Il mio hype verso questo libro si è fatto una bella corsa sulle montagne russe. Inizialmente me ne sono interessata convinta trattasse di loop temporali, e quando ho scoperto che nell'effettivo non era così mi sono un po' abbattuta; la particolarità della trama però continuava ad intrigarmi, peccato che la media alquanto bassina delle valutazioni non facesse ben sperare; infine a risollevare il mio desiderio di leggere "The Remaking" ha giocato un ruolo chiave la copertina. E se già all'inizio mi piaceva dal punto di vista estetico, a lettura ultimata la trovo perfino brillante per come riassume in un'unica immagine l'intero volume.
Il libro presenta una struttura decisamente peculiare, divisa in quattro parti affidate ad altrettanti narratori e separate da un paio di decenni l'una dall'altra. Per contro, la trama di base è un grande classico nelle storie horror: a Pilot's Creek, cittadina della Virginia, una donna e sua figlia vengono additate come streghe e -ritenute colpevoli di un omicidio- bruciate vive dai superstiziosi compaesani. Con il passare degli anni, la tragica fine di Ella Louise e Jessica Ford diventa una leggenda da raccontare attorno al fuoco, poi lo spunto per realizzare un film slasher ed infine una storia degna di un podcast sui fenomeni paranormali.
In un miscuglio mai del tutto chiarito tra semplice suggestione e veri eventi sovrannaturali, la vicenda sembra destinata non solo ad essere narrata ancora e ancora con mezzi sempre diversi, ma anche a ripetersi: più persone si sentono predestinate a diventare testimoni e attori in questa tragedia. Ad essere più influenzata di tutti è l'attrice Amber Pendleton, interprete della piccola Jessica prima e di Ella Louise poi, ruoli che la porteranno a pregiudicare la sua carriera e perfino la salute psicologica. Questo tema della ripetizione, ben rappresentato dall'uroboro in copertina, è continuamente ripetuto -spesso dagli stessi personaggi; in questo modo, un concetto dal grande potenziale diventa soltanto ridondante.
Oltre a questo focus, l'autore cerca di portare l'attenzione sull'atmosfera della storia, che si impegna veramente per rendere angosciante, a tratti quasi soffocante, specie quando la narrazione segue il punto di vista di Amber. Inoltre, pur ispirandosi chiaramente ad un certo filone cinematografico, non scade mai nello splatter e nel gore, e riesce comunque a creare un clima di tensione crescente attorno ai personaggi.
Questi ultimi sono ben presentati ma nell’effettivo poco approfonditi, a causa della rapidità con cui si sviluppa la storia: non si fa praticamente in tempo ad affezionarsi a loro. L'unica a sapersi ritagliare il gusto spazio è forse Amber, che risulta una protagonista non convenzionale e decisamente spiacevole, quindi perfetta per una storia dalle tinte horror; il suo POV è quello più confuso, eppure Chapman riesce a far capire sempre cosa la spinga ad agire. Tramite la sua vicenda, l'autore tenta di affrontare la tematica del rapporto madre/figlia, che viene però accantonata in favore degli elementi paranormali; si parla anche della ricerca della propria strada e del sentirsi imbrigliati dai ruoli sociali, inoltre è presente una chiara critica al mondo dell'intrattenimento sia sul piano della mancanza di contenuti originali che della vita malsana condotta dagli attori, spesso giovanissimi.
Per quanto riguarda lo stile di Chapman, l'ho trovato molto buono considerato che quella dello scrittore non è la sua attività principale; ho apprezzato soprattutto come ha saputo dar voce ai diversi narratori, cambiando di volta in volta il lessico ed il tono. Meno bene la scelta di sfruttare troppo i jumpscare ad inizio capitolo; è la mia sola critica al romanzo, assieme alla già citata ripetitività ed ad una confusione narrativa che a tratti impedisce di capire i collegamenti tra le varie scene.
Questa volta devo fare invece una critica a me stessa: sono davvero dispiaciuta di non aver tenuto da parte questa lettura per Halloween! Voi invece prendete nota e recuperatela ad ottobre.
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venerdì 8 aprile 2022
"Seija" di Cecilia Randall
Millennio di fuoco: Seija by Cecilia Randall
My rating: 2 of 5 stars
"Di colpo trovò davanti a sé il vuoto … tutto scomparso. Tranne lui. Il Traditore era di fronte a lei. Nero. Possente. Una quercia secolare in un campo di gramigna"
SUI DEMONI APPASSIONATI DI ARALDICA
Per me Cecilia Randall non è una nuova autrice, infatti ho letto qualche anno fa la trilogia originale Hyperversum, che mi aveva intrattenuta per un libro e annoiata per i restanti due. E se in quel caso le sue conoscenze storiche sul medioevo europeo venivano sfruttate in una storia dagli spunti sci-fi, nella duologia fantasy Millennio di fuoco quelle stesse conoscenze gettano le basi per un mondo ucronico, con qualche accenno di grimdark.
L'idea alla base di questo twist storico sarebbe anche interessante, il vero problema sono le tempistiche: nel 999 un esercito di creature demoniache compare nell'Europa nordorientale e da il via ad una guerra contro il genere umano; la conseguenza? Mille anni dopo l'epoca di vassalli, valvassori e valvassini non è ancora tramontata! Premettendo che non sappiamo cosa stia succedendo nel resto del pianeta, vi pare possibile che una guerra -per quanto lunga- in una zona circoscritta abbia bloccato l'evoluzione della società europea per un intero millennio? Perché l'ultima volta che ho controllato in Europa ci sono state guerre dall'anno mille fino alla prima metà del Novecento eppure servi della gleba non ne abbiamo più.
Sorvolando sulle voragini di logica di questo world building, arriviamo alla trama vera e propria. Con un intreccio che vuole forse richiamare alla fiaba La bella e la bestia, seguiamo la guerriera saahavi Seija e il generale mezzo-demone Raivo; la prima vuole trovare un luogo in cui il suo popolo possa finalmente vivere in pace (e giustamente sceglie sempre zone vicine alla linea del fronte), mentre il secondo è il solo umano trasformato in mostro di sua sponte e per questo viene disprezzato da entrambi gli schieramenti. Nel corso del romanzo scopriremo l'originalissima storia dietro la mutazione di Raivo e assisteremo all'incontro tra i due, che innescherà un gioco del gatto col topo utile a giustificare le successive quattrocento pagine.
Una narrazione ricca di pattern e priva di svolte degne di questo nome la cui pretesa di originalità non viene supportata dal cast. I personaggi di questo libro infatti non hanno delle motivazioni solide e propongono degli stereotipi caratteriali collaudatissimi: Seija è la tipica Strong Female Character che detesta vestirsi o comportarsi in modo femminile e vuole fare di testa sua anche quando questo la metterebbe in pericolo, Raivo è l'antagonista giustificato dal suo Tragico Passato® che sicuro come il cielo nel sequel diventerà l'interesse amoroso, la regina Ananta è la Cattivona decisa a dominare il mondo senza un motivo valido, Kzar è l'Amico sempre fedele, Maharashta è il Minion rosicone, il principe di Svevia è l'immancabile Terzo Lato del Triangolo. Potrei continuare così per l'intero cast, e questa problematica mi ha impedito di percepire come autentiche anche le relazioni tra i personaggi.
Con lo stile la mia opinione non migliora di certo. Avendo letto altri libri di Randall, mi aspettavo una prosa solida, invece il testo risulta farcito di interrogative dirette e -soprattutto!- frasi fatte; i dialoghi sono spesso artificiosi e sfruttano un lessico che i personaggi in questione non dovrebbero padroneggiare, vista la loro estrazione. Nel complesso sembra l'opera di uno scrittore alle prime armi, e nello specifico del tipico autore maschio etero per quanto sono ridondanti le descrizioni di seni prosperosi.
Questa attenzione quasi morbosa per i corpi femminili si riflette anche nelle tematiche: l'autrice vorrebbe parlare di femminismo e xenofobia, ma lo fa in una storia in cui i personaggi positivi approvano la possessività tossica e dove chi è diverso contribuisce attivamente a distruggere l'umanità. "Ma ci sono anche mostri bambini!", cerca di dirci la protagonista; ho capito, gioia mia, però sono gli stessi che tra qualche annetto verranno a dar fuoco alle vostre case!
Voglio salvare qualcosa però di questa lettura. Il ritmo è incalzante e a dispetto delle scene ripetute la lettura scorre veloce; mi sono piaciuti i momenti di convivialità tra i personaggi e anche la lore di base ha il suo perché. Ma soprattutto c'è Heraii, l'unico personaggio interessante della storia... quindi di sicuro l'autrice lo farà morire malissimo.
Dopo tutte queste critiche, sono ovviamente intenzionata a leggere il seguito per capire se la cara Cecilia abbia in progetto di portare la trama da qualche parte o se i nostri personaggi continueranno a girare in tondo senza uno scopo nella vita. We'll see.
Voto effettivo: due stelline e mezza
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My rating: 2 of 5 stars
"Di colpo trovò davanti a sé il vuoto … tutto scomparso. Tranne lui. Il Traditore era di fronte a lei. Nero. Possente. Una quercia secolare in un campo di gramigna"
SUI DEMONI APPASSIONATI DI ARALDICA
Per me Cecilia Randall non è una nuova autrice, infatti ho letto qualche anno fa la trilogia originale Hyperversum, che mi aveva intrattenuta per un libro e annoiata per i restanti due. E se in quel caso le sue conoscenze storiche sul medioevo europeo venivano sfruttate in una storia dagli spunti sci-fi, nella duologia fantasy Millennio di fuoco quelle stesse conoscenze gettano le basi per un mondo ucronico, con qualche accenno di grimdark.
L'idea alla base di questo twist storico sarebbe anche interessante, il vero problema sono le tempistiche: nel 999 un esercito di creature demoniache compare nell'Europa nordorientale e da il via ad una guerra contro il genere umano; la conseguenza? Mille anni dopo l'epoca di vassalli, valvassori e valvassini non è ancora tramontata! Premettendo che non sappiamo cosa stia succedendo nel resto del pianeta, vi pare possibile che una guerra -per quanto lunga- in una zona circoscritta abbia bloccato l'evoluzione della società europea per un intero millennio? Perché l'ultima volta che ho controllato in Europa ci sono state guerre dall'anno mille fino alla prima metà del Novecento eppure servi della gleba non ne abbiamo più.
Sorvolando sulle voragini di logica di questo world building, arriviamo alla trama vera e propria. Con un intreccio che vuole forse richiamare alla fiaba La bella e la bestia, seguiamo la guerriera saahavi Seija e il generale mezzo-demone Raivo; la prima vuole trovare un luogo in cui il suo popolo possa finalmente vivere in pace (e giustamente sceglie sempre zone vicine alla linea del fronte), mentre il secondo è il solo umano trasformato in mostro di sua sponte e per questo viene disprezzato da entrambi gli schieramenti. Nel corso del romanzo scopriremo l'originalissima storia dietro la mutazione di Raivo e assisteremo all'incontro tra i due, che innescherà un gioco del gatto col topo utile a giustificare le successive quattrocento pagine.
Una narrazione ricca di pattern e priva di svolte degne di questo nome la cui pretesa di originalità non viene supportata dal cast. I personaggi di questo libro infatti non hanno delle motivazioni solide e propongono degli stereotipi caratteriali collaudatissimi: Seija è la tipica Strong Female Character che detesta vestirsi o comportarsi in modo femminile e vuole fare di testa sua anche quando questo la metterebbe in pericolo, Raivo è l'antagonista giustificato dal suo Tragico Passato® che sicuro come il cielo nel sequel diventerà l'interesse amoroso, la regina Ananta è la Cattivona decisa a dominare il mondo senza un motivo valido, Kzar è l'Amico sempre fedele, Maharashta è il Minion rosicone, il principe di Svevia è l'immancabile Terzo Lato del Triangolo. Potrei continuare così per l'intero cast, e questa problematica mi ha impedito di percepire come autentiche anche le relazioni tra i personaggi.
Con lo stile la mia opinione non migliora di certo. Avendo letto altri libri di Randall, mi aspettavo una prosa solida, invece il testo risulta farcito di interrogative dirette e -soprattutto!- frasi fatte; i dialoghi sono spesso artificiosi e sfruttano un lessico che i personaggi in questione non dovrebbero padroneggiare, vista la loro estrazione. Nel complesso sembra l'opera di uno scrittore alle prime armi, e nello specifico del tipico autore maschio etero per quanto sono ridondanti le descrizioni di seni prosperosi.
Questa attenzione quasi morbosa per i corpi femminili si riflette anche nelle tematiche: l'autrice vorrebbe parlare di femminismo e xenofobia, ma lo fa in una storia in cui i personaggi positivi approvano la possessività tossica e dove chi è diverso contribuisce attivamente a distruggere l'umanità. "Ma ci sono anche mostri bambini!", cerca di dirci la protagonista; ho capito, gioia mia, però sono gli stessi che tra qualche annetto verranno a dar fuoco alle vostre case!
Voglio salvare qualcosa però di questa lettura. Il ritmo è incalzante e a dispetto delle scene ripetute la lettura scorre veloce; mi sono piaciuti i momenti di convivialità tra i personaggi e anche la lore di base ha il suo perché. Ma soprattutto c'è Heraii, l'unico personaggio interessante della storia... quindi di sicuro l'autrice lo farà morire malissimo.
Dopo tutte queste critiche, sono ovviamente intenzionata a leggere il seguito per capire se la cara Cecilia abbia in progetto di portare la trama da qualche parte o se i nostri personaggi continueranno a girare in tondo senza uno scopo nella vita. We'll see.
Voto effettivo: due stelline e mezza
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lunedì 4 aprile 2022
"The Winter Duke" di Claire Eliza Bartlett
The Winter Duke by Claire Eliza Bartlett
My rating: 4 of 5 stars
"With a little more precision, he placed the crown, a thin diadema of electrum dotted with pale blue pearls, upon my head. It had last been fitted for my Father and balanced precariously. «I declare you –provisionally– the Grand Duke of Kylma Above»"
HANS CHRISTIAN ANDERSEN'S MEDLEY
Dopo la bella sorpresa di "We Rule the Night", ho cominciato la lettura di questo secondo romanzo di Claire Eliza Bartlett con delle aspettative abbastanza alte; aspettative che in piccola parte sono state deluse, specialmente perché si tratta di due storie che hanno pochissimo in comune. Sì, sono entrambi libri fantasy per ragazzi con un'ambientazione quasi polare, ma se la prima opera dell'autrice era incentrata sull'avventura e l'amicizia, "The Winter Duke" si focalizza invece sugli intrighi di palazzo e il romanticismo.
Il tono cambia quindi, e così il POV: in questo caso abbiamo come unica narratrice la giovane appassionata di biologia Ekaterina "Ekata" Avenko, figlia del Gran Duca di Kylma, per nulla interessata alle lotte intestine della sua famiglia bensì decisa a lasciarsi alle spalle il loro palazzo di ghiaccio per iniziare gli studi universitari. La ragazza è l'unica a salvarsi quando una misteriosa malattia colpisce i suoi parenti, costringendola ad intraprendere una serie di prove per rivendicare il trono del padre e acquisire la conoscenza necessaria a sfruttare la magia, conoscenza gelosamente custodita dal popolo acquatico che abita le profondità del lago.
La scelta di seguire sempre e solo Ekata rende caotica una narrazione di base non particolarmente complessa; la giovane è infatti costretta ad occuparsi di molte incombenze: non solo deve superare le prove per l'incoronazione, ma anche tentare di annullare (o forse no?) un matrimonio stipulato in gran fretta, indagare sull'identità di chi vuole eliminare la sua famiglia e destreggiarsi tra le contrastanti richieste dei ministri, che non sono gli unici a mettere in dubbio la sua capacità di governare il ducato. L'equilibrio tra i due generi del libro diventa così incerto, soprattutto all'inizio dove prevale la parte politica; per fortuna, con il proseguire della storia anche quella mystery riesce a guadagnarsi il suo gusto spazio.
Altri elementi che vorrei fossero stati gestiti meglio sono il sistema magico e i personaggi secondari. Ovviamente la magia è strettamente collegata all'intreccio della trama, quindi non ci si poteva aspettare da subito delle spiegazioni palesi, però neppure alla fine vengono chiarite tutte le regole, tanto che non si arriva a capire cosa impedisca a determinati personaggi di fare il bello e il brutto tempo con i poteri a loro disposizione. Per quanto riguarda i comprimari, arrivano al massimo ad una sufficienza, perché di base hanno una caratterizzazione alquanto stereotipata e dei comportamenti prevedibili.
Bartlett si rifà però con la sua protagonista: Ekata è un personaggio che non pensavo affatto di apprezzare, perché il suo modo di vedere il mondo è poco verosimile visto il contesto familiare in cui è cresciuta, ma con una battuta impudente dopo l'altra è riuscita a conquistami. Ho apprezzato molto anche il suo affetto filiale verso Aino e lo sviluppo della relazione sentimentale con Inkar Erlyfsson, relazione che parte come instalove (praticamente a pagina 2!) per poi riprendersi e diventare un rapporto più genuino e credibile.
Ho apprezzato molto come l'autrice abbia reso ricco il world building: pur rimanendo quasi sempre nei confini del palazzo ducale -che farebbe invidia a quello di Elsa!- riesce a trasmettere in pieno il freddo polare percepito dai personaggi, ma anche la bellezza delle sale adorne di rose ghiacciate o delle strutture costruite dalle simil-sirene. Ben portate in scena anche le tematiche legate al femminismo e la rappresentazione di una società priva di discriminazioni verso le persone e le relazioni queer.
Nel complesso, è stata una lettura molto lontana dalle mie aspettative, però è riuscita catturarmi grazie all'irriverenza della sua protagonista, per poi conquistarmi appieno con la crescita personale di Ekata e l'evoluzione nei suoi rapporti con gli altri personaggi. Mi sono lasciata sfuggire una lacrimuccia nel finale? ovviamente sì.
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My rating: 4 of 5 stars
"With a little more precision, he placed the crown, a thin diadema of electrum dotted with pale blue pearls, upon my head. It had last been fitted for my Father and balanced precariously. «I declare you –provisionally– the Grand Duke of Kylma Above»"
HANS CHRISTIAN ANDERSEN'S MEDLEY
Dopo la bella sorpresa di "We Rule the Night", ho cominciato la lettura di questo secondo romanzo di Claire Eliza Bartlett con delle aspettative abbastanza alte; aspettative che in piccola parte sono state deluse, specialmente perché si tratta di due storie che hanno pochissimo in comune. Sì, sono entrambi libri fantasy per ragazzi con un'ambientazione quasi polare, ma se la prima opera dell'autrice era incentrata sull'avventura e l'amicizia, "The Winter Duke" si focalizza invece sugli intrighi di palazzo e il romanticismo.
Il tono cambia quindi, e così il POV: in questo caso abbiamo come unica narratrice la giovane appassionata di biologia Ekaterina "Ekata" Avenko, figlia del Gran Duca di Kylma, per nulla interessata alle lotte intestine della sua famiglia bensì decisa a lasciarsi alle spalle il loro palazzo di ghiaccio per iniziare gli studi universitari. La ragazza è l'unica a salvarsi quando una misteriosa malattia colpisce i suoi parenti, costringendola ad intraprendere una serie di prove per rivendicare il trono del padre e acquisire la conoscenza necessaria a sfruttare la magia, conoscenza gelosamente custodita dal popolo acquatico che abita le profondità del lago.
La scelta di seguire sempre e solo Ekata rende caotica una narrazione di base non particolarmente complessa; la giovane è infatti costretta ad occuparsi di molte incombenze: non solo deve superare le prove per l'incoronazione, ma anche tentare di annullare (o forse no?) un matrimonio stipulato in gran fretta, indagare sull'identità di chi vuole eliminare la sua famiglia e destreggiarsi tra le contrastanti richieste dei ministri, che non sono gli unici a mettere in dubbio la sua capacità di governare il ducato. L'equilibrio tra i due generi del libro diventa così incerto, soprattutto all'inizio dove prevale la parte politica; per fortuna, con il proseguire della storia anche quella mystery riesce a guadagnarsi il suo gusto spazio.
Altri elementi che vorrei fossero stati gestiti meglio sono il sistema magico e i personaggi secondari. Ovviamente la magia è strettamente collegata all'intreccio della trama, quindi non ci si poteva aspettare da subito delle spiegazioni palesi, però neppure alla fine vengono chiarite tutte le regole, tanto che non si arriva a capire cosa impedisca a determinati personaggi di fare il bello e il brutto tempo con i poteri a loro disposizione. Per quanto riguarda i comprimari, arrivano al massimo ad una sufficienza, perché di base hanno una caratterizzazione alquanto stereotipata e dei comportamenti prevedibili.
Bartlett si rifà però con la sua protagonista: Ekata è un personaggio che non pensavo affatto di apprezzare, perché il suo modo di vedere il mondo è poco verosimile visto il contesto familiare in cui è cresciuta, ma con una battuta impudente dopo l'altra è riuscita a conquistami. Ho apprezzato molto anche il suo affetto filiale verso Aino e lo sviluppo della relazione sentimentale con Inkar Erlyfsson, relazione che parte come instalove (praticamente a pagina 2!) per poi riprendersi e diventare un rapporto più genuino e credibile.
Ho apprezzato molto come l'autrice abbia reso ricco il world building: pur rimanendo quasi sempre nei confini del palazzo ducale -che farebbe invidia a quello di Elsa!- riesce a trasmettere in pieno il freddo polare percepito dai personaggi, ma anche la bellezza delle sale adorne di rose ghiacciate o delle strutture costruite dalle simil-sirene. Ben portate in scena anche le tematiche legate al femminismo e la rappresentazione di una società priva di discriminazioni verso le persone e le relazioni queer.
Nel complesso, è stata una lettura molto lontana dalle mie aspettative, però è riuscita catturarmi grazie all'irriverenza della sua protagonista, per poi conquistarmi appieno con la crescita personale di Ekata e l'evoluzione nei suoi rapporti con gli altri personaggi. Mi sono lasciata sfuggire una lacrimuccia nel finale? ovviamente sì.
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