venerdì 22 novembre 2024

"Il principe crudele" di Holly Black

Il principe crudele (Il Popolo dell'Aria, #1)Il principe crudele by Holly Black
My rating: 2 of 5 stars

"La cosa peggiore è l'espressione assente di Cardan, i suoi occhi spenti come il piombo. È diventato crudele grazie agli insegnamenti di Balekin. È stato lui a educarlo, a istruirlo nei dettagli, a perfezionarne la pratica. Per quanto orribile possa essere Cardan, ora mi rendo conto di come potrebbe diventare e ho veramente paura"


IL PRINCIPE PORA STELLA

Quest'anno non solo ho letto molti meno libri in senso lato, ma sono stata particolarmente improduttiva sul fronte delle serie letterarie. Mi sembrava quindi una buona idea rimediare cominciando Il Popolo dell'Aria, sia per la popolarità di cui gode questa trilogia (a dispetto dei pareri altalenanti) sia perché l'ho lasciata fin troppi anni a stagionare in libreria, perfino per i miei standard! Con la mente priva di informazioni pertinenti ma stipata con più fanart del necessario, ho quindi affrontato "Il principe crudele".

Prima di iniziare la lettura, l'autrice sembra chiederci di fare uno sforzo di immaginazione per accettare il modo alieno di pensare delle creature fatate, che essendo immortali e dotate di poteri magici non possono ovviamente avere gli stessi valori degli umani. Con questa premessa approdiamo al prologo, in cui assistiamo all'omicidio dei genitori della protagonista Jude Duarte da parte dell'essere fatato Madoc -un tempo marito della madre-, che poi porta lei e le sorelle Taryn e Vivienne "Vivi" nella Terra degli Elfi, per occuparsi di loro. Le ragazze crescono così tra i membri del Popolo sull'isola di Insmire, fino a quando la rinuncia al trono del Sommo Re Eldred Greenbriar porta alla luce le animosità tra i suoi figli, l'ultimo dei quali è il tormentatore della stessa Jude, il principe Cardan.

I preamboli da fare sarebbe molti di più in realtà, perché Black introduce una buona quantità di sottotrame più o meno rilevanti, ma diciamo che il fulcro della vicenda è rappresentato dagli intrighi alla corte di Faerie, nella quale troviamo emissari degli altri regni fatati, umani più o meno consenzienti e le spie della Corte delle Ombre. Tra tanti caratteri risulta impossibile non sviluppare delle preferenze, ed io ammetto di essere stata colpita in particolare dall'ambiguo Madoc e da Vivi, per la propensione a preferire il lato mortale della sua esistenza. A conti fatti, tutti i membri del Popolo avrebbero in fondo del potenziale per risultare intrigati, per merito della loro natura così diversa e degli escamotage che devono inventare per sopperire all'incapacità di mentire.

Anche per questo motivo, mi sento di includere tra i pregi il sistema magico, nonostante non sia granché approfondito; vediamo a sprazzi come gli umani siano vulnerabili alle parole ed al cibo fatato, ed assistiamo ad alcune piccole magie di ispirazione folkloristica davvero affascinanti. Questo perché l'estetica in generale è molto curata, e mi riferisco ovviamente alle descrizioni (ad esempio, quelle dei particolari cibi o dei ricchi abiti indossati dai personaggi) ma anche al volume in sé: dalla copertina alle illustrazioni ad inizio capitolo, fino alla stupenda mappa, tutto è gradevole ed in linea con il tema.

Il world building rientra quindi tra i punti a favore del romanzo? non proprio, perché la cara Holly arricchisce il suo mondo con tantissimi esseri bizzarri, senza però fornire alcuna descrizione. Ad esempio, quando Jude incontra un goblin pensa tra sé di non potersi fidare così su due piedi, ma non chiarisce se la ragione della sua titubanza sia la natura dei goblin in generale o la poca fiducia che le ispira questo in particolare. La Terra degli Elfi sembra poi meno magica di quanto ci si potrebbe aspettare, tanto che ci sono molte scene in cui i protagonisti seguono delle lezioni scolastiche come in un teen drama qualunque.

E tutto questo viene mostrato al lettore tramite la voce di Jude, che adotta un lessico estremamente informale e spesso infrange la quarta parete senza alcun motivo; la prosa abbastanza elementare non supporta la narratrice, che in ogni caso non è all'altezza neppure come singolo personaggio. Jude non è brillante, impiega secoli ad elaborare informazioni basilari e nel complesso risulta più confusa che tormentata. Con il resto del cast le cose non vanno meglio: il testo è a dir poco affollato da un gran numero di personaggi, che per ovvie ragioni sono descritti in modo approssimativo, come la famiglia della protagonista che non ha il tempo per essere introdotta perché subito bisogna lasciare spazio ai vari principi o al gruppo dei bulli. Ad uscirne peggio sono Oriana (la matrigna di Jude, da lei odiata perché sì), la sciapa Taryn e Valerian, forse il teppista fatato con le motivazioni meno credibili.

Il medesimo problema riguarda le vicende, che la frettolosa narrazione non concede il tempo di analizzare, in relazione tanto alle regole fantastiche quanto nelle singole svolte; come conseguenza, tutte le azioni compiute dalla protagonista sono di una facilità estrema, ma il lettore non può capire se lei sia fin troppo talentuosa oppure sono le creature fatate ad essere parecchio rintronate e distratte. Non mancano inoltre ripetizioni continue delle frasi dette in precedenza (così Jude ricorda di dover reagire a tono) e scene puramente funzionali, come la festa a corte nei primissimi capitoli.

A questo punto potreste pensare che perlomeno il ritmo renda la lettura godibile. Ma vi sbagliereste! e non solo per la presenza di parecchi dialoghi tronchi. A fare da scoglio è l'edizione italiana, con una delle traduzioni più atroci in cui sia mai incappata; in più punti i refusi rendono realmente ostica la lettura, oltre a far diventare i personaggi ancor più scemi di quanto già non fossero nel testo originale. Sempre più spesso ho la sensazione che la cura nei libri per ragazzi tenda a mancare, quando invece sarebbero proprio le storie sulle quali impegnarsi un po' di più.

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mercoledì 20 novembre 2024

"Gli ospiti paganti" di Sarah Waters

Gli ospiti pagantiGli ospiti paganti by Sarah Waters
My rating: 5 of 5 stars

"Ma la fine, voleva dirle Frances, era impossibile da immaginare. Era come l'idea che si debba invecchiare quando si è ancora legati alla gioventù da un filo robustissimo; come la consapevolezza che si deve morire quando ci si sente pieni di vita fino alla radice dei capelli"


SE MORISSE MIO MARITO... MA DAVVERO!

Adesso ho letto tutti i libri di Waters, e non so proprio se essere felice per aver recuperato l'intera produzione della (forse) mia autrice preferita, oppure disperata perché nel mio futuro -nei miei autunni futuri- non ci saranno più le sue storie. Ammenoché non si decida prima o poi a pubblicarne di nuove, cosa che purtroppo non fa da un intero decennio, ossia dall'uscita in lingua inglese de "Gli ospiti paganti". In diversi aspetti, si tratta di un romanzo simile ai suoi precedenti lavori (per l'ambientazione storica o per la romance queer, ad esempio) eppure risulta molto difficile inquadrarlo, perché tocca elementi parecchio diversi.

Questa volta il periodo scelto dalla cara Sarah è il primo dopoguerra, ma la location rimane la sua amata Londra. Nel quartiere di Camberwell la precaria situazione economica -data dai cattivi investimenti del padre defunto e dalla morte in battaglia dei fratelli- convince Frances Wray e sua madre Emily ad affittare alcune stanze; stanze nelle quali si trasferiscono ad inizio volume Leonard "Len" e Lilian "Lil" Barber, una giovane coppia. Stanca di una routine domestica fatta di piccole economie e tristi uscite con la madre, Frances si fa coinvolgere sempre più nella vita dei ben più vivaci inquilini, subendo in particolare il fascino della bella Lil.

Un intreccio quindi abbastanza lineare e prevedibile, seppur colorato da un paio di svolte per nulla scontate. Nonostante ciò, la trama rimane il tallone d'Achille in questa narrazione, con una prima metà composta soprattutto da semplici episodi domestici ed una seconda in cui l'autrice tenta di dare un guizzo alle vicende senza però pestare abbastanza il piede sul pedale del ritmo, che rimane parecchio fiacco per tutto il volume. L'altro limite del libro si cela nella scelta di mescolare due generi (il romance ed il thriller) molto distanti tra loro; non si tratta di una scelta sbagliata a prescindere, perché le commistioni di storie diverse possono portare a risultati interessanti, Waters non trova però il coraggio di stravolgere l'attitudine dei protagonisti, ed è questo a rendere la miscellanea poco efficacie.

Eppure io mi sono sentita incredibilmente coinvolta nella storia di Frances e Lil: la travolgente prosa della cara Sarah mi ha trasportata all'interno del libro, facendomi avere davvero a cuore le sorti dei personaggi. Una gran parte del merito và sicuramente all'ambientazione, che non solo è inappuntabile dal punto di vista storico -senza per questo sfociare nella pedanteria-, ma risulta anche di vitale importanza per fornire un contesto socioeconomico rilevante e per motivare le azioni degli stessi protagonisti. La Londra dei primi anni Venti non rimane quindi un fondale impersonale delle vicende raccontate ma le influenza direttamente, e l'autrice sottolinea in più passaggi come diverse azioni cruciali siano da imputare tanto all'indole del carattere che le compie quanto alla condizione (dettata dal potere economico, dal genere di appartenenza o perfino dalla mera apparenza fisica) in cui la società lo ha relegato: in un'altra epoca Len sarebbe meno strafottente, Emily meno pedante, Lil meno ritrosa e Frances meno impaurita.

Parlando quindi dei personaggi, non si può che sottolineare come tutti siano scritti con grande attenzione e coerenza; per quanto riguarda le due protagoniste, assistiamo inoltre ad un corposo percorso di crescita personale, costellato da incertezze ed ostacoli reali. Ciò rende estremamente soddisfacente assistere alla loro maturazione, anche in un'ottica relazionale. In realtà, penso che tutti i rapporti descritti nel volume siano validi -perfino quelli maggiormente fatalisti e distruttivi- perché rendono credibile l'evoluzione delle vicende e toccanti le scene più emotive.

Per quanto mi riguarda, ritengo impossibile restare indifferenti di fronte allo stile sempre curato e piacevole di Waters, soprattutto quando arriva a toccare degli argomenti molto rilevanti e delicati, come l'emancipazione, il senso di colpa o l'aborto. In quest'ultimo caso, viene presentata una descrizione parecchio cruda nella sua verosimiglianza, che non escludo possa mettere a disagio il lettore. Allo stesso modo, il finale potrebbe lasciare interdetti dal momento che non fornisce una chiusura definitiva a tutte le sottotrame; non posso però dire che abbia infastidito me, perché l'ho trovato semplicemente perfetto per il tono della storia.

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martedì 12 novembre 2024

"Minaccia dal sottosuolo" di Francesca Pasqualone

Minaccia dal sottosuoloMinaccia dal sottosuolo by Francesca Pasqualone
My rating: 3 of 5 stars

"Man mano che si allontanava da casa, la folla cominciava a sfoltirsi. Le famiglie, imbellettate con gioielli vistosi, pellicce e bastoni d'ebano, immerse nelle luci dei teatri, dei ristoranti alla moda e degli spettacoli di strada, lasciarono il posto a viandanti svelti ... Alla fine, arrivarono i vicinati bui e umidi della periferia, che sapevano del sale del pesce sotto conservazione, di fango e di escrementi"


DES E GINNY: IN DUE S'INDAGA MEGLIO

C'è gente che aspetta soltanto il primo freddo autunnale per appendere dei decori spooky e dare il via alla stagione halloweeniana, e poi ci sono io che non appena canottiere e teli da mare vengono riposti nell'armadio sono pronta a far partire il conto alla rovescia fino al 25 dicembre. E senza dubbio "Minaccia dal sottosuolo" mi ha aiutata ad entrare con un po' di anticipo nel mood giusto, perché a dispetto del titolo non propriamente allegro è una narrazione dalla perfetta atmosfera natalizia, sia nell'ambientazione che nelle sensazioni.

Un anno è passato dall'uscita del primo libro, ed un anno è passato anche nella storia dal momento della risoluzione del mistero legato alla famiglia Taylor. Siamo agli ultimi giorni del 1903 e ritroviamo Desmond "Des" T. Wilder ormai divenuto un celebre detective privato, felice di impegnarsi con passione in questa attività; un simile interesse per il mistero sta al contempo nascendo in sua moglie Guinevere "Ginny". I due trovano ben presto l'occasione di mettere a frutto le rispettive competenze quando il capitano Harry Roberts li mette al corrente di una serie di lettere minatorie inviate al consigliere della Contea di Londra Matthew Morris. I coniugi Wilders sono chiamati a svelare l'identità del mittente, e nel farlo scoprono diversi altri segreti legati alla vita di Morris.

Il primo pregio che balza all'occhio è quindi la strutturazione di un giallo più solido e ricco di svolte rispetto a quello su cui si basava "L'eredità dei Taylor": da amante del genere, mi azzardo a dire che il colpevole non sia troppo difficile da individuare, però il percorso seguito dai protagonisti è più corposo e motivato. Desmond e Guinevere poi funzionano molto bene come squadra, perché hanno dei caratteri che compensano l'uno le lacune dell'altra; ho apprezzato in particolare le scene in cui portano avanti in modo parallelo degli interrogatori, perché l'alternarsi dei loro POV rende davvero interessante seguire l'indagine.

Tra i punti a favore di questo secondo romanzo possiamo poi includere la caratterizzazione dei personaggi, in senso lato. Indubbiamente, il duo protagonista ottiene un focus più sostanzioso, infatti ho apprezzato la loro crescita come singoli individui e come coppia: le scene romantiche o familiari risultano molto piacevoli, forse le migliori dell'intero volume. Anche tra i comprimari c'è qualche figura interessante, che dimostra di andare oltre il mero ruolo assegnatogli nell'intreccio, come il socialista Garland Ross o l'affabile Susan Xu. Infine, ricadono tra i meriti i collegamenti al primo volume, la rappresentazione degli attacchi di panico (nonché delle altre barriere che i protagonisti devono superare) e la maggior definizione data a Desmond nel suo ruolo di detective, sempre più personale e slegata da individui simili, come può essere Sherlock Holmes.

Pur avendo apprezzato grossomodo il contenuto, devo invece includere la forma tra gli aspetti meno riusciti. Un buon esempio di questo sono le tematiche che l'autrice vuole veicolare tramite Desmond e Guinevere, che sono tante e valide, ma all'interno della storia danno l'impressione di essere dei predicozzi o delle lezioncine da impartire a chi legge, tramite i personaggi che ascoltano diligentemente. Più in generale, ho individuato parecchi dialoghi artificiosi e retorici, non solo in contesti formali nei quali un linguaggio simile sarebbe consono; il risultato è straniante, tanto da distrarre l'attenzione del lettore dalla narrazione, perché nessuno -nemmeno nel 1903- partirebbe con delle simili filippiche spontaneamente.

In modo simile, i flashback sembrano mal posizionati nel testo: ce ne sono diversi, e non sempre risultano piazzati nei momenti più adatti per integrarsi alla vicenda nel presente. Magari avrebbe giovato separali in modo più netto, non fosse che al momento della stampa non sono stati inclusi neppure dei segni grafici ad indicare il cambio di prospettiva tra una pagina e l'altra. E non è purtroppo la mia sola lamentela verso l'edizione, infatti sono presenti dei refusi, l'impaginazione andrebbe migliorata (non si può andare alla pagina successiva per stampare solo due righe!), avrei preferito trovare i trigger warning ad inizio volume e la cover... be', diciamo che non vado pazza per l'operato dell'AI in questo settore. La prima copertina, per quanto semplice, era molto più distintiva ed accattivante.

Voto effettivo: tre stelline e mezza

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giovedì 7 novembre 2024

"Una di famiglia" di Freida McFadden

Una di famigliaUna di famiglia by Freida McFadden
My rating: 3 of 5 stars

"Lavoro a casa dei Winchester solo da sette giorni, ma mi sembra siano trascorsi anni. Anzi, secoli. L'umore di Nina è altalenante e imprevedibile ... Volubile è dire poco. Cecelia, poi, è una ragazzina viziata che non sopporta la mia presenza. Se avessi alternative, me ne andrei. E invece devo rimanere qui"


TANTA POLARIZZAZIONE PER NULLA

Da quando è stato pubblicato in Italia, mi è capitato spessissimo di vedere online la copertina di "Una di famiglia", solitamente in recensioni pronte ad elogiarlo come capolavoro assoluto oppure a demolirlo neanche fosse l'ottava piaga d'Egitto. In tutta onestà, il mio unico pensiero è stato: ecco l'ennesima cover poraccia di Newton Compton! ma come fa un libro presentato in modo così amatoriale ad attirate il pubblico? Ebbene, mi sbagliavo e non poco, perché nonostante sembri proprio la tipica copertina rabberciata di questa particolare CE, si tratta invece del design originale. Ed alla fin fine ho poco da fare la splendida visto che tanto hype ha finito per convincere anche me a recuperare questo chiacchieratissimo romanzo.

La narrazione è divida in due POV ma, essendo il secondo un po' spoileroso, mi concentrerò sul primo; ossia quello di Wilhelmina "Millie" Calloway, una giovane donna che si trova in una situazione economica davvero precaria, tanto da dover vivere nella sua automobile. Per questo motivo, quando Nina Winchester le offre un posto come governante nella ricca dimora in cui vive con il marito Andrew "Andy" e la figlioletta Cecelia "Cece", lei accetta immediatamente. Da subito, Millie capisce che lavorare per i Winchester non sarà affatto semplice, soprattutto per le continue pretese e gli sbalzi d'umore di Nina, la quale sembra fare di tutto per metterla in difficoltà.

La trama ci fornisce già un primo spunto per affrontare i (parecchi) difetti; che comunque non sono così marcati da giustificare i commenti al vetriolo che mi sono capitati sott'occhio. Purtroppo devo giustamente sottolineare la prevedibilità della storia, perché ogni singola svolta è intuibile con decine, se non centinaia di pagine d'anticipo; al massimo si possono fare un paio di previsioni, e solitamente la più deludete è quella giusta. In un genere che poggia soprattutto sui colpi di scena e sull'effetto sorpresa, penso sia un problema molto grave, e la scarsa caratterizzazione dei protagonisti non permette di farsi catturare dalla lettura neppure in virtù del loro carisma.

Se sperate che almeno la prosa possa compensare, dissuadetevi! perché la cara Freida sfoggia uno stile a dir poco elementare, con descrizioni ridotte all'osso, dialoghi privi di profondità e delle voci narranti che si rivolgono in modo diretto al lettore per nessun valido motivo. Voci che comunque, nonostante siano di personaggi del tutto diversi, risultano indistinguibili: per fortuna all'inizio di una parte o di un capitolo viene specificato chi sia a narrare in quel momento! L'ultimo tasto dolente è rappresentato dall'epilogo, nel quale una quantità di eventi fortuiti giungono improvvisamente a sistemare ogni cosa in modo anticlimatico, nonché poco verosimile.

Ci troviamo però di fronte ad un concept non inedito, ma sicuramente con del buon potenziale. Anche una volta terminata la lettura, continuo a pensare che l'idea alla base del volume sia valida; McFadden ha inoltre saputo svilupparla in modo abbastanza credibile: un minimo di sospensione dell'incredulità è richiesta, ma nel complesso ogni quesito proposto all'interno della vicenda ottiene una risposta che mi sento di definire per lo meno plausibile.

In realtà il titolo più popolare della cara Freida non ha tanti altri pregi da poter vantare. Sicuramente il ritmo della narrazione è piacevole e molto incalzante -per merito dell'utilizzo intelligente di capitoli brevi e di una quantità di picchi nella tensione-, inoltre con me l'umorismo dell'autrice ha funzionato: non mi sono propriamente rotolata dalle risate ad ogni pagina, ma ho trovato le battute adeguate al tono ed alle tempistiche della storia. Non sono convintissima che il cozy thriller faccia per me, ma potrei comunque darle una seconda occasione di perorare la sua causa.

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