Ma c'è anche Prue?! Allora è proprio "Streghe"
Recensione a "Fated" di Jessica Spotswood
LA SCHEDA TECNICA
TITOLO: Fated
AUTORE: Jessica Spotswood
TITOLO ORIGINALE: Sisters' Fate
TRADUTTORE: Ilaria Katerinov
EDITORE: Sperling & Kupfer
COLLANA: Pandora
PAGINE: 350
TRADUTTORE: Ilaria Katerinov
EDITORE: Sperling & Kupfer
COLLANA: Pandora
PAGINE: 350
IL COMMENTO
Negli ultimi
anni una vera e propria epidemia sta contagiando la maggior parte degli
scrittori, in ogni Paese del globo terracqueo, e il suo nome è Trilogia! O Saga,
nella forma più acuta.
Sia ben
chiaro: questa piaga prolifera da tempo immemore, si pensi per esempio alla
trilogia dei Moschettieri di Dumas o alla tetralogia di Piccole Donne della
Alcott; il problema è diventato evidente quando da comune malattia che colpisce
pochi individui per volta, la Trilogia ha iniziato a mietere vittime ad un
ritmo incessante. Ora è il momento per preoccuparsi.
Di recente
sembra infatti che gli autori vengono quasi obbligati a spezzettare i propri
lavori in minimo due o tre volumi. La motivazione è logicamente economica, ma
il risultato è un libro -magari valido- trasformato in tanti libri scadenti. La
terribile Trilogia si potrebbe anche tollerare, non fosse per alcuni autori
(tra i quali sono costretta ad annoverare la cara Spotswood) che non hanno la
capacità per gestire una serie di libri e neppure l’inventiva per ideare delle
trame credibili e ricche di eventi.
Mi rendo conto
di sembrare molto dura, ma dopo aver letto la storia delle sorelle Cahill mi
sono accorta che ogni nuovo volume andava ad annullare il precedente. Se
“Wicked” era in gran parte incentrato sui tentativi di Cate di proteggere le
sorelle dalla Sorellanza (gioco di parole inevitabile), in “Cursed” (QUI la
recensione) tutto ciò viene dimenticato, perché si scopre che quest’ultima non
è affatto l’anticristo paventato, anzi: qui la protagonista incontra le sue
future alleate e mette più volte al riparo Maura e Tess. Ricordate poi che
“Cursed” ruotava attorno all’evasione del manicomio di Harwood e terminava con
Finn, a cui Maura aveva cancellato i ricordi? Be’, cancellate anche voi i
vostri: infatti in capo a pochi giorni le evase vengono nuovamente catturate -e
nuovamente liberate- e Finn si rinnamora di Cate.
In “Fated”
l’autrice mette molta altra carne al fuoco, dimentica di essere all’ultimo
libro e solo sul finale (forse temendo di bruciare qualcosa?) spegne
bruscamente il gas, piazzando un ending fin troppo Happy che chiude in modo
repentino e insoddisfacente tutte le sottotrame in sospeso.
Vengono
liquidati con poche righe anche aspetti della trama inediti rispetto ai
precedenti volumi, sia positivi come il giornale che tenta di dar voce ai veri
problemi del popolo, sia campati per aria come la febbre -del tutto randomica-
e la Resistenza, trattata in maniera ridicola.
Il romanzo non
brilla neppure per i suoi personaggi. Ritengo significativo che, tra le tre
protagoniste, l’unica soffribile sia la dodicenne Tess la cui sola colpa è una
bontà irreale. Pur risultando quasi una comprimaria, Maura è scritta per essere
odiata dal lettore e nel finale sfoggia delle azioni decisamente OOC, mentre
Cate passa da un piano avventato all’altro, il tutto contornato da un’ingenuità
quasi ridicola e da una continua rabbia immotivata.
La
protagonista è anche la principale causa dei frequenti cali nella tensione
narrativa con dei pensieri fuori luogo sulla falsariga del “dobbiamo salvare il
mondo, ma voi andate avanti che io devo litigare con mia sorella”.
Purtroppo non
posso salvare neppure gli antagonisti, che si dimostrano senza eccezione
stupidi e privi di motivazioni valide. È quasi ridicolo come ci venga ripetuto
più e più volte quale pericolo siano i Fratelli, mentre neppure in un’occasione
essi mettono in difficoltà le giovani streghe; sarei curiosa di chiedere
all’autrice come abbia immaginato la loro ascesa al potere.
Sperate forse
in un miglioramento nello stile? Vi attende allora l’ennesima delusione, perché
la Spotswood ci sommerge per la terza volta con interminabili descrizioni sugli
abiti, i gioielli e gli arredi, ignorando ogni altro elemento.
La narrazione
è farcita poi da interrogative dirette, che si possono in parte giustificare
con la prima persona di Cate, e una valanga di punti di sospensione e punti
interrogativi piazzati spesso a caso, per i quali non c’è invece
giustificazione valida.
Vi chiederete
se ci sia qualcosa da salvare in questo romanzo; stranamente ce n’è ben due!
L’ottima edizione italiana della Sperling & Kupfer e il personaggio di
Alistair, il solo con un briciolo di cervello.
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