venerdì 16 maggio 2025

"La serie infernale" di Agatha Christie

La serie infernaleLa serie infernale by Agatha Christie
My rating: 4 of 5 stars

"Ma ora l'accenno a quell'orario, comunemente noto come A.B.C., mi mise nel sangue un brivido non del tutto sgradevole: non era più il caso di pensare a una coincidenza fortuita; si cominciava a fiutare il mistero"


POIROT VS. L'ALFABETO

Con il progressivo, ma speriamo non inevitabile, rallentamento nella mia velocità di lettura mi sono rassegnata all'idea di alzare bandiera bianca di fronte a tante sfide letterarie, seppur autoimposte. Almeno con la cara Agatha voglio però continuare a darmi da fare nel corso di quest'anno, terminando la saga dedicata a Miss Marple ed avanzando in quella del detective belga più vanesio di sempre. Quindi eccomi completare una sua ennesima indagine ne "La serie infernale", un romanzo dalla premessa insolita per un giallo classico, motivo per cui l'ho approcciato con un pizzico di cautela.

La narrazione inizia durante l'ennesima trasferta londinese del capitano Arthur Hastings, quando Poirot gli spiega di aver ricevuto una lettera firmata in modo enigmatico con le iniziali A.B.C. nella quale viene messo in guarda su un crimine che avverrà in un determinato giorno nella città di Andover; ed effettivamente la promessa viene mantenuta, con il delitto dell'anziana tabaccaia Alice Ascher. Intùito quale sia il modo d'agire dell'assassino, i protagonisti possono tentare quindi di intervenire con il supporto di Scotland Yard, mentre nuove lettere giungono ad anticipare ulteriori delitti alfabetici.

Questa struttura è proprio l'elemento più peculiare del libro: anziché ritrovarsi ad indagare su un delitto già compiuto ed estraneo alla sua persona, Poirot viene coinvolto in maniera diretta da qualcuno che sembra determinato a smentirne la fama di brillante investigatore privato. In un simile contesto, le vittime diventano semplicemente delle scelte arbitrarie: sembra mancare del tutto un movente comprensibile, come la vendetta o l'avidità. Se da un lato questo spunto risulta davvero interessante ed originale -meritando quindi di essere annoverato tra i pregi del romanzo-, dall'altro mi sarei aspettata portasse a qualche elemento in più sul passato di Poirot, perché l'introspezione dei personaggi non è quasi mai il focus di questi gialli, e per una volta tanto sembrava esserci l'occasione perfetta per dare almeno alla caratterizzazione del detective un po' di meritato spazio.

Come al solito, abbiamo invece una parata di individui appena abbozzati, tanto che neppure la risoluzione porta ad un approfondimento maggiore sul colpevole o sulle vittime. Inoltre, i personaggi sono davvero una quantità per un volume così breve: capisco l'intenzione di suggerire la possibile colpevolezza di tanti per depistare il lettore, però questo porta anche ad aspettarsi un ruolo più rilevante per caratteri che alla fine dei conti si rivelano delle mere comparse. Tra gli elementi che meno mi hanno convinto troviamo poi il poco entusiasmante smascheramento del colpevole e la sottotrama romance: la coppia sembra essere carina e ben assortita, ma la tempistica scelta ed il commento di Poirot sono a dir poco di cattivo gusto.

Passando agli aspetti che reputo positivi in pieno, devo menzionare in primis la premessa del capitano Hastings, atta ad illustrare l'insolita scelta narrativa di accostare dei capitoli in terza persona al suo POV in prima; una spiegazione corretta e doverosa, seppur non brillante sul fronte della prosa. Brillante calza invece come aggettivo all'intreccio, che riesce a mantenere un ritmo sostenuto e nel contempo a distanziare i vari indizi in modo da renderli meno evidenti possibile. Pur non strabiliante, la risoluzione è solida e convincente, oltre a soffermarsi giustamente sui dettagli più minuti e sui misteri secondari.

Tra i pregi del romanzo mi sento poi di includere l'umorismo della prosa, dato in particolare dalle stoccate di Poirot verso Hastings e gli investigatori di Scotland Yard; non è troppo presente, ma regala comunque delle scene genuinamente divertenti. Personalmente ho inoltre apprezzato come Megan Barnard commenta il comportamento esuberante della sorella minore: considerando il contesto sociale ed i quasi novant'anni passati dalla pubblicazione, mi sarei aspettata un tono molto più giudicante, invece attraverso questo personaggio la cara Agatha riesce a dimostrarsi comprensiva eppure corretta! perché è giusto vivere senza pregiudizi la propria libertà, ma se si cerca un rapporto stabile bisogna dimostrare rispetto per l'altro.

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martedì 13 maggio 2025

"La spada perduta" di Bernard Cornwell

La spada perdutaLa spada perduta by Bernard Cornwell
My rating: 5 of 5 stars

"Mordred si era liberato della briglia ... Era colpa nostra, immagino ... Nessuno di noi aveva capito che ai piedi del Monte Baddon il nostro re aveva scoperto il piacere della guerra, e nessuno di noi aveva previsto che il sovrano avrebbe ottenuto tanto successo in battaglia da attirare degli uomini sotto la sua bandiera"


ARTÙ RIESCE A FAR RIVALUTARE PERFINO LA SILURIA

Quando ho deciso di recuperare in un solo mese i tre libri che ancora mi mancavano per terminare The Warlord Chronicles, non sapevo se sarei riuscita a farcela e neppure se si trattasse di una buona decisione dal punto di vista del godimento della serie. Richiusa ora all'ultima pagina del capitolo conclusivo, posso rispondere positivamente e con soddisfazione ad entrambi i dilemmi; in particolare, penso che la formula della narrazione seriale affrontata in un lasso di tempo breve sia stata perfetta per farmi coinvolgere al massimo dalle vicende raccontate.

Sul piano dell'intreccio "La spada perduta" è chiamata a tirare le fila e dare un epilogo degno a protagonisti e comprimari del ciclo arturiano, motivo per cui Derfel si sofferma a più riprese per precisare la sorte dei vari personaggi. A livello di intreccio, torna ancora una volta la divisione in tre parti: la prima conclude la parentesi dell'assedio sul Monte Baddon, la seconda riporta in scena il lato più vicino al paranormale con l'ennesimo tentativo di far tornare gli dèi in Britannia (questa volta ad opera di una Nimue fin troppo motivata), mentre la terza si concentra sulla resa dei conti decisiva tra Artù e Mordred.

Prima di sperticarmi in meritate lodi per questo romanzo, trovo giusto evidenziare un paio di elementi che mi hanno fatto storcere a tratti il naso. Come già capitato più volte durante la serie, sono presenti dei momenti di calma, in cui la narrazione ristagna: da un lato li ho trovati dei piacevoli intermezzi, dall'altro avrei preferito un ritmo più serrato trattandosi dell'ultimo libro. Nell'epilogo mi sarebbe poi piaciuto ricevere qualche dettaglio in più: capisco l'intenzione di rifarsi con maggior fedeltà possibile al mito di base, ma avendo coinvolto tanti altri caratteri, qualche pagina extra la si poteva investire. Un'altra piccola lamentela personale riguarda la sovrabbondanza di scene di combattimento, sempre descritte ottimamente ma un po' ripetitive a lungo andare.

Difetti di poca importanza se messi a confronto con la forza dirompente che ha saputo generare questa lettura sul piano emotivo: al massacro ero preparata, ma all'impatto che avrebbe causato per nulla. È stato inutile sapere in anticipo che la maggior parte del cast era destinata a morire (anche soltanto per ragioni anagrafiche) o essere a conoscenza della menomazione del Derfel anziano, perché il caro Bernard è stato particolarmente brillante a distribuire decessi prevedibili e colpi di scena per niente scontati, mantenendo così sempre vitale l'attenzione del lettore. Niente male per una serie alquanto prevedibile e chiaramente ancorata al materiale di partenza!

Dopo cinque volumi, ho finito inoltre con l'affezionarmi moltissimo ai personaggi, quindi se da un lato mi è dispiaciuto lasciarli andare -in un senso o nell'altro-, sono comunque riuscita ad apprezzare l'evoluzione che ha caratterizzato i loro percorsi. Tutti i protagonisti hanno avuto lo spazio per crescere: Artù ha infine affrontato il suo rigore verso i giuramenti, Ginevra è riuscita a fare un passo indietro nelle sue ambizioni, Merlino ha compreso l'insensatezza di opporsi al cambiamento, Nimue è stata catturata in un intrigante villain arc, Ceinwyn ha imparato a priorizzare ciò che la rende felice. Derfel invece sembra aver già completato la sua evoluzione, infatti non gli resta che venire a patti con i sacrifici necessari a garantire la pace.

Tra i pregi non mancano la gradevolmente elegante scrittura di Cornwell, la grande accuratezza nei dettagli storici e gli emozionanti momenti di confronto, che già avevo elogiato negli altri capitoli. Qui in particolare troviamo dei bei dialoghi tra Derfel ed Artù, nel quali quest'ultimo rimarca la sua volontà ad allontanarsi dal trono della Dumnonia e dai vincoli che esso gli imporrebbe; ho apprezzato molto anche l'ultimo intervento di Merlino, in cui finalmente riusciamo a vedere il suo lato più affettuoso e la rilevanza del legame paterno verso Artù. Mai avrei pensato che un retelling storico ormai datato su queste leggende potesse rivelarsi così coinvolgente e ricco di sentimento.

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giovedì 8 maggio 2025

"Il colpo che mancò il bersaglio" di Richard Osman

Il colpo che mancò il bersaglio (Il Club dei delitti del giovedì, #3)Il colpo che mancò il bersaglio by Richard Osman
My rating: 4 of 5 stars

"Un foro da proiettile. Sparato dritto nel soffitto. Henrik fissa il foro. Riconosce che significa un buon numero di cose ... Significa che dovrà uccidere Viktor Illyich da solo. E naturalmente, per punire Elizabeth, dovrà uccidere anche Joyce Meadowcroft"


LA FAMIGLIA DI COOPERS CHASE CRESCE

Per il terzo anno di fila ritorno nel placido complesso residenziale di Coopers Chase, a Fairhaven nel Kent, per la nuova indagine del Club dei delitti del giovedì. Un ritorno che mi ha stampato un sorriso ebete sulla faccia fin dalla prima pagina: nonostante la prosa di Osman stia palesando i suoi limiti in modo più netto ad ogni volume, continuo a trovare queste narrazioni piacevoli e divertenti per il tempo che si dedica alla lettura. Pazienza se, una volta chiuso il volume, tante piccole incoerenze continuano a ronzare per la testa, perché l'esperienza del momento supera per me il ricordo.

Come sempre ci troviamo sommersi da una quantità abnorme di POV, nonché di linee di trama intrecciate tra loro. Il mistero principale riguarda l'omicidio della giornalista Bethany Waites, uccisa anni prima mentre stava indagando su una truffa per riciclare denaro sporco; con una scusa, i protagonisti avvicinano Mike Waghorn -ex collega della donna e celebre presentatore locale-, tramite il quale ottengono le prime informazioni sul caso. Sullo sfondo troviamo gli strascichi del volume precedente (con un criminale scandinavo pronto a ricattare Elizabeth per farne la sua sicaria personale), diverse sottotrame sentimentali e lo sviluppo della condizione di Stephen, già anticipata nel primi romanzi.

Con tanta carne al fuoco, era inevitabile dare più spazio a qualcuno dei personaggi a discapito degli altri. Ad esempio, Ibrahim e Chris risultano un po' sacrificati e la stessa Elizabeth pare sottotono rispetto al solito; per contro vediamo crescere Joyce, Ron e Bogdan, oltre ai nuovi caratteri aggiunti al cast. Anche per le sottotrame ci sono delle corsie preferenziali, e se da un lato sono certa che l'evolversi della malattia di Stephen verrà ripresa nei seguiti, lo stesso non posso dire del misterioso minibus finito sulla spiaggia, per il quale non mi spiego proprio il tanto spazio dedicato.

Per quanto riguarda l'intreccio principale, devo ammettere che in un primo momento mi aveva lasciata perplessa come scelta, in parte per il titolo volutamente ambiguo, ma soprattutto per la decisione di affrontare un cosiddetto cold case: ancora adesso non riesco a dare una giustificazione decente all'inefficienza dimostrata dalle forze dell'ordine all'epoca dei fatti (quando invece i protagonisti scoprono informazioni rilevati e palesi con gran facilità!), né alla deliberata volontà di non approfondire determinati aspetti del mistero. Ovviamente noi lettori veniamo messi a parte della verità -in modo decisamente brillante tra l'altro- però non vorrei che questo caso finisse per trascinarsi fino al quarto volume, com'è successo qui con il furto dei diamanti.

Come accennato, nel momento della lettura la struttura del giallo fila in maniera davvero piacevole, a dispetto delle contraddizioni che si potrebbero notare con un approccio più attento. Il tono scelto da Osman porta però a concedere il beneficio del dubbio e a sorvolare sugli indizi fortuiti e gli dèi ex machina che forniscono ai protagonisti le esatte competenze di cui hanno bisogno. Personalmente trovo spassoso l'umorismo scelto, perché riesce sempre a strappare un sorriso ma non rende mai i personaggi delle parodie di se stessi; e per questo sono in ambasce circa la mia critica alla traduzione: mi rendo conto della fatica di adattare un testo pieno di riferimenti pop, pur trovando molto fastidiosa la presenza di così tante espressioni ricalcate dall'inglese.

Il più grande pregio di questo volume -e della serie nel suo insieme- si trova però nella decisione di puntare l'attenzione su caratteri anziani. Ciò permette all'autore di mettere in scena dei personaggi con tanta esperienza emotiva e pratica, ma anche di affrontare i lati più difficili dell'invecchiare e dell'accostarsi al mondo contemporaneo; non a caso i momenti che ho preferito sono il confronto tra Bogdan e Stephen sul gioco degli scacchi e l'introspezione sui trascorsi di Mike. Leggere di come lui abbia faticato ad ottenere una libertà considerata ad oggi relativamente scontata e della sua gratitudine verso Bethany dà al finale una punta dolceamara perfetta.

Voto effettivo: quattro stelline e mezza

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