Stand-alone mancato
Recensione a "Il segreto dei maghi" di Trudi Canavan
TITOLO: Il segreto dei maghi
AUTORE: Trudi Canavan
TITOLO ORIGINALE: The High Lord
TRADUTTORE: Adria Tissoni
EDITORE: TEA
COLLANA: Teadue
PAGINE: 530
TRADUTTORE: Adria Tissoni
EDITORE: TEA
COLLANA: Teadue
PAGINE: 530
IL COMMENTO
Mi sento
divisa sul giudizio da dare a questo romanzo: se lo si considera come un volume
a se stante, la valutazione potrebbe risultare abbastanza positiva, in special
modo per il ritmo incalzante della narrazione; d’altro canto, questo è il terzo
capitolo della trilogia del Mago Nero e, almeno nelle intenzioni dell’autrice,
parte integrante della serie. Sotto quest’ottiva, l’impressione positiva sul
romanzo viene abbondantemente svalutata perché esso va in netta contraddizione
con quanto spiegato nei primi capitoli.
La Canavan
punta molto sui plot twist nella parte iniziale del volume, ed è proprio questo
a spazzar via quasi un migliaio di pagine nelle quali veniva detto e ridetto
quanto la magia nera fosse cruenta, nonché difficilissima da apprendere, e
quanto Akkarin fosse il male in terra. E qui cosa si scopre? che la magia nera
si può imparare in due secondi, e non prevede necessariamente pratiche sadiche,
e il Sommo Lord è il salvatore di Kyralia, dal passato tragico e tormentato
ovviamente (mancavano solo le cicatrici sulla schiena e poi era perfetto anche
per un Harmony).
Con Akkarin diventato
un Orsetto del Cuore, la trama aveva bisogno di un nuovo antagonista, quindi
ecco profilarsi all’orizzonte gli Ichani, maghi neri reietti che vogliono
vendetta per una guerra di 200 anni prima tra le Terre Alleate (aka la
Corporazione) e Sachaka. È evidente che le motivazioni dei nemici non sono
particolarmente efficaci neppure in questo capitolo, ma ancor più ridicola è la
loro -tardiva- entrata in scena: sembrano un branco di teppistelli giunti a
vandalizzare la capitale, ignorando totalmente il resto del regno.
L’inizio della
storia ci proietta diversi mesi dopo al fine de “La scuola dei maghi” (QUI la
recensione). Sonea è sempre ostaggio di Akkarin, ma dopo qualche lettura sulla
magia nera e un paio di commenti su quanto il mago sia affascinante ed è pronta
ad implorarlo di insegnare anche a lei la magia superiore; insegnamento che
occupa giusto una paginetta e non risulta affatto difficoltoso. Inoltre, la
magia antica (sì, è sempre la stessa) non è collegata per forza a pratiche
malvagie, mentre quella curativa si rivela ben più letale, se necessario.
Parallelamente,
si continuano a seguire le vicende di Dannyl, Lorlen, Rothen e Cery. Il primo
ottiene una storyline abbastanza slegata dalla storia principale, ma incentrata
soprattutto sull’evoluzione caratteriale; gli altri maghi non hanno funzioni
eccessivamente incisive, mentre il giovane Ladro torna in scena con un ruolo
ben più importante, sia per la trama orizzontale sia per la sua crescita. Come
nei volumi precedenti, la storia si divide in due parti, con la prima occupata
da lunghi spiegoni sulla figura del Sommo Lord e sulla minaccia degli Ichani e
la seconda che vede finalmente l’arrivo di questi maghi neri e la battaglia per
salvare Imardin.
Ancora una
volta, la Canavan si perde spesso in dettagli davvero superflui, procedendo a
velocità ridotta, salvo poi ingranare la quinta in scene che avrebbero meritato
maggiore attenzione, come il racconto della prigionia di Akkarin a Sachaka.
L’autrice sembra incapace di adottare un ritmo narrativo intermedio.
Colpa ben più
grave è l’inserimento di personaggi inutili: ne sono un esempio abbastanza
evidente Savara, il cui ruolo sarebbe potuto essere ricoperto da altri, e i
vecchi nemici di Sonea, Lord Fergun e Regin, con il primo che torna in scena
dalla fine de “La Corporazione dei maghi” (QUI la recensione) solo (e sottolineo,
SOLO) per essere ucciso. Sul serio, non gli hanno concesso neanche una battuta.
Inutile è un aggettivo che si adatta bene anche all’esilio di Sonea ed Akkarin,
visto che non serve per convincere la Corporazione della minaccia rappresentata
dagli Ichani; per non parlare della “missione” di spionaggio di Rothen e delle
apparizioni fugaci del sovrano, da me tanto atteso nei primi due libri a che si
rivela nulla più di una debole macchietta.
Il ruolo
giocato dai Ladri mi ha invece stupito perché, seppur il loro aiuto risulti
fondamentale per salvare la città, rimangono pur sempre l’equivalente kylariano
della mafia nostrana (ci sono chiarissimi riferimenti al pizzo e alla loro
influenza in ogni attività criminale) e su questo aspetto l’autrice sorvola con
scioccante tranquillità.
E se ritengo
inammissibile trasformare con leggerezza criminali in eroi, provate ad
immaginare quali siano i sentimenti riguardo al feroce maschilismo che permea
l’intera trilogia. Come già accennato nei precedenti commenti, escludendo la
protagonista, i personaggi femminili -quelli con almeno una battuta di dialogo,
non semplici comparse- si possono letteralmente contare sulle dita di una mano.
Nei panni dell’eroina poi, Sonea non brilla per acume o fermezza e la sua sola
decisione individuale è di rimanere vicino ad Akkarin: e c’è chi l’ha inserita
tra le più forti protagoniste nella letteratura fantasy!
Arrivata
infine al termine di questa trilogia, vorrei segnalare a chi fosse interessato
che esistono un volume prequel ed una seconda trilogia sequel. Per quanto mi
riguards, cito la Vanoni: io mi fermo qui.
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