In un futuro, non così lontano...
Recensione a "Solo per sempre tua" di Louise O'Neill
LA SCHEDA TECNICA
TITOLO: Solo per sempre tua
AUTORE: Louise O'Neill
TITOLO ORIGINALE: Only Ever Yours
TRADUTTORE: Anna Carbone
EDITORE: Il Castoro
COLLANA: HotSpot
PAGINE: 360
TRADUTTORE: Anna Carbone
EDITORE: Il Castoro
COLLANA: HotSpot
PAGINE: 360
IL COMMENTO
Ho letto
parecchie critiche negative a questo romanzo, alle quali mi sento di dover in
qualche modo rispondere perché personalmente l’ho adorato, e lo consiglio come
valida lettura a prescindere dai gusti o dal target.
Innanzitutto,
è stato etichettato come la versione per ragazzi de “Il racconto dell’ancella”
della Atwood; purtroppo non ho ancora letto quest’ultimo, quindi procrastino
un’eventuale analisi delle somiglianze, ma già da ora posso affermare che in
alcuni casi una “copia” può risultare gradevole come e più dell’originale:
rimanendo nel genere distopico, cito come esempio la trilogia di Hunger Games
della Collins, molto apprezzata e di grandissimo successo pur essendo in buona
parte copia del meno noto “Battle Royale” di Takami (altro romanzo validissimo,
prendete nota!).
Un’altra
critica frequente è il presunto elogio del maschilismo, nella sua forma
peggiore. Non nego che in questo libro ci siano moltissime situazioni -sia
mostrate direttamente, sia raccontate indirettamente- a dir poco disturbanti,
ma l’intento non era certo quello di elevarle a modello; come altri autori di
questo genere prima di lei, la O’Neill voleva invece smuovere le coscienze dei
suoi lettori e mostrar loro in cosa si potrebbero evolvere i peggiori aspetti
della società contemporanea. Infatti, l’ambientazione futuristica di “Solo per
sempre tua” riprende molti elementi della nostra realtà, in particolare legati
al culto dell’estetica e ai reality show, e li congiunge ad un ipotetico mondo
post-apocalittico, da sempre terreno fertile per le distopie.
La storia
inizia parecchi secoli dopo un disastro ambientale che ha quasi sterminato la
razza umana; i pochi superstiti hanno dato vita ad una società di stampo
fortemente patriarcale, lasciandosi alle spalle ogni diatriba legata all’etnia
o alla religione in nome della sopravvivenza. In pochi anni, la volontà di
tenere in vita solo i figli maschi porta alla cancellazione del genere
femminile e, per salvarsi una seconda volta, gli ingegneri genetici ricreano la
vita in laboratorio, creando una nuova stirpe di donne.
Costantemente
perfezionate ed educate fino ai diciassette anni in apposite scuole, le
cosiddette eva hanno il solo fine di svolgere il ruolo assegnato loro dagli
uomini, nelle vesti di compagna, concubina o casta (a metà tra monache ed
insegnati). Le donne sono il più possibile spersonalizzate: vengono
identificate con un numero ed i loro nomi propri sono sempre scritti con
l’iniziale minuscola, inoltre viene loro continuamente ricordato che il solo
scopo nella vita è ubbidire agli uomini e, se necessario, subire in silenzio
ogni punizione da loro commutata.
Seppur molto
interessante e ben ideato, il mondo concepito dalla O’Neill non spicca per
l’originalità, riprendendo diversi elementi sia da “Noi” di Zamjatin (QUI la
recensione), sia de “Il mondo nuovo” di Huxley (QUI la recensione). Il primo è
evocato dalla figura del Padre che governa sul mondo a propria discrezione come
faceva il Benefattore, ma anche dai numeri che identificano le eva, dalla
popolazione ridotta a poche migliaia di individui e dalla presenza di cibi
sintetici; il secondo viene in mente soprattutto nel processo di programmazione
delle donne, prima con la composizione del DNA nei laboratori e poi con il
condizionamento indotto durante il sonno, e la larga diffusione -quasi
imposizione- di medicine dai nomi pittoreschi che ricordano la soma distribuita
dallo Stato a tutti i cittadini per lavorare senza fatica ed annullare ogni
sentimento negativo.
Il mondo in
cui è ambientata la storia è solo l’ombra di quello che noi conosciamo con tre
Zone, ossia ciò che resta di Europa, Nord America ed Asia, dove vivono soltanto
qualche migliaio di persone e dove imperano delle regole molto rigide, tutte
ben illustrate nel volume. Gli unici punti poco chiari a mio avviso riguardano
l’istruzione: non ha senso che sia generica a prescindere dal terzo in cui
un’eva finirà e venga affidata proprio alle caste, ovvero le donne “scartate”
al momento della cerimonia per scegliere compagne e concubine.
La storia
segue l’ultimo anno nella scuola per un gruppo di eva, tra le quali spicca -ma
non troppo- la protagonista, freida. Il romanzo si incentra principalmente
sulle difficoltà della ragazza a farsi ben volere dalle compagne una volta
persa l’amicizia della popolare isabel.
freida tenta
di tutto per riallacciare i rapporti con l’amica, ma al tempo stesso è
combattutta tra l’affetto che le lega e l’innato desiderio di ogni eva di
essere perfetta sotto ogni aspetto così che uno degli Eredi -i ragazzi per cui
sono state create- la scelta.
Ritengo sia
stata un’ottima scelta optare per una protagonista quasi anonima, e delegare il
ruolo dell’eroina della storia ad isabel: è sempre bello leggere di qualcuno
vicinmo alla nostra fragilità umana.
Per quanto
riguarda il finale, era dai tempi non tanto lontani del “Bunker Diary” di Kevin
Brooks (QUI la recensione) che non ne leggevo uno tanto sconvolgente. Tranquilli,
non ho intenzione di elargire spoiler gratuiti, semplicemente le sensazioni
provate una volta terminate queste due letture sono state quasi identiche: come
se non ci fosse modo di riparare ad un errore fatale, ed ad un iniziale senso
di disperazione ne subentri lentamente un secondo, di comporta accettazione.
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