Rapunzel, l'intreccio del convento
Recensione a "Dell'amore e di altri demoni" di Gabriel García Márquez
TITOLO: Dell'amore e di altri demoni
AUTORE: Gabriel García Márquez
TITOLO ORIGINALE: Del amor y otros demonios
TRADUTTORE: Angelo Morino
EDITORE: Mondadori
COLLANA: Oscar Moderni
PAGINE: 130
TRADUTTORE: Angelo Morino
EDITORE: Mondadori
COLLANA: Oscar Moderni
PAGINE: 130
IL COMMENTO
È possibile
associare qualcosa di puro e struggente come l’amore alle diaboliche trame di
Satana?
Secondo García
Márquez, sì. Anzi, nessun sentimento meglio dell’amore rende l’uomo folle come
fosse posseduto dal diavolo in persona.
La vicenda è
ambientata in Colombia negli anni in cui imperava l’inquisizione spagnola,
pronta a scagliarsi conto chicchessia anche solo per il possesso di un libro
classificato come proibito.
Il romanzo si
focalizza su più protagonisti, ma al centro della storia si colloca comunque la
giovanissima Sierva María, figlia dodicenne di un nobile che, praticamente
ignorata dai genitori, passa il suo tempo con i servi della casa arrivando a
dormire tra loro e ad apprendere la loro misteriosa lingua.
A dare una
decisa svolta nella vita della ragazzina è il morso di un cane affetto da
rabbia; se in un primo momento Sierva María non mostra nessun sintomo della
malattia, alcuni mesi dopo il padre inizia a preoccuparsi sia per il morso sia
per i suoi comportamenti da selvaggia, tanto da rivolgersi al vescovo che
ordinerà di rinchiuderla in un convento e sottoporla ad un esorcismo per
scacciare il demonio che -evidentemente- la possiede.
Proprio con
l’esorcista inviato dal monsignore, tale Cayetano Delaura, la ragazzina vedrà nascere
una passione tanto profonda quanto casta, che per un po’ illude entrambi di
aver trovato l’amore vero e vinto così la solitudine.
Avete capito
bene: anche in questo romanzo García Márquez si rifugia nel suo tema preferito, tratteggiando
personaggi tormentati dall’idea di rimanere soli ma che, alla fine dei conti,
scelgono in modo istintivo la solitudine sia essa incarnata da una vita da
eremita o dalla morte stessa.
Le somiglianze
con il celebre “Cent’anni di solitudine” (QUI la recensione) non si fermano
qui, infatti entrambi i romanzi assegnano un ruolo molto importante alle
tradizioni ed alle superstizioni collegate ai culti pagani; sul piano
stilistico invece, è evidente come lo scrittore prediliga la narrazione di
alcuni avvenimenti, specie se parte di flash-back, anziché illustrarli
direttamente, e ricorra al suo famoso realismo magico per delineare
l’ambientazione anche in questo romanzo, tanto da far credere al lettore che lo
sfondo della storia sia ancora una volta Macondo.
Una differenza
palese con “Cent’anni di solitudine” è invece la scelta di mettere in scena un
numero ben più contenuto di personaggi, soffermandosi maggiormente sulla loro
caratterizzazione e sui loro trascorsi; conseguenza di ciò è l’inserimento di
molti flash-back (che in alcuni casi si riducono comunque a dei brevi
aneddoti), non andando però a rallentare il ritmo della narrazione.
Tra i
protagonisti, il più interessante è a mio avviso il medico Abrenuncio de Sa
Pareira Cao, che da un lato ricorda il nostrano Don Abbondio per la sua
predilezione per il “latinorum” (ma su Manzoni torneremo dopo), e dall’altro lo
zingaro Melquíades con il quale condivide l’interesse per un tipo di medicina
non proprio canonica. Intriganti anche le figure dei genitori di Sierva Mariá,
soprattutto per la strana relazione che li lega e i loro trascorsi che vengono
chiariti soltanto verso la fine della storia.
I personaggi
secondari mi hanno dato invece l’idea di un’ottima occasione: molti sono
introdotti in maniera interessante nella vicenda ma, come nel caso della
bellissima schiava abissina, fanno giusto un paio di comparse.
Da segnalare
anche il peculiare rapporto tra la famiglia del marchese ed i suoi servitori,
che oscilla tra l’astio, la passione e la familiarità e, di nuovo, mi ha
portato alla mente la famiglia dei Buendía.
L’introduzione
di questo romanzo si merita una menzione a parte: ricorrendo ad uno stratagemma
già adottato con successo da alcuni celebri colleghi del passato, come Manzoni
(rieccolo!) ne “I promessi sposi” e Hawthorne ne “La lettera scarlatta” (QUI la
recensione), García Márquez tenta di dare credito ed un fondo di realtà alla
sua storia raccontando del ritrovamento di un cadavere di bambina dai
lunghissimi capelli rossi.
DOVE COMPRARE QUESTO LIBRO
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