Poirot e i Quattro by Agatha Christie
My rating: 3 of 5 stars
"«No, Hastings, il Numero Quattro non ha lasciato tracce dietro di sé ... forse, ed è più probabile, voleva vedere Hercule Poirot, per fare due chiacchiere con l'unico avversario di cui deve avere paura»
Nonostante quel modo di ragionare di Poirot mi sembrasse tipicamente egocentrico, preferii non discutere"
PIÙ ANTOLOGIA CHE ROMANZO
Più volte ho rimarcato il mio scarso apprezzamento nei confronti della spy story, un sottogenere che non mi attira per nulla e mi ha quasi sempre deluso, anche quando c'erano di mezzo autori come la cara Agatha; è stato il caso del dimenticabile "Avversario segreto" e de "L'uomo vestito di marrone", che da mesi cerco inutilmente di dimenticare. Ma se alla solita ricetta -fatta di complotti internazionali e spie trasformiste- aggiungessimo un buon taglio di detective belga? il risultato sarebbe una porzione abbondante di "Poirot e I Quattro" una pietanza decisamente insolita nella bibliografia christieana.
Il primo motivo per cui questo romanzo si può considerare anomalo è da ricercarsi nella sua genesi: nasce infatti da una serie di storie brevi pubblicate settimanalmente sulla rivista The Sketch, poi incorporate in una narrazione più lineare. La storia parte con il ritorno in Inghilterra del capitano Arthur Hastings, che ridiventa il biografo di Poirot ancor prima di appoggiare il piede sul suolo britannico, dopo la sua trasferta in Argentina; il buon Hercule è impegnato ad indagare su un'organizzazione criminale nota come I Quattro, mandanti e a volte esecutori dei delitti che -di capitolo in capitolo- dovrà risolvere. Non si tratta quindi in una sola, grande indagine quanto di far luce su tanti, piccoli crimini nella speranza di arrivare pian piano a smascherare i membri del gruppo.
Pur essendomi divertita parecchio durante la lettura, i punti a favore di questo romanzo sono ben pochi. Tra questi c'è la ritrovata dinamica tra Poirot e Hastings, che rende sicuramente spassose le scene in cui si stuzzicano a vicenda; risultano carini anche i riferimenti ai romanzi precedenti, che mi hanno fatto inoltre apprezzare di aver ricominciato la serie su Poirot in ordine cronologico! Se siete poi in cerca di un romanzo che sia fruibile come raccolta di racconti è senza dubbio un'opzione da valutare: si può tranquillamente lasciar passare del tempo tra una missione contro I Quattro e l'altra, e questo perché non è necessario tenere a mente degli indizi in vista di un grande colpo di scena finale.
E proprio il finale è uno degli aspetti che ho trovato meno riusciti in questa narrazione, forse perché mi aspettavo una risoluzione meglio strutturata dopo pagine e pagine in cui non si fa altro se non sbandierare l'enorme acume dei Quattro. Quest'ultimi non sembrano di conseguenza degli avversari tanto temibili, al punto che Poirot ritiene di potersi anche dare all'ippica (o meglio, alla coltivazione di zucche) dopo averli sconfitti. L'unico a creare veramente dei problemi ai protagonisti è il Numero Quattro, un personaggio al quale viene assegnata però una storia personale che rende quantomeno inverosimile la sua appartenenza ad un'organizzazione del genere.
La mia principale difficoltà con questo romanzo è che mi è sembrato poco misterioso, per essere un mystery. Ovviamente si tratta di impressioni soggettive, ma ho davvero sentito la mancanza di un vero caso da risolvere, con tanti possibili sospettati; qui alla fin fine si conoscono già i colpevoli, almeno a grandi linee, quindi a Poirot non rimane che spiegare pazientemente alle autorità come sono stati orchestrati i vari crimini. Ciliegina sulla torta, la demonizzazione delle rivoluzioni, qui viste unicamente come prova tangibile dei complotti dei Quattro per spingere gli Stati verso il caos ed instaurare un nuovo ordine mondiale. Ma il buon Hercule non vuole passare per paranoico, proprio no!
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giovedì 28 settembre 2023
lunedì 25 settembre 2023
"Il peso dei segreti" di Aki Shimazaki
Il peso dei segreti by Aki Shimazaki
My rating: 5 of 5 stars
"Ora confesserò la verità. Non è stata la bomba atomica a uccidere mio padre. Sono stata io. È solo una coincidenza che la bomba atomica sia caduta il giorno della sua morte"
SAGA MULTI-FAMILIARE
Smetterò mai di acquistare libri che poi lascio stagionare per secoli sugli scaffali? Forse un giorno sì, ma intanto conservo questo mio vizio che ha portato una copia usata de "Il peso dei segreti" ad attendere per più di quattro anni prima di essere scelta dalla sottoscritta come nuova lettura. Per mia fortuna, l'opera d'esordio di Shimazaki è un tipo di narrazione che trascende il tempo, quindi risulta apprezzabile oggi come all'epoca della sua prima pubblicazione in Italia.
Il volume si compone di cinque parti, inizialmente pubblicate separatamente, che formano una sorta di epopea familiare nella quale le vicende personali si intrecciano alla Storia -del Giappone in particolare e dell'Asia orientale in generale- durante la prima metà del Novecento. Tutto parte nel presente, con la morte di Yukiko Kamishima che lascia alla figlia Namiko una missione: trovare lo zio del quale non ha mai saputo nulla per consegnargli una misteriosa lettera; questo lascito porta a delle rivelazioni stupefacenti, che vanno ad inglobare un numero sempre più ampio di personaggi ed alzano il velo su delle esistenze solo all'apparenza ordinarie.
L'esordio della cara Aki è una lettura da assaporare, andando oltre una prosa molto diversa da quelle occidentali, che in un primo momento potrebbe risultare straniante. In effetti l'utilizzo di periodi molto brevi la fa sembrare scarna, eppure è capace di trasmettere un senso di grande delicatezza; non nuoce che renda anche la lettura molto rapida ed avvincente. Un altro piccolo scoglio è rappresentato dall'edizione -molto curata e con un utile glossario, ma che crea confusione nei dialoghi per la scarsità di segni grafici- e dal tono un po' troppo soapoperistico dei colpi di scena: personalmente li ho però trovati brillanti e ben contestualizzati ai temi ricorrenti dell'abuso psicologico e del dramma generazionale.
Passando a difetti più solidi, ritengo giusto segnalare due elementi. Il primo riguarda la mancanza di descrizioni dei personaggi; una scelta narrativa che rende ovviamente difficile distinguerli, anche perché adottano termini e strutture linguistiche troppo simili le une alle altre. Anche la seconda problematica è legata ai dialoghi, in particolare alle battute poco naturali che hanno la sola funzione di fornire determinate informazioni al lettore. Avranno la loro utilità, ma sono abbastanza frequenti e palesi da infrangere la sospensione dell'incredulità.
Finora ho parlato quasi esclusivamente di aspetti negativi, e vi potreste giustamente chiedere perché ho assegnato il massimo della valutazione ad un libro tanto manchevole. Come ho già accennato, si tratta di una storia alla quale va dato tempo, perché combinando quanto raccontato nelle cinque parti si crea un intreccio doloroso ed emozionante: il primo racconto può risultare soltanto carino, ma ripensandoci alla fine del volume acquista tutta un'altra potenza narrativa. Nel testo spiccano poi delle tematiche molto importanti e (immagino, sulla base della brevissima biografia) care all'autrice. Si parla infatti della guerra e delle sue conseguenze, delle convenzioni sociali e del modo in cui influiscono sui legami interpersonali, del rapporto verso un'autorità dispotica, delle migrazioni e della colonizzazione.
La storia dei personaggi fittizi è inoltre intrecciata in modo superbo con reali eventi storici, come il grande terremoto del Kantō del 1923 e lo sgancio della bomba Fat Man su Nagasaki, creando una mescolanza credibile tra gli elementi storici e le vite dei protagonisti. Personalmente ho poi apprezzato molto come l'autrice si focalizzi sui caratteri femminili: pur seguendo anche i punti di vista di personaggi maschili, le donne sono il cuore di questa narrazione in cui si da finalmente voce a sofferenze per troppo tempo taciute.
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My rating: 5 of 5 stars
"Ora confesserò la verità. Non è stata la bomba atomica a uccidere mio padre. Sono stata io. È solo una coincidenza che la bomba atomica sia caduta il giorno della sua morte"
SAGA MULTI-FAMILIARE
Smetterò mai di acquistare libri che poi lascio stagionare per secoli sugli scaffali? Forse un giorno sì, ma intanto conservo questo mio vizio che ha portato una copia usata de "Il peso dei segreti" ad attendere per più di quattro anni prima di essere scelta dalla sottoscritta come nuova lettura. Per mia fortuna, l'opera d'esordio di Shimazaki è un tipo di narrazione che trascende il tempo, quindi risulta apprezzabile oggi come all'epoca della sua prima pubblicazione in Italia.
Il volume si compone di cinque parti, inizialmente pubblicate separatamente, che formano una sorta di epopea familiare nella quale le vicende personali si intrecciano alla Storia -del Giappone in particolare e dell'Asia orientale in generale- durante la prima metà del Novecento. Tutto parte nel presente, con la morte di Yukiko Kamishima che lascia alla figlia Namiko una missione: trovare lo zio del quale non ha mai saputo nulla per consegnargli una misteriosa lettera; questo lascito porta a delle rivelazioni stupefacenti, che vanno ad inglobare un numero sempre più ampio di personaggi ed alzano il velo su delle esistenze solo all'apparenza ordinarie.
L'esordio della cara Aki è una lettura da assaporare, andando oltre una prosa molto diversa da quelle occidentali, che in un primo momento potrebbe risultare straniante. In effetti l'utilizzo di periodi molto brevi la fa sembrare scarna, eppure è capace di trasmettere un senso di grande delicatezza; non nuoce che renda anche la lettura molto rapida ed avvincente. Un altro piccolo scoglio è rappresentato dall'edizione -molto curata e con un utile glossario, ma che crea confusione nei dialoghi per la scarsità di segni grafici- e dal tono un po' troppo soapoperistico dei colpi di scena: personalmente li ho però trovati brillanti e ben contestualizzati ai temi ricorrenti dell'abuso psicologico e del dramma generazionale.
Passando a difetti più solidi, ritengo giusto segnalare due elementi. Il primo riguarda la mancanza di descrizioni dei personaggi; una scelta narrativa che rende ovviamente difficile distinguerli, anche perché adottano termini e strutture linguistiche troppo simili le une alle altre. Anche la seconda problematica è legata ai dialoghi, in particolare alle battute poco naturali che hanno la sola funzione di fornire determinate informazioni al lettore. Avranno la loro utilità, ma sono abbastanza frequenti e palesi da infrangere la sospensione dell'incredulità.
Finora ho parlato quasi esclusivamente di aspetti negativi, e vi potreste giustamente chiedere perché ho assegnato il massimo della valutazione ad un libro tanto manchevole. Come ho già accennato, si tratta di una storia alla quale va dato tempo, perché combinando quanto raccontato nelle cinque parti si crea un intreccio doloroso ed emozionante: il primo racconto può risultare soltanto carino, ma ripensandoci alla fine del volume acquista tutta un'altra potenza narrativa. Nel testo spiccano poi delle tematiche molto importanti e (immagino, sulla base della brevissima biografia) care all'autrice. Si parla infatti della guerra e delle sue conseguenze, delle convenzioni sociali e del modo in cui influiscono sui legami interpersonali, del rapporto verso un'autorità dispotica, delle migrazioni e della colonizzazione.
La storia dei personaggi fittizi è inoltre intrecciata in modo superbo con reali eventi storici, come il grande terremoto del Kantō del 1923 e lo sgancio della bomba Fat Man su Nagasaki, creando una mescolanza credibile tra gli elementi storici e le vite dei protagonisti. Personalmente ho poi apprezzato molto come l'autrice si focalizzi sui caratteri femminili: pur seguendo anche i punti di vista di personaggi maschili, le donne sono il cuore di questa narrazione in cui si da finalmente voce a sofferenze per troppo tempo taciute.
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venerdì 22 settembre 2023
"La canzone di Susannah" di Stephen King
La canzone di Susannah by Stephen King
My rating: 4 of 5 stars
"«Supponiamo per esempio che questo King diventi famoso o sia acclamato dalla critica? Ammetto che le probabilità sono scarse, ma se succedesse?»"
ALLA FACCIA DELLA SELF INSERTION
A meno di un mese dalla lettura dell'epilogo de "I Lupi del Calla", rieccomi a proseguire il mio viaggio verso la Torre Nera con il sesto volume "La canzone di Susannah". Dietro tanta fretta (almeno per i miei standard) c'è il ritmo incalzante finalmente acquistato dalla serie, perché ora il caro Stephen sta mettendo a frutto i tanti elementi di world building che nei primi capitoli potevano sembrare nulla più di informazioni scollegate. Non so se si tratti di operazioni di retcon o meno, ma devo dire di aver apprezzato l'intrecciarsi delle varie linee di trama.
La narrazione continua direttamente dal finale del quinto libro, e questo comporta la divisione del ka-tet. Susannah è infatti stata trasportata nella New York del 1999, dove Mia cerca l'aiuto dei sodali del Re Rosso per poter dare alla luce il suo pargolo demoniaco; nello stesso luogo e tempo arrivano anche Jake e Callahan -con l'immancabile Oy al seguito-, portati lì più dal ka che da un'effettiva intenzione. Proprio per questo Eddie non può seguire la sua dolce metà, ma è costretto ad accompagnare Roland nel Maine degli anni Settanta, dove prosegue la loro missione per mettere al sicuro da Balazar e soci il terreno su cui cresce la rosa perspeciale.
Ci troviamo quindi di fronte ad un deciso cambio di ambientazione, scelta che ho apprezzato perché da una smossa alle dinamiche narrative, portando ad esempio il saccente Roland a doversi affidare alle conoscenze moderne di Eddie. Come già accennato, ci troviamo inoltre di fronte ad un romanzo in cui l'azione la fa da padrona, con scene molto rapide che fanno procedere con maggior velocità la trama senza però sacrificare la coerenza narrativa e sfruttando dettagli inseriti nei volumi precedenti per fornire dei collegamenti.
Credo che le mie parti preferite siano state quelle dedicate a Susannah e Mia, in particolare per come il loro rapporto si evolve rispetto a "I Lupi del Calla": qui sono costrette dal nuovo contesto a stringere una sorta di alleanza, che porta la pistolera ma anche noi lettori ad ottenere nuove informazioni e tanti chiarimenti sulla lore dell'Onni-Mondo. Per quanto riguarda l'elemento meta-letterario, ammetto di averlo trovato un po' cringe in un primo momento, ma mi ha poi convinto nell'insieme della storia; riesce anche a fornire una spiegazione carina del perché tanti libri di King siano collegati a questa serie.
Serie che comunque non si monda di tutti i suoi difetti in questo sesto (o settimo, a seconda dei punti di vista) capitolo. Ad esempio, per quanto Mia si prodighi in spiegazioni su demoni elementari ed affini da un lato, dall'altro il caro Stephen inserisce concetti del tutto inediti (come quello dei twim o dei Frangitori) senza fornire alcuna spiegazione, e nonostante questo i personaggi ne parlano ampiamente come fossero informazioni già discusse più e più volte nei libri precedenti. Non mi ha fatto impazzire neppure la facilità con cui sembra procedere la missione di Roland ed Eddie: la strada dei due pistoleri non è propriamente priva di ostacoli, però gli aiuti che ricevono per superarli agevolano eccessivamente il percorso, e questo fa calare di parecchio la tensione.
E cosa dire del finale? a mio avviso risulta un po' troppo insoddisfacente. Bisogna sicuramente considerare che l'ultimo romanzo è uscito solo qualche mese dopo, e non ad anni di distanza come i primi volumi della saga. Ritengo però che si potesse dare più completezza per lo meno alla parte riservata a Jake e Callahan, perché la loro risulta essere poco più di una comparsata quando la premessa lasciava presagire un ruolo ben più sostanzioso.
Voto effettivo: quattro stelline e mezza
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My rating: 4 of 5 stars
"«Supponiamo per esempio che questo King diventi famoso o sia acclamato dalla critica? Ammetto che le probabilità sono scarse, ma se succedesse?»"
ALLA FACCIA DELLA SELF INSERTION
A meno di un mese dalla lettura dell'epilogo de "I Lupi del Calla", rieccomi a proseguire il mio viaggio verso la Torre Nera con il sesto volume "La canzone di Susannah". Dietro tanta fretta (almeno per i miei standard) c'è il ritmo incalzante finalmente acquistato dalla serie, perché ora il caro Stephen sta mettendo a frutto i tanti elementi di world building che nei primi capitoli potevano sembrare nulla più di informazioni scollegate. Non so se si tratti di operazioni di retcon o meno, ma devo dire di aver apprezzato l'intrecciarsi delle varie linee di trama.
La narrazione continua direttamente dal finale del quinto libro, e questo comporta la divisione del ka-tet. Susannah è infatti stata trasportata nella New York del 1999, dove Mia cerca l'aiuto dei sodali del Re Rosso per poter dare alla luce il suo pargolo demoniaco; nello stesso luogo e tempo arrivano anche Jake e Callahan -con l'immancabile Oy al seguito-, portati lì più dal ka che da un'effettiva intenzione. Proprio per questo Eddie non può seguire la sua dolce metà, ma è costretto ad accompagnare Roland nel Maine degli anni Settanta, dove prosegue la loro missione per mettere al sicuro da Balazar e soci il terreno su cui cresce la rosa perspeciale.
Ci troviamo quindi di fronte ad un deciso cambio di ambientazione, scelta che ho apprezzato perché da una smossa alle dinamiche narrative, portando ad esempio il saccente Roland a doversi affidare alle conoscenze moderne di Eddie. Come già accennato, ci troviamo inoltre di fronte ad un romanzo in cui l'azione la fa da padrona, con scene molto rapide che fanno procedere con maggior velocità la trama senza però sacrificare la coerenza narrativa e sfruttando dettagli inseriti nei volumi precedenti per fornire dei collegamenti.
Credo che le mie parti preferite siano state quelle dedicate a Susannah e Mia, in particolare per come il loro rapporto si evolve rispetto a "I Lupi del Calla": qui sono costrette dal nuovo contesto a stringere una sorta di alleanza, che porta la pistolera ma anche noi lettori ad ottenere nuove informazioni e tanti chiarimenti sulla lore dell'Onni-Mondo. Per quanto riguarda l'elemento meta-letterario, ammetto di averlo trovato un po' cringe in un primo momento, ma mi ha poi convinto nell'insieme della storia; riesce anche a fornire una spiegazione carina del perché tanti libri di King siano collegati a questa serie.
Serie che comunque non si monda di tutti i suoi difetti in questo sesto (o settimo, a seconda dei punti di vista) capitolo. Ad esempio, per quanto Mia si prodighi in spiegazioni su demoni elementari ed affini da un lato, dall'altro il caro Stephen inserisce concetti del tutto inediti (come quello dei twim o dei Frangitori) senza fornire alcuna spiegazione, e nonostante questo i personaggi ne parlano ampiamente come fossero informazioni già discusse più e più volte nei libri precedenti. Non mi ha fatto impazzire neppure la facilità con cui sembra procedere la missione di Roland ed Eddie: la strada dei due pistoleri non è propriamente priva di ostacoli, però gli aiuti che ricevono per superarli agevolano eccessivamente il percorso, e questo fa calare di parecchio la tensione.
E cosa dire del finale? a mio avviso risulta un po' troppo insoddisfacente. Bisogna sicuramente considerare che l'ultimo romanzo è uscito solo qualche mese dopo, e non ad anni di distanza come i primi volumi della saga. Ritengo però che si potesse dare più completezza per lo meno alla parte riservata a Jake e Callahan, perché la loro risulta essere poco più di una comparsata quando la premessa lasciava presagire un ruolo ben più sostanzioso.
Voto effettivo: quattro stelline e mezza
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martedì 19 settembre 2023
"The Mirror Season" di Anna-Marie McLemore
Mirror Season by Anna-Marie McLemore
My rating: 5 of 5 stars
"But when I get there, I stop short. There's none of the color or soft movement I know. The poppies have gone silver. The green wands of the sagebrush look like crushed crystal ... Pieces of mirror have replaced the burgundy leaves of castor plants"
DEVO AUMENTARE IL LIVELLO DI SPAGNOLO SU DUOLINGO
Dopo tanti anni da lettrice, credo di aver individuato quali siano gli autori sui quali posso sempre fare affidamento, a prescindere dalle valutazioni altrui o da quanto mi sembrino bizzarre le sinossi dei loro libri; ed in questa categoria ricade senza dubbio Anna-Marie McLemore, che dopo tre romanzi assolutamente validi mi ha del tutto conquistato con "The Mirror Season". All'apparenza potrebbe sembrare un'altra delle sue storie adolescenziali che parlano di inclusività in un contesto moderno ma dai tratti fiabeschi, e in effetti lo è; questo romanzo però ha anche una marcia in più. Marcia in più che purtroppo non lo rende adatto a tutti, ma procediamo per gradi.
La storia è ambientata a San Juan Capistrano, città della California dove vive la narratrice Graciela "Ciela" Cristales, un'adolescente di origini messicane che ha ereditato dalla bisnonna il dono di indovinare il dolce giusto per ogni persona; un'abilità che le torna decisamente utile quando serve i clienti nella pasticceria della zia. Durante una festa estiva, Ciela ed un altro ragazzo -Lock Thomas- sono vittime di una violenza, e questo la porta non solo a perdere del suo potere, ma anche a dover assistere impotente mentre in città piante e fiori si trasformano in schegge di specchi. La ragazza si convince che soltanto aiutando il suo nuovo amico potrà riportare tutto a com'era prima di quell'orribile notte.
Per mio gusto, questo romanzo è perfetto sotto tanti punti di vista, ma se dovessi cercaci dei difetti in modo più oggettivo, ne evidenzierei principalmente due. Il primo è la presenza di tantissimi termini in lingua spagnola, che in alcuni casi diventano vere e proprie frasi; con un po' di impegno e tenendo conto che tante parole sono simili al loro equivalente in italiano il senso alla fine si coglie, però avrei gradito moltissimo delle note a fondo pagina! L'altro problema riguarda la ripetitività di determinate proposizioni, che soprattutto nei pensieri della narratrice si ripropongono quasi invariate e ad oltranza per l'intero volume. Questo elemento è chiaramente voluto, per creare un crescendo nei momenti più emotivi, ma temo possa sembrare fin troppo ridondante in alcuni passaggi.
Tolti questi aspetti meno riusciti, il romanzo può vantare un gran numero di pregi. Innanzitutto abbiamo un'ottima caratterizzazione dei personaggi, in particolare di Ciela e Lock che vengono tratteggiati in modo complesso -senza edulcorare i loro lati negativi a tutti i costi- come singoli individui, e riescono a brillare ancora di più nella loro dinamica di coppia. Come in tutte le storie di McLemore abbiamo poi tanti tipi di rappresentazione, ben contestualizzati nella storia e presentati con piglio critico e mai pretestuoso; in un mondo ideale, questa sarebbe la norma, ma nella realtà in cui viviamo dobbiamo accontentarci di apprezzare queste oasi (letterarie) di civiltà.
La vera forza di questa storia sta nelle tematiche che affronta, tematiche difficili da digerire rese ancor più pesanti se si pensa a come McLemore abbia trasposto su carta gli abusi dei quali è statǝ vittima in prima persona. Nel libro ci si focalizza in primis sulla violenza sessuale e le sue conseguenze, cercando di mostrare come sia possibile avviare un percorso di guarigione psicologica grazie alle persone vicine, e quanto sia importante denunciare questi episodi anche se il sistema sociale sembra avverso; inoltre, si parla di bullismo e diversi tipi di discriminazione. Non posso che ammirare il coraggio di McLemore nel mettere tanto di sé in questo romanzo, e ritengo sia stato brillante da parte sua sfruttare il realismo magico per creare una metafora dell'evoluzione di Ciela, utilizzando elementi della fiaba La regina delle nevi per descrivere in modo tangibile le sue emozioni interiori.
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My rating: 5 of 5 stars
"But when I get there, I stop short. There's none of the color or soft movement I know. The poppies have gone silver. The green wands of the sagebrush look like crushed crystal ... Pieces of mirror have replaced the burgundy leaves of castor plants"
DEVO AUMENTARE IL LIVELLO DI SPAGNOLO SU DUOLINGO
Dopo tanti anni da lettrice, credo di aver individuato quali siano gli autori sui quali posso sempre fare affidamento, a prescindere dalle valutazioni altrui o da quanto mi sembrino bizzarre le sinossi dei loro libri; ed in questa categoria ricade senza dubbio Anna-Marie McLemore, che dopo tre romanzi assolutamente validi mi ha del tutto conquistato con "The Mirror Season". All'apparenza potrebbe sembrare un'altra delle sue storie adolescenziali che parlano di inclusività in un contesto moderno ma dai tratti fiabeschi, e in effetti lo è; questo romanzo però ha anche una marcia in più. Marcia in più che purtroppo non lo rende adatto a tutti, ma procediamo per gradi.
La storia è ambientata a San Juan Capistrano, città della California dove vive la narratrice Graciela "Ciela" Cristales, un'adolescente di origini messicane che ha ereditato dalla bisnonna il dono di indovinare il dolce giusto per ogni persona; un'abilità che le torna decisamente utile quando serve i clienti nella pasticceria della zia. Durante una festa estiva, Ciela ed un altro ragazzo -Lock Thomas- sono vittime di una violenza, e questo la porta non solo a perdere del suo potere, ma anche a dover assistere impotente mentre in città piante e fiori si trasformano in schegge di specchi. La ragazza si convince che soltanto aiutando il suo nuovo amico potrà riportare tutto a com'era prima di quell'orribile notte.
Per mio gusto, questo romanzo è perfetto sotto tanti punti di vista, ma se dovessi cercaci dei difetti in modo più oggettivo, ne evidenzierei principalmente due. Il primo è la presenza di tantissimi termini in lingua spagnola, che in alcuni casi diventano vere e proprie frasi; con un po' di impegno e tenendo conto che tante parole sono simili al loro equivalente in italiano il senso alla fine si coglie, però avrei gradito moltissimo delle note a fondo pagina! L'altro problema riguarda la ripetitività di determinate proposizioni, che soprattutto nei pensieri della narratrice si ripropongono quasi invariate e ad oltranza per l'intero volume. Questo elemento è chiaramente voluto, per creare un crescendo nei momenti più emotivi, ma temo possa sembrare fin troppo ridondante in alcuni passaggi.
Tolti questi aspetti meno riusciti, il romanzo può vantare un gran numero di pregi. Innanzitutto abbiamo un'ottima caratterizzazione dei personaggi, in particolare di Ciela e Lock che vengono tratteggiati in modo complesso -senza edulcorare i loro lati negativi a tutti i costi- come singoli individui, e riescono a brillare ancora di più nella loro dinamica di coppia. Come in tutte le storie di McLemore abbiamo poi tanti tipi di rappresentazione, ben contestualizzati nella storia e presentati con piglio critico e mai pretestuoso; in un mondo ideale, questa sarebbe la norma, ma nella realtà in cui viviamo dobbiamo accontentarci di apprezzare queste oasi (letterarie) di civiltà.
La vera forza di questa storia sta nelle tematiche che affronta, tematiche difficili da digerire rese ancor più pesanti se si pensa a come McLemore abbia trasposto su carta gli abusi dei quali è statǝ vittima in prima persona. Nel libro ci si focalizza in primis sulla violenza sessuale e le sue conseguenze, cercando di mostrare come sia possibile avviare un percorso di guarigione psicologica grazie alle persone vicine, e quanto sia importante denunciare questi episodi anche se il sistema sociale sembra avverso; inoltre, si parla di bullismo e diversi tipi di discriminazione. Non posso che ammirare il coraggio di McLemore nel mettere tanto di sé in questo romanzo, e ritengo sia stato brillante da parte sua sfruttare il realismo magico per creare una metafora dell'evoluzione di Ciela, utilizzando elementi della fiaba La regina delle nevi per descrivere in modo tangibile le sue emozioni interiori.
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giovedì 14 settembre 2023
"Girls" di Jessica Schiefauer
Girls by Jessica Schiefauer
My rating: 4 of 5 stars
"Il mio corpo era un rivestimento estraneo, una tuta di gomma che si appiccicava e prudeva, ma che per quanto grattassi con le unghie e tirassi non si spostava di un millimetro. Ogni tanto, di notte, sognavo che mi cadeva di dosso"
REALISMO MAGICO IN CHIAVE SCANDINAVA
Ormai parecchi anni fa sentii parlare di "Girls", e subito l'insolita trama mi incuriosì, spingendomi ad inserirlo di gran carriera nella wishilist. Nonostante fossi poi riuscita a recuperarne una copia all'usato, ho continuato a rimandare questa lettura, come spesso mi capita con libri molto lunghi o -come in questo caso- molto brevi. Al momento di cominciare il libro, sono poi rimasta parecchio perplessa dalla media delle valutazioni, decisamente bassa per una storia che mi sembrava poter essere quantomeno interessante. Ma prima di vedere perché non mi sono accodata alla frangia dei detrattori, diamo un'occhiata alla trama.
La vicenda si ambienta in una non meglio specificata città svedese dove vivono le amiche Kim, Monica "Momo" e Bella, in procinto di compiere i loro quattordici anni. Le ragazze sono spesso oggetto delle molestie dei coetanei, abituati ad elargire apprezzamenti non richiesti o allungare le mani, con un senso di impunità dato da adulti disattenti o perfino complici. Le loro vite cambiano quando scoprono l'esistenza di un fiore magico, il cui nettare le trasforma in ragazzi; con questi nuovi corpi, le tre cominciano a ricercare una nuova forma di libertà, che forse per Kim -la nostra voce narrante- potrebbe essere qualcosa di più.
Mentre lo leggevo, ho provato ad analizzare il romanzo anche per trovare i difetti che hanno portato a delle valutazioni tanto basse, individuandone due. In primis, la prosa e lo sviluppo della trama potrebbero risultare un po' ostici da affrontare per dei lettori molto giovani, ai quali il titolo sembra rivolgersi: a mio avviso, l'autrice avrebbe fatto meglio ad aumentare di qualche anno l'età delle protagoniste, indirizzandosi in questo modo ad una fascia più matura di pubblico. La seconda problematica riguarda il finale, che è parecchio ambiguo a livello narrativo; per mio gusto personale, avrei preferito qualcosa di maggiormente concreto, che si discostasse dall'elemento fantastico di partenza.
Accantonati questi néi, credo che il romanzo abbia molto da offrire, a lettori di tutte le età. Innanzitutto presenza un'amicizia al femminile molto realistica: Kim, Momo e Bella si supportano e divertono assieme, ma allo stesso tempo possono confrontarsi e litigare senza per questo compromettere il legame che le unisce. Pur non essendoci tantissimo spazio per analizzare a fondo le loro storie, l'autrice è stata molto brava a delineare in breve il carattere di ognuna, in modo da mettere in chiaro ruoli ed attitudini.
Da appassionata lettrice del realismo magico, ho trovato poi l'espediente narrativo molto interessante e ben contestualizzato nell'ambientazione contemporanea. Mi ha convinto anche la scelta di seguire il punto di vista di Kim nella storia, perché leggere le sue riflessioni su quanto sentisse inadeguato un corpo da ragazza ancor prima di scoprire il potere del fiore permette di mostrare delle emozioni affatto scontate, che potrebbero risultare affini ai lettori non solo dal punto di vista della transessualità: in fondo, a chi non è mai capitato di provare della frustrazione per il proprio aspetto fisico?
Nonostante non sia proprio immediata, ho apprezzato anche la prosa di Schiefauer, che con la giusta dose di lirismo risulta particolarmente indicata per una storia di realismo magico. Ma soprattutto mi sono piaciute le tematiche che ha scelto di trattare ed il modo in cui l'ha fatto; il libro parla di argomenti cari alla narrativa per ragazzi, come le difficoltà di trovare il proprio posto nel mondo, l'impossibilità di aprirsi del tutto con i genitori o le domande che ci si pone sull'identità di genere e l'orientamento sessuale, ma va anche un po' oltre: viene analizzata ad esempio la violenza di genere, arrivando anche ad affrontare lo stupro ed illustrando delle situazioni per nulla lontane dalla quotidianità. E, purtroppo, dall'attualità.
Voto effettivo: quattro stelline e mezza
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My rating: 4 of 5 stars
"Il mio corpo era un rivestimento estraneo, una tuta di gomma che si appiccicava e prudeva, ma che per quanto grattassi con le unghie e tirassi non si spostava di un millimetro. Ogni tanto, di notte, sognavo che mi cadeva di dosso"
REALISMO MAGICO IN CHIAVE SCANDINAVA
Ormai parecchi anni fa sentii parlare di "Girls", e subito l'insolita trama mi incuriosì, spingendomi ad inserirlo di gran carriera nella wishilist. Nonostante fossi poi riuscita a recuperarne una copia all'usato, ho continuato a rimandare questa lettura, come spesso mi capita con libri molto lunghi o -come in questo caso- molto brevi. Al momento di cominciare il libro, sono poi rimasta parecchio perplessa dalla media delle valutazioni, decisamente bassa per una storia che mi sembrava poter essere quantomeno interessante. Ma prima di vedere perché non mi sono accodata alla frangia dei detrattori, diamo un'occhiata alla trama.
La vicenda si ambienta in una non meglio specificata città svedese dove vivono le amiche Kim, Monica "Momo" e Bella, in procinto di compiere i loro quattordici anni. Le ragazze sono spesso oggetto delle molestie dei coetanei, abituati ad elargire apprezzamenti non richiesti o allungare le mani, con un senso di impunità dato da adulti disattenti o perfino complici. Le loro vite cambiano quando scoprono l'esistenza di un fiore magico, il cui nettare le trasforma in ragazzi; con questi nuovi corpi, le tre cominciano a ricercare una nuova forma di libertà, che forse per Kim -la nostra voce narrante- potrebbe essere qualcosa di più.
Mentre lo leggevo, ho provato ad analizzare il romanzo anche per trovare i difetti che hanno portato a delle valutazioni tanto basse, individuandone due. In primis, la prosa e lo sviluppo della trama potrebbero risultare un po' ostici da affrontare per dei lettori molto giovani, ai quali il titolo sembra rivolgersi: a mio avviso, l'autrice avrebbe fatto meglio ad aumentare di qualche anno l'età delle protagoniste, indirizzandosi in questo modo ad una fascia più matura di pubblico. La seconda problematica riguarda il finale, che è parecchio ambiguo a livello narrativo; per mio gusto personale, avrei preferito qualcosa di maggiormente concreto, che si discostasse dall'elemento fantastico di partenza.
Accantonati questi néi, credo che il romanzo abbia molto da offrire, a lettori di tutte le età. Innanzitutto presenza un'amicizia al femminile molto realistica: Kim, Momo e Bella si supportano e divertono assieme, ma allo stesso tempo possono confrontarsi e litigare senza per questo compromettere il legame che le unisce. Pur non essendoci tantissimo spazio per analizzare a fondo le loro storie, l'autrice è stata molto brava a delineare in breve il carattere di ognuna, in modo da mettere in chiaro ruoli ed attitudini.
Da appassionata lettrice del realismo magico, ho trovato poi l'espediente narrativo molto interessante e ben contestualizzato nell'ambientazione contemporanea. Mi ha convinto anche la scelta di seguire il punto di vista di Kim nella storia, perché leggere le sue riflessioni su quanto sentisse inadeguato un corpo da ragazza ancor prima di scoprire il potere del fiore permette di mostrare delle emozioni affatto scontate, che potrebbero risultare affini ai lettori non solo dal punto di vista della transessualità: in fondo, a chi non è mai capitato di provare della frustrazione per il proprio aspetto fisico?
Nonostante non sia proprio immediata, ho apprezzato anche la prosa di Schiefauer, che con la giusta dose di lirismo risulta particolarmente indicata per una storia di realismo magico. Ma soprattutto mi sono piaciute le tematiche che ha scelto di trattare ed il modo in cui l'ha fatto; il libro parla di argomenti cari alla narrativa per ragazzi, come le difficoltà di trovare il proprio posto nel mondo, l'impossibilità di aprirsi del tutto con i genitori o le domande che ci si pone sull'identità di genere e l'orientamento sessuale, ma va anche un po' oltre: viene analizzata ad esempio la violenza di genere, arrivando anche ad affrontare lo stupro ed illustrando delle situazioni per nulla lontane dalla quotidianità. E, purtroppo, dall'attualità.
Voto effettivo: quattro stelline e mezza
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lunedì 11 settembre 2023
"Ci vediamo per un caffè" di Toshikazu Kawaguchi
Ci vediamo per un caffè by Toshikazu Kawaguchi
My rating: 3 of 5 stars
"Ero divorata dal rimpianto per il passato. Mi aveva consumato, non c'era modo di liberarsene e niente che potesse salvarmi. Ora, invece, mi sentivo invasa da una strana sensazione. Se avessi dovuto darle un nome, sarebbe stato... «gratitudine»"
UN ADDIO SOTTOTONO
Quarto volume nella serie antologica che ha reso celebre il caro Toshikazu, "Ci vediamo per un caffè" rappresenta per me l'ultimo capitolo in questa narrazione; non perché mi abbia deluso enormemente, ma per la concomitanza tra delle storie troppo simili tra loro per accendere la mia curiosità ed un'edizione italiana sempre più pigra ad ogni nuova pubblicazione: ormai non si accontentano di mentire spudoratamente nelle sinossi, ma piazzano anche un bel refuso nella prima pagina del libro! Quindi, pur sapendo che la serie sta ancora continuando con successo in Patria, preferisco fermarmi qui; ma prima di scrivere la parola fine, andiamo a vedere cosa ci riserva questa quarta raccolta.
Le vicende ambientate nel presente si collocano un anno dopo rispetto a "Finché il caffè è caldo", andando quindi ad anticipare quanto già raccontato nei due seguiti precedenti. Ci troviamo nuovamente nella filiale di Tokyo, con Nagare e Kazu Tokita dietro al bancone della caffetteria in cui è possibile viaggiare nel tempo, seguendo un decalogo di regole a dir poco restrittivo. Come sempre sono presenti quattro novelle, tra le quali la prima ha la funzione aggiuntiva di illustrare il contesto; di volta in volta, nuovi avventori giungono come al termine di un pellegrinaggio, con la speranza di poter risolvere problemi emotivi e sentimentali incontrando qualcuno nel passato.
Andiamo subito a vedere i -purtroppo pochi- punti a favore di questo volume. Innanzitutto, se cercate solo una nuova raccolta con le stesse vibes e gli stessi buoni sentimenti, potrete apprezzarla al pari delle tre precedenti; inoltre, se la trasferta passata/futura ad Hakodate non vi ha fatto impazzire, sarete sicuramente felici di ritrovare l'ambiente familiare della filiale di Tokyo. Per quanto mi riguarda, questi aspetti non mi interessano più di tanto, però ho trovato molto valida la storia di Sunao Hikita: un racconto diverso da tutti gli altri per idea e risoluzione. Non è affatto male neanche la novella che vede come protagonisti la studentessa universitaria Michiko Kijimoto e suo padre Kengo; forse un filino pedante, ma con una valida contestualizzazione ed una svolta finale non scontata.
Potrete forse indovinare che le altre due storie non mi siano troppo piaciute. In realtà, il racconto su Hikari Ishimori e la proposta di matrimonio ha il solo difetto di essere troppo zuccherosa da mandar giù; per contro quello di apertura su Monji Kadokura non l'ho per nulla apprezzato, perché concede uno spazio eccessivo al riepilogo delle varie regole ed arriva troppo rapidamente ad una conclusione a malapena abbozzata.
Ritornano poi l'infelice particolarità dei dialoghi, nei quali è sempre ostico capire l'intonazione, e le fin troppo frequenti ripetizioni: se alla pagina X mi hai presentato Tizio identificandolo come il padre di Caio, non è necessario ribadire questa parentela alla pagina X+1! Rispetto agli altri capitoli, credo che ad avermi tanto deluso sia stata la scelta di non sviluppare ulteriormente la storia della famiglia Tokita e non inserire alcun nuovo elemento relativo ai viaggi nel tempo. Peccato, perché questi erano proprio gli aspetti per i quali avevo continuato a leggere la serie, pur trovandola un po' ridondante. In buona sostanza, avrei forse fatto meglio a fermarmi già al terzo libro.
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My rating: 3 of 5 stars
"Ero divorata dal rimpianto per il passato. Mi aveva consumato, non c'era modo di liberarsene e niente che potesse salvarmi. Ora, invece, mi sentivo invasa da una strana sensazione. Se avessi dovuto darle un nome, sarebbe stato... «gratitudine»"
UN ADDIO SOTTOTONO
Quarto volume nella serie antologica che ha reso celebre il caro Toshikazu, "Ci vediamo per un caffè" rappresenta per me l'ultimo capitolo in questa narrazione; non perché mi abbia deluso enormemente, ma per la concomitanza tra delle storie troppo simili tra loro per accendere la mia curiosità ed un'edizione italiana sempre più pigra ad ogni nuova pubblicazione: ormai non si accontentano di mentire spudoratamente nelle sinossi, ma piazzano anche un bel refuso nella prima pagina del libro! Quindi, pur sapendo che la serie sta ancora continuando con successo in Patria, preferisco fermarmi qui; ma prima di scrivere la parola fine, andiamo a vedere cosa ci riserva questa quarta raccolta.
Le vicende ambientate nel presente si collocano un anno dopo rispetto a "Finché il caffè è caldo", andando quindi ad anticipare quanto già raccontato nei due seguiti precedenti. Ci troviamo nuovamente nella filiale di Tokyo, con Nagare e Kazu Tokita dietro al bancone della caffetteria in cui è possibile viaggiare nel tempo, seguendo un decalogo di regole a dir poco restrittivo. Come sempre sono presenti quattro novelle, tra le quali la prima ha la funzione aggiuntiva di illustrare il contesto; di volta in volta, nuovi avventori giungono come al termine di un pellegrinaggio, con la speranza di poter risolvere problemi emotivi e sentimentali incontrando qualcuno nel passato.
Andiamo subito a vedere i -purtroppo pochi- punti a favore di questo volume. Innanzitutto, se cercate solo una nuova raccolta con le stesse vibes e gli stessi buoni sentimenti, potrete apprezzarla al pari delle tre precedenti; inoltre, se la trasferta passata/futura ad Hakodate non vi ha fatto impazzire, sarete sicuramente felici di ritrovare l'ambiente familiare della filiale di Tokyo. Per quanto mi riguarda, questi aspetti non mi interessano più di tanto, però ho trovato molto valida la storia di Sunao Hikita: un racconto diverso da tutti gli altri per idea e risoluzione. Non è affatto male neanche la novella che vede come protagonisti la studentessa universitaria Michiko Kijimoto e suo padre Kengo; forse un filino pedante, ma con una valida contestualizzazione ed una svolta finale non scontata.
Potrete forse indovinare che le altre due storie non mi siano troppo piaciute. In realtà, il racconto su Hikari Ishimori e la proposta di matrimonio ha il solo difetto di essere troppo zuccherosa da mandar giù; per contro quello di apertura su Monji Kadokura non l'ho per nulla apprezzato, perché concede uno spazio eccessivo al riepilogo delle varie regole ed arriva troppo rapidamente ad una conclusione a malapena abbozzata.
Ritornano poi l'infelice particolarità dei dialoghi, nei quali è sempre ostico capire l'intonazione, e le fin troppo frequenti ripetizioni: se alla pagina X mi hai presentato Tizio identificandolo come il padre di Caio, non è necessario ribadire questa parentela alla pagina X+1! Rispetto agli altri capitoli, credo che ad avermi tanto deluso sia stata la scelta di non sviluppare ulteriormente la storia della famiglia Tokita e non inserire alcun nuovo elemento relativo ai viaggi nel tempo. Peccato, perché questi erano proprio gli aspetti per i quali avevo continuato a leggere la serie, pur trovandola un po' ridondante. In buona sostanza, avrei forse fatto meglio a fermarmi già al terzo libro.
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giovedì 7 settembre 2023
"Arianna" di Jennifer Saint
Ariadne by Jennifer Saint
My rating: 2 of 5 stars
"Il mio mondo si apprestava a non essere più popolato da eroi coraggiosi: stavo imparando troppo rapidamente che il dolore delle donne pulsava, taciuto tra i racconti delle loro prodezze"
LE ORGE DIONISIACHE LE IMMAGINAVO PIÙ TRASGRY
All'inizio dell'estate mi ero ripromessa di sfruttare questa stagione per recuperare alcuni retelling di miti classici che da un po' languivano nella mia libreria, e -basandomi sulle sinossi- contavo di essermi tenuta per ultimo il migliore. Con un ribaltamento che renderebbe fiero Alessandro Borghese, "Arianna" si è invece rivelato il più deludente dei tre titoli, dimostrando tutte le debolezze tipiche delle riscritture tanto in voga negli ultimi anni.
La narrazione si mantiene grossomodo fedele al mito e segue la principessa Arianna dall'infanzia trascorsa presso la corte del padre a Cnosso, passando per gli anni dell'età adulta a Nasso ed arrivando al confronto tra Dioniso e Perseo, nel quale l'autrice la immagina coinvolta in prima persona. Nella parte centrale del volume, al punto di vista di Arianna viene affiancato quello della sorella minore Fedra, con un ruolo che preferisco lasciarvi scoprire nella lettura, ma sempre attinente nei punti principali alla storia originale. La principale differenza sulla quale ha scelto di focalizzarsi Saint è la crudeltà dei personaggi maschili, tutti descritti come bugiardi, opportunisti ed indifferenti alle conseguenze delle proprie azioni; lungi da me voler dire che fossero perfetti, ma questa generalizzazione mi è risultata fastidiosa.
Non mi posso dire fan neppure della prosa della cara Jennifer, caratterizzata da dialoghi tanto lunghi quanto retorici sfruttati per raccontare degli avvenimenti che magari sarebbe stato più interessante veder mostrati in modo diretto; in questo modo invece, si assiste ad interminabili monologhi in cui il personaggio di turno illustra ad Arianna gli eventi che riguardano ad esempio Dedalo, Medusa o Ippolito. A mio avviso, con un po' di impegno, si sarebbe potuto ovviare o almeno arginare questa problematica.
Anche la caratterizzazione dei personaggi non mi ha convinta affatto, e penso in particolare ai coprotagonisti. L'autrice cerca di dare loro una personalità, ma allo stesso tempo vuole a tutti i costi rispettare la lore: ecco perché ci ritroviamo con una Pasifae apatica che però maledice comunque le amanti di Minosse, oppure un Teseo -abbastanza sveglio per sconfiggere mostri e dar lustro alle proprie gesta- raggirato da una ragazzina di tredici anni. Ad aumentare il senso di confusione contribuisce il modo bizzarro con cui sembra trascorre il tempo.
Pur considerando valida la scrittura di Arianna, ho trovato poi fastidiosa la sua propensione per l'indolenza; Fedra risulta leggermente più interessante ma compare troppo poco, ed il tanto sbandierato affetto fraterno che dovrebbe teoricamente legarle non ha delle solide basi in queste pagine, nelle quali entrambe lasciano trascorrere anni interi prima di tentare di ritrovarsi. Ultima, e forse peggiore, nota dolente è l'intreccio, per cui questo non sembra un vero romanzo ma piuttosto una raccolta di episodi con dei personaggi ricorrenti; per questo motivo si rimane perplessi di fronte alle mal strutturate svolte di trama.
È proprio un titolo dal quale stare alla larga, quindi? non credo. Potrebbe piacervi se non conoscete questi personaggi e siete curiosi di scoprire la loro storia, o al contrario se già vi piacciono moltissimo e volete leggere una versione leggermente romanzata (ma quasi sempre fedele) dei loro miti. Inoltre il messaggio di fondo -sull'ingiustizia patita da tante donne a causa dei loro uomini- non è per nulla malvagio, e si accompagna anche a delle riflessioni sulla maternità, mostrata da diverse prospettive.
Voto effettivo: due stelline e mezza
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My rating: 2 of 5 stars
"Il mio mondo si apprestava a non essere più popolato da eroi coraggiosi: stavo imparando troppo rapidamente che il dolore delle donne pulsava, taciuto tra i racconti delle loro prodezze"
LE ORGE DIONISIACHE LE IMMAGINAVO PIÙ TRASGRY
All'inizio dell'estate mi ero ripromessa di sfruttare questa stagione per recuperare alcuni retelling di miti classici che da un po' languivano nella mia libreria, e -basandomi sulle sinossi- contavo di essermi tenuta per ultimo il migliore. Con un ribaltamento che renderebbe fiero Alessandro Borghese, "Arianna" si è invece rivelato il più deludente dei tre titoli, dimostrando tutte le debolezze tipiche delle riscritture tanto in voga negli ultimi anni.
La narrazione si mantiene grossomodo fedele al mito e segue la principessa Arianna dall'infanzia trascorsa presso la corte del padre a Cnosso, passando per gli anni dell'età adulta a Nasso ed arrivando al confronto tra Dioniso e Perseo, nel quale l'autrice la immagina coinvolta in prima persona. Nella parte centrale del volume, al punto di vista di Arianna viene affiancato quello della sorella minore Fedra, con un ruolo che preferisco lasciarvi scoprire nella lettura, ma sempre attinente nei punti principali alla storia originale. La principale differenza sulla quale ha scelto di focalizzarsi Saint è la crudeltà dei personaggi maschili, tutti descritti come bugiardi, opportunisti ed indifferenti alle conseguenze delle proprie azioni; lungi da me voler dire che fossero perfetti, ma questa generalizzazione mi è risultata fastidiosa.
Non mi posso dire fan neppure della prosa della cara Jennifer, caratterizzata da dialoghi tanto lunghi quanto retorici sfruttati per raccontare degli avvenimenti che magari sarebbe stato più interessante veder mostrati in modo diretto; in questo modo invece, si assiste ad interminabili monologhi in cui il personaggio di turno illustra ad Arianna gli eventi che riguardano ad esempio Dedalo, Medusa o Ippolito. A mio avviso, con un po' di impegno, si sarebbe potuto ovviare o almeno arginare questa problematica.
Anche la caratterizzazione dei personaggi non mi ha convinta affatto, e penso in particolare ai coprotagonisti. L'autrice cerca di dare loro una personalità, ma allo stesso tempo vuole a tutti i costi rispettare la lore: ecco perché ci ritroviamo con una Pasifae apatica che però maledice comunque le amanti di Minosse, oppure un Teseo -abbastanza sveglio per sconfiggere mostri e dar lustro alle proprie gesta- raggirato da una ragazzina di tredici anni. Ad aumentare il senso di confusione contribuisce il modo bizzarro con cui sembra trascorre il tempo.
Pur considerando valida la scrittura di Arianna, ho trovato poi fastidiosa la sua propensione per l'indolenza; Fedra risulta leggermente più interessante ma compare troppo poco, ed il tanto sbandierato affetto fraterno che dovrebbe teoricamente legarle non ha delle solide basi in queste pagine, nelle quali entrambe lasciano trascorrere anni interi prima di tentare di ritrovarsi. Ultima, e forse peggiore, nota dolente è l'intreccio, per cui questo non sembra un vero romanzo ma piuttosto una raccolta di episodi con dei personaggi ricorrenti; per questo motivo si rimane perplessi di fronte alle mal strutturate svolte di trama.
È proprio un titolo dal quale stare alla larga, quindi? non credo. Potrebbe piacervi se non conoscete questi personaggi e siete curiosi di scoprire la loro storia, o al contrario se già vi piacciono moltissimo e volete leggere una versione leggermente romanzata (ma quasi sempre fedele) dei loro miti. Inoltre il messaggio di fondo -sull'ingiustizia patita da tante donne a causa dei loro uomini- non è per nulla malvagio, e si accompagna anche a delle riflessioni sulla maternità, mostrata da diverse prospettive.
Voto effettivo: due stelline e mezza
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lunedì 4 settembre 2023
"Cercasi amore disperatamente" di Federica Bosco
Cercasi amore disperatamente by Federica Bosco
My rating: 1 of 5 stars
"Il "Maestro", un uomo decrepito in avanzato stato di decomposizione, mi sottopose a un estenuante colloquio "motivazionale" ... Non poteva semplicemente toccarmi il culo?"
TROVASI AMORE A PAGINA 30
Anni fa lessi "Pazze di me", un romanzo del quale ricordo a malapena la premessa -soprattutto per merito dell'adattamento cinematografico-, ma nel complesso non devo averlo reputato una lettura atroce perché qualche anno dopo ho acquistato un bind-up con altri tre libri di Bosco. Di certo, anche il prezzo irrisorio deve aver giocato un ruolo chiave in questo mio acquisto impulsivo che mi porta ora, ad anni di distanza, a dover parlare di "Cercasi amore disperatamente".
Non vi saprei dire se questo romanzo abbia una trama vera e propria, e probabilmente non ve lo saprebbero dire nemmeno gli editori visto che la sinossi oscilla tra la vaghezza più assoluta e delle informazioni fuorviante ad essere gentili. Di base seguiamo la trentenne Arianna, una donna che ha passato la sua vita a tentare in ogni modo di contrariare i genitori, dopo aver capito di non poterli rendere orgogliosi; a causa di un evento tragico (o così ci vuole far credere la prosa), Arianna lascia il suo grande amore per tornare a casa e cominciare una nuova vita, nella quale verrà coinvolta nei problemi di amici e parenti nonché in una (e solo una, capito CE?) relazione decisamente tossica.
Le problematiche di questo titolo sono molteplici, e per la maggior parte sono dovute al periodo "storico" in cui è stato scritto ed ambientato: non parliamo di un secolo fa, ma di certo la sensibilità attuale è ben diversa da quella degli anni Novanta. Ecco perché ho trovato irrigante la superficialità con cui si parla di violenza di genere e molestie (gustatevi un divertente esempio nella citazione in alto!), nonché le frequenti battute sull'orientamento sessuale e l'aspetto fisico dei personaggi. Ovviamente tutti questi aspetti vengono gettati nella prosa con leggerezza, per poi subito passare alla scena successiva; il risultato non è quello di alleggerire i momenti più drammatici, ma di sfruttare problemi seri solamente per ricavarci delle squallide battutine.
Avrete capito che questo tipo di umorismo non è proprio di mio gusto; ammetto di non aver gradito neanche la narrazione episodica e la prosa del tutto informale, elementi con una loro giustificazione ma che personalmente non riesco ad apprezzare. Sui personaggi preferirei stendere un velo pietoso, perché sono del tutto bidimensionali nella loro caratterizzazione, specialmente gli antagonisti: nulla più che macchiette, e troppo stupidi per essere veri. Allo stesso modo non risulta vera neanche l'ambientazione, in cui ogni cosa è surreale; capisco che tutto sia filtrato dalla confusa prospettiva di Arianna, ma vengono descritte delle situazioni -legate ad esempio alla Legge o al mondo del lavoro- a dir poco inverosimili.
Vista la situazione, spero apprezzerete il mio impegno nel ricercare degli elementi positivi. Possiamo quindi dire che la prosa senza pretese (e vorrei ben vedere!) della cara Federica rende la letture molto veloce. Ho in parte apprezzato anche i tentativi di trasmettere dei messaggi alla fin fine positivi, nonché il sottinteso che l'amore tanto cercato dalla protagonista era quello verso la madre. Su quest'ultima riflessione non metterei però la mano sul fuoco: forse ho voluto leggere tra le righe più di quel che c'era in realtà.
Voto effettivo: una stellina e mezza
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My rating: 1 of 5 stars
"Il "Maestro", un uomo decrepito in avanzato stato di decomposizione, mi sottopose a un estenuante colloquio "motivazionale" ... Non poteva semplicemente toccarmi il culo?"
TROVASI AMORE A PAGINA 30
Anni fa lessi "Pazze di me", un romanzo del quale ricordo a malapena la premessa -soprattutto per merito dell'adattamento cinematografico-, ma nel complesso non devo averlo reputato una lettura atroce perché qualche anno dopo ho acquistato un bind-up con altri tre libri di Bosco. Di certo, anche il prezzo irrisorio deve aver giocato un ruolo chiave in questo mio acquisto impulsivo che mi porta ora, ad anni di distanza, a dover parlare di "Cercasi amore disperatamente".
Non vi saprei dire se questo romanzo abbia una trama vera e propria, e probabilmente non ve lo saprebbero dire nemmeno gli editori visto che la sinossi oscilla tra la vaghezza più assoluta e delle informazioni fuorviante ad essere gentili. Di base seguiamo la trentenne Arianna, una donna che ha passato la sua vita a tentare in ogni modo di contrariare i genitori, dopo aver capito di non poterli rendere orgogliosi; a causa di un evento tragico (o così ci vuole far credere la prosa), Arianna lascia il suo grande amore per tornare a casa e cominciare una nuova vita, nella quale verrà coinvolta nei problemi di amici e parenti nonché in una (e solo una, capito CE?) relazione decisamente tossica.
Le problematiche di questo titolo sono molteplici, e per la maggior parte sono dovute al periodo "storico" in cui è stato scritto ed ambientato: non parliamo di un secolo fa, ma di certo la sensibilità attuale è ben diversa da quella degli anni Novanta. Ecco perché ho trovato irrigante la superficialità con cui si parla di violenza di genere e molestie (gustatevi un divertente esempio nella citazione in alto!), nonché le frequenti battute sull'orientamento sessuale e l'aspetto fisico dei personaggi. Ovviamente tutti questi aspetti vengono gettati nella prosa con leggerezza, per poi subito passare alla scena successiva; il risultato non è quello di alleggerire i momenti più drammatici, ma di sfruttare problemi seri solamente per ricavarci delle squallide battutine.
Avrete capito che questo tipo di umorismo non è proprio di mio gusto; ammetto di non aver gradito neanche la narrazione episodica e la prosa del tutto informale, elementi con una loro giustificazione ma che personalmente non riesco ad apprezzare. Sui personaggi preferirei stendere un velo pietoso, perché sono del tutto bidimensionali nella loro caratterizzazione, specialmente gli antagonisti: nulla più che macchiette, e troppo stupidi per essere veri. Allo stesso modo non risulta vera neanche l'ambientazione, in cui ogni cosa è surreale; capisco che tutto sia filtrato dalla confusa prospettiva di Arianna, ma vengono descritte delle situazioni -legate ad esempio alla Legge o al mondo del lavoro- a dir poco inverosimili.
Vista la situazione, spero apprezzerete il mio impegno nel ricercare degli elementi positivi. Possiamo quindi dire che la prosa senza pretese (e vorrei ben vedere!) della cara Federica rende la letture molto veloce. Ho in parte apprezzato anche i tentativi di trasmettere dei messaggi alla fin fine positivi, nonché il sottinteso che l'amore tanto cercato dalla protagonista era quello verso la madre. Su quest'ultima riflessione non metterei però la mano sul fuoco: forse ho voluto leggere tra le righe più di quel che c'era in realtà.
Voto effettivo: una stellina e mezza
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venerdì 1 settembre 2023
"I Lupi del Calla" di Stephen King
I lupi del Calla by Stephen King
My rating: 4 of 5 stars
"E i Lupi sembrano sbalzar fuori dall'aria raddensata. I calzoni che indossano sono grigi come il mantello dei loro cavalli. Dietro di loro svolazzano mantelle verde scuro. Cappucci verdi incorniciano maschere (devono essere maschere) che trasformano la testa dei quattro cavalieri rimasti in quella di Lupi ringhianti e famelici"
POVERI PIATTI…
Pur avendo introdotto più di uno spunto interessante, "La sfera del buio" non mi aveva troppo entusiasmato nel suo insieme; per quanto riguarda "La leggenda del vento", l'ho trovato piacevole da leggere ma praticamente privo di contenuto, come tra l'altro mi aspettavo essendo stato inserito nella saga a posteriori. Ho cominciato quindi la lettura de "I Lupi del Calla" con la speranza di veder finalmente procedere con un buon ritmo la trama orizzontale, ma ero allo stesso tempo decisa a mettere un freno alle mie aspettative, già duramente provate dai capitoli precedenti.
Avevamo lasciato i nostri eroi in viaggio sul Sentiero del Vettore, ed è proprio qui che li ritroviamo; in particolare stanno per raggiungere Calla Bryn Sturgis, una cittadina popolata da contadini ed allevatori e funestata dalle incursioni dei Lupi, banditi forniti di armi avveniristiche a caccia di bambini sui quali condurre bizzarri esperimenti. Il gruppo dei pistoleri viene quindi reclutato per opporsi ai Lupi, con il supporto di alcuni tra i cittadini più coraggiosi, oltre ad un volto noto per i kinghiani di vecchia data. Il libro ruota attorno a questo scontro ma è anche utile ad introdurre altre sottotrame, tra le quali spiccano l'urgenza di salvare il terreno sul quale si trova la rosa vista da Jake in "Terre desolate" e le conseguenze per il corpo di Susannah dopo l'incontro con il demone nello stesso libro.
Come forse avrete intuito, questo volume mi è piaciuto ben più di tutti i precedenti; non è di certo un capolavoro -e ai suoi difetti arriveremo-, ma è di gran lunga il meglio strutturato nell'ottica della saga: riesce a contestualizzare moltissimi degli elementi introdotti finora ed a trarne nuovi sviluppi appassionanti. Ad esempio, viene approfondita la sottotrama dell'Iride del Mago, che a sua volta serve ad ampliare il sistema magico alla base della serie. È poi molto bello vedere i protagonisti impegnati per la prima volta in una vera missione da pistoleri, durante la quale possono rinsaldare il loro legame come ka-tet.
Personalmente ho apprezzato anche gli elementi horror, disgustosi al punto giusto ma di certo non adattati a tutti. Piacerà in modo più trasversale la storia raccontata da un "nuovo" personaggio: a differenza di quanto successo con il fin troppo prevedibile passato di Roland ne "La sfera del buio", qui si rimane veramente avvinti e con la curiosità di conoscere tutte le sue traversie, nonostante questo blocchi per un bel po' la narrazione. Vengono inoltre introdotti diversi comprimari decisamente interessanti, che penso sia un vero peccato non aver sfruttato per più di un libro; credo meritino almeno una menzione Tian Jaffords e le Sorelle di Oriza, dei pistoleri mancati a modo loro.
E arriviamo infine al difetto principale di questo volume, strettamente collegato alla trama: la poca sostanza negli eventi raccontati. In pratica, la narrazione si basa su una manciata di scene chiave, diluite in un mare di intermezzi. Intermezzi a tratti anche interessanti, ma che alla lunga mi sono venuti un po' a noia, perché già sapendo dove sarebbero andati a parare i protagonisti e vederli tentennare per pagine e pagine risulta fastidioso. Questa lentezza nel ritmo viene inoltre ripagata con un finale emozionante, ma troppo affrettato per dare modo al lettore di gustarsi del tutto il piano messo in atto dai pistoleri. In poche parole, se sperate di leggere interi capitoli dedicati all'epica battaglia contro i Lupi, dovreste ridimensionare di molto le vostre aspettative.
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My rating: 4 of 5 stars
"E i Lupi sembrano sbalzar fuori dall'aria raddensata. I calzoni che indossano sono grigi come il mantello dei loro cavalli. Dietro di loro svolazzano mantelle verde scuro. Cappucci verdi incorniciano maschere (devono essere maschere) che trasformano la testa dei quattro cavalieri rimasti in quella di Lupi ringhianti e famelici"
POVERI PIATTI…
Pur avendo introdotto più di uno spunto interessante, "La sfera del buio" non mi aveva troppo entusiasmato nel suo insieme; per quanto riguarda "La leggenda del vento", l'ho trovato piacevole da leggere ma praticamente privo di contenuto, come tra l'altro mi aspettavo essendo stato inserito nella saga a posteriori. Ho cominciato quindi la lettura de "I Lupi del Calla" con la speranza di veder finalmente procedere con un buon ritmo la trama orizzontale, ma ero allo stesso tempo decisa a mettere un freno alle mie aspettative, già duramente provate dai capitoli precedenti.
Avevamo lasciato i nostri eroi in viaggio sul Sentiero del Vettore, ed è proprio qui che li ritroviamo; in particolare stanno per raggiungere Calla Bryn Sturgis, una cittadina popolata da contadini ed allevatori e funestata dalle incursioni dei Lupi, banditi forniti di armi avveniristiche a caccia di bambini sui quali condurre bizzarri esperimenti. Il gruppo dei pistoleri viene quindi reclutato per opporsi ai Lupi, con il supporto di alcuni tra i cittadini più coraggiosi, oltre ad un volto noto per i kinghiani di vecchia data. Il libro ruota attorno a questo scontro ma è anche utile ad introdurre altre sottotrame, tra le quali spiccano l'urgenza di salvare il terreno sul quale si trova la rosa vista da Jake in "Terre desolate" e le conseguenze per il corpo di Susannah dopo l'incontro con il demone nello stesso libro.
Come forse avrete intuito, questo volume mi è piaciuto ben più di tutti i precedenti; non è di certo un capolavoro -e ai suoi difetti arriveremo-, ma è di gran lunga il meglio strutturato nell'ottica della saga: riesce a contestualizzare moltissimi degli elementi introdotti finora ed a trarne nuovi sviluppi appassionanti. Ad esempio, viene approfondita la sottotrama dell'Iride del Mago, che a sua volta serve ad ampliare il sistema magico alla base della serie. È poi molto bello vedere i protagonisti impegnati per la prima volta in una vera missione da pistoleri, durante la quale possono rinsaldare il loro legame come ka-tet.
Personalmente ho apprezzato anche gli elementi horror, disgustosi al punto giusto ma di certo non adattati a tutti. Piacerà in modo più trasversale la storia raccontata da un "nuovo" personaggio: a differenza di quanto successo con il fin troppo prevedibile passato di Roland ne "La sfera del buio", qui si rimane veramente avvinti e con la curiosità di conoscere tutte le sue traversie, nonostante questo blocchi per un bel po' la narrazione. Vengono inoltre introdotti diversi comprimari decisamente interessanti, che penso sia un vero peccato non aver sfruttato per più di un libro; credo meritino almeno una menzione Tian Jaffords e le Sorelle di Oriza, dei pistoleri mancati a modo loro.
E arriviamo infine al difetto principale di questo volume, strettamente collegato alla trama: la poca sostanza negli eventi raccontati. In pratica, la narrazione si basa su una manciata di scene chiave, diluite in un mare di intermezzi. Intermezzi a tratti anche interessanti, ma che alla lunga mi sono venuti un po' a noia, perché già sapendo dove sarebbero andati a parare i protagonisti e vederli tentennare per pagine e pagine risulta fastidioso. Questa lentezza nel ritmo viene inoltre ripagata con un finale emozionante, ma troppo affrettato per dare modo al lettore di gustarsi del tutto il piano messo in atto dai pistoleri. In poche parole, se sperate di leggere interi capitoli dedicati all'epica battaglia contro i Lupi, dovreste ridimensionare di molto le vostre aspettative.
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