 Uomini in rosso by John Scalzi
Uomini in rosso by John ScalziMy rating: 4 of 5 stars
"La Narrazione: quello era il termine usato da Jenkins per indicare i momenti in cui il programma televisivo si insinuava nella loro esistenza, spazzava via completamente razionalità e leggi fisiche e induceva la gente a sapere, a fare e a dire cose che altrimenti non avrebbero mai saputo, fatto o detto"
PERCHÉ NON NE HANNO ANCORA FATTO UN FILM?!?
Di certo non sono un'esperta di narrazioni fantascientifiche -sul piano letterario, televisivo, videoludico o cinematografico che sia-, però perfino io ho familiarità con il concetto di comparsa sacrificabile. Questo perché si tratta di una figura presente in molti generi (dal fantasy al romanzo storico, passando per le storie crime) collegati all'avventura ed all'azione adrenalinica. Ma a rendere iconico questo modello di personaggio è stata la serie televisiva Star Trek negli anni Sessanta, con la sua pratica di eliminare puntualmente le comparse che indossavano una maglia rossa al solo scopo di mettere in luce il pericolo corso dagli intoccabili protagonisti.
Basandosi in modo palese e dichiarato su questo specifico cliché, "Uomini in rosso" adotta la prospettiva della "maglia rossa" Andrew "Andy" Dahl, guardiamarina ed esperto di xenobiologia pronto ad imbarcarsi sull'Intrepid, l'astronave ammiraglia dell'Unione Universale, anche nota come Doppia U. L'uomo fa immediatamente amicizia con altri nuovi arrivati pari sua, e comincia a notare una serie di stranezze legate alla vita di bordo: ad esempio, l'insensato eccesso di retorica e drammaticità in alcuni dialoghi, la rapidità con cui certi membri dell'equipaggio sembrano riprendersi da ferite gravissime, o ancora la frequenza con cui i sottoposti tirano l'ala durante le missioni di sbarco. La spiegazione a tutti i misteri sembra più assurda dei misteri stessi, ma Dahl rimane intenzionato a fermare questa sequela di tragedie, prima di finirne vittima lui stesso.
Senza spoilerare ulteriormente l'intreccio, posso comunque menzionare il trope che mi ha portata verso questo romanzo: il mio eterno nemicamico viaggio nel tempo. Avessi però saputo che questo elemento è un dettaglio del tutto secondario, appena abbozzato ed adottato in sola funzione di una singola svolta di trama, avrei probabilmente lasciato perdere. Per fortuna non ne ero al corrente, e sono quindi riuscita a dare una chance a questo titolo, nel quale la componente del viaggio temporale in effetti non aveva ragione per essere approfondita di più. Passando invece ad elementi negativi che ho percepito nettamente come tali, abbiamo senza dubbio la rapidità con cui si sviluppa la storia; questa inficia non solo sulle vicende (e sulla loro credibilità), ma anche su personaggi e relazioni, che risultano essere approssimativi e privi di un approfondimento seppur minimo.
Nel testo sono poi presenti alcune piccole contraddizioni logiche, uno scarso livello di coinvolgimento nei momenti di dialogo ed alcune battute che danno l'effetto di essere un mero riempitivo. Il vero scoglio da superare, almeno nel nostro Paese, ritengo sia però l'edizione nostrana, perché anche volendo chiudere un occhio sulla politica pseudo-elitaria di Urania, rimane un formato indegno per un romanzo così noto ed apprezzato. Il titolo italiano, la copertina scelta, la sinossi proposta: nulla in questo volume presenta in modo onesto la storia che si sta per leggere! Perché non intitolarlo "Magliette rosse"? perché non optare per una cover più simile a quella un po' cartoonosa dell'originale? e perché descrivere il libro come fosse una storia di ribellione contro una gerarchia totalitaria, quando in realtà parla di tutt'altro?
Passiamo a qualche elemento meno polarizzante, che è meglio. In questa categoria troviamo i personaggi -macchiettistici, però facili da identificare- e la trama, che da un lato coinvolge il lettore, superando abbastanza in fretta la sola idea di partenza, ma è anche costellata da colpi di scena tragicamente scontati. Sempre parlando di intreccio, ho trovato interessante l'idea di dividere il finale, eppure non mi spiego per quale motivo siano state alternate prima, seconda e terza persona; in generale, ho trovato questi epiloghi un po' lunghetti rispetto al contenuto effettivo e zeppi di un genere di retorica non proprio di mio gusto.
Si è invece rivelata di mio gusto la scelta di adottare una sorta di metanarrazione, tra l'altro sfruttando molto bene questo aspetto ed offrendo così a chi legge la possibilità di interrogarsi su quesiti di tipo speculativo ed etico, che personalmente trovo ben più intriganti di una pura componente sci-fi. Anche la prosa di Scalzi è promossa: ha un valido tono umoristico, oltre a saper adottare un piglio autoironico quando la situazione lo richiede, senza per questo sminuire il suo chiaro affetto per il genere fantascientifico. Nel suo insieme, il romanzo ha poi un ritmo ottimo per il tipo di storia raccontata ed un netto taglio cinematografico; infatti mi chiedo perché non ne abbiano ancora tratto un film! La sola risposta che mi venga in mente è una molto probabile denuncia di plagio: altro che vermi delle sabbie copincollati da Dune, qui la Paramount potrebbe imbastire una causa con i fiocchi! oppure approfittare dell'occasione per acquisire i diritti e realizzare un meta-crossover con lo stesso Star Trek. In questo caso, sarei disposta a fare perfino un'eccezione alla mia diffidenza verso questo genere.
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